capitolo 14

Jane's pov

Venerdì 17.
Mestruazioni.
Scuola.

C'è di peggio?

«Buongiorno Jane» riconosco subito la voce e alzo gli occhi al cielo.

Giusto, mancava lui all'appello.

Sento la sua presenza dietro di me, e io detesto le persone che ti stanno dietro come se fossero la tua coda.
Non ci vediamo dall'abbraccio, dovremmo parlarne?

Non penso proprio sia necessaria una spiegazione ad un abbraccio.

E se invece servisse?
Sono proprio un disastro in queste cose.

Ma infondo a me che importa? Niente.

Mi giro finalmente verso di lui, scrutandolo per un paio di secondi, per poi volgere lo sguardo al mio armadietto.
Ha un giubino di pelle nero, al di sotto si intravede una maglietta nera, accompagnati da un paio di jeans neri leggermente strappati e scarpe nere.

Creativo il ragazzo.

«Che c'è cappuccetto nero?» sbotto prendendo i libri dall'armadietto, mentre lui rimane affianco a me.

«Giornata storta?»
«Ciclo»
«Maddai, è così orribile?»
«Ti conviene levarti di mezzo, Cooper» scandisco il suo cognome stringendo i denti.
«Abbassa la cresta, Stinson» fa lo stesso.

Sbatto l'armadietto con rabbia e contemporaneamente arriva la prima fitta allo stomaco.

Ma non potevo essere un uomo?

«Sei proprio insopportabile!»
«Che ho detto di male?»
«Vattene»
«Come sei apatica»
«Ho detto sparisci!»
«Potresti essere meno aggressiva sai?»
«Mi hai rotto proprio le ovaie» e subito dopo, gli arriva un pugno sul naso.

A quanto pare no, non posso essere meno aggressiva.

***

È da 15 minuti che l'infermiera sta cercando di capire come Scott si sia fatto male, nonostante io continui a ripeterle la verità.

«Ma è sorda o cosa? Sono stata io»
«È quasi impossibile che lei abbia sferrato un pugno così forte»
«Se vuole provo con lei, così vediamo» le faccio un sorriso falso e lei mi guarda dalla testa ai piedi alzando un sopracciglio.

Scott ha ancora il naso che sanguina e mi guarda come se volesse uccidermi. Beh, non gli do torto, ma quando ho le mestruazioni è meglio starmi lontana o non rivolgermi proprio la parola.

«Allora? mi crede?»
«Jane la vuoi smettere di insistere? Penso abbia capito» dice lui esasperato scuotendo la testa.

L'infermeria della scuola è un posto totalmente inutile.
Non hanno mai quello che serve, se non vari cerotti e disinfettante che alla fine sono utili ben poco, per il resto nulla.
In poche parole se ti riduci come Scott o peggio, sei fottuto.

L'infemiera guarda Scott e sembra finalmente rendersi conto del fatto che sono stata io a tirargli quel pugno e mi guarda con stupore «Stinson, ma non si vergogna?» indietreggia di un passo.

L'anno scorso accadde la stessa identica cosa, un ragazzo mi aveva dato fastidio di troppo e io lo mandai qui. C'era un'altra donna l'anno scorso, che reagii allo stesso modo.

Ma è così strano che una ragazza sappia semplicemente difendersi?

Le donne ormai vengono viste come coloro che sono a casa e lavorano, sempre vestite di tutto punto con gonne che spuntano di qua e di là, devono essere sempre impeccabili e devono parlare con un linguaggio fine ed appropriato.
E diciamocelo, è una grande stronzata.

Beh, direi che io posso essere la dimostrazione dell'opposto.
E sono fiera di essere l'opposto.

«Vergognarmi io? Massimo è lui quello che deve!» indico Scott puntandogli un dito contro.

«E per quale ragione? Illuminami» mi dice ironicamente lui, mentre continua a tenersi il naso sanguinante.

Come se fossi stata così violenta poi.

«Sei solo una goccia di imbarazzo in un oceano di vergogna» dico scrollando le spalle e l'infermiera mi guarda ad occhi sbarrati.

Questi due sono proprio strani.

