I parte

Note iniziali, brevi brevi, perché dovete sapere! Sono K e buonasera, innanzitutto ✨
Ritorno dopo un bel po' di tempo e lo faccio con questa storia che penso sia la summa (e non sto esagerando) di tutto il mio - e non solo - disagio interiore. Questa è unamini long di tre parti che è nata in seguito ad una chiacchierata con Lorellina, nonché VenerediRimmel, fomentatrice ufficiale di ogni mio disagio! Mi ha fomentata a tal punto, incitandomi a non lasciare andare il plot che l'ho ricattata (pft) a concepire Harry mentre io partorivo con amore la personalità di Louis. In pratica questa storia l'abbiamo scritta assieme, lei si assume le responsabilità delle azioni di Harry e io quelle di Louis, proprio come due brave madri. Anzi, non si assumiamo un bel niente perché ad un certo punto hanno fatto tutto da soli. Perciò, mi auguro la storia possa piacervi e vi auguro buona lettura!

GALEOTTA FU QUELLA STELLA

e non chi disse "se esprimi un desiderio ad alta voce poi non s'avvera!"



Se in quel preciso istante le chiedessero di descrivere il suo umore con due sole parole, quelle sarebbero "sindrome premestruale". Louise è una donna a cui il ciclo, ogni mese e puntuale come un orologino svizzero, non risparmia proprio nulla: una settimana prima inizia a percepire gli ormoni divertirsi con il suo umore - la sua personalità sembra sdoppiarsi addirittura! - e durante quei giorni soffre di ogni dolore possibile e immaginabile. In più, come se combattere contro al suo essere donna non bastasse, quel giorno deve anche affrontare il capo che, diciamocelo, non è una di quelle persone propense al dialogo. L'idea di dover avere a che fare col suo grugno non la elettrizza per niente ma ha bisogno di chiedergli se può anticiparle la settimana di ferie e per la sua libertà - anche se provvisoria - farebbe questo ed altro. Si prepara in fretta, quindi, neppure uno sguardo allo specchio che tanto guardarsi le farebbe solo storcere il naso ed esce di casa ignorando volutamente il divieto di fumare nel condominio; è stata richiamata già un paio di volte dagli altri condomini infastiditi dal suo vizio ma lei proprio non riesce a curarsene, perciò si accende la sua sigaretta assottigliando lo sguardo e godendosi il calore del fumo riuscire a placare ogni malcontento. Sembra già aver raggiunto la dimensione spirituale dove tutto funziona in base ad un equilibrio universale che regola ogni essere vivente, quando una porta lì accanto sbatte con tale prepotenza che i suoi propositi di ricercare la calma nella natura e tutte quelle cazzate (che Danielle, insegnante di yoga, prova ad inculcarle nella testa) vanno a farsi fottere.
