Capitolo 3


Il primo weekend dei campi di allenamento iniziò circa due settimane dopo. La Karasuno ritrovò i suoi vecchi rivali del Nekoma, che aveva già affrontato in amichevole, e fece la conoscenza di altre squadre forti del distretto, che avrebbe potuto incrociare nella seconda parte del torneo.

Suga e Daichi ebbero modo di approfondire la conoscenza di alcuni di loro la prima sera, anche se non sempre in modo ortodosso.

I due si erano letteralmente "imboscati" in una piccola macchia d'alberi vicino agli edifici scolastici, visto che appena arrivati il coach Ukai era stato molto chiaro:

"Comportatevi bene, perché questi due giorni, così come le trasferte che farete in seguito, servono a focalizzarsi solo sugli allenamenti, quindi niente incursioni notturne nelle camere delle ragazze..." disse fissando Tanaka e Nishinoya con occhi penetranti "...e niente sesso" disse spostando poi lo sguardo proprio su Daichi e Suga, la cui relazione era ormai nota a tutti.

La coppia si era quindi nascosta per potersi scambiare almeno qualche bacio appassionato con un po' di privacy, ma proprio mentre erano avvinghiati, Suga con le mani tra i capelli del capitano e la gamba attorno al suo bacino, vennero interrotti da una voce inopportuna, che li fece separare di scatto:

"Oh oh oh...colti in copula flagrante!" esclamò Kuroo ghignando.

"Aaaaaah te l'avevo detto che erano qui, la mia vista non sbaglia mai!" esclamò Bokuto, euforico come un bambino.

Daichi sospirò e poi ricordò: quello di fronte a lui era il capitano della Fukurodani, un mutante di livello Beta con degli occhi capaci di vedere tutto nel raggio di un chilometro anche al buio. Notò subito le iridi non umane di colore giallo e le pupille ridotte a fessure.

"Riesce a vedere qualsiasi cosa come se ce l'avesse davanti, è snervante" aveva spiegato loro desolato il vicecapitano Akaashi Keiji, quando lo avevano incontrato la prima volta.

"Me ne vado" esclamò Suga irritato prima di defilarsi e Daichi non poté fermarlo.

"Ti abbiamo rovinato la festa, Sawamura?" gli disse Kuroo, che sembrava divertirsi un mondo. Alcuni mesi dopo Daichi avrebbe descritto quei due come un vero tormento, e quella sera ne ebbe un primo assaggio.

Nel frattempo Suga era tornato in palestra, e vide che Hinata stava approfondendo la conoscenza con Lev Haiba, il nuovo centrale del Nekoma. Trovò anche Tanaka e Nishinoya che si riposavano dopo l'intensa giornata e che ridacchiavano fra loro.

"Che succede?" chiese il vicecapitano.

"Kageyama si sta dedicando al suo hobby preferito" lo informò un divertito Tanaka.

"Cioè?" chiese ancora Suga, chiedendosi quale altro hobby potesse avere il loro eccentrico kohai.

"Stalkerare l'alzatore del Nekoma" rispose Noya, indicando la scenetta a pochi metri da loro.

Kageyama stava scrutando intensamente Kozume Kenma, facendo ogni tanto dei piccoli scatti, come a volersi avvicinare, per poi ripensarci e continuare a squadrarlo da lontano, muovendo anche le labbra, cercando forse di articolare quello che voleva dirgli, senza però grande successo.

Da parte sua, il povero Kenma si guardava intorno come un animale in trappola, cercando l'occasione migliore per darsela a gambe.

"Hinata, ma il tuo compagno che problemi ha?" chiese Lev, che stava assistendo alla scena un po' impensierito " Siamo sicuri che sia del tutto sano di mente? Non vorrei che possa far qualcosa a Kenma-san."

"No" rispose subito Hinata "no, non lo farebbe mai. È Kageyama" rispose semplicemente "è fatto così."

"Mmmmh, se lo dici tu..."

L'altissimo ragazzo si prese un braccio e se lo arrotolò attorno al collo, a mo' di cappio.