Lei dopo un po' scuote leggermente la testa «Va bene..io adesso devo andare dal preside per parlare di alcune cose. Se ti senti meglio -si gira verso di lui- puoi andare. Stinson rimani con lui per vedere se riesce ad alzarsi» e senza farci rispondere se ne va.

«Non osare farmi da infermiera» dice mettendosi seduto sul lettino.

Sposta leggermente il panno col ghiaccio dal naso e fortunatamente è ridotto meglio di quello che pensavo.

Non che mi importi, ma non voglio essere mandata dal preside per la millesima volta. Ci manca solo l'espulsione.

Sto per girarmi e tornarmene in classe, ma poi ricordo quello che mi ha detto ieri James.

Dio, non vorrei farlo per niente, ma devo. Forse un po' ha ragione.

Mi avvicino a lui, si sistema il ciuffo castano con la mano e si mette il cappuccio della felpa, dopodiché i suoi occhi verdi incrociano i miei.

Hanno delle sfumature di marrone che non comprenderò mai.
Sono così profondi che sembra tu ci possa viaggiare dentro.

«Devo chiederti un favore, so già che ti lamenterai, ma non ho scelta»
«Cosa?»
«Dopo la scuola devi venire da me»
«Ehm..perché dovrei?»
«Non farti strane idee Cooper, devo parlarti di alcune cose»

Mi guarda incuriosito e apre di poco la bocca come se volesse chiedermi altro, ma non lo fa, si limita ad annuire e ad alzarsi dal lettino.

«Aspettami alla fine delle lezioni al cancello, ci metterò poco ad arrivare» e dopo di questo, esce dalla stanza.

È stato decisamente più facile del previsto.

Scott's pov

«Vedi di non infettare troppo la mia casa con la tua stupidaggine» dice mentre entriamo dalla porta di casa.

Non so perchè sono qui, e sinceramente non so nemmeno se dovrei preoccuparmi o meno.
Quando mi ha chiesto di venire da lei, ho notato una serietà nel suo volto che non avevo mai visto.

Appena entro noto subito il grande salotto e un tavolino dinanzi un grande divano sulla sinistra.
Jane mi mostra dove lasciare lo zaino e dove appendere il mio giubino di pelle.

La vedo camminare avanti e indietro in maniera insistente e le tremano le mani.

«Che succede?»
«Dobbiamo parl-» cerca di dire, ma viene interrotta da una voce maschile.

Un ragazzo scende dalle scale venendomi incontro e sembra sprizzare gioia da tutti i pori «Tu devi essere il ragazzo con cui piace fare risse a mia sorella, vero?» mi fa un sorriso a trentadue denti.

«È così che parli di me?» guardo Jane
«Dimenticavo, gli ho tirato un pugno anche oggi» fa un sorriso falso, e il ragazzo da lei torna a guardare me.
«Sul naso vero? Un classico. Piacere sono James, il fratello maggiore di Jane» mi porge la mano
«Sarà pure imbecille ma penso che l'abbia capito» alza gli occhi al cielo.

Stringo la mano a suo fratello e mi presento anch'io.

Ha gli occhi marroni e i capelli castani, i lineamenti del viso sono identici a quelli di Jane, ma per i colori e per i comportamenti che hanno sono due persone completamente diverse.

Dopo avermi offerto delle patatine, James mi accompagna a sedermi sul grande divano che si trova nel loro salotto «Perché sono qui? C'entri anche tu immagino» sposto lo sguardo su suo fratello.

«Quello che è successo a tuo padre, come ti ho detto è successo anche al mio. Sono stati due omicidi combinati.»

La morte di mio padre l'hanno fatta sembrare un suicidio, dovuto a quella che hanno definito "depressione" di cui non ci avrebbe mai parlato per paura di dircelo.
Ma io so che non è così.
Mio padre è sempre stato colui che manteneva la famiglia sempre insieme, ci confidavamo sempre su tutto e ci sostenevamo sempre a vicenda.
Non mi avrebbe mai mentito su una cosa del genere.