Vede il suo vicino di casa volare giù per le scale come una furia, tanto da non accorgersi neanche della sua presenza e per un attimo, di pura curiosità, Louise si chiede cosa lo abbia spinto a correre via in quel modo. A dire il vero quella non è l'unica cosa a cui pensa perché, deve ammetterlo, le cosce di quel ragazzo sono un attentato alla sua stabilità mentale. Non che la sua bocca non rappresenti motivo di disperazione, o i suoi capelli lunghi e leonini e... e insomma, il suo vicino di casa è l'unico individuo di sesso opposto sulla faccia della Terra a renderla sessualmente frustrata. Perché? Louise non può fare a meno di pensare che sarebbe dovuto nascere donna, senza quel bagaglio tra le cosce. Che spreco della natura pensa tra sé, sistemandosi lo zainetto in spalla e avviandosi verso le scale (vive al quinto piano ma per niente al mondo prenderebbe l'ascensore, claustrofobica com'è).
Il peggio arriva solo quando mette piede fuori al portoncino del palazzo, nell'avvicinarsi con disinvoltura al paletto contro cui lega ogni sera la sua bicicletta. Com'era quella storia dell'equilibrio nelle cose e nelle persone...? Dovrebbe chiamare Danielle e chiederglielo, magari potrebbe condividere con lei la sua disperazione, ben condita ad una generosa porzione di imprecazioni perché «È uno scherzo» dice, la sigaretta in una stretta convulsa tra le labbra. Il vento le soffia tra i capelli corti e ambrati, sparandoglieli in ogni direzione e dandole l'aspetto di una che ha appena tirato via il dito dalla presa della corrente, quando si piega sulle ginocchia e «Ora chiudo gli occhi, poi li riapro e magari scopro che sto solo sognando» si dice e annuisce, il volto ad una sola spanna di distanza dalle ruote del suo mezzo che sono entrambe a terra. Un uomo le passa accanto e guardandola corruga la fronte, è palese stia pensando che deve essere una pazza perché chi potrebbe mai parlare da solo se non un folle? Se non fosse occupata ad affogare nell'afflizione forse lo manderebbe a quel paese ma ciò che fa, invece, è chiudere gli occhi e fare quella cosa della respirazione, quella che le ha insegnato Danielle per calmare l'ansia e riordinare i pensieri. Inspira ed espira, dentro e fuori, dentro e fuori, dentro e «Porca di una Eva se sono sfigata!»
Insomma, quella che sta vivendo non è propriamente la sua giornata migliore.
Arriva all'agenzia, dove lavora come grafica da due anni, con un aspetto da maratoneta che richiama su di sé lo sguardo dei colleghi come sempre impeccabili nei loro completi inamidati. È davvero sconvolta, ha dovuto correre letteralmente per arrivare al lavoro, poiché lo sciopero di qualsiasi tipo di mezzo le ha impedito di velocizzarsi e ora il suo volto è arrossato, ha un affanno che lascia presagire uno svenimento e lo sciarpone che indossa le avvolge il collo come un boa constrictor. Il burlone di turno, nonché vicino di postazione, le assesta pure una pacca sulla spalla e «Ti ha dato un passaggio l'uragano Katrina?» le domanda. Louise non si scompone minimamente ma lascia che sia il suo dito medio a ricambiare il saluto di Grimmy. Come se tutto non facesse già schifo di per sé, fa decisamente caldo per i suoi gusti, davvero, qualcuno deve aver alzato a cinquanta gradi la temperatura dei condizionatori perché non si può manco respirare là dentro.
Ed è solo sette ore, sei bozze, tre progetti e cinque caffè dopo, che Louise è finalmente libera di poter tornare a casa. Prima, però, deve affrontare la bestia.

