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La luce del sole, ormai sorto dal cielo, filtrava dalla finestra di legno bianca laccata, andando a poggiarsi sul docile e candido viso della ragazza. Essa cercò di prolungare il suo sonno coprendosi con la delicata mano, ma oramai era sveglia, si alzò piano, sbadigliando, si liberò a malincuore dal caldo tepore che le concedevano le coperte di lino e si alzò dal letto matrimoniale, stiracchiandosi.
Una giovane ragazza vestita con la divisa da cameriera entrò nella stanza trascinando con sé un carrello contenente un vassoio d'argento pieno di prelibatezze.
« Buongiorno signorina, dormito bene? » chiese lei con il sorriso.
« Marina, per favore, ti ho detto almeno cento volte di chiamarmi con il mio nome e di darmi del tu. Sai che mi da fastidio ». esordì lei sbuffando.
« Mi scusi, cioè, scusami Nicole, ma tuo padre è molto rigido su questa regola » si giustificò la ragazza. Aveva qualche anno in più di Nicole e lavorava come domestica nella maestosa villa della famiglia Moore.
« Non mi interessa cosa dice lui. Non è nella stanza e poiché non puo' sentirci poco mi importa delle sue regole ».
« Ho capito. Ti ho portato la colazione, niente di raffinato, come piace a te ».
« Ti ringrazio, tu sei l'unica che rispetta i miei gusti qui » disse lei finendo di mettere in ordine il letto.
Nel frattempo, Marina si era spostata davanti l'armadio per sceglierle i vestiti che Nicole avrebbe portato quella mattina, prima di indossare la monotona divisa e recarsi all'istituto scolastico.
Confronto a lei, Nicole era pessima nel scegliersi i vestiti, semplicemente non sapeva vestirsi e lo stesso trattamento per il trucco, Marina era un'esperta in quel campo, tanto da farle da truccatrice ogni qual volta Nicole partecipava a quelle noiose feste e ricevimenti.
« Questo? » chiese la domestica mostrandole un vestito bianco con l'orlo in pizzo d'oro ricoperto di pietre brillanti sul busto, lungo fino alle ginocchia.
« Sono indifferente agli abiti di prima mattina, devo continuare a ripetere sempre le stesse cose? »
« Non ti abituerai mai, vero? »
« Per niente » sospirò.
« Come procede con il libro che ti ho consigliato? Hai cominciato a studiare? » le chiese Nicole per sviare sull'argomento appena citato, sapendo che Marina andava pazza all'idea di seguire con lei le lezioni private di un stimato docente che la preparava per la scuola, essendo stata privata della possibilità di finire le classi obbligatorie.
Gli occhi della domestica assunsero un luccichio euforico.
« Evidentemente ho sottovalutato il genere fantasy, non ricordo il titolo del libro, ma mi sono follemente innamorata di Geralt » disse ridacchiando.
Fece un balzo alla vista dell'orologio appeso al muro e tornò seria.
« Abbiamo parlato abbastanza, hai cinque minuti per finire di prepararti e mangiare. Forza, ti auguro una buona giornata ».
« Anche a te, Mary » sogghignò Nicole.
Puntuale come un'orologio svizzero, Nicole alle sette meno cinque era vestita e preparata davanti al portone della sua camera, perfetta in tutto il suo splendore. Scese le scale saltando quanti più gradini poteva, cercando di non farsi scoprire dal maggiordomo Adam, fissato con le buone maniere e il portamento elegante. Raggiunse la sala dove abitualmente si consumavano i pasti e con sua sorpresa scoprì tutti i componenti della sua famiglia già riuniti intenti a conversare dello sviluppo della giornata.
« Sei in ritardo » fu la prima cosa che li disse lui, con una smorfia di disapprovazione sprezzante vedendola arrivare.
Lucas Thomas Derhon Moore, ovvero il falso acquisto, soprannominato da Nicole, possessore e direttore di varie ditte farmaceutiche, e padre di un diciasettenne viziato, aveva sposato sua madre esattamente un anno prima, salvandola da quel baratro di depressione e disperazione che vi era entrata alla scomparsa del marito, data per scontata la sua morte.
Portandola così a trasferirsi nella villa insieme a sua figlia.