"Lev smettila, fa impressione!" lo sgridò Yaku, avvicinandosi.

Il centrale del Nekoma sbuffò, e prese allora ad allungarsi le gambe. Poco prima aveva mostrato a Hinata come potesse estendere i propri arti all'infinito.

"Poco fa ho cercato di parlarci, ma mi ha guardato malissimo" insisté Lev.

"Forse perchè il tuo approccio lascia a desiderare," intervenne Yaku, "saltare intorno a una persona e sommergerla di domande non è il modo migliore per fare conoscenza!"

Hinata però non li ascoltava più. Si diresse verso Kageyama ridendo e scuotendo la testa.

"No, no, Kageyama," gli disse afferrandogli il polso, "non puoi comportarti così con le persone,

guarda."

Lo guidò verso l'altro alzatore, che si era calmato grazie alla presenza del ragazzino pel di carota.

"Kenma, Kageyama vorrebbe farti delle domande sul tuo gioco, ti andrebbe di farci due chiacchiere? Ha uno sguardo terrificante all'inizio, è vero..."

"Oi!" lo interruppe Kageyama imbronciato.

"...ma poi non è così terribile come sembra, te lo assicuro!" poi tirò una gomitata al ragazzo dai capelli scuri al suo fianco "Chiediglielo anche tu, con gentilezza e senza urlare però!"

Kageyama fece la sua richiesta inchinandosi leggermente, balbettando e a voce troppo alta, ma sicuramente in maniera più accettabile rispetto al suo solito. Kenma lo studiò un attimo, come un animale selvatico che dovesse decidere se fidarsi o meno dell'estraneo che gli porgeva il cibo, poi annuì. Iniziarono a dialogare, certo in maniera un po' impacciata, ma era il massimo che entrambi potessero fare, viste le loro abilità sociali non certo brillanti.

"Wow" commentò Tanaka."Hinata santo subito! Ha reso possibile l'impossibile."

Suga li osservò e concordò sorridendo.

Più tardi quella sera, mentre i suoi compagni erano ancora a lavarsi, Hinata entrò nella camera del dormitorio e vi trovò solo Tsukishima e Yamaguchi; il primo era fuggito subito una volta finiti gli allenamenti e l'altro, sentendosi molto stanco, l'aveva seguito crollando addormentato subito dopo il bagno. Tsukishima stava ascoltando la musica alle cuffie e Hinata si mise a riporre le sue cose, quando all'improvviso Yamaguchi iniziò ad avere delle convulsioni, sudando, il corpo pervaso da spasmi e il viso pallidissimo. Hinata lo guardò sconvolto:

"Yamaguchi! Ma che cos'ha?" tentò di svegliarlo ma Tsukishima lo bloccò.

"Lascia stare, sta avendo una delle sue visioni, fa sempre così." disse il ragazzo con gli occhiali. Poi, con tutta calma, mise una mano sotto la nuca del ragazzo dormiente e l'altra sulla fronte e iniziò a parlargli con voce atona, senza tradire alcun nervosismo:

"Va tutto bene, respira, respira forte, segui la mia voce, respira, respira..."

Il corpo di Yamaguchi smise gradualmente di contorcersi e i suoi respiri di fecero regolari poco a poco, poi le sue palpebre si aprirono lentamente, si guardò intorno ancora disorientato. Tsukishima lo aiutò a mettersi seduto e lo fece bere, poi chiese:

"Cos'hai visto stavolta?"

"Ho visto... un furgone che... investiva delle persone," ingoiò a vuoto, "ma era tutto molto ravvicinato, non sono riuscito a cogliere dei dettagli per potermi orientare." i suoi occhi si inumidirono " come al solito il mio potere è inutile, se riuscissi a localizzare ciò che succede, potrei..."

"Niente" tagliò corto bruscamente Tsukishima "non potresti fare niente. Shimada-san ti ha spiegato che non ti è permesso dare informazioni o intervenire a meno che non si tratti di eventi catastrofici molto gravi." poi aggiunse " e in ogni caso è meglio così, fossi in te preferirei non avere una responsabilità così grande sulle spalle, ti angustieresti soltanto pensando a quello che avresti potuto fare e non hai fatto..."

