21. HEATHER HA 47 ANNI

Heather pensava di essere arrivata in anticipo, ma Leslie era già lì. Nonostante il freddo, sedeva all'esterno, da sola, imbottita in una giacca a vento rossa. Fumava nervosamente, tenendo la sigaretta tra le dita sottili ed eleganti. Heather notò, ancora prima di avvicinarsi, la fede d'oro brillare all'anulare. Non immaginava che Leslie si fosse sposata. Era sempre stata uno spirito libero, passava da un uomo all'altro - e da una donna all'altra - senza cicatrici né rimorsi.

«Si gela qua fuori» le disse invece di salutarla.

«Dentro non mi lasciano fumare.»

Heather si rassegnò a sedersi accanto a lei. «Hai insultato un cameriere prima di capirlo?»

Leslie spense la sigaretta nel posacenere e disse: «Avril e Cass sono morte.»

Il cuore di Heather mancò un battito. Avril e Cass. Due nomi dal passato. Proprio come Leslie, d'altronde. Erano state migliori amiche dalle superiori fino a quattordici anni prima, inseparabili e scatenate, ma dopo l'incidente avevano tagliato i ponti. Lei, per lo meno. Aveva rifiutato tutte le chiamate delle gemelle e della donna con cui sedeva al tavolo ora. Non voleva ricordare quella notte e insieme a loro sarebbe stato inevitabile.

Quando Leslie l'aveva chiamata quella mattina, era stato da un altro numero.

«Sono Leslie» aveva detto. «Per favore, non riattaccare. Ho bisogno di vederti. Sono a Hope Mills. È urgente.»

Heather avrebbe tanto voluto riagganciare e bersi un bicchiere. Invece si era vestita pesante ed era andata al suo appuntamento col passato. Pensava che fosse l'occasione giusta per lasciarselo alle spalle e ricominciare.

Anche se non aveva più parlato con loro da anni, era un brutto colpo sentire che le gemelle non c'erano più.

«Quando?»

Leslie si accese un'altra sigaretta. «La scorsa settimana. Cass è stata la prima. Overdose. Avril mi ha chiamata piangendo. Mi ha riferito che Cass le aveva detto di essere perseguitata da un uomo, e ora quell'uomo aveva trovato anche lei.»

«Chi sarebbe?»

«Lui.»

«Lui chi?»

«Zach Lupini.»

Heather raggelò. In quell'istante arrivò un cameriere. Ordinarono due caffè, e lui sparì.

Heather si chinò in avanti. «È impossibile, Leslie. È morto

«Ho detto la stessa cosa a Cass. Dopo due giorni la polizia mi ha chiamata - il mio numero compariva nella lista delle chiamate rapide. Mi hanno chiesto di identificare il corpo, anche se non c'era quasi più nulla da identificare. Si è buttata dal suo attico. Il suo viso...» La mano che reggeva la sigaretta già mezza consumata tremava. «Non scorderò mai quella faccia.»

Heather cercò di parlare in modo razionale. «Non mi sorprende che si sia suicidata. Le gemelle sono sempre state molto legate, evidentemente Avril pensava di non riuscire a tirare avanti senza Cass.»

Leslie la fissò intensamente. «Io penso che non abbia avuto altra scelta che buttarsi. Penso che qualcuno l'abbia costretta, se non addirittura spinta.»

«Lupini è morto» ribadì Heather. E aggiunse in un sussurro: «L'abbiamo ucciso noi.»

«L'ho visto anch'io, Heath, e ti assicuro che era più vivo che mai.»

«Deve essere uno che gli assomiglia...»

«Mi ha raccontato delle cose. Cose che nessuno avrebbe saputo, tranne noi. Mi ha raccontato i dettagli dell'incidente. Era Lupini.»

Impossibile, continuava a ripetersi Heather. Ma Leslie pareva sicura di quello che diceva. Sicura e terrorizzata. Era bianca in viso e senza trucco dimostrava tutta la sua età. Strano. Lei ci teneva sempre ad apparire al meglio. Non aveva neanche un po' di rossetto a ravvivare le labbra livide. Sembrava morta pure lei.

«Hai detto che l'hai visto. Quando?»

«Ieri notte, sotto casa. Stavo portando fuori la spazzatura ed è apparso.» Leslie spense la sigarette e iniziò a bere il caffè.

«Quindi era buio, non hai potuto vederlo bene. Magari era solo qualcuno che voleva farti uno scherzo.»

Leslie sbatté la tazzina sul piatto, sibilando: «Le gemelle sono morte per questo cazzo di scherzo! So quello che ho visto. Era lui. Non l'abbiamo ucciso.»

Heather venne trasportata di nuovo a quella notte. Ricordava la sensazione inebriante dell'alcol che le scorreva nelle vene, che le faceva il vuoto nella testa. Ricordava "We are the champions", la loro canzone dei tempi dell'high school, cantata a squarciagola. E poi i fari, l'impatto, l'uomo riverso sul volante, le gemelle che vomitavano e Leslie che fissava la scena impietrita. Era stata Heather a decidere il da farsi: le aveva fatte salire tutte in auto ed erano scappate.

I mesi seguenti erano stati un inferno. Tutte si aspettavano di essere beccate. Heather era terrorizzata che potessero trovare le sue impronte sul collo dell'uomo, o estrarre il DNA delle gemelle dalla pozza di vomito.

