13. ALEASE HA 16 ANNI
Bollino rosso.
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Indossava un vestito orribile, grigio, con una fila di bottoni che dal colletto arrivava all'orlo della gonna lunga al ginocchio. Le maniche bianche erano a sbuffo ma si stringevano severamente ai polsi. Le calze erano grigie, coprenti, le scarpe delle semplici ballerine. Era un vestito da bambina, e Alease lo odiava. Nessuna delle sue amiche cantava vestita così. Ma la mamma ci teneva a farle fare la figura della brava cristiana rispettosa dell'ambiente sacro.
La Chiesa distava dieci minuti a piedi da casa sua e Alease doveva andarci ogni giorno. Prima di andare a scuola, la mamma la portava lì a pregare. Il sabato c'erano le prove del coro. La domenica la Messa mattutina e serale. Tutta la sua vita era scandita dalle Messe. Non le dispiaceva andare a Messa. C'era silenzio e poteva cantare. Le piaceva moltissimo cantare e la mamma l'aveva sempre incoraggiata a farlo.
Arrivò in Chiesa in anticipo. C'erano già molte sue amiche, ma nessuno cantava ancora, perché mancava il maestro. Alease iniziò a chiacchierare con Stacie e Ronnie. Loro erano costrette a cantare nel coro, ma nessuna delle due aveva una bella voce. Ronnie spesso fingeva di cantare, sbagliando anche i movimenti della bocca perché non si sforzava neanche di imparare a memoria le canzoni; i suoi genitori si complimentavano comunque con lei.
Stacie stava raccontando di Marlon. Erano nella stessa classe dall'inizio del college e lei aveva sempre avuto una terribile cotta per lui, ma solo quel giorno le aveva chiesto di uscire insieme. Si erano incontrati al centro commerciale, lui era con un amico, lei con la famiglia. Stacie si era messa in tiro come faceva sempre quando usciva di casa - "non si sa mai che incontro l'uomo della mia vita" era solita dire.
Marlon l'aveva vista, avevano chiacchierato e poi aveva detto: «Magari dovremmo uscire insieme, qualche volta, fuori da scuola.» Stacie era al settimo cielo, "ma non gliel'ho fatto capire, sennò si montava la testa, sapete come sono i ragazzi".
Furono interrotte dallo sbattere della porta. Erano entrati due uomini. Uno era il prete, Josh. Aveva cinquant'anni, il viso rugoso e il cranio rasato. Sotto gli occhi verde chiaro pesavano due grandi borse scure.
Il secondo uomo aveva la metà dei suoi anni; i capelli scuri erano folti e spettinati, una corta barba gli ombreggiava il volto e due splendidi occhi del colore degli zaffiri erano sempre stretti in un sorriso cordiale. Il naso era lievemente aquilino, il mento ben disegnato. Tutte le ragazze del coro erano pazze di lui. Si chiamava Pete ed era il loro insegnante di canto nonché chitarrista della parrocchia.
«Allora ragazze, pronte a iniziare?» Pete si sfregò le mani, sedendosi al suo posto ed estraendo la chitarra dalla custodia.
Alease venne avvicinata dal prete. «Come va oggi, Alease? Ho sentito che hai avuto un brutto raffreddore in questi giorni.»
«Completamente guarito» sorrise lei. «Grazie, zio.»
Josh andò a sedersi poco distante, per seguire la lezione.
Cantarono per quaranta minuti, ma quel giorno successe qualcosa di diverso. Alease aveva ancora un po' di bronchite e, per aiutarla ad espandere meglio i polmoni, Pete le mise una mano sul petto, in mezzo ai seni, dopo averle chiesto rispettosamente il permesso. Lei arrossì, mentre tutte le ragazze la guardavano invidiose e maliziose. Espanse il petto, non solo per liberare i polmoni ma anche per far sentire a Pete la consistenza dei suoi seni, per quanto piccoli. Era una cosa sciocca, ma lei era follemente innamorata di Pete, come tutte le sue amiche, del resto.
Loro capirono il suo gioco e Ronnie mimò con le labbra: "Troietta". Alease le fece la linguaccia.
L'esercitazione finì. Se ne stavano andando tutti, ma Pete la trattenne in disparte. «Hai cantato bene, oggi, nonostante i bronchi annacquati.»
«Grazie Pete. Quell'esercizio mi ha aiutato» disse lei con candore.
Pete la salutò e uscì dalla Chiesa. Alease era un po' delusa. Sperava che le avrebbe detto qualcos'altro. Stava per seguirlo, quando Josh la richiamò. «Cosa ti ha detto Pete?» indagò, con sguardo duro.
«Mi ha solo fatto i complimenti.»
«Per cosa?»
«Il canto, zio, che altro?»
Josh la scrutò come per capire se stesse dicendo la verità. «Vieni con me, devo dirti due parole.»