"Perché devi essere sempre così, Tsukki." disse Yamaguchi ferito e anche Hinata lo guardò con biasimo. Tsukishima sostenne i loro sguardi, poi aggiunse cinicamente:

"Scusate se non ho l'indole dell'eroe." poi prese un asciugamano e lo tirò addosso a Yamaguchi, mentre udiva il resto della squadra ritornare in stanza  "Vatti a rifare il bagno, hai sudato molto".

Il ragazzo, ancora molto pallido , fece come gli aveva suggerito. Proprio in quel momento tornarono gli altri in un gran baccano. Hinata, ancora scosso per ciò che era accaduto, sussurrò a Tsukishima:

"Dove hai imparato a fare quello per Yamaguchi?"

"Sono anni che succede, ormai ci sono abituato, mi ha insegnato il suo tutore, Shimada-san. Mi ha spiegato che in questi casi gli fa bene sentire una voce familiare." rispose l'altro, prima di rimettersi le cuffie come se nulla fosse.

Hinata ricordò di come Yamaguchi parlasse spesso di Shimada con affetto. La maggior parte di loro aveva un rapporto abbastanza formale con i loro tutori, anche perchè capitava non di rado che questi si stufassero di lavorare nel Distretto e che quindi cambiassero. Yamaguchi invece aveva ricevuto Shimada-san come tutore circa un anno dopo il suo arrivo e vi si era affezionato come a un fratello maggiore.

Hinata si augurò che il suo compagno adesso stesse meglio. Ripensò con un po' di senso di colpa a tutte le volte che aveva invidiato i poteri altrui, chiedendosi se anche altri nascondessero certi retroscena dolorosi.

Il piccolo centrale rimase inquieto anche il giorno successivo. Se ne accorse Kageyama, che osservava vigile come Hinata venisse murato sempre più spesso, una volta che gli avversari si abituavano e gli prendevano le misure; guardava impotente la sua crescente frustrazione.

Gli occhi di Hinata erano quelli di un affamato, voleva di più, sempre di più e Kageyama si sentiva disorientato, vedeva minacciato il suo equilibrio.

Poco dopo Hinata e Kageyama litigarono. Non i loro soliti diverbi presto dimenticati, non le loro frecciate innocue, ma una rottura vera e propria, tanto che per la prima volta arrivarono seriamente alle mani.

Yachi pianse, dopo aver assistito a tutto. Venne riaccompagnata a casa da Hinata e poco prima di separarsi gli si avvicinò e gli accarezzò la guancia con la mano.

"Ma cosa...?" esclamò Hinata colto di sorpresa, mentre i suoi occhi diventavano umidi suo malgrado.

"Va bene così" gli sussurrò Yachi in lacrime " puoi usare me come scusa. E comunque non lo saprà nessuno". Quell'esserino aveva l'abilità di trasmettere i propri sentimenti agli altri semplicemente toccandoli.

"Non serve a molto" gli aveva detto lei all'inizio, quando si erano conosciuti " sono sempre spaventata o ansiosa, quindi va da sé che chiunque tocchi può diventare solo spaventato o ansioso; la mia tutrice ha detto che dovrei lavorare su me stessa, ma non è una cosa che si può fare a comando."

In quel momento nulla di tutto quello contava, e Hinata capì. Si premette quella piccola mano sulla guancia e lasciò che le lacrime sgorgassero liberamente, appoggiando la testa sulla spalla della ragazza minuta di fronte a lui. Nessuno, a parte lei, avrebbe visto o saputo.

Solo a pochi chilometri di distanza, Kageyama stava rientrando a casa, ad accoglierlo un silenzio tombale. Si lasciò andare a un piccolo sospiro di sollievo. Da quando si era svolta la Tipizzazione e aveva scoperto di essere un Omega, il suo tutore era stato sostituito da una donna particolarmente assillante, che lo visitava ogni due-tre giorni. Il fatto che fosse capitato proprio a lui era di un'ironia perversa, dato che non poteva importargli di meno di poteri e categorie, geni X e DNA mutati. Ad ogni modo non poteva dire che fosse una novità, era piuttosto abituato ad avere il fiato sul collo fin da bambino.

