CAPITOLO 11
Mi sveglio di soprassalto e realizzo subito di non essere nella mia stanza sul mio comodo letto. Sento tutta la schiena indolenzita e la testa che mi gira come una trottola.
Dopo un po' riesco finalmente ad alzarmi dal divanetto e a stiracchiarmi. Mi sento come se il mondo mi fosse caduto tutto addosso, letteralmente.
Con lentezza salgo in camera mia e senza svegliare Alice mi cambio e mi sistemo. Poi scendo e vado a fare colazione.
I ricordi della sera prima mi tornano alla mente nitidi, come se la macchina fotografica del mio cervello avesse appena messo a fuoco tutta la serata.
Sebastian il quinto dominatore. La profezia. La guerra che saremo costretti a combattere da soli. Io che non riesco ad evocare il fuoco. Lorenzo e la frase del Piccolo principe. Il comportamento strano di mia madre.
Troppe cose tutte assieme. Tutte successe troppo in fretta.
Infine decido che ho bisogno di pensare un po' da sola, e l'unico luogo tranquillo e silenzioso adatto è proprio la biblioteca dietro alla scuola. Sì là nessuno potrà disturbarmi.
Così mi preparo e mi porto dietro qualche libro scolastico per rifilare la tipica scusa della ricerca a mia mamma, che ancora assonnata annuisce e mi saluta con un sorriso tirato.
Cammino sulla solita strada dove tutto mi sembra uguale. Ogni cosa sembra così tranquilla e quieta di domenica mattina. Una calma che però non riesce a raggiungermi. Sembra che dentro di me si stia scatenando una tempesta: una tempesta rossa come il fuoco.
Arrivo in biblioteca che per fortuna è aperta anche di domenica, ma stranamente non sono l'unica ad aver avuto l'idea di venire qui. Ci sono un paio di studenti sui vari tavoli e anche qualcuno che smanetta ai computer.
Rallento il passo e mi siedo su una poltroncina bordeaux molto comoda.
Non è una biblioteca enorme come quelle che si vedono nei film che sembrano quasi infinite, però è abbastanza grande da contenere centinaia di volumi di tutti i tipi. La biblioteca è uno dei luoghi più antichi di tutta Castelgiulie ed è ricco di storia in ogni angolo. Ogni studente viene qua a studiare o per prendere in prestito qualche libro.
Osservo gli scaffali ricolmi di libri polverosi, c'è uno strano odore qua dentro ma non è sgradevole.
Ad un tratto mi ritrovo immersa talmente tanto nei miei pensieri, che non mi accorgo nemmeno di stare fissando un ragazzo mingherlino con dei capelli che assomigliano tanto ad una criniera di leone. Lui, infatti, alza lo sguardo dal suo libro e mi rivolge un occhiata storta e così abbasso lo sguardo imbarazzata.
In un attimo mi ritrovo a ragionare ancora una volta sui dominatori. Avranno anche loro una storia, un libro in cui ci sia scritto chi sono e come hanno avuto il loro potere. Qualcosa che spieghi cosa sono in grado di fare e i loro poteri. E la profezia dovrà pur essere stata scritta da qualche parte. Se fosse stata tramandata solo oralmente non ci sarebbe arrivata l'originale e Nicolò sembrava così sicuro di sé, più del solito, come anche tutti gli altri. L'anno recitata tutti e quattro come se l'avessero imparata a memoria.
Così mi alzo convinta e mi metto a cercare nel reparto più polveroso che riesco a trovare. Poi in quello dedicato alla storia antica e pure in quello della fantasia e mito, ma non trovo nulla di utile.
Sospiro amareggiata e sconfitta prima che una mano sconosciuta mi tocchi la spalla. Mi volto spaventata di scatto e quasi svengo quando vedo mia madre che mi guarda con quello sguardo strano, lo stesso sguardo che mi ha rivolto ultimamente.
Sbatto più volte le palpebre per capire se è un scherzo, ma alla terza volta constato che lei è qui davvero.
