Capitolo 12


La mattina seguente Hinata uscì da casa con un certo anticipo. Non sarebbe stato necessario, ma ormai il suo corpo aveva memorizzato le abitudini di quando aveva ancora le attività del club di Volley e doveva affrettarsi per gli allenamenti mattutini. S'incamminò lentamente a testa bassa; avrebbe potuto volare, ma il suo umore cupo non glielo permise. Era incredibile come il suo potere fosse influenzato dal suo stato d'animo, ormai erano tre giorni che i suoi piedi non si staccavano da terra. Fu proprio per questo che si accorse in ritardo di una figura di fronte a sé, a pochi metri di distanza, che sembrava attenderlo.

"Kageyama...?"

Il ragazzo più alto si avvicinò nell'udire il suo nome pronunciato da quella voce familiare. Hinata rimase sconvolto nel vedere la sua faccia, quella di chi non ha dormito per tutta la nottata precedente. Si strinse nel petto al pensiero che fosse colpa sua. Cercò di parlare ma Kageyama lo anticipò, una voce afflitta che fece fatica a riconoscere:

"Doveva esserci qualcosa, era scontato, non riuscirai mai a nascondermi niente, Hinata..." detto questo, sembrò concentrarsi per un attimo e solo quando il più piccolo sentì il proprio corpo muoversi si accorse che Kageyama stava usando i suoi poteri su di lui. Non l'aveva mai fatto da quando stavano insieme. Prima che potesse divincolarsi si ritrovò tra le sue braccia e, come un riflesso condizionato, smise di opporre resistenza anche quando sentì le labbra di Kageyama sulle sue. Fu un bacio possessivo, quasi crudele, la mano del ragazzo più alto serrata intorno alla sua mascella, sollevando il suo viso con fare dominante; ma Hinata non era certo tipo da tirarsi indietro quando c'era da combattere. Rispose con altrettanta foga, alzandosi sulle punte e costringendo Kageyama ad abbassarsi. Fu un bacio lungo ma senza sapore, lingue che spingevano e labbra che si univano senza accarezzarsi, senza assaporarsi. Kageyama si staccò e respirò pesantemente sul suo viso, dandogli piccoli baci leggeri in contrasto con la brutalità di poco prima, poi senza dire altro lo allontanò bruscamente. Hinata, ancora frastornato, si pulì una traccia di saliva dall'angolo della bocca.

"Sapevi tutto, ecco perché ti sei comportato in quel modo..." disse Kageyama. Il suo tono era tranquillo, non c'era accusa ma una semplice constatazione.

"Cosa? " Hinata era confuso più che mai, un sentore di panico che lentamente gli saliva nel petto.

"Come hai fatto a saperlo, di quello che accade agli Omega fuori dal Distretto?"

"Oikawa" confessò Hinata dopo una breve esitazione "Sua sorella era un'Omega, mi ha detto tutto dopo che te ne sei andato, il giorno che l'abbiamo incontrato con Iwaizumi."

Kageyama imprecò sottovoce "Oikawa-san, certo, non poteva perdere quest'occasione..." poi fu il suo turno di raccontargli tutto, l'incontro della sera prima con quei due individui, la verità che era venuta a galla e poi la loro offerta, l'unico spiraglio, l'unica possibilità per potersi sottrarre a ciò che lo aspettava.

"Ho intenzione di accettare." proclamò Kageyama. Fu come una sentenza e Hinata capì il perché del bacio di prima: era un bacio d'addio.

Ma non era da Hinata mollare così, non lo era e non lo sarebbe mai stato:

"Sei matto? Sai che tipo di persone sono? Quelli hanno ammazzato senza farsi scrupoli! " ricordò con dolore una delle loro azioni più recenti, alla Tv avevano detto che la vittima più giovane aveva solo cinque anni. Quella notte aveva dormito con Natsu stringendosela al petto, nella speranza di poterla proteggere sempre da ogni minaccia estranea.

"Non sarò costretto a fare nulla, mi hanno detto..." obiettò Kageyama.

"Non ha importanza, anche solo far parte di un'organizzazione come quella, essere associato a certi individui, vivere con persone che hanno fatto certe cose..." trattenne delle lacrime di rabbia "Se ti hanno reclutato c'é un motivo, loro si credono superiori a tutti noi, agli umani e agli altri mutanti che considerano inferiori, vogliono farti diventare come loro e non ti permetteranno di lasciarli tanto facilmente! Cosa cazzo hai in testa, Kageyama?"

A quel punto fu l'alzatore della Karasuno ad infuriarsi, alzò la testa e gli gridò contro:

"Quindi cosa dovrei fare secondo te? Aspettare che vengano a prendermi, legarmi ad un letto come un malato terminale e rinchiudermi in qualche cazzo di clinica senza poter più uscire?"

"Troveremo un modo, ci deve essere un altro modo per salvarti." disse Hinata convinto.

