Capitolo 22
Emy aspettò per quasi un'ora, seduta sul freddo pavimento della torre dell'orologio.
Teneva i grandi occhi blu fissi sulla porta di pietra, aspettando di sentire la voce di Ben, ma era quasi impossibile vedere la sua espressione, coperta dalla maschera nera, che sembrava disegnare sulla sua mascella pallida un sorriso folle.
Poi, finalmente, il suo sguardo si illuminò, vedendo una testa bionda apparire dalla pietra.
- Il nostro gamer è andato a farsi un panino, vieni!
Ben porse la mano alla ragazza che, senza esitazione, la afferrò, trovandosi di nuovo circondata da numeri verdi e lucenti che scorrevano senza sosta, come in un misterioso codice per lei del tutto incomprensibile.
- Tieni la maschera. Forse è meglio che tu non venga riconosciuta - disse lui, ed Emy rispose con un veloce cenno del capo.
I due sbucarono in una stanza parecchio disordinata.
Emy, sorpresa di non trovarsi a casa sua, si guardò attorno.
Si sentiva strana, come se tutto ciò che le stesse accadendo attorno fosse estraneo alla sua realtà.
La luce del sole era più forte di come ricordava, ed ogni singola cosa le dava l'idea di non essere naturale.
Come se in qualche modo non fosse stato giusto, corretto, come se tutto ciò che aveva attorno in verità fosse del tutto innaturale.
Erano quelli gli effetti di un mese passato interamente dentro un videogioco?
- Dove cavolo siamo? - chiese lei, in un sussurro, osservando i libri e gli infiniti videogiochi accatastati su vari scaffali.
- Ma quello... Aspetta! - disse lei, correndo verso una libreria - Questo è mio! Mi ricordo questo libro, sulla copertina c'è lo scarabocchio che ci avevo fatto da piccola! E questa è la custodia del mio Spyro 2, quello che avevo comprato quando ci eravamo incontrati! Perché le mie cose sono qui? Questa non è casa!
Ben si guardò attorno, con aria preoccupata - Per favore, non alzare troppo la voce... Comunque ho visto che era tuo fratello a giocare. Non so che cosa stia succedendo, ma...
- Nate, sono a casa!
Una porta si spalancò, facendo entrare nel salotto che era anche un ingresso a quanto pareva, una ragazza dai capelli rossi.
Il sorriso che aveva in volto scomparve subito, sostituito da una smorfia di paura.
Emy non poteva darle la colpa se, dopo essersi trovata davanti un elfo dagli occhi sanguinanti e una ragazza con un'inquietante maschera in viso, questa ragazza si era messa ad urlare.
- Nate! Nate, qui...
I due non le diedero tempo di proseguire il discorso. Emy prese rapidamente la cartuccia, e prima che potesse accadere qualsiasi cosa entrambi oltrepassarono la ragazza, fuggendo giù per una rampa di scale di quello che sembrava apparentemente un piccolo condominio.
I due non sentirono nessun altro grido, e nemmeno dei passi che li inseguivano, ma con tutta probabilità la ragazza stava chiamando la polizia. E questo, molto semplicemente, significativa che il virus e la ragazza erano in grave pericolo.
Emy corse giù per le scale tenendosi rasente al muro, per non guardare di sotto, dopodiché entrambi uscirono fuori, per trovarsi in un piccolo vicolo.
Emy c'era stata un paio di volte, non era lontanissimo da casa sua.
- Di qua! - esclamò lei, prendendo con forza il biondo per un braccio, e portandolo in una minuscola via laterale, dove non c'era assolutamente nessuno.
- Perché tuo fratello è in quella casa con quella tizia? - chiese Ben, con aria non poco stranita.
- Non lo so - rispose Emy, scuotendo la testa - Non ci sto capendo nulla.
I due si appoggiarono ad un muro, cercando di pensare a una qualunque cosa potesse aiutarli.
- Tanto per iniziare, devo capire cosa sta succedendo - disse Emy - E poi trovare il modo di riinserirmi in questa società. In più, Ben, dobbiamo fare in modo che nessuno ti noti.
Ben, con aria pensierosa, si grattò una delle orecchie a punta - Il punto è che adesso sono un cavolo di elfo inquietante. Comune, visto che sono un virus, non posso stare senza il mio gioco per troppo tempo. Non ci devo per forza entrare, anche perché poi non potrei uscire se non mentre qualcuno gioca, ma devo almeno restarci in contatto. Altrimenti starò male.
A sentire queste parole Emy gli lanciò subito la schedina, e lui la afferrò al volo.
- Ed un problema è risolto. Senti, io ho ancora i soldi di un mese fa qui, magari ti basteranno.
- Basteranno per cosa? - chiese il ragazzo, inclinando leggermente la testa di lato.
- Lo vedrai tra poco. Tu resta fermo ed immobile, se qualcuno ti vede mettiti dietro ai bidoni della spazzatura. Torno tra poco.
E così fu. Non passò neanche un quarto d'ora, che Emy tornò con una busta di quelle dei negozi di abbigliamento, e la porse al ragazzo.
- Ho capito che la gonna ti piace un sacco, Ben, però credo ti dovresti cambiare - disse Emy, ridacchiando.
- È una tunica, comunque.
Detto questo, Ben si cambiò rapidamente, indossando delle scarpe nere, dei Jeans strappati ed una felpa verde senza cerniera.
- Questo - disse Emy, sistemando il cappuccio del ragazzo - dovrebbe coprirti per bene le orecchie.
Poi gli porse un paio di occhiali da sole, che il ragazzo indossò subito.
- Fantastico! - esclamò Emy - Ora non sembri più un demone, sembri solo fatto!
In risposta ricevette solamente uno sbuffo - Anche tu dovresti travestirti. La gente sa sicuramente di te, e quella maschera è parecchio disturbante.
- Infatti ci ho pensato - disse lei, tirando fuori un'ultima cosa dalla borsa, ovvero una parrucca dai capelli lunghi e biondi.
Se la infilò rapidamente, e Ben alzò le sopracciglia da sotto gli occhiali - Due cose. Uno, i con i capelli così non sei tu, e due, dove diamine hai preso tutta questa roba?
- Con venti dollari ed un negozio cinese si possono fare magie - rispose Emy, sorridendogli. Poi prese la maschera, insieme ai vestiti che Ben si era tolto, e li mise nella borsa.
Quel momento allegro, quasi spensierato, fu sostituito da una grandissima confusione.
All'improvviso, una spessa nebbia sembrava essersi impossessata della mente della ragazza.
Quando i due furono arrivati davanti alla casa di Emy, dopo una mezz'ora di camminata, si trovarono davanti a metri e metri di nastro giallo della polizia ed a diverse automobili da cui entravano e uscivano uomini in divisa blu.
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