~

«Dici sul serio?!»
La voce di Danielle la investe come un'onda inaspettata, così come le sue braccia che la accolgono stringendola quasi fino a mozzarle il fiato. Indossa un vestitino a stampe floreali, ha i capelli sciolti e ondulati a circondarle il viso tondo e gli occhi scuri, lucidi, sono esaltati, bellissimi.
«Davvero, il capo non ha fatto una piega e mi ha subito accordato il permesso quindi la prossima settimana si parte!»
Nella sala c'è un profumo niente male il che lascia immaginare a Louise che la sua ragazza le abbia preparato una cena coi fiocchi. L'altra continua a stringerla e ora sta lanciando gridolini che la fanno sghignazzare di divertimento. Stanno insieme da una vita, si sono conosciute alle medie e dopo essersi perse di vista solo per un anno dopo il college si sono ritrovate a convivere. Tra loro non c'è mai stato il bisogno di chiarire nulla, tutto è successo in maniera naturale: il primo bacio, i primi tocchi, la prima volta insieme e il desiderio di esserci solo l'una per l'altra. Nessun "vuoi essere la mia ragazza?" o "ti va di convivere?" perché senza accorgersene Danielle si è trasferita da Louise giorno dopo giorno, lasciando sempre qualcosa di suo. È stato tutto spontaneo.
«Se fossi stata al posto tuo glielo avrei chiesto di nuovo, tanto per essere sicura di aver capito bene». La voce ancora incredula di Danielle, che se ne sta con la testa nell'incavo tra la spalle e il suo collo, le strappa una risata.
«Sì infatti sono stata lì impalata di fronte a lui per chissà quanto tempo a bocca aperta perché neanche io riuscivo a crederci ma a quanto pare». Ricambia l'abbraccio lasciando poi un bacio sulle labbra della ragazza, guarda il tavolo dietro di loro apparecchiato in maniera impeccabile e le basta fissarla un po' negli occhi per capire... «Devi dirmi qualcosa, Dan?»
Danielle detesta quel diminutivo, Louise lo sa, dice che è troppo mascolino per una signorina come lei ma la chiama così da quando avevano entrambe undici anni e non ha intenzione di smettere proprio ora che di anni ne hanno ventiquattro. La ragazza dopo il finto broncio per quel nomignolo ritorna a sorridere e «Niente di che» risponde, insospettendola ancor di più. Niente di che.
«Sé, certo».
La sala è illuminata da una luce soffusa, calda, quel bagliore tenue sembra voler sussurrare ad ogni secondo che scorre via che c'è qualcosa nell'aria, qualcosa di cui Louise dovrebbe essere a conoscenza. Anche gli sguardi languidi che le lancia Danielle non promettono niente di buono ed è sempre più tentata di chiederle esplicitamente cosa ha da dirle. È solo dopo aver cenato, sparecchiato e sistemato tutto il caos in cucina causato da Danielle che si ritrovano sul divano, avvinghiate come due fili annodati. Durante la cena Louise non ha insistito ulteriormente, non ha fatto più domande ma nonostante ciò, lo scetticismo procurato dalla risposta vaga della sua ragazza non l'ha abbandonata. È piuttosto sicura voglia chiederle qualcosa o peggio, che cerchi un modo per scusarsi ma non sa proprio cosa avrebbe potuto fare di tanto grave per...
«Dan» la richiama in un sospiro quando le mani della ragazza si intrufolano sotto alla canotta che indossa. La ragazza le si è stesa addosso e i suoi slip di pizzo azzurro, trasparenti, sono così delicati rispetto alla sua culotte nera da creare un magico contrasto. È che Danielle conosce bene che carte giocare con lei, sa quali sono i suoi punti deboli e aver indossato quell'intimo, proprio quella sera, non è stato un caso e Louise lo sa bene. «C'è qualcosa di cui vuoi parlarmi?», lo dice senza neanche dissimulare l'apprensione delle sue parole, alzando eloquentemente un sopracciglio. L'altra in risposta mugugna qualcosa di incomprensibile, le sfila la canottiera e fa lo stesso col proprio reggiseno restando completamente nuda se non per l'intimo a coprirle, in un gioco di vedo e non vedo, l'intimità. Louise vorrebbe ricattarla dicendole che se non si sbriga a parlare potrebbe mollarla lì ma in realtà non vuole affatto lasciarla andare, non ora che può già sentire sulla punta delle proprie dita l'eccitazione della sua ragazza imperlarle la pelle. Ha gli occhi più scuri del solito Danielle quando china la testa in avanti per morderle piano le labbra; ed è così che si baciano, piano, senza alcuna fretta, pelle contro pelle, i seni a combaciare sebbene quelli della sua ragazza siano più grandi, tondi e morbidi, rispetto ai suoi. Ne stringe la rotondità tra le mani e si bea del sospiro di Danielle che si infrange contro alle sue labbra schiuse; è in quel momento che questa inizia a dondolarsi su di lei, le mani strette al bracciolo del divano sul quale Louise poggia la testa, le loro gambe intrecciate per percepirsi ovunque.
La ragazza solleva appena il volto, la scruta con gli occhi che sembrano cioccolato fuso e sussurra: «Mi è sempre piaciuto farlo con le mutandine».
Louise non sa se sia per quell'affermazione lanciata così, all'improvviso, o per la tenerezza con cui Danielle lo ha sussurrato sulla sua bocca, fatto sta che chiude gli occhi e geme forte per la trottola di sensazioni che le è appena vorticata nel basso ventre. Quando le sue palpebre si sollevano piano e fa scattare il suo bacino verso l'alto, per incentivare l'altra a rispondere, «E come mai?» domanda. Un sussurro, il respiro troppo corto, una mano sul fianco di Danielle e l'altra a stringerne il seno sinistro.