Nicole odiava la gente che non facevano altro che snobbare e credersi nettamente superiori agli altri. L'idea che sua madre si sposasse con una tale persona la disgustava profondamente, ma si consolò pensando a sua madre più felice. Ovviamente fu subito trasferita ad una prestigiosa scuola privata e i suoi rapporti sociali furono eliminati completamente, sostituiti da feste e ricevimenti con obbiettivi solo economici.
« Sono le sette meno cinque, dov'è che avrei fatto tardi? »
« Se ieri sera durante la cena ci avresti potuto privilegiare della tua attenzione avresti potuto sapere che stamani ci eravamo concordati di riunirci dieci minuti prima, Marina non lo sapeva? Molto male. Dovrò prendere provvedimenti »
« Lei non c'entra un bel niente, sono io che decido quando deve svegliarmi » ribatté Nicole, irritata.
« Doveva informarsi » concluse Lucas, tornando a guardare sorridente Meredith, sua moglie e suo figlio Jhonatan. Se non fosse stata per la presenza di sua madre si sarebbe comportato differentemente.
Lo trovava ingiusto, aveva capito fin da subito che in quella casa non era ben accetta e che sarebbe stato meglio se fosse finita sotto un ponte.
Fermò con un gesto della mano il maggiordomo che le stava apparecchiando la colazione sotto il naso.
« Ho già mangiato, grazie » gli rivolse un sorriso e lui, con un inchino, se ne andò.
« Sono contrario anche a questo, mi sembra poco elegante mangiare in camera quando possiamo farlo tutti insieme ».
"Non mi importa minimamente della tua opinione al riguardo, mi schifa vederti fingere di fare il bravo papà." pensò Nicole, sistemandosi meglio sulla sedia e linciandolo con lo sguardo.
« Cosa dicevi a proposito del programma della giornata, caro? » s'intromise Meredith, notando l'iniziale tensione fra i due.
« Oh giusto, questo pomeriggio deve arrivare... » cominciò, ma Nicole non lo stava già più ascoltando, tanto che continuava a fissare l'orologio posto in fondo alla sala contando i minuti che mancavano per alzarsi, stare a quel tavolo la innervosiva, era scesa semplicemente per non creare problemi alla madre, era rimasta in quella casa solo per non abbandonarla.
Avendo sedici anni compiuti, poteva tranquillamente prendere le sue cose e andarsene da una parente, lontana da tutto e da tutti, chiedere un trasferimento per la scuola e trovarsi un piccolo lavoro, niente di più semplice, sapeva badare a se stessa, invece le era capitata una sfortuna piacevole.
Scattò facendo quasi cadere la sedia su cui si trovava quando sentì il rintocco delle sette. Salì le scale con il suo solito modo frettoloso e corse in camera per cambiarsi.
"Porcatroia se prude sto vestito" pensò quasi strappandoselo di dosso, un'altro motivo per detestarli.
Trovò sul letto un paio di jeans chiari e una maglietta semplice a maniche lunghe nera ripiegata con cura, affiancati da un paio di scarponcini neri.
Un'altra cosa che adorava di Marina era quella di saper stare zitta quando doveva: la maggior parte dei dipendenti in quella casa spifferavano immediatamente cosa faceva e quando lo faceva non permettendo così di avere un po' di privacy, infatti Marina le preparava già un cambio per dopo la scuola sapendo che il pomeriggio non sarebbe tornata prima dell'ora di cena.
Da poco Nicole aveva scoperto un sentiero in collina che la portava su una vetta dove la vista la meravigliava, ci andava per chiarire le idee, le piaceva camminare, spesso ci portava anche Ciel, il suo Husky, adorava gli animali e quello era un regalo da parte di un parente di Lucas ( da quel che aveva capito una zia di terzo grado ), come un "benvenuto" in famiglia, lo trovava insensato, ma ben apprezzato, era un cane grosso, ben curato e già addestrato.
Indossò la sua divisa scolastica e cercò di pettinare i capelli scuri e gonfi, indomabili a prescindere.
Si passò le ciglia con un mascara che aveva trovato nella trousse e prese lo zaino dalla sedia.
Alle sette e trenta l'attendeva l'autista della Rolls Royce che la portò a scuola, durante il viaggio che durò all'incirca dieci minuti Nicole si preparò psicologicamente ad un'altra giornata circondata da cocchi di mamma e papà.
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