Si stese sul letto e prese una palla, iniziando a palleggiare svogliatamente. Aveva sempre trovato sollievo in queste attività ripetitive e sistematiche, sempre uguali a se stesse, forse perché gli davano sicurezza; da piccolo sarebbe rimasto per ore a tracciare su un foglio le stesse figure, a fare torri con le costruzioni o a muovere gli oggetti in circolo con i suoi poteri telecinetici, certe azioni lo mantenevano al sicuro nella sua zona di comfort, senza aver bisogno d'interagire col prossimo. Le poche volte che veniva interrotto aveva reazioni di rabbia esagerata, che sbalordivano non poco chi lo seguiva, visto che di solito era un bimbo anche troppo tranquillo.

Fu con la pallavolo però che la sua fissazione raggiunse il culmine. La sua tutrice lo fece iniziare nella speranza che socializzasse con i compagni di squadra e per il piccolo Tobio fu come una folgorazione. La pallavolo era uno sport preciso, con regole ben definite: tre tocchi per lato, servizio, ricezione, contrattacco, muro, difesa, non era caotico e sconclusionato come il calcio o il basket e non aveva stupidi limiti di tempo. La sua passione divampò a tal punto che attendeva gli allenamenti con smania, lasciando presto a bocca aperta gli astanti per il suo talento precoce; riuscì persino a superare il suo mutismo selettivo e comunicare con altri che non fossero la sua tutrice.

Poi un pomeriggio, all'età di circa sette anni, accadde l'irreparabile: gli venne impedito di recarsi agli allenamenti per via di una visita; l'ira con cui reagì fu del tutto inaspettata, si mise a gridare rifiutandosi di uscire e il suo potere esplose incontrollato, disintegrando tutte le finestre della casa. La sua tutrice riportò gravi lesioni e rischiò di venire accecata dai frammenti di vetro che le piombarono addosso. Era una donna dolce e pacata ma da quel giorno non la vide mai più. Venne subito inibito e dopo essere stato esaminato come un caso umano gli diagnosticarono la sindrome di Asperger.

"M'impedirà di giocare a pallavolo?" chiese subito il piccolo Kageyama, i grandi occhi neri allarmati.

"No" gli rispose l'anziano dottore che gli parlò. All'epoca non sapeva che si trattasse del Dottor. Shigeru Miya, il padre dei gemelli. " Dovrai solo prestare attenzione a come ti comporti con gli altri, ma non avrai nessuna difficoltà fisica."

In seguito Kageyama scoprì che era più facile a dirsi che a farsi. La sua visione della pallavolo vedeva la squadra come un meccanismo ben oliato, ma se qualche ingranaggio non funzionava a dovere, tutto s'inceppava. E col tempo iniziò a considerare sempre più spesso i suoi compagni come ingranaggi arrugginiti, come corpi estranei deleteri e gli fu sempre più difficile contenere i suoi scatti d'ira verso di loro. Al terzo anno delle medie, questi gli misero in testa una corona fittizia e iniziarono a chiamarlo "Re", un nomignolo che aveva più l'accezione di "Tiranno". Era arrivato a un punto in cui la collera e la solitudine erano diventati insostenibili.

Poi era arrivato Hinata.

Era piombato nella sua vita con lo stesso fragore con cui aveva spalancato la porta della palestra, quel pomeriggio di primavera. Chiassoso, fastidioso, fulgido.

Hinata non lo aveva compatito, non lo aveva giustificato, non lo aveva disprezzato.

Hinata prendeva le sue insicurezze, i suoi complessi e i suoi patemi e ci sputava sopra, ne faceva brandelli. Non lo faceva con malizia, no, semplicemente a lui non fregava nulla.