La ragazza sorride maliziosa e «Hai presente quando stai per venire?» domanda retorica, prima di baciarle il lato della nuca laddove vi è la rasatura dei suoi capelli. «In quel momento è come se ti sentissi ovunque, sulla pelle, mi piace perché le sensazioni sono più intense».
Louise non dice nulla, abituata com'è alle stranezze della sua ragazza e ciò che fa è sollevarsi in modo da invertire le loro posizioni, prendendo in mano le redini di quel loro gioco. Danielle si apre in un sorriso luminoso tanto che gli occhi brillano e «Ecco, sai cos'altro mi piace?» chiede retorica, mentre Louise le si accomoda addosso per baciarle il collo e la curva dei seni, a labbra schiuse. «Quando mi concedi l'illusione di poter avere il controllo». A quelle parole Louise non pensa più a nulla e inizia a muoversi su di lei come non ha potuto fare prima. Con una mano si regge al bracciolo per potersi tenere in equilibrio e con l'altra tiene ferma Danielle ancorando le proprie dita alla carne del suo fianco morbido. Diventa subito troppo intenso, tutto troppo forte per poter anche solo pensare di sprecare il fiato per parlare. Entrambe respirano all'unisono, gemono piano, bocca contro bocca, le mani di Danielle sul suo fondoschiena sono sotto agli slip per premere le dita nella carne e spingersela sempre più contro. Inaspettata come lo è stata poco prima, la voce di Danielle ritorna di nuovo ma stavolta Louise capisce subito che sta per scoprire l'imbroglio.
«Per la mia prossima lezione di yoga avevo pensato di far venire i miei iscritti qui da noi, per...»
«Che cosa?»
Louise si ferma di scatto, guardandola dritto negli occhi per cercare di leggerci serietà. Fa pure per riprendere fiato ma è difficile visto l'orgasmo sempre più vicino per colpa del bacino di Danielle che non ha smesso di muoversi sotto di lei. È proprio quest'ultima a parlare.
«Si tratta di far sentire gli ultimi arrivati a proprio agio e instaurare con loro un certo legame che possa intrecciarsi all'equilibrio...»
«...universale, sì certo» conclude Louise per lei. «Lo avevo capito che c'era qualcosa sotto». Danielle sorride dolcemente, gli occhi illuminati da una vittoria ormai vicina e le bacia le labbra, aprendosi attorno a lei con le cosce cosicché le loro intimità possano bearsi di maggior contatto nonostante il sottile strato di indumento intimo a frapporsi tra di esse. Louise non è quel genere di persona che ama avere gente attorno, soprattutto a casa sua, maggior ragione se si tratta di perfetti sconosciuti. Lei ci lavora a casa, svolge gran parte del suo lavoro lì e l'idea di dover condividere la sala dove di solito prepara i progetti grafici non la entusiasma per niente. Non sa proprio in che modo si farà andar bene una cosa del genere, sa solo che in quel momento è troppo vulnerabile per prendere qualsiasi tipo di decisione perciò spera di poter riprendere l'argomento in un secondo momento. Tuttavia, Danielle non sembra essere della stessa idea perché dopo aver puntellato i talloni nei suoi glutei, invitandola a riprendere da dove avevano lasciato, fa per parlare di nuovo. «Allora, posso invitarli a venire qui?»
Louise la odia e si odia perché avrebbe dovuto immaginare che ci fosse stata una cosa del genere sotto e si detesta per non essere capace neppure di rifilarle un no categorico. Perciò temporeggia prima di rispondere solo perché sente le mani di Danielle muoversi dappertutto sul suo corpo, in maniera languida, le sue dita scivolare ovunque nei punti in cui sa come toccarla, penetrandola delicatamente, ed è solo un attimo prima che tutto esploda, intorno e dentro di lei. Louise la vede chiudere gli occhi, inarcare la schiena cosicché le ossa iliache di entrambe si scontrino in un unico spasmo di piacere e «Posso?» ripete l'altra, schiudendo la bocca come una piccola rosa. Louise è così sopraffatta da quella visione che continua a spingersi sopra di lei strizzandole un seno e leccandole il labbro inferiore, rendendolo gonfio di morsi e lucido della sua saliva. È solo questione di pochi istanti prima che raggiungano entrambe la vetta massima del loro piacere, chiudendo gli occhi e rincorrendo la sensazione l'una sulla pelle dell'altra. Alla fine Louise geme e «Sì» dice, stringendole con troppa forza i fianchi fino a lasciarle sicuramente dei segni e se lo ha detto è stato solo per il trasporto del momento, per un riflesso incondizionato indotto dall'orgasmo. Sente ancora il piacere riverberarle nella carne e scuoterle piano le ossa quando si ritrova a respirare con la fronte poggiata a quella di Danielle; poi sospira affranta, rendendosi conto troppo tardi di essersi fatta estorcere una risposta affermativa a quella domanda strategica. Scuote la testa ed è pura frustrazione quando le dice: «Sei una stronza». Danielle sorride in maniera tronfia, abbracciandola, per poi baciarla con la contentezza di chi ce l'ha appena fatta.

