19. BECCA HA 13 ANNI
A Hope Mills non nevicava mai, neanche mei mesi più freddi. Bisognava viaggiare molto più a nord per fare le battaglie con le palle di neve e costruire gli snowmen con bastoncini al posto delle braccia e una carota come naso. Quell'anno non fece eccezione; il cielo era coperto di nuvoloni, forse più tardi avrebbe piovuto, ma di sicuro non nevicato.
Becca, infagottata nel suo cappotto nero, teneva gli occhi fissi sulla voragine nera che si apriva ai piedi del prete. Intorno a lei c'erano forse una decina di persone, per lo più colleghi di lavoro di Rudy. Non piangeva nessuno, nemmeno Pearl. Era più elegante che mai, con quel vestito di Armani che spuntava da un pellicciotto di volpe. I tacchi alti le slanciavano le gambe magre. Teneva una mano poggiata sulla borsa Marc Jacobs e l'altra stretta nella mano della figlia. Destinee era incantevole, coi boccoli biondo scuro tirati sulla sommità della testa e lasciati ricadere sulle spalle. Di sicuro era andata dalla parrucchiera per l'occasione e forse anche a fare shopping. Non le aveva mai visto addosso quegli stivaletti di camoscio.
Becca non si era preparata con cura, invece. Aveva indossato jeans scuri, una felpa, le sue vecchie scarpe da ginnastica, e coperto il tutto col cappotto vecchio di due anni. Aveva rinunciato al cappellino da baseball, legandosi i capelli in una coda di cavallo disfatta. Heather ci aveva messo più impegno, ma nessun trucco poteva nascondere le sempre maggiori rughe e la piega amara delle labbra. Pearl avrebbe potuto sembrare sua figlia, anche se avevano solo una decina d'anni di differenza.
Il prete parlava e parlava da almeno mezz'ora e Becca cominciava ad essere stufa, ma non voleva darlo a vedere come faceva invece Destinee, che spostava il peso da un piede all'altro e sbuffava e guardava spazientita il cellulare sepolto nelle tasche di quel cappottino bianco del tutto fuori luogo.
Cercò di concentrarsi su Rudy, che giaceva nella bara lì accanto. Più tardi vi avrebbe posato sopra il bouquet di lilium. Heather e Pearl avevano avuto un'accesa discussione in merito a quale delle due ragazzine avrebbe avuto quel "privilegio".
«Rebecca è sua figlia» diceva Heather. «Sangue del suo sangue.»
«Rebecca non si è mai curata di lui. Anche quando Rudy le disse che stava male, non le è mai importato. Guardala, non ha versato neanche una lacrima! La mia Destinee è annientata dal dolore. Ogni giorno siamo andate a trovarlo in ospedale. Quante volte si è presentata Rebecca? Forse due in un mese!»
Alla fine avevano deciso che entrambe avrebbero portato un bouquet. Pearl aveva optato per le rose bianche. Aveva classe anche nei funerali...
Becca pensò al padre che giaceva disteso sotto quel legno lucido, ma non riuscì a provare alcuna emozione. Quando lui le aveva chiesto di passare insieme più tempo, lei aveva rifiutato con forza. Allora Rudy le aveva detto del tumore. Becca aveva risposto: «Mi dispiace per te» ed era comunque tornata a casa.
Il mese dopo, come d'accordo, era tornata a Durham e aveva visto il padre completamente trasformato. Si muoveva a fatica, era pallido e girava con una flebo attaccata al braccio. Becca si era sentita in colpa per essere stata così cattiva. In fondo, una parte di lei aveva pensato che Rudy le avesse mentito solo per intrappolarla lì. Era andata da lui ogni weekend finché non era finito in ospedale. Pearl aveva torto: era andata a fargli visita quattro volte, ogni domenica. Rudy era morto di sabato. Lei aspettava di visitarlo il giorno dopo, ma Pearl l'aveva informata freddamente che era troppo tardi.
E mentiva anche riguardo alle lacrime che lei non avrebbe versato. Di sicuro aveva pianto più di Destinee. Era stato doloroso apprendere che suo padre se ne era andato; in quell'ultimo mese aveva imparato a conoscerlo e persino ad apprezzare il suo spirito vivace e il suo amore per la fotografia. Le aveva mostrato gli album di tutti i suoi viaggi, i libri illustrati con le sue foto e i premi delle mostre che aveva vinto. Rudy era stato un uomo di successo e Becca non capiva come mai non fosse rimasto insieme alla mamma. Come mai, soprattutto, si fosse messo con una come Pearl.