Tutto questo è molto inquietante.
«Vieni con me, ti mostro io dov'è quello che stai cercando.»
Ora è ancora più inquietante. Come fa a sapere cosa sto cercando esattamente?
Solo adesso mi sorgono dei dubbi. E se sapesse qualcosa su tutta questa storia e me lo avesse sempre tenuto nascosto? No, impossibile.
Gli unici a saperlo sono i dominatori stessi.
Non riesco neanche a replicare che lei si volta e mi dà le spalle. Non mi resta che scoprire cosa vuole mostrarmi.
Mi porta nella parte vecchia della biblioteca non restaurata, perché in ottime condizioni, e mi mostra un vecchio reparto per bambini che è stato sostituito con libri sconosciuti e scritti in lingue morte come il greco.
«Là, guarda» dice ad un tratto, «Vicino alla parete, proprio sotto all'ultimo scaffale. Vedi niente?»
All'inizio la guardo come se fosse impazzita, ma poi mi sembra di scorgere qualcosa di familiare.
Sul pavimento c'è un simbolo.
Mi avvicino e lo riconosco anche se è leggermente coperto da uno strato di polvere.
È il simbolo sulla collana di Sebastian. Il simbolo del quinto dominatore, proprio sul pavimento in legno.
«Basta che ci metti una mano sopra e vedrai» mi suggerisce mia mamma dietro di me.
Mi volto e la guardo sospetta.
«Tu come...» non finisco la frase che mi interrompe subito.
«Rimandiamo a dopo le spiegazioni, ora fai quel che devi» mi guarda con uno sguardo determinato più che mai che non posso fare altro che ascoltarla.
«Dimmi almeno una cosa: lo vedi anche tu il simbolo?» chiedo, ma lei scuote la testa in segno di dissenso e decido di smettere di pormi domande a cui non saprò rispondere.
Appoggio una mano sopra al simbolo e subito la tavola di legno, su cui è inciso, si stacca in qualche modo dal pavimento circostante così da permettermi di toglierla.
Sotto di essa si trova un vecchissimo volume tutto impolverato e ingiallito.
Non posso crederci.
Rimetto a posto subito la tavola prima che qualcuno ci veda e ci accomodiamo ad un tavolo poco distante.
"I domini" così si intitola il libro e sembra nascondere chissà quali segreti.
Sfoglio le pagine impressionata, qui c'è tutto sui dominatori. Spiega i loro poteri e dedica capitoli interi ad ognuno di essi.
Purtroppo non spiega l'origine, ma mi è sufficiente sapere qualcosa in più riguardo al mio potere. Magari trovo un modo per liberare il mio II.
Vado subito in cerca del capitolo dedicato ai dominatori del fuoco, sotto lo sguardo serio di mia madre che continua a fissarmi in modo strano.
A dopo le domande, mi ripeto mentalmente. Così decido di ignorarla concentrandomi sul libro.
"Il dominio del fuoco è uno dei più difficili da evocare. Esso è seppellito dentro il dominatore del tutto ignaro della presenza di una tale forza.
Ogni portatore del dominio del fuoco o anche detto dominatore è diverso, ma tuttavia possiamo distinguerli in due categorie differenti.
Ci sono gli Ardenti in cui, fin da subito, si manifesta il carattere impetuoso e duro tipico dei portatori del fuoco. Essi sono generalmente molto forti e determinati, ma soprattutto sono veloci ad imparare il dominio.
Poi ci sono gli Incandescenti che sono il contrario degli Ardenti. I più improbabili dominatori del fuoco che siano mai esistiti, essi non riescono subito a tirare fuori il dominio per via del loro carattere poco determinato e forte. Non sembra da subito, ma quando trovano il loro equilibrio gli Incandescenti possono diventare molto potenti e pericolosi, se non sanno controllarsi.
Che siano Ardenti o Incandescenti tutti hanno un potere in più, una specie di bonus, possiamo dire così.
