Black Squadron - Ci saranno giorni migliori
«Noi siamo il Black Squadron, lo eravamo prima di questo momento e lo siamo ancora. Ecco cosa ne rimane oggi: Karé Kun, Jessica Pava, Suralinda Javos e io, Poe Dameron.
Abbiamo perso tre piloti finora: L'ulo L'ampar, Oddy Muva e più di recente il maggiore Temmin Wexley. Lo chiamavamo Snap, ed è lui il motivo per il quale siamo qui adesso.»
La vedova Wexley singhiozza. «Va tutto bene, Karé, tutto bene,» cerca di confortarla Jessica, senza molto successo.
«Lo so, è dura sentirsi in questo modo mentre intorno tutti celebrano la vittoria. Abbiamo combattuto una grande battaglia, oggi. Per noi stessi, e per la galassia, e Snap è stata una delle ragioni principali per cui ce l'abbiamo fatta. E non solo in questa occasione. Egli ha combattuto nello scontro di Jakku che pose fine all'Impero e oggi nella battaglia di Exegol che ha posto fine al Primo Ordine e in mezzo a centinaia di altre lotte egli era sempre al suo posto a fare ciò che andava fatto. Quando eri lì fuori a volare attraverso l'inferno niente era più importante che sapere di avere le spalle coperte, e con Snap ne avevi sempre la certezza.»
«Lui corresse i miei test e mi aiutò per la prova del fuoco. Se non avessi seguito i suoi consigli non sarei diventata un pilota», Jessica lo ricorda affettuosamente.
«Io ero una giornalista, prima della guerra, e lo sono ancora. Metto sempre il focus sulle persone con la mia capacità di osservare. E di Snap risaltavano la sua risata, la sua generosità, l'ingenuità e il suo coraggio. Potrei scrivere centinaia di parole su Snap ma me ne bastano cinque: egli era un brav'uomo» anche Suralinda, con voce rotta, rende il suo omaggio all'eroe, compagno e amico prima di tutto.
La vedova Wexley tira fuori dalla tasca della tuta di volo ignifuga un piccolo componente metallico.
«Cos'è quello?» chiede Capo Nero incuriosito.
«È il codice del droide che Temmin assemblò quand'era piccolo.»
«Oh, certo!» esclama Dameron. «Quell'affare m'ha salvato la vita quando combattevamo Terex, nella missione su Ovanis. Non ho mai visto niente del genere, prima. Eccezionale»,
osserva il generale.
«Di sicuro, Poe, lo era di sicuro», asserisce Karé prima di gettare il codice tra le fiamme del fuoco da bivacco che arde nel mezzo di ciò che resta dello Squadrone Nero.
A quel punto il comlink di Poe cinguetta, il generale Dameron è richiesto per una riunione ma egli nega la sua presenza in quel momento.
«Forse voleremo ancora insieme o forse i nostri giorni da combattenti sono finiti, ma qualunque cosa accada non smetteremo mai di ricordare cosa siamo stati e chi siamo. A Snap Wexley. Al Black Squadron. A tutte le storie che abbiamo raccontato.» I quattro reduci della squadriglia da ricognizione alzano in alto i loro modesti recipienti per un brindisi al sapor di fiele. Bello forte che li aiuti, nelle ore successive, a trovare un sonno che fuggirà dalle palpebre a velocità subluce. La stessa che s'è portata via la vita di Snap. Una vita piena*.
Qualche momento per commemorare, seppure con pochi essenziali ricordi, un'altra preziosa esistenza immolata alla causa, al bene superiore. E mentre su Ajan Kloss la gente comune e le milizie festeggiano, c'è chi conta le proprie perdite tra le lacrime di un trionfo amaro. Perché alla fine della guerra fai solo la conta del numero dei caduti. Poco importa da che parte penda l'asticella: non c'è vittoria nella morte.
Poco più tardi e molti recipienti di alcool scadente dopo, i quattro siedono stancamente chi schiena a un albero chi a una cassa di provviste. Dameron tamburella l'indice sul bordo del bicchiere di legno quasi vuoto che tiene ancora in una mano. A capo chino, la mente traborda di immagini di lui e Snap. Le scintille che saltellano attraverso il crepitio delle fiamme quasi estinte, zampillano verso il cielo notturno di una estate afosa che ricorda a Poe le mille e una notte alla sede estiva dell'accademia di volo su Chandrila. Le ragazzate, le scorribande notturne, con i compagni cadetti, sperando di non essere richiamati dai superiori la mattina dopo. E poi era arrivata Karé e Snap aveva messo la testa a posto per conquistarla.