Andava dritto al punto, Hinata, al cuore delle cose, e in fondo i loro cuori erano simili. Ma erano anche entrambi egoisti, sapevano che, per quanto tirassero la corda l'uno con l'altro, non si sarebbero mai persi. Kageyama lo sapeva ed era convinto che per Hinata fosse lo stesso.

L'alzatore della Karasuno si mise in piedi, rasserenato, deciso a trovare una soluzione durante i giorni seguenti.

"Stiamo bene" disse Hinata il giorno dopo ad una preoccupata Yachi. "Io e Kageyama stiamo entrambi bene", e la ragazza gli credette, sorridendo felice.

Poteva sembrare arrogante da parte sua ma lo pensava davvero. All'inizio, quando avevano iniziato a giocare alla Karasuno, Hinata si era fidato di Kageyama perchè non aveva altra scelta, da completo principiante senza esperienza quale era. Adesso era diverso, adesso aveva scelto consapevolmente di fidarsi di lui, e sapeva che il suo eccezionale alzatore non lo avrebbe deluso, mai. Lo sapeva e lo sentiva, negli sguardi fugaci che si rubavano a vicenda tra un giocata e l'altra, nei segnali silenziosi, in quella fiducia incrollabile che non sarebbe mai venuta meno.

Non si sarebbero mai persi.

+++++++++++++++++++++++++++++++++

La settimana dei campi di allenamento estivi era quasi giunta al termine quando l'ennesimo tentativo della nuova veloce stramba andò a buon fine. Hinata e Kageyama si guardarono negli occhi direttamente per la prima volta dopo giorni ed esultarono.

"Sei davvero incredibile!" esclamò il ragazzo dai capelli fulvi, quasi commosso, mettendosi a saltellare intorno al suo alzatore. Kageyama, per niente avvezzo a quel trattamento, sembrò andare completamente in tilt, la sua faccia si accartocciò in una smorfia indecifrabile, poi sbottò:

"Ma che diavolo dici, ritardato ?"

Hinata però non sembrò farci caso, continuando ad esultare raggiante.

Appena finita la partita Kageyama si defilò scappando letteralmente dalla palestra, senza accorgersi che un paio occhi quasi felini lo avevano osservato fino a quel momento.

Ancora un po' scombussolato, tuffò la testa sotto il getto di uno dei rubinetti esterni. Si stava ancora asciugando i capelli quando una voce lo raggiunse all'improvviso facendolo sobbalzare:

"Tieni a lui....più di quanto vuoi far vedere..."

Kageyama si ritrovò Kozume Kenma ad un metro di distanza. Non si era minimamente accorto della sua presenza né l'aveva sentito avvicinarsi, sentì però un odore sgradevole nell'aria.

"È  odore di zolfo quello che senti, è dovuto ad una reazione chimica dell'atmosfera quando mi teletrasporto." spiegò sbrigativo il ragazzo.

Kageyama lo guardò diffidente. Il primo impulso fu d'intimargli di farsi i cazzi suoi, ma poi pensò che sarebbe stato meglio non dar mostra del suo pessimo carattere, specialmente con un senpai. Lo studiò ancora; fin dal loro primo incontro aveva capito che Kozume era un alzatore d'indiscutibile talento, eppure non sembrava fregargliene assolutamente nulla né mostrava d'impegnarsi o di allenarsi in maniera particolare, era uno di quei tipi che avrebbero fatto incazzare a morte Oikawa-san, semmai l'avesse incontrato. Ma soprattutto l'alzatore del Nekoma era un acuto osservatore, quindi ogni tentativo di negare sarebbe stato vano.

"Sì....è vero" ammise con rassegnazione "lui è così..." si fermò, come a cercare le parole adatte, ma senza successo " Lui è così" disse semplicemente.

"Già..." annuì l'altro, comprensivo.

"Ma io non sono in grado di... relazionarmi bene con lui... o con altri..." continuò Kageyama, mostrando quanto sforzo gli costasse esprimersi. "Mi conosco e so come sono, finirei per rovinarlo, non c'è speranza..."