"Ma quanto cazzo sei egocentrico, Hinata? Riesci a vedere oltre il tuo fottuto naso? Vuoi sempre forzare le tue idee sugli altri, e poi sarei io il tiranno." sospirò poi proseguì con veemenza:

"Beh, ti dò una notizia: non c'é un'altra soluzione. Te l'ho detto un miliardo di volte, non basta volere intensamente una cosa per farla accadere, e se riuscissi a mettere da parte il tuo egoismo lo vedresti chiaramente anche tu. Questa é la mia sola occasione, non posso restare fermo ad aspettare un miracolo che non arriverà mai."

Hinata si zittì. Non poteva dire che le accuse di Kageyama fossero del tutto infondate. Se questo fosse accaduto due anni prima avrebbe urlato, si sarebbe avvinghiato al braccio dell'altro con foga, a costo di trattenerlo con la forza e spezzargli entrambe le braccia; ma il tempo era trascorso, erano cresciuti insieme, maturati insieme.

Semplicemente era amore. Quando erano al loro meglio ma anche quando erano al loro peggio.

"Dicevi di amarmi." disse poi con voce flebile.

L'altro s'irrigidì, come colto alla sprovvista da un minuscolo dardo letale.

"E' vero." rispose con voce addolorata ma più dolce "E' sempre stato vero e lo sarà sempre. Sei tu o nessun altro, Shouyou..."

Una lacrima solcò la guancia di Hinata, mentre dei ricordi gli tornavano alla mente, memorie intime, segrete. Nonostante gli anni passati insieme, Kageyama lo chiamava per nome molto raramente, lo faceva solo nel buio della sua camera, quando erano uniti e le loro parti più intime e profonde si toccavano, quando svelava la sua parte più fragile e inaccessibile. Solo in quei momenti Kageyama gli diceva di amarlo, lo ripeteva come una litania, una supplica tra le loro labbra che si sfioravano, invocando il suo nome mentre i loro corpi si scioglievano diventando uno solo.

A Hinata andava bene così, perché quegli attimi assumevano una valenza unica, rara e inestimabile. E adesso? Cosa ne sarebbe rimasto?

"Vieni con me." offrì Kageyama, tendendo debolmente la mano "Sono importante per loro, non mi negheranno questo se sono io a chiederglielo."

Hinata scosse la testa e dette voce a ciò che ormai era una consapevolezza per entrambi, anche se restii ad ammetterlo:

"E' finita." lo disse in un pianto muto.

Kageyama vacillò, non riuscì a dire nulla ma nemmeno riuscì a negare.

"Ti amo, Tobio" aggiunse Hinata. Lo diceva più spesso rispetto al suo scorbutico ragazzo, ma stavolta c'era una solennità particolare nelle sue parole " Ti amerò per sempre, non ci sarà nessuno che amerò più di te. Voglio che non lo dimentichi...ma non posso fare quello che mi chiedi. Non potrei mai unirmi a certe persone, sarebbe come violentare la mia natura. E poi non lascerò mai mia sorella da sola, è l'unica persona che ami quanto e più di te."

Kageyama non replicò, sapeva tutto fin troppo bene.

Si guardarono, sguardi straziati e l'impulso di stringersi un'altra, ultima volta, ma vi si opposero, sapevano che sarebbe stato come sale sulla ferita.

Si separarono e sparirono l'uno dalla vista dell'altro.

Il giorno dopo Hinata trovò la scuola in subbuglio: militari, tutori e funzionari del Distretto stavano conducendo delle ricerche per un esemplare Omega che non era più rintracciabile e non si trovava da nessuna parte. Yachi gli corse incontro e si gettò tra le sue braccia in lacrime. Hinata pianse a sua volta, se questo fosse solo effetto del potere della ragazza non seppe dirlo con certezza. Se prima tutto era sembrato un'illusione onirica, adesso quel trambusto rese tutto davvero reale e tangibile.

Kageyama se n'era andato.


Il resto di quella giornata Hinata la trascorse sotto torchio da parte delle autorità investigative. Si ritrovò in una stanzetta angusta, di fronte a due uomini dall'aspetto austero e alla tutrice di Kageyama, che sembrava particolarmente livorosa per l'accaduto e che lo fissava con occhi piccoli e pungenti come aghi, mentre gli agenti cercavano di cavargli fuori qualsiasi cosa potesse essere utile a rintracciare il ragazzo scomparso. Nel pomeriggio fu convocato anche Miya Atsumu, il cui viso ambiguo non riuscì a dissimulare l'astio per essersi lasciato sfuggire una preda così ambita.

A ripensarci in seguito, Hinata riuscì a stupire persino se stesso per la calma e il sangue freddo che riuscì a dimostrare, mantenendo un'espressione neutra e una faccia di bronzo invidiabile e negando ogni coinvolgimento; non perché fosse chissà quanto scaltro o resiliente, semplicemente non avvertiva più nulla e quella sorta d'interrogatorio non lo scalfì neppure.

Ciononostante, non gli credettero neanche per un secondo. A causa della tutrice di Kageyama dovevano essere a conoscenza della natura del loro rapporto, inoltre il suo viso segnato doveva averlo tradito, ma alla fine furono costretti a desistere quando Takeda intervenne, chiedendo loro, coi suoi soliti modi cortesi e venati di servilismo, di dargli tregua almeno per quel giorno.