Esistono vari tipi di poteri derivati dal fuoco, e dagli altri elementi, che danno una capacità in più ai portatori. Ne esistono troppi e ne spuntano sempre di nuovi, perciò è inutile elencarli.
Il fuoco è un potere potente che va controllato e domato, ecco alcune delle capacità dei dominatori del fuoco..."
Poi c'è un elenco di mosse e di trucchi che mi piacerebbe imparare, se solo riuscissi a creare anche solo una misera fiamma. Palle di fuoco, lance infiammate e vari tipi di attacchi ma anche di difese.
È scioccante ciò che ho appena scoperto. Oltre all'elemento in se tutti i dominatori hanno una capacità derivata dal proprio elemento, un potere in più.
Non posso fare a meno di domandarmi quale sia il potere speciale di Nicolò, non riesco nemmeno ad immaginarmene uno.
È passata quasi un ora da quando ho iniziato a leggere e mia mamma non si è mossa di un centimetro.
Soddisfatta decido di chiudere il libro, ma mentre sto per farlo noto un foglietto fuoriuscire dalle ultime pagine del volume.
Lo prendo in mano e resto immobile per un momento.
La profezia. Scritta con un carattere elegante a penna e con le stesse identiche parole recitate dai nostri allenatori ieri sera.
Chiudo il libro di scatto rimettendo il foglio accuratamente al suo posto. Adesso so cosa fare.
Metto il libro nello zaino e punto il mio sguardo contro quello della mia procreatrice. È arrivato il momento delle risposte, ma non qui dentro.
Lei capisce al volo le mie intenzioni e così usciamo dalla biblioteca, con ancora il libro sui dominatori nello zaino.
Si dirige verso la macchina ed entra dalla parte del guidatore facendomi segno di imitarla.
Ci sediamo fianco a fianco in silenzio aspettando che una delle due parli per prima.
«Come facevi a sapere del libro? Come facevi a sapere dei dominatori? Di me? E perché me lo hai tenuto nascosto?» sono arrabbiata e confusa, non capisco più niente.
Lei continua a stare zitta con il capo chinato.
«Mi dispiace, tesoro. Scusami tanto, ma non sapevo come dirtelo» una lacrima le scende lungo il viso.
Non riesco ad essere arrabbiata con lei, forse aveva i suoi motivi. La guardo negli occhi. Il mio verde contro il suo grigio burrascoso.
«È successo tanto tempo fa. Ero solo una ragazza e non potevo di certo immaginare che una mia compagna di università avesse più di ottant'anni» mi spiega in lacrime.
Così comincia a raccontarmi com'è andata tra singhiozzi e fiumi di lacrime. E io non posso fare a meno di abbracciarla e cercare di consolarla.
«Era un giorno tranquillo. Dovevo solo andare all'università per una delle numerose lezioni. Là incontrai una nuova studentessa con cui strinsi facilmente amicizia. Si chiamava Aurora ed era molto dolce e buona. Passammo l'anno assieme e così anche il successivo, eravamo inseparabili. Quello era anche il periodo in cui cominciai ad uscire con tuo padre, grazie soprattutto ai suoi consigli.
Ero felice ma soprattutto ero completamente ignara di tutto.
Finché un giorno non successe una cosa che mi sconvolse completamente l'esistenza.
Aurora doveva partire. Doveva andarsene lasciandomi qui da sola. Quel giorno versammo tante di quelle lacrime che mi bruciavano gli occhi, me lo ricordo ancora molto bene.
Così lei mi lasciò voltandomi le spalle.
Allora ero solo una ragazza impetuosa e non capii subito a quali conseguenze mi avrebbero portato le mie azioni. Così decisi di seguirla.
Non poteva andarsene senza uno straccio di spiegazione. Non mi aveva nemmeno detto dove andava e con chi. Seguendola la vidi svoltare per un vicolo nella penombra. Era quasi il tramonto e il sole stava lasciando spazio alla notte. La spiai e la vidi camminare verso il fondo dove c'erano altri ragazzi.