~

La calma interiore è solo una leggenda metropolitana. Per Louise è più semplice credere nell'esistenza degli gnomi, delle fate, sirene o... insomma! Non crede affatto riuscirà a tenere a freno i nervi ancora per molto. Semplicemente non può fingere indifferenza mentre prova a concentrarsi sul suo progetto con un raduno di invasati proprio a casa sua, nel suo salotto. Ce n'è per tutti i gusti: il vegano, la vegetariana, un ex militare, la fanatica del fitness e pure una quasi suora alla ricerca "del mio vero Io interiore". Davvero, Louise vorrebbe solo chiudere gli occhi e farli sparire tutti, uno ad uno. Danielle invece, in attesa che arrivi chi manca all'appello, li intrattiene intavolando discussioni che sembrano coinvolgere sempre ognuno di loro e la cosa più strana (a tratti irritante, secondo il suo punto di vista) è che alla fine si ritrovano ad essere d'accordo su tutto. Del poter lavorare a casa, Louise apprezza soprattutto il fatto di essere completamente libera di ascoltare tutta la musica che le pare al volume che più preferisce. Perciò, forse indispettita dal fatto di dover già sorbire degli sconosciuti sotto al suo tetto - è piuttosto possessiva e territoriale verso tutto ciò che reputa suo - si dirige a passo lento verso lo stereo e con estrema disinvoltura fa partire l'ultimo album dei Franz Ferdinand. La prima traccia esplode dalle casse facendo sussultare i presenti e tirar via dalle loro bocche delle urla di sgomento.
«Ops» mormora, abbassando il volume, «mi dispiace aver interrotto il vostro...» non sa come definire ciò che stanno facendo (forse un riscaldamento?) fatto sta che non le dispiace proprio per niente. Tutti la stanno fissando come se fosse un abominio o qualcosa del genere e lei vorrebbe ridere per le loro espressioni ma l'occhiata che le rivolge Danielle, nell'attimo in cui il campanello di casa suona, riesce in un qualche modo a farla desistere. La sua ragazza poi le passa accanto per andare ad aprire all'ennesimo fanatico e nel farlo le scocca un'ultima occhiata accusatoria a cui lei risponde facendo spallucce.
La calma interiore non esiste, si tratta di un'assurda convinzione presente solo sulla bocca di chi, come Danielle, pare crederci davvero a quelle stupidaggini; Louise ne ha la conferma quando dalla porta d'ingresso fa la sua comparsa nientepopodimeno che il loro vicino di casa. A quel punto è piuttosto sicura che non riuscirà proprio a fingere indifferenza, ma manco per miracolo. Il tipo allampanato appare con un sorriso che gli ciondola da una fossetta all'altra, gli occhi spalancati e verdi fissano tutto e tutti, inclusa lei. Quello sguardo le tira via il sopracciglio sinistro tant'è che potrebbe volar via da un momento all'altro, poi l'altro apre bocca per un saluto generale (a cui lei non risponde) e così può ritornare a respirare, allontanandosi da lì in fretta e furia. Prima però tira via per un gomito Danielle, trascinandola in un angolo per parlarle lontano da orecchie indiscrete.
«E quello che cosa ci è venuto a fare qui?!»
«A partecipare alla mia lezione?»
«In che senso, precisamente?»
Danielle sbuffa ed è chiaro stia sforzandosi di non ridere per via del suo tono irritato. Louise alza le sopracciglia e la incita a spiegarsi mentre l'altra le avvolge le braccia attorno alla vita.
«Senti, il fatto che in passato abbia avuto una cotta per lui non ti dà il diritto di trattarlo male» inizia a spiegare la sua ragazza, soffiandosi via dal viso un ciuffo di capelli.
«Non lo tratto male, è solo-»
«Che ti irrita per quella storia della mia cotta, ma non stavamo neanche insieme io e te e poi anche tu ultimamente ne sei stata ossessionata!»
Louise poggia le mani sulle braccia di Danielle e la fissa negli occhi, esasperata.
«Lo sai bene che la mia ossessione è stata puramente platonica perché, sai com'è, non sono mai stata fan del pene, io».
Che cosa sta accadendo? Stanno davvero discutendo per un attacco improvviso di gelosia? Louise non sa neppure perché ha reagito in quel modo, d'altronde l'omosessualità del loro vicino è nota a tutta la città e lei non ha davvero nulla da temere, anche perché Danielle non la tradirebbe mai. Alla sua ultima affermazione, l'altra pare accigliarsi come se l'avesse accusata gravemente.
«Scusami tanto se la mia attrazione non si ferma ad un attributo ma riesce ad andare oltre». Danielle sembra immediatamente pentirsi di ciò che ha detto perché si morde un labbro e la stringe più forte, in quel piccolo abbraccio.
Louise però non riesce ad ignorare ciò che ha appena sentito e come accade ogni volta che il nervosismo prende il sopravvento, scoppia a ridere in una risata incolore che richiama l'attenzione dei presenti in sala.
In quel preciso istante, proprio quando sta per rispondere a tono, un colpo di tosse alquanto eloquente la fa tacere. La quasi suora di cui non ricorda il nome fa presente a Danielle di dover ormai iniziare la lezione e la ragazza annuisce prima di sciogliere il suo abbraccio e sussurrare sulle sue labbra: «Ne riparliamo più tardi, va bene?». Louise annuisce permettendole di lasciarle un bacio casto sulla bocca e le basta scorgere il sorriso grato sul volto di Danielle per capire che non c'è più nulla di cui parlare: sa che si è trattato solo di una piccola incomprensione e quel bacio ha sancito già la loro pace.