Alease lo seguì verso una porticina laterale all'altare; scese una scala a chiocciola di pietra fino ad arrivare in sagrestia. Era una stanzina piccola, col pavimento gelido e sconnesso. Era vuota, a parte un piccolo altare con le candele accese. Alease sentiva odore di incenso e cera. Un'immagine in oro della Madonna era appesa su una parete, circondata da fiori quasi secchi.
Josh le fece cenno di piegarsi sull'inginocchiatoio. Pensando che volesse pregare con lei, Alease accettò, sbuffando per la perdita di tempo. Josh si accucciò ed entrambi guardarono la Madonna. Josh rollava un rosario tra le dita nodose.
«Quanti anni hai, Alease?» le chiese, quando lei già stava per iniziare il Padre Nostro.
«Sedici.»
«Sedici. Sei ancora una bambina. Ma il mondo mostra le sue insidie soprattutto ai bambini. Sono i più corruttibili.»
«Cosa vuoi dire, zio?»
«Ho visto gli sguardi di lussuria che tu e le altre bambine lanciate al nostro Pete. Non ho mai interferito perché la cosa terminava lì. Ma oggi tu sei andata oltre.»
Alease era rimasta a bocca aperta, non solo perché non pensava che Josh si sarebbe accorto di come loro guardavano Pete, ma anche perché non credeva che avesse motivo di farle la morale. Erano solo occhiate! «Che ho fatto?»
«Ti sei fatta toccare da Pete dove nessuno dovrebbe toccarti. E hai goduto come una peccatrice.»
Alease scattò in piedi, piena di vergogna. «Tu sei pazzo.»
«Non voglio fartene una colpa. È il Demonio che ti tenta. Non è troppo tardi per salvarti.» Josh allungò una mano ad afferrare un calice dorato. «Bevi.»
«Cos'è?»
«Il vino della Messa. È consacrato e ti libererà dal male.»
I religiosi sono tutti pazzi, pensò Alease e bevve il vino. «Posso andare ora?»
«Prima prega con me.»
Che cavolo, pensò, inginocchiandosi di nuovo e mettendo il broncio.
«Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome...»
Man mano che la preghiera continuava, Alease si sentiva sempre più stanca. Le girava la testa e si sentiva scivolare. Si aggrappò all'inginocchiatoio, strizzando gli occhi.
«Venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà. Come in cielo così in terra...»
Le tempie iniziarono a sudare, i suoi occhi divennero ciechi. Annaspò alla ricerca di aria; cercò di chiedere aiuto. Nelle orecchie ovattate giungeva ancora la voce di suo zio.
«Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori...»
Alease cadde a terra, battendo la testa sulla pietra fredda. Aveva caldo, un caldo allucinante. Si portò le mani alla gola, cercando di slacciare i bottoni del vestito.
«Alease? Che succede? Hai caldo? Stai sudando. Aspetta, ti faccio respirare.»
Alease sentì la resistenza al collo allentarsi quando il vestito si aprì. Iniziò a rilassarsi; respirare era divenuto più facile, l'oscurità era sparita dai suoi occhi e le orecchie erano tornare a sentire. Percepiva le mani dello zio sulle sue gambe, ma non si chiese cosa stesse facendo. Si sentiva intontita, come se stesse sognando.
«E non ci indurre in tentazione...»
Cercò di fissare la sagoma dello zio. Era inginocchiato tra le sue gambe e stava armeggiando con la tonaca. Tirava fuori qualcosa... Alease strizzò gli occhi. Le sembrava... Ma no, non era possibile.
Lo zio allungò una mano sotto il suo vestito. Alease lo sentì tastarle le mutandine. Poi gliele sfilò. Lei aggrottò la fronte, cercando di alzarsi, ma gli arti non reagivano agli ordini del cervello, e lei non si diede pena di insistere.
La mano dello zio fu nuovamente su di lei. La toccava lì dove nessuno l'aveva mai toccata. La palpava, la tastava. Poi le infilò un dito dentro. Alease sentì un certo bruciore e mugugnò qualcosa. Lo zio si stese su di lei, arrotolandole il vestito oltre i fianchi.
«Liberaci dal male» pregò, e spinse.
Una, due, venti volte.
Una fitta lacerante le dilaniò i lombi. Le pareva che un tizzone incandescente la stesse mangiando dall'interno. Fu questo a farla tornare piano in sé. Iniziò a lamentarsi sempre più forte, fino ad urlare. Josh le tappò la bocca con la mano, continuando a pompare dentro di lei. Alease sollevò le mani per graffiargli la schiena, ma lui non si interruppe.
Dolorante, sfinita, ammaccata dalle pietre fredde del pavimento, Alease si abbandonò a quella tortura, pregando che finisse presto. Le lacrime le inondavano il viso, mentre Josh le premeva i polsi per terra e infine, con un urlo liberatorio, veniva dentro di lei.
Per tutto il tempo, Alease rimase con gli occhi fissi in quelli della Madonna nella cornice d'oro. Ad un certo punto le sembrò di vederla piangere.
Padre Josh
Pete
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