"Shouyou non fa caso a queste cose e tu sei troppo severo con te stesso. Se ti odiasse ti avrebbe abbandonato tempo fa."

"Ma lui non odia nessuno, per cui è difficile capire chi ama in particolare." scosse la testa. "Ma è solo una perdita di tempo stare qui a parlarne."

"Come preferisci" rispose Kenma, che non era certo tipo da insistere. "Devo dire che un po' t'invidio, sai che nonostante tutto lui ti resterà accanto."

"Ah, lo puoi ben dire" irruppe una terza voce all'improvviso " è un musone, indisponente e intrattabile, ma..." Kuroo saltò fuori dall'ombra, gli occhi fiammeggianti fissi su Kageyama "...per qualche strano inspiegabile motivo, chibi-chan ha scelto te." .

" Kuro," disse Kenma, fissandolo con rimprovero, "non avresti dovuto seguirmi."

"E perdermi lo spettacolo raro di te che inizi una conversazione con qualcuno di tua spontanea volontà? Giammai!".

Kenma roteò gli occhi. Evidentemente Kuroo si era accorto subito di quando si era smaterializzato, aveva un sesto senso frutto di anni in cui lo aveva riacchiappato più volte quando cercava di svignarsela. Il ragazzo dai capelli ossigenati si rivolse ancora a Kageyama:

"Sono l'ultimo che può dirti cosa fare, solo..." proseguì dubbioso "...se Shouyou dovesse avvicinarsi, non lo allontanare".

Poi se ne andò, seguito dal suo capitano, che non perse occasione di sfotterlo per il suo immenso "atto di coraggio".

Kageyama rimase solo, coi suoi dubbi e i suoi sentimenti non corrisposti come unica compagnia.

L'ultima sera del campo di allenamento, i ragazzi decisero di godersi la brezza tiepida estiva sul prato, guardando le stelle. Alcuni studenti della Shinzen presero la pompa dell'acqua e iniziarono una guerra di gavettoni, in cui ovviamente Hinata si buttò a capofitto.

Kageyama preferì starsene in disparte, anche perchè non riusciva a ricordare nessuno dei loro nomi, e avrebbe finito per fare solo magre figure. Non si era seduto neanche da due minuti, che sentì qualcosa di ghiacciato sulla nuca. Fece una specie di grugnito contrariato e voltandosi si trovò davanti Hinata, con i capelli e i vestiti ancora umidi e una bibita ghiacciata in mano.

"Bel lavoro, Kageyama!" esordì sorridendo. Il ragazzo moro non rispose, tornò a guardare davanti a sé mentre Hinata gli siedeva accanto. Si rese conto un po' a disagio che era la prima volta che restavano da soli dopo settimane in cui non si erano mai parlati. Per Kageyama fu come la prima boccata d'aria dopo una lunga apnea.

Hinata invece non sembrava turbato in modo particolare, sorseggiava tranquillamente la sua bibita a piccoli sorsi. Poi disse, esitante:

"Come hai fatto? A fare quello, voglio dire..." riferendosi alla sua incredibile alzata a parabola.

"Ho avuto dei buoni consigli" rispose Kageyama, ripensando con un po' d'imbarazzo a quando si era piegato a novanta gradi davanti Oikawa pregandolo, con una folla di marmocchi che lo guardava. E agli allenamenti infiniti con Yachi e quella dannata fila di bottiglie da centrare, probabilmente se le sarebbe sognate la notte nei mesi a venire.

"Tu sei tu," proseguì semplicemente, "non è stato difficile capire".

Hinata lo guardò un po' interdetto e Kageyama si corresse, impacciato:

"Gli idioti funzionano in maniera semplice."

"La tua simpatia è rimasta la stessa, vedo.." borbottò Hinata risentito. Si stese sull'erba fresca, godendosi la sensazione.