Quindi la prima mezz'ora trascorre così, con lei che finge di stare lavorando, lì dov'è dietro allo schermo gigante del suo Mac mentre Danielle svolge la sua lezione di yoga in maniera impeccabile. Louise fissa il monitor senza vederlo davvero mentre oltre di esso, in terra, la sua ragazza e quei tipi assurdi si dedicano alla loro tanto amata calma interiore mentre dallo stereo da cui era stato sparato a palla il rock alternativo dei Franz Ferdinand ora ne vengono fuori i suoni della natura: il soffio del vento, fronde smosse da quest'ultimo, la pioggia che vien giù e il cinguettio degli uccelli ad alternarsi allo scrosciare di una cascata imponente. Louise si sente frustrata perché non può neanche ascoltare la sua musica preferita mentre lavora e la sensazione peggiora quando si alza per dirigersi in cucina, in cerca di qualcosa da bere (magari qualcosa di alcolico per staccare la mente). Nell'attraversare la sala i suoi occhi cascano sul vicino di casa che... che cosa sta facendo? Louise non se ne rende conto ma si è bloccata alle spalle di Danielle che con voce lenta e soffice detta a ciascuno le indicazioni da seguire per un buono svolgimento dell'esercizio. Si trovano tutti in una posizione assurda, gli arti superiori intrecciati a quelli inferiori mentre provano a dondolare sulla schiena arcuata. La sua prospettiva non poteva essere più compromettente, davvero. Quel Tarzan sfuggito chissà da quale foresta, con i capelli (sono di quasi tre spanne più lunghi dei suoi!) tenuti fermi da una fascettina rosa shocking è proprio di fronte a lei ma non può vederla perché le ginocchia contro al petto gli impediscono ogni visuale. Louise non può, non riesce ad ignorare quelle cosce lunghe, eccessivamente, avvolte nel tessuto elasticizzato dei leggings che il loro proprietario indossa. Più lo osserva, da quella folle prospettiva, più non può fare a meno di pensare a quanto sembri donna. Ecco cosa intendeva quando ha parlato di "attrazione platonica". Per quel dannato ragazzo Louise non sa che cosa provare perché la sua attrazione puntualmente si scinde in due parti: una razionale che le ricorda quanto sia uomo e una del tutto irrazionale che riesce ad ignorare il bagaglio che porta lì sotto. Il suo sguardo ceruleo in quel momento, come volevasi dimostrare, è puntato dritto al sedere tondo e alle cosce tenute ferme in alto dalle mani piazzate nella piega delle ginocchia. Ed è solo quando gli occhi si spostano sulla protuberanza - che di certo non è prerogativa del corpo di una donna - che Louise si spalma una manata sugli occhi e quasi non urla per il terrore o l'orrore della scoperta (come se non avesse saputo sin dall'inizio che quello che stava fissando quasi con la bava alla bocca fosse un uomo). No, ora più che mai ha bisogno di qualcosa di forte, fortissimo da mandare giù per la gola.
~

Dopo aver trascorso qualche giorno fuori città e aver appreso da una notizia alla radio, mentre erano di ritorno dalla piccola vacanza, che nel fine settimana si potranno vedere le stelle cadenti, Louise e Danielle hanno deciso di trascorrere l'ultimo giorno libero a casa loro. Per essere precisi Danielle ha insistito con l'invitare i loro amici per osservare le stelle dal loro attico e poiché a Louise non le andava di vederla girare per casa col muso lungo, ha accettato. Ecco perché ora si ritrova avvolta nella sua giacca denim, con tanto di lana di pecora - o quello che è - a rivestirne l'interno, una coperta sulle spalle e col naso all'insù per scorgere qualche stella suicidarsi - a volte la sua visione delle cose è davvero tragica e romantica come i drammi shakespeariani. Sebbene sia già notte, nonostante l'aria abbastanza fredda, il fatto che non ci sia vento rende piacevole restare all'aria aperta. Per fortuna non è cattivo tempo e il cielo è una tavolozza nera puntellata di piccoli schizzi bianchi, scintillanti, che sembrano fremere dalla voglia di sfrecciare via.