Il generale la osserva, piegata da un dolore che strappa il fiato e ti consuma. Se ne sta con il capo contro la corteccia di un albero e, in un silenzio rispettoso, Jessica accanto a lei.
È Suralinda a prendere coraggio e avvicinarsi a Poe. «Me la ricordo ancora la volta che mi hai acciuffata», gli occhi al terreno arido di Ajan Kloss, «avevo fatto la spia di proposito, volevo un posto di spicco tra le file del generale Organa, volevo il tuo posto.»
La Squamatan ridacchia a quei ricordi «Eri così irritante: il preferito di Leia. Non ti sopportavo. Desideravo solo screditarti così ho inscenato uno scandalo nel quale ti avrei coinvolto. Ti avevamo rinchiuso insieme a Snap e ci sei comparso davanti dandoci una lezione che non avremmo dimenticato. Non ti ho mai ringraziato per aver convinto Leia a darmi un'altra occasione.»
«So riconoscere un elemento valido quando mi si presenta.»
«Sai usare anche la Forza per ottenere i tuoi scopi.»
«È una teoria sopravvalutata anche questa, Sur, come altre che sono sempre girate attorno per l'accampamento.»
«Non avreste mai superato le porte di durasteel disarmati, andiamo», lo incalza la Squamatan ingurgitando avidamente l'ultimo sorso di alcool dal suo bicchiere. «Ho osservato spesso te e Leia. Lo so che è un argomento su cui sorvoli con la stessa abilità di manovra che imprimi al tuo T-70, eppure a volte ti vedo osservare quasi con astio Finn e Rey.»
«Li osservo come l'amico che sono per entrambi o per comunicare con loro per questioni pratiche. Niente altro», ribatte il generale risoluto.
«È più di questo. È come se ti mancasse qualcosa che loro posseggono. C'è come una tensione tra voi tre, un non detto che ti pesa ma ti ostini a reprimere. Ti ho visto rimproverare Rey dicendole che non era il momento di perdere tempo ad allenarsi con la spada laser. Tempo dopo ti ho pure sorpreso a osservare lei che insegnava a Finn.»
«E con questo? Li guardavo per curiosità» il pilota fa spallucce mandando giù l'ultimo sorso di alcool.
«Ti ostini a negare una parte di te, Poe. Che potrebbe mai succedere se l'accogliessi invece di reprimerla? La Forza è un istinto. Ho ascoltato tanti racconti di Leia. Lei ha scelto la vita politica e militare, tuttavia non ha mai negato la sua indole e non dovresti neanche tu.»
«Il maestro Skywalker veniva spesso a trovare i miei genitori. Mia madre mi raccontò che dalla primissima volta lui volle portarmi al tempio Jedi dove allenava i suoi padawan ma i miei non se la sentirono. E ringrazio il cielo perché sai cos'ha fatto quel mostro di Kylo Ren ai ragazzi che erano lì.»
«Quando Luke veniva a casa vostra, Ben Solo era ancora un bambinetto, un allievo. Tu lo hai conosciuto molto tempo prima che diventasse Ren.»
«E non mi è mai piaciuto. Se ne stava lì a osservare me e la mia famiglia, in un angolo, come fossimo noi gli ospiti. Sempre taciturno e adombrato. Avvertivo un disagio sottopelle quando era con noi.»
«Credo ti sia forse rimasta una punta di rimpianto per non aver seguito una parte della tua vocazione.»
«La mia vocazione è volare, Sur. Non c'è mai stato verso di convincermi a fare qualcosa che non volessi e anche fosse, comunque, non ce ne sarebbe stato il tempo visto poi quello che è successo. La mia famiglia, gli allievi di Skywalker. È andata come doveva andare», puntualizza Capo Nero.
«Non è mai troppo tardi per fare quello che avresti voluto. Leia era già cresciuta quando maestro Luke la addestrò. Egli stesso era già grande quando Kenobi e Yoda lo istruirono.»
«Non mi vedrai mai indossare un saio e manovrare una spada laser, Suralinda, rinunciaci. La tua arringa è stata convincente, ma io ho fatto le mie scelte da tempo», Dameron liquida la questione definitivamente e la Squamatan rimane in silenzio accanto al suo superiore. Sa che Poe Dameron non lo chiederà mai ma tutti hanno bisogno di incoraggiamento e a maggior ragione i piloti dello Squadrone Nero, che le perdite non le contano più. E non solo quelle dei loro compagni più stretti. Tante persone perbene si sono sacrificate per difendere la libertà che non ha mai avuto un retrogusto tanto salato.