Non era successo nulla, nessuno le aveva trovate. Ma i rimorsi non se ne erano mai andati. Heather si chiedeva spesso cosa sarebbe successo se avessero fatto la cosa giusta. Se si fossero costituite. Di sicuro non avrebbe avuto Becca, e questa era di per sé una tragedia. Lei era nata esattamente dieci mesi dopo quella notte. Era stata la sua ricompensa per aver pensato velocemente a un'alternativa.

«Non aveva battito cardiaco» mormorò, persa nel passato.

«Forse qualcuno è arrivato dopo di noi e l'ha salvato, cosa vuoi che ti dica?» Leslie accese la terza sigaretta in otto minuti.

«È impossibile, Leslie. Ho visto la sua tomba. Conosco sua figlia, abita anche lei qui a Hope Mills. L'ha sepolto in questo cimitero. Qualsiasi cosa tu e le gemelle abbiate visto, non era Lupini.»

«E allora come faceva a sapere tutte quelle cose?» Leslie era vicina al punto di rottura, Heather lo sentiva dalla voce spezzata e roca.

«Forse le gemelle si sono lasciate sfuggire una parola. Cass, magari, quando si drogava. Avrà irritato qualcuno, sai com'era fatta, o forse era indebitata e hanno voluto fargliela pagare.»

«Ma perché Avril? E io?»

«Eri sobria ieri sera?»

«Non tocco alcol da quella notte, Heather.»

«Ma non hai smesso col fumo.»

«C'ero riuscita. Ho ricominciato ieri.»

«E quella?» Heather accennò alla fede.

«Mi sono sposata quattro anni fa. Troppo tardi per avere figli, ma pazienza. Non sarei stata una buona madre. Tu stai ancora con Rudy?»

«È morto. Ma no, avevamo divorziato. Abbiamo avuto una figlia, Rebecca. Poi mi sono sposata altre due volte e divorziato altrettante. E le gemelle?» Sembrava strano documentarsi sulla propria vita privata in una situazione tanto tragica. Quasi fuori luogo.

«Nessuna delle due era impegnata in una relazione seria, e non hanno avuto figli.»

«Come hanno affrontato la cosa?»

Leslie si premette le dita sulle tempie. «Cass ha scelto la droga, Avril è diventata bulimica. Si faceva del male. Con me aveva sempre avuto cura di coprirsi il più possibile, ma quando l'ho rivista aveva le braccia e le cosce piene di tagli, non causati dalla caduta. Tu sei sopravvissuta, invece» aggiunse, quasi in tono di rimprovero.

Heather non ritenne necessario parlarle degli incubi che l'avevano perseguitata, della paura di risalire in auto, delle bottiglie di alcol che aveva comprato e svuotato nel lavandino, della cattiveria che aveva riversato su Rudy fino a quando aveva scoperto di essere incinta e si era calmata. Becca l'aveva salvata dall'autodistruzione.

«Ho dovuto, per mia figlia.»

«Beata te che avevi qualcosa in cui credere.» Leslie guardò l'ora sul cellulare. «Tra un po' devo andare. Sto in una pensioncina qui vicino.» Davanti all'occhiata interrogativa di Heather, spiegò: «Dopo ieri sera ho fatto i bagagli e sono partita. Ho lasciato un biglietto a mio marito Pete chiedendogli di raggiungermi, dovrebbe arrivare in giornata.» Le labbra le tremarono. Leslie era sempre stata una donna forte, ma quell'esperienza l'aveva devastata. «Ho avuto tanta paura, Heather. I suoi occhi... avevano un'espressione così macabra. Sembravano gli occhi di uno squalo. Neri, vuoti, crudeli...»

«Non era Lupini» ribadì Heather. «Se quell'uomo si fa vivo ancora, chiama la polizia.»

«Non posso. Potrebbe denunciarmi.»

«Lo avrebbe già fatto. Io penso che il suo intento sia quello di spaventarci. Forse sa qualcosa e vuole che ci puniamo da sole, come hanno fatto le gemelle. Ma tu sei sempre stata forte. Hai un marito ora. Non lasciare che ti annienti.»

«D'accordo. Ma stai attenta anche tu. Non commettere il mio sbaglio. Se anche non si tratta di Lupini, è comunque un uomo pericoloso che sa troppo. Se io avessi creduto ad Avril probabilmente sarebbe ancora viva.»

«Non puoi fartene una colpa. Magari non si è nemmeno buttata per quel motivo.»

«Me l'ha detto lui» confessò Leslie. «Mi ha detto che era lì, nel suo appartamento. Mi ha persino descritto com'era vestita quando è saltata giù. Ed era anche con Cass quando si è iniettata la droga in vena.»

Heather iniziò a provare un odio profondo per quel fantasma venuto dal passato per far rivivere loro quell'orrore che credevano sepolto. Le strinse la mano, fissandola. «Stai tranquilla, Leslie. A noi non accadrà niente.»

«Hai sempre avuto ragione, Heather. Spero valga anche questa volta.»

Lasciò i soldi del caffè sul tavolo e si allontanò. Heather notò che ogni tre passi si guardava intorno, come se temesse di essere seguita.

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