«Credo di averne già vista una» riferisce Eleanor. Tutti si voltano a fissarla, in simultanea (una scena raccapricciante).
Danielle strizza un occhio e «Cosa hai desiderato?» domanda. La ragazza bruna dalla chioma intrecciata sorride sibillina e con tono ovvio di chi risponde ad una domanda banale, dice: «Se esprimi un desiderio ad alta voce poi non s'avvera!»

«Lou tocca a te, obbligo, verità o giudizio?»
Louise si volta in direzione di Niall e «Prego?» fa con tono disinteressato, attaccando la bocca alla sua birra. Niall è il suo migliore amico e sa bene che non le piacciono certi giochetti, specialmente quando inizia ad avere troppo alcool in circolo nel sangue, eppure eccolo lì ad iniziarne uno dal nulla mentre si parlava di stelle e desideri.

«Dai tocca a te, muoviti!»
«Veramente non ricordo di essermi proposta come partecipante» dice lei, col chiaro intento di eludere dalla situazione. Il finto biondo, tuttavia, non demorde e «D'accordo. Pegno!»
A quel punto tutti i presenti, già abbastanza brilli, iniziano ad intonare cori per appoggiare la proposta dell'idiota irlandese. Louise li detesta tutti, dal primo all'ultimo ma annuisce lo stesso e «Cosa dovrei fare?» domanda, ora tra le dita ha una mezza canna che le ha passato Josh.
«Racconta qualcosa di te che non hai mai detto a nessuno», Niall sentenzia il suo pegno e tutti esplodono in fischi di incitamento. Di cose da raccontare ce ne sarebbero a migliaia, riflettendoci, ma sono tutte troppo intime e Louise è una persona davvero riservata che neppure con i suoi amici stretti riuscirebbe a condividerle con tanta facilità. In quel caso, però, nel sangue ha un cocktail di erba e alcool niente male che la aiutano a mollare un po' la presa sui suoi freni inibitori perciò «Vediamo...» incomincia, soffiando via il fumo. «C'è stato un periodo nella mia vita in cui ho pensato sul serio di voler diventare uomo». Ed è vero, non ha inventato un bel niente perché da adolescente ha attraversato anche lei una di quelle fasi in cui ci si sente tremendamente sbagliati, inadeguati nel proprio corpo come se questo fosse solo una prigione e nient'altro. Crescendo ha trovato la sua strada, certo, ma ogni tanto le capita ancora di pensare a come sarebbe potuta essere la sua vita se magari fosse nata maschio e non femmina. Ad ogni modo, a quell'affermazione detta con voce ferma segue un silenzio carico di aspettativa: Louise non sa cosa gli altri si aspettino che dica, magari vogliono che racconti i dettagli di quei suoi pensieri. È lo sbuffo ilare e contagioso di Niall a rompere il silenzio e a smuovere un po' l'atmosfera.

«Questa sì che è bella!» ulula divertito.
Louise sfoggia un sorriso canzonatorio e «Guarda che non è una stronzata» gli dice, la sigaretta tra le labbra. Ed, il suo amico dai capelli come carote, che è stato zitto fino a quel momento disteso accanto a Josh, a quel punto si mette seduto con le mani puntellate nella coperta sotto di lui e la squadra da capo a piedi, con quel suo sguardo analitico e d'un tempo estremamente scettico. «Lou questa cosa sa di stronzata perché ti conosco da una vita e so di per certo che il cazzo ti fa così schifo che se fossi veramente uomo, per andare a pisciare, chiederesti a qualcuno di reggertelo pur di non toccarlo». Louise non ha modo di replicare in alcun modo perché tutti, dopo quella frase, lei inclusa, esplodono in risa così potenti da poter far crollare il palazzo.

Forse è proprio per prendersi gioco dei suoi amici e per ridere del cielo sopra alla sua testa se poco più tardi, dopo aver fumato e mandato giù qualche altro cicchetto, Louise scorgendo la sua prima stella cadente alza in alto le braccia e con tutto il fiato che ha in corpo urla al mondo: «VOGLIO ESSERE LOUIS!»
Tutti scoppiano a ridere, compresa lei, mentre Danielle baciandole una guancia le ricorda che non si devono mai esprimere ad alta voce i desideri perché poi non si avverano...