Tra di loro c'era una ragazza dai capelli rossi come il fuoco e gli occhi scuri. Era alta e slanciata, insomma era bellissima. Affianco a lei c'era un ragazzo un po' più basso con i capelli ricciolini e scuri e gli occhi marroni tendenti al giallo. Sembravano entrambi preoccupati. L'ultimo ragazzo fu quello che mi colpì di più, aveva dei pozzi scuri e neri al posto degli occhi e tutto di lui era nero. Capelli, vestiti e scarpe, tranne la pelle che era bianca, quasi cadaverica. Aveva dei muscoli impressionanti che si vedevano anche con la maglia scura. Non appena vide la mia amica corse subito da lei tenendosi il braccio da cui colava uno strano liquido. Ci misi qualche secondo a capire che quel liquido era sangue e che la sua espressione era di puro dolore. Il ragazzo le disse qualcosa e lei annuì.
Aurora prese il braccio del ragazzo e dalle sue mani comparve una luce bluastra. Qualche secondo dopo il braccio era guarito e il sangue scomparso. Rimasi talmente spiazzata che non ricordo nemmeno che suono emisi prima che lo stesso ragazzo dai pozzi scuri mi scorgesse dietro il muro dove mi ero nascosta.
"Chi c'è? Vieni fuori o sarà peggio per te..." disse con voce profonda. Ero spaventata a morte e non riuscii nemmeno a fare un passo. Così lui si avvicinò e mi prese per un braccio portandomi di fronte anche agli altri ragazzi.
Aurora mi guardò preoccupata.
"Chiara! Mi hai seguita, ma perché?"
"Non volevo che te ne andassi, perdonami" lo dissi con voce tremante e spezzata.
A questo punto non poterono fare altro che spiegarmi. Ormai avevo visto troppo e continuavo a fare domande, soprattutto alla mia migliore amica.
Allora mi portarono in biblioteca e mi mostrarono il libro spiegandomi tutta la storia dei dominatori. Mi intimarono di non rivelare mai a nessuno quello che sapevo e che avevo visto, e così feci.
Quando finirono di parlare era notte inoltrata e fui costretta a rivolgere un ultimo saluto alla mia amica.
"Tornerò te lo prometto, Chiara" così mi disse prima di scomparire davanti ai miei occhi lacrimanti e ancora turbati.
Lei non tornò più. »
Sono letteralmente ammutolita. Mia mamma conosceva Aurora. Sapeva tutto quanto e non mi ha mai detto nulla.
«Perciò tu sapevi che ero una dominatrice anch'io» le chiesi furiosa.
«Lo sospettavo. Sapevo della collana ma non ne ero certa, poiché non conosco i simboli. Non volevo tenertelo nascosto, ma ho dovuto farlo. Dovevi scoprirlo da sola, percorrere la tua strada. Poi nell'ultimo periodo ti ho vista molto confusa e spaventata e ho capito subito che avevi scoperto tutto. Non sono riuscita a resistere. Ti vedevo così persa che volevo darti qualche risposta in più e qualcuno con cui parlare se lo desideri. Mi spiace così tanto, amore mio» mi disse triste.
Si sente in colpa è evidente. E così ancora una volta la mia rabbia si spegne.
L'abbraccio di scatto sorprendendola. Dovrei essere arrabbiata nera, eppure non ci riesco. Faccio proprio pena. Sono l'Incandescente più incapace che esista.
Decido infine di raccontarle tutto. Il primo incontro con Nicolò. La mia incapacità di evocare il fuoco. La profezia e il quinto dominatore, tralasciando la parte delle guerra imminente, ovviamente. Si sarebbe preoccupata troppo.
«Senti Angelica posso chiederti un favore. Mi piacerebbe tanto rivedere Aurora, potresti dirglielo da parte mia? Anche solo una volta mi basta» mi chiese supplicante.
«Vi rivedrete. Te lo prometto, mamma» le dissi senza pensarci due volte, sicura che avrei fatto di tutto per mantenere la promessa.
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