«Beh lo immaginavo. E quindi? Non credo che possiamo fare poi molto»

«Qualche anno fa, iniziammo a cercare prove per l'omicidio, per cercare di arrivare ad una conclusione. E in realtà riuscimmo anche a trovare qualcosa, ma il ragazzo da cui ricavammo informazioni finì in coma e dopo quell'avvenimento decidemmo di fermarci, rischiavamo troppo. Ma ora è giunto il momento di riprovare» mi spiega suo fratello

«E avete già trovato qualcosa? Cos'è che sapete?» chiedo incuriosito.

Per quanto io avessi sempre voluto risolvere questo caso, non l'ho mai fatto.
Non perchè non voglio bene a mio padre, ma perché non avrei saputo nemmeno da dove iniziare.
Eppure loro mi sembrano così..convinti.
Forse con loro potrei arrivare alla verità.
Potrei scoprire chi è il vero colpevole.
Necessito di saperlo.

«Abbiamo ricominciato a cercare la settimana scorsa, riguardante degli uomini che vedemmo quella notte. Avevano una divisa blu, ma senza simboli ne niente, di conseguenza pensiamo siano dell'FBI ma non ne siamo sicuri. Avevo preso appunti su tutto schematizzando anche, ma ieri tornata da scuola con James ci siamo trovati il salone sottosopra e gli appunti e i vari fogli erano spariti. L'unico foglio che c'era all'interno era un biglietto con scritto di non continuare a cercare.» continua Jane.

Perché l'FBI avrebbe dovuto uccidere i nostri padri?

«Ma ovviamente tu non smetterai di farlo»
«Esattamente Cooper»

Ci penso un po' su e osservo i due ragazzi che ho davanti a me.

«Va bene, ci sto»

***

Jane's pov

«Dove sei stata?»
«Ho fatto tardi, non uccidermi» dico mettendo le mani a mo di preghiera.

Ogni venerdì alle 7 di sera nella nostra scuola c'è una partita di basket del torneo, non mi ero mai minimamente interessata a ciò, eppure l'ultima volta che sono venuta sembrava divertente. Allora eccomi qui nuovo.

È inquietante il mio lato socievole.

Io, Jacob e Amber andiamo a sederci ai posti sugli spalti che abbiamo scelto, e da qui la vista è stupenda. È come quando vai a vedere un film al cinema e riesci a trovare il posto al centro della fila, hai una visuale pazzesca.

«Prese le patatine?» chiede Jacob ad Amber e lei annuisce tirando fuori dallo zaino tre buste di esse.

«Buon appetito!» esulto aprendo la mia busta, mentre Jacob scuote la testa esasperato e lei ride.

L'arbitro fischia, segno che si può iniziare. Come al solito prima dell'inizio si esibiscono le cheerleaders della nostra scuola, con quelle gonne che non si possono nemmeno definire tali visto che coprono poco più di metà sedere. A sto punto fanno prima a mettersi in costume.

I ragazzi esultano dagli spalti, Jacob non stacca gli occhi di dosso dalle ragazze mentre ballano una canzone inaudibile.

Tra di loro riesco a intravedere Monica, Polly e Mandy, come al solito azzeccate tra di loro sul campo come le cozze. 

Finalmente lo strazio finisce, e la partita ha inizio.
La squadra di basket della nostra scuola esce dagli spogliatoi facendosi spazio nel campo e si alza un grande boato di applausi, urla e trombe.
C'è un'energia così grande che non saprei come descriverla.

Osservo i ragazzi che si posizionano nel campo, e subito individuo Scott tra loro. Porta il numero 24 sul retro della divisa.

La partita inizia e la squadra della nostra scuola si ritrova subito in vantaggio, non pensavo fossero così bravi.
Ogni volta che la palla prende il canestro tutti si alzano in piedi urlando.
È devastante per le mie orecchie, ma è bello come si supportino a vicenda.

Scott percorre tutto il campo, riuscendo a non farsi togliere la palla, arriva nell'area del canestro, salta e lo prende in pieno.

Le ragazze esultano urlando il suo nome o frasi come "Sei bellissimo!", "Ti amo Scott!", "Sei magnifico!".
Devono essere veramente disperate.

La sua rabbia è magia quando gioca nel campo.
Dentro di noi è come una piccola sfera di fuoco, che gira a grande velocità, incasinandoci la mente.
Quella palla diventa più grande ogni volta che la nostra rabbia sale di livello, fin quando non occupa tutto lo spazio che trova all'interno e diventiamo noi la sfera.
E lì rischiamo di distruggere tutto.