Hinata uscì con passo spedito, lo sguardo vacuo e fu subito accostato da Yachi, che lo seguì inquieta ma senza dire una parola. Si recò in palestra ormai all'imbrunire e appena le grandi porte scorrevoli si chiusero dietro di lui, s'infilò le mani nei capelli e ringhiò furioso, poi tirò un calcio a un secchio, facendolo volare a un metro di distanza. Yachi, che era sempre rimasta accanto a lui, sobbalzò ma continuò a tacere.

"Se n'è andato davvero!" urlò Hinata, senza curarsi di essere silenzioso o di non farsi sentire da orecchie indiscrete " Se n'è andato e mi ha lasciato... così!"

Solo voltandosi si ricordò di non essere solo e incrociò gli occhi lucidi della ragazza, i cui diciotto anni non avevano mutato molto l'apparenza fragile e minuta.

"Scusa..." sibilò Hinata senza guardarla.

Il portone della palestra si aprì di nuovo con un suono secco e Hinata fissò la soglia circospetto, prima di riconoscere nelle due figure appena entrate Tsukishima e Yamaguchi.

"Fossi in te griderei più forte" ammonì un caustico Tsukishima "A un isolato da qui non ti hanno ancora sentito."

Hinata gli voltò le spalle; nonostante gli ultimi due anni avessero ammorbidito le tensioni iniziali tra loro e potessero definirsi a tutti gli effetti compagni, in quel momento non si sentiva davvero in vena di sostenere le irrisioni del centrale con cui si era diviso la scena per anni.

"Che cosa vuoi, Tsukishima?" chiese stizzito.

"Solo sapere cos'è successo e perché Kageyama è sparito, perché scommetto un braccio che tu sappia più di quanto vuoi far intendere e che la cosa abbia a che fare con la scomparsa di mio fratello fuori dal Distretto."

Hinata s'impietrì, non sapendo cosa e come replicare. Yamaguchi decise d'intervenire e di fare da mediatore mitigando i toni:

"Abbiamo scoperto che Akiteru è svanito senza lasciare traccia una volta arrivato nel mondo esterno. Se sai qualcosa in proposito dovresti dircelo, abbiamo il diritto di sapere."

Hinata lo guardò in quei grandi occhi preoccupati e alla fine cedette. Non aveva senso nascondere ancora la verità ed era un fardello che aveva bisogno di condividere o alla lunga lo avrebbe ucciso, senza contare che i suoi compagni erano sempre stati molto più scaltri di lui.

Rivelò loro tutto quello che era venuto a sapere sugli Omega e sul loro impietoso futuro, per poi riassumere il suo scambio con Kageyama e l'addio tra lui e l'alzatore, i ricordi ancora freschi e dolorosi nella sua testa. Dopo aver ascoltato, sul viso di Tsukishima si dipinse un'espressione smarrita che Hinata non gli aveva mai visto.

"Dunque è così, gli è davvero successo questo." mormorò prima di voltarsi evitando lo sguardo addolorato di Yamaguchi.

Hinata sospirò prima di rivolgersi a Yachi, che era rimasta fino ad allora spettatrice silenziosa.

"Mi dispiace di averti coinvolta, Yacchan. Forse non avresti dovuto ascoltare."

Lei scosse la testa, ormai piangendo apertamente e appoggiandosi alla spalla di Hinata.

Adesso erano tutti e quattro lì, gli ex primini della Karasuno che in quei tre anni avevano imparato a convivere e ad affrontare una miriade di sentimenti contrastanti.

Fu Tsukishima il primo a ricomporsi, rompendo il silenzio:

"Dobbiamo essere più cauti adesso, soprattutto tu, testa vuota." sbottò rivolto a Hinata "Gli ispettori e la tutrice di Kageyama non ti hanno creduto neanche per un istante, sono consapevoli che sai qualcosa e torneranno. Se poi ti comporti da pazzo psicotico come poco fa non farai che aumentare i loro sospetti."

Hinata lo guardò con asprezza ma incassò, conscio di quanto l'altro avesse in fondo ragione. I quattro si lasciarono con la promessa di stare all'erta e di comunicarsi qualsiasi avvenimento strano che potesse metterli in allarme.

I giorni successivi trascorsero quieti; con loro sorpresa non ci furono altri interrogatori o indagini, perlomeno a scuola. Hinata continuò ad andare avanti nell'atarassia totale, guardando i giorni scorrergli davanti come se vivesse in una bolla di vetro, stordito e apatico.

Fu solo all'ottavo giorno dalla fuga di Kageyama che un evento del tutto inaspettato fece crollare le loro certezze, costringendoli ad affrontare tutto ciò che fino ad allora avevano cercato d'ignorare.

Note autrice: Aiuto, non uccidetemi per questo capitolo! Però l'addio è stato molto commovente e romantico eh? Non aggiungo altro e me la do a gambe prima di venire linciata.

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