Kageyama lo fissò di sottecchi. In realtà era la prima volta che stavano così vicini in una situazione così rilassata. Stavano sempre insieme ma era tutto così frenetico, tra allenamenti, mangiate coi compagni, partite, lezioni. Solo allora si mise a riflettere sulle implicazioni dei suoi sentimenti per Hinata. Aveva capito di averne bisogno, di volerlo accanto, ma poi? Cosa sarebbe successo dopo? Le sue dita si mossero, come punte da qualcosa. La verità è che avrebbe voluto toccarlo, sfiorare le sue guance, il contorno delle labbra, quegli strambi capelli rossi. Si erano toccati in passato, nelle loro brusche interazioni ma adesso...

Oltre quella linea però c'era solo l'ignoto. Non riusciva davvero a immaginare come avrebbe reagito il suo compagno: forse non avrebbe capito, forse lo avrebbe frainteso.

E se lo avesse respinto?

Qualcosa s'incrinò e Kageyama fu preso dall'ansia, dallo stesso panico che lo investiva da bambino quando qualcosa che adorava gli veniva sottratto. Un mondo in cui Hinata lo allontanava non poteva neppure concepirlo.

Kageyama si stese al fianco del compagno, che continuava a bere ignaro del suo tormento. Pensò che in fondo stavano bene così, con le loro giornate passate ad allenarsi, i battibecchi, le tensioni, il loro agonismo e le loro stupide competizioni. E poi quei rari momenti di quiete da afferrare e stringersi al petto, da custodire e assaporare.

Andava bene così, se lo sarebbe fatto bastare.

Vivere senza lo avrebbe distrutto, lo avrebbe fatto tornare ad essere quel bambino egoista, dispotico e disturbato con lo sguardo fisso nel vuoto.

Attivò la sua telecinesi e tolse la lattina dalle mani di Hinata.

"Ehi, Kageyama!!" si alzò con uno scatto cercando di riafferrarla ma questa fluttuò velocemente in mano al ragazzo moro, che la svuotò in un solo sorso.

"Andiamo, non è il momento di adagiarsi." Kageyama si alzò scuotendosi via l'erba dai pantaloni. "Le percentuali di riuscita della nuova veloce fanno pena, abbiamo ancora tanto lavoro da fare. Vai a dormire, da domani ci aspetta un allenamento serrato."

Hinata lo fissò un attimo, poi rispose al suo sguardo con uno di sfida, sorridendo.

"Solo se riuscirai a starmi dietro, sai che sono messo meglio di te a resistenza!" schizzò in piedi con un urlo e poi si sollevò in aria facendo capriole.

Andava bene così, continuò a pensare Kageyama, andava tutto bene così.

Si sarebbe aggrappato a quel presente e lo avrebbe tenuto stretto.

Note dell'autrice: nuooo che non va bene così, tonto di un Kageyama!! Salve a tutti e bentornati. Capitolo abbastanza complesso da scrivere, anche perchè per la prima volta mi sono addentrata nei meandri della mente di Tobio, e non è stato facile. La teoria di Kageyama Asperger ( che per chi non lo sapesse, è una forma più lieve di autismo senza ritardo mentale, per i dettagli googlate che sono pigra XD ) è abbastanza diffusa nel fandom, ho letto un meta molto interessante l'anno scorso che mi ha convinta che potrebbe essere una cosa canon e voluta dall'autore, anche se non detta esplicitamente (come potrebbe essere la ciclotimia per Bokuto, azz, Haikyuu sembra un trattato di psichiatria in certi casi, ma penso sia un effetto della grande cura che l'autore mette nella psicologia dei personaggi). Ah, e un altro dettaglio che mi avevano "criticato" in un'altra mia fic e che probabilmente ritornerà in questa: per me Kageyama ha gli occhi neri come nel manga, lo trovo più affascinante e adatto a lui, quindi mi scuso per chi è fan del Tobio dell'anime con gli occhioni più blu del blu, I'm sorry XD.

 Spero che tutti voi più o meno riusciate a seguire gli eventi, che come ho già detto, ricalcano abbastanza fedelmente la storyline del manga (per ora, muahahaha).

Termino queste note infinite salutando e ringraziando ancora chi legge e segue la storia, un bacione enormissimo a tutti.

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