Era bella, d'accordo, ma sotto quella scorza luminosa non c'era assolutamente nulla. Pearl non aveva un lavoro; era rimasta incinta presto e si era fatta mantenere per tutta la vita dal primo marito e poi da Rudy. Ora si sarebbe sistemata con la sua eredità, ma avrebbe anche dovuto iniziare a darsi da fare. Finirà per fare la prostituta, pensò Becca, se esistono prostitute della sua età.
Destinee sembrava altrettanto incapace. Anche se Pearl decantava la sua bravura a scuola, Becca pensava fosse solo un bel visino con la testa vuota. Per lo meno la morte di Rudy avrebbe portato qualcosa di buono: non avrebbe più dovuto avere a che fare con quelle due oche.
Dopo le preghiere, Becca pensò che fosse finalmente finita ma Destinee si fece avanti stringendo un foglio tra le mani. Si mise in mezzo al semicerchio delle persone lì riunite, si schiarì la voce e iniziò a leggere.
«Caro Rudy, da sette anni sei entrato nella vita mia e di mia mamma. Fin da subito mi ha coccolata e mi hai fatta sentire amata. È stato come avere un altro papà, e ti posso assicurare che sei stato molto più bravo del primo. Sei stato presente nella mia vita; mi hai accompagnato a scuola e sei venuto a vedere le mie gare di danza e le partite di pallavolo. Hai parlato coi miei professori e mi hai detto tante volte che eri orgoglioso di me. Pensavi che sarei diventata una grande donna come la mamma. Mi hai insegnato tante cose che io custodisco nel mio cuore. Mi sembra strano non averti più qui, ma mi è sembrato ancora più strano vederti in quel letto d'ospedale, fermo e pallido, tu sempre così forte. Almeno ora posso pensare che hai smesso di soffrire e che sei in un posto migliore. Ti voglio bene papà.»
Becca era rossa in viso e sentiva che stava per soffocare. Come si permetteva! Era lei l'unica vera figlia di Rudy! Forse se ne era resa conto un po' tardi, ma la colpa era stata principalmente sua, perché si era interessato sempre poco a lei, preferendole la compagnia della figliastra. Perché Destinee era solo questo; la sua figliastra, e Becca lo avrebbe messo bene in chiaro.
«Vuoi fare un discorso anche tu?» le sussurrò Heather.
Becca scosse la testa. Non si trovava a suo agio a parlare in pubblico, non si era preparata un discorso e avrebbe finito con l'impappinarsi davanti a tutti, dando a Destinee un motivo in più per prenderla in giro. Già ora le sorrideva in un modo incredibilmente fastidioso. Con quei grandi occhi chiari sembrava dirle: "io ho fatto un bellissimo discorso per Rudy, mentre tu resti muta. Chi è la vera figlia, qui in mezzo?". Becca avrebbe tanto voluto strapparle quel ghigno dalla faccia, ma non poteva provocare una rissa il giorno del funerale di suo padre.
Così strinse i pugni e incassò la testa nelle spalle, ribollendo dentro di sé.
...
Il giorno dopo chiamò l'avvocato di Rudy, il signor Jones. Era pronto per la lettura del testamento. Heather e Pearl dovevano raggiungerlo nel suo studio nel tardo pomeriggio.
Heather decise di portare anche Becca con sé. «Qualsiasi cosa ne verrà a me passerà a te, quindi devi esserci. E poi di sicuro avrà lasciato qualcosa anche a te, sei sua figlia.»
Lo sono davvero?, si chiese Becca. Non era pronta ad un'altra umiliazione. Non voleva sentire le ultime volontà di Rudy e sapere che avrebbe lasciato tutto a Destinee e a lei solo un gruzzoletto insignificante. Non avrebbe nemmeno voluto andare, ma Heather fu irremovibile.
Pearl ebbe la stessa idea e si portò appresso la figlia. Le due donne si scambiarono un freddo sorriso di circostanza, le due ragazzine sguardi di collera repressa. Entrarono insieme nell'ascensore e arrivarono all'ultimo piano, dove Jones le attendeva.