Lo scoppiettio di un ciocco che si contorce e fuma verso il cielo l'ultima riga bianca del falò estinto sembra il punto finale di un discorso sospeso. Il capo chino, gli occhi di Dameron non hanno mai lasciato la terra brulla. Si concede il lusso di sollevare lo sguardo, appena, quel tanto che basta a dare un'occhiata intorno. Il silenzio ha ormai acquetato i festeggiamenti. Dev'essere una certa ora della notte. Capo Nero si guarda intorno, tra gli alberi più lontani scorge il flebile baluginio dei fuochi da bivacco che ancora resistono nel resto dell'accampamento.
Suralinda si è addormenta poco distante, come più in là Jessica e Karé. Il generale si solleva srotolando la schiena dolorante e a passi lenti procede verso le Klosslands.
Passa accanto alla capanna di Rey e un fremito lo assale nuovamente dietro la nuca, dove allunga le dita per toccarsi e scacciarlo via. Uno scintillio tra le festuche, poco più in là, attira lo sguardo del generale. Raccoglie un oggetto metallico dalla sagoma inconfondibile. Ha sempre voluto tenerne una tra le mani, ed è proprio la lightsaber di Leia l'oggetto che il pilota tiene nel palmo. Quasi un segno. Ne accarezza il metallo freddo nel mentre che molti pensieri si sovrappongono nella sua mente. Si addentra nel folto della giungla.
Poco dopo il ronzio meccanico della lama luminosa fende il buio tra le sagome nere dei tronchi che si stagliano contro il cielo stellato.
Un cielo sereno che stride contro il dolore chiuso nel petto di chi ha vinto perdendo tutto. Affondi scomposti e asincroni di una rabbia repressa e inesprimibile a parole, tanto sarebbero inutili. La lama azzurra davanti alle pupille nere che sono divenute un fiume in piena misto al sudore che appiccica i capelli alla fronte. Ogni muscolo è teso al punto di sentire quasi i tendini spezzarsi.
Capo Nero ritrae la lama, lasciando ricadere la pesante elsa metallica che emette un tonfo ricadendo sull'erba. Liberatosi frettolosamente della tuta e dei vestiti si tuffa nelle acque nere di uno dei numerosi corsi d'acqua che irrigano la giungla. I rumori tra i cespugli gli ricordano le molte creature che popolano la foresta e le acque stesse di quel pianeta e pensa che se venisse inghiottito da qualcuna di esse, in fondo, non sarebbe una gran perdita quel tempo che gli rimane da vivere e che sente scorrere così inutile e, mai come ora, privo di una meta. Che ne è di un militare senza battaglie da combattere, missioni da pianificare, senza ordini da impartire ed eseguire. È l'unica vita che Poe Dameron conosce da quando ha vent'anni, anzi da prim'ancora. Nato tra le divise dell'Alleanza Ribelle, cresciuto tra le cabine di pilotaggio dei caccia stellari, che ne sarà della sua vita se non può saltare su un caccia e sparare a destra e a manca.
Dovrebbe provare un briciolo di sollievo per quella che è la fine della guerra, molto probabilmente. Invece c'è solo il vuoto che avanza implacabile a ogni respiro, a ricordargli che la libertà ha il volto dell'incognito del non programmato. E fa quasi paura, più della guerra, l'incertezza dei passi nel buio di un destino sconosciuto. Talmente tanta che lasciarsi scivolare nell'oblio di quelle acque nere sarebbe quasi l'opzione più semplice.
Angolo Autrice
Salve, ciurma. È uscito il 20 luglio, per Marvel Comics, Star Wars #25. Una delle quattro storie narrate è "A Eulogy for Snap" di cui ho tradotto e riportato i dialoghi fino all'asterisco. Un breve spaccato di cinque tavole a colori (ne ho riportata qualcuna), scritte da Charles Soul e illustrate da Phil Noto.
Il resto è un mio personale approfondimento sullo stato d'animo di un reduce, combattente per tutta la vita, tra i ricordi di ciò che è stato e ciò che poteva essere e l'incertezza legata al dover rivedere e riorganizzare tutta la sua vita di lì in avanti.
Sperando che possa piacervi, che la Forza sia sempre con noi!
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