Io mi sono trasformata troppe volte in quella sfera.

Scott's pov

A volte mi lascio andare nei miei pensieri, ponendomi anche le domande più assurde.

Mi capita di pensare come si possa sentire una persona ad essere diversa.
Ad avere una caratteristica per cui diviene diverso dagli altri: una persona sorda, muta o cieca.
Una persona che si distingue dal resto.

"Mi piace sentire la sua risata"
Un sordo come potrà mai sentirla?

"Amo guardarla negli occhi"
Un cieco come potrà mai guardarla?

"Non vedo l'ora di dirle tutto quello che provo"
Un muto come potrà mai dirglielo?

Hanno quel pizzico in meno, che non gli permetterà di fare una delle cose più belle della loro vita.
Ed eccelleranno in altro, questo è sicuro.
Avranno sempre quella qualità che li renderà ancora più diversi, ma a quel punto la loro diversità sarà la loro arma.

Essere diversi è la nostra arma.

E se un giorno ce lo chiedessero?
Come potremmo mai rispondere?

Se un giorno arrivasse da me un muto, e in qualche modo finirebbe col chiedermi cosa si prova a parlare, che cosa risponderei?
Gli direi che il parlare è quella piccola voce che hai nella tua testa, quella voce che ti permette di esprimerti, dare pareri o di produrre suoni come una risata. Però gli direi che spesso la voce non viene utilizzata nel modo corretto, che spesso che le persone la utilizzano per far sentire inferiori qualcuno, per disprezzare o per fare commenti poco opportunei.

E gli direi di fottersene di queste persone.

Se un giorno arrivasse da me un sordo a chiedermi cosa si prova a sentire, cosa gli risponderei?
Gli direi che l'ascoltare è come provare emozioni.
Come quando senti una canzone triste e diventi di cattivo umore.
Come quando senti una dolce melodia del pianoforte e ti senti come se fossi su una nuvola.
Ma può essere anche l'ascoltare suoni orribili: le lacrime e i singhiozzi  di qualcuno, uno sparo o persone che ti parlano alle spalle, che si comporteranno con lui in modo falso per poi offenderlo dietro le quinte.

E gli direi di fottersene di queste persone.

E se un cieco mi chiedesse come sono i colori, cosa gli risponderei?
Non ho mai trovato una vera risposta a questa domanda.
Se mi chiedesse il rosso che cosa rappresenta, cosa gli risponderei?

Il rosso è come il dolore, quel dolore che ti lacera dentro, causandoti fitte al petto che ti fanno sentire un vuoto.
Un dolore che ti spezza pian piano, e se non reagisci finisce con l'impossessarsi di te.
Un dolore delicato ma potente.

Gli direi di stare attento al dolore.

Il mio telefono inizia a squillare riportandomi alla realtà, mi alzo dal letto e mi mordo l'interno della guancia quando leggo il nome sullo schermo.

«Dimmi» rispondo
«Stai facendo quello che devi fare?»
«Mi sono stufato, mi rifiuto di continuare in questo modo»
«Non ricordi cosa otterrai?»
«Inizio a non volerlo più se devo continuare a fare così»
«Finirà male se non continui, ne sei consapevole?»

Sospiro e cerco di trovare una soluzione, ma non vedo molte alternative.
Sono solo un ragazzo che gira fuori di notte e che sta sempre nascosto nell'ombra, questo non è per me.
Ma mi aiuterebbero a scoprire chi l'ha ucciso.

«Mi avete assunto solo perchè l'ho conosciuta per caso, mi sono avvicinato di più ma ora basta, non è più la stessa cosa»
«Perché? Il tesoro di mamma si è innamorato di Jane?»
«Perché ci tengo a lei e mi sono stufato di questi giochetti di merda!»
«Attento a quello che fai Scott» e aggancia.

È come se avessi il diavolo su una spalla e l'angelo sull'altra. A chi do ragione?

Spazio autrice
ciao a tutti!
il capitolo è venuto più lungo del solito, e come avete notato è finito in modo abbastanza particolare. spero vi piaccia
voi come state? come affrontate questa situazione del covid?

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