«Grazie per essere venute. Avete fatto bene a portare le ragazze; si parla anche di loro qui.» Batté un colpetto sul testamento di Rudy.
Le quattro si accomodarono di fronte alla scrivania, in attesa.
Jones prese un foglio e lesse: «"Ultime volontà di Rudy Blake. Io, Rudy Blake, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, con il presente testamento annullo e revoco ogni mia disposizione precedente e lascio a mia moglie Pearl Allen i seguenti beni: il 15% dei miei risparmi e il mio appartamento a Hope Mills. A mia figlia Destinee Allen: il 40% dei miei risparmi. A mia figlia Rebecca Blake: il 40% dei miei risparmi. Alla mia ex moglie Heather Blake: i miei album di fotografie e il 5% dei miei risparmi come mantenimento per nostra figlia Rebecca. Lascio inoltre a Rebecca e Destinee la villa a Durham, da occupare in concordia e sotto previo avvertimento dell'altro possessore. Nomino altresì esecutore testamentario il signor Edward Jones. Firmato: Rudy Blake."»
Il silenzio non fece in tempo a calare sugli astanti che Pearl si intromise: «Ci dev'essere un errore. Fino a quest'estate Rudy aveva promesso che la villa di Durham sarebbe stata nostra. Ci viviamo da sette anni.»
«Il signor Blake ha annullato ogni precedente disposizione, come letto nella premessa. Queste sono le sue volontà definitive e vi prego di rispettarle.»
Il volto marmoreo di Pearl si irrigidì. Le sue unghie smaltate si serrarono sulla borsetta che teneva in grembo. «Impugnerò il testamento.»
Il suo tono emanava talmente tanta cattiveria che Becca sollevò le sopracciglia e le disse, con fare annoiato: «Se devi fare così tanto casino per una casa...»
«Taci, Rebecca» la interruppe Heather, fissando Pearl. «Questo è ciò che Rudy ha voluto. Se lo amavi, dovresti accettarlo. Ti ha lasciato l'appartamento a Hope Mills dove viveva prima che ci sposassimo. Non ti basta?»
«No» sibilò lei, feroce. «Ti ha mantenuta tutta la vita, e a me non lascia la casa dove abbiamo convissuto per anni?!»
«Anche il tuo ex marito ti mantiene tuttora, se non sbaglio. Tu e tua figlia dovreste essere soddisfatte.»
«Non lo saremo finché non otterremo la villa. Mettitelo in testa, Heather: quella è casa nostra e non ce ne andremo mai. Vieni, Destinee.» Lei e la figlia si allontanarono a larghi passi infuriati.
Il signor Jones alzò un sopracciglio. «Ha un'avversaria competitiva.»
«È solo una ragazzina viziata che pensa di ottenere tutto facendo la voce grossa. Non ha carte valide in mano e sarò io a vincere la partita.» Si congedò dall'avvocato, chiedendogli di farle sapere quanti soldi avrebbero dovuto riscuotere. Quindi lei e Becca tornarono all'ascensore. Quando le porte si furono chiuse, Heather disse: «Tu devi imparare a tacere, Becca. Stavi per lasciarle la villa?»
«Non me ne frega niente di quella casa.»
«Hai idea di quanti soldi valga? Se non vuoi abitarci puoi sempre vendere la tua metà. Faresti su un bel gruzzolo.»
Becca non ci aveva pensato. Aveva immaginato che sarebbe stata costretta ad avere ancora a che fare con Destinee e questo l'aveva mandata fuori di testa. Voleva solo sbarazzarsi di quell'incubo per sempre, anche a costo di rinunciare a quella villa meravigliosa. Ma se avesse potuto sbarazzarsene incassando anche dei soldini, tanto meglio.
«A te ha lasciato delle foto, invece?» fece, con un pizzico di cattiveria. Non le piaceva quando sua mamma le parlava come se fosse una stupida, anche se aveva ragione.
«Hanno più valore di quanto pensi.»
«Le venderai?»
«È un valore affettivo, Becca.»
«Pensavo odiassi Rudy.»
Le porte dell'ascensore si aprirono, e gli occhi di Heather brillarono alla luce del sole. «Quelle foto mi ricordano del tempo in cui ci siamo amati.»
Pearl
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