~

Quando apre lentamente gli occhi tutto ciò a cui riesce a pensare è il mal di testa atroce che le fa desiderare una decapitazione istantanea. Ha dei tamburi nella cassa cranica, un intero complesso di strumenti a percussioni e le ossa del corpo sono tutte a pezzi. Fa per stiracchiarsi, dapprima lentamente, poi con più energia e percepisce tutti i muscoli indolenziti, da quelli nelle cosce a quelli delle braccia e per un attimo si domanda se abbia mai avuto tutti quei muscoli, effettivamente. Non è tipa da palestra, né tantomeno da corsa o cose così quindi si ripromette - per la milionesima volta in ventiquattro anni - che non toccherà mai più alcool e che dell'erba non ne annuserà manco l'odore da lontano. La mano destra che ogni mattina, quando si sveglia, spinge per riflesso verso il lato sinistro del letto alla ricerca di Danielle, quel giorno vola inconsuetamente sotto alle coperta, verso l'elastico dei pantaloncini che indossa. Ora che ci pensa sente gli slip stringerla, e anche i pantaloni del pigiama come se nel sonno si fosse raddoppiata. Tra l'altro percepisce una pigra eccitazione, la voglia di svuotare della tensione accumulata nel sonno (da quando accumula tensione nel sonno?) il proprio corpo e vedere Danielle profondamente addormentata lì accanto la demoralizza perché non le va di svegliarla. Ad ogni modo sospira, ad occhi di nuovo chiusi e la mano si infila nelle mutande fino a raggiungere...
Gli occhi le si sgranano con tale velocità che potrebbe rischiare di farseli uscire fuori dalle orbite. Se Louise non urla per la sorpresa della scoperta è solo perché le scoppia la testa e non ne ha la forza ma di restare in quel letto non le riesce proprio; per questo balza giù come una molla, con il cuore a batterle dritto nella gola e quasi a tentoni, ad occhi chiusi perché ha il terrore di guardare il proprio basso ventre, si precipita nel bagno richiudendosi alle spalle la porta, a chiave. Una volta dentro, il familiare profumo di bagnoschiuma al muschio bianco le invade le narici e in un certo senso riesce a tranquillizzarla, prima che si avvicini allo specchio. Ciò che il suo riflesso le rimanda è in grado di strapparle di gola tutto il fiato e pure le parole. Louise ha la bocca spalancata in una sorta di urlo muto e non sa se ha varcato la soglia di un universo parallelo o se la sbornia colossale della notte appena trascorsa abbia avuto degli effetti tanto gravi sul suo sistema cerebrale da farle vedere ciò che le è davanti.
«Quei coglioni mi hanno fatto uno scherzo», non fa in tempo a dirlo al suo riflesso che gli occhi tornano a sgranarsi di nuovo perché... la sua voce è diversa. Cos'ha la sua voce e da quando ha la mascella tanto marcata? D'accordo, ha sempre avuto un profilo alquanto squadrato ma non fino a questo punto. E le sue tette dove sono finite? E d'accordo di nuovo, non ha mai avuto grandi tette, ma la sua seconda dov'è finita? Quando li ha allenati quei pettorali? Tutte le domande sono precedute dalle mani che tastano il viso e il corpo alla ricerca di ciò che era stato fino a poche ore prima. A quel punto sa che deve ricorrere ad uno di quegli esercizi di respirazioni che le ha insegnato Danielle perché se non inizia a respirare entro un minuto rischia l'asfissia; quindi inizia a inspirare ed espirare mentre continua a scrutarsi negli occhi, i capelli spettinati come ogni mattina sembrano essere l'unico dettaglio immutato nello stravolgimento fisico che sta osservando. Inspira ed espira e compiendo due passi all'indietro si guarda meglio allo specchio: le cosce più toniche, le braccia più modellate, una peluria sul petto e su tutta la pelle visibile. È solo uno il dettaglio, tuttavia, che riesce a sconvolgerla più di tutto il resto e si tratta del gonfiore ben visibile attraverso la stoffa azzurra dei pantaloncini. Louise sa cosa è successo, lo sa che quella stella l'ha presa in parola perché quando infila una mano (più nodosa e larga) nelle mutande e le dita si stringono attorno a ciò che vi è all'interno, non riesce più ad avere alcun dubbio.

«Ora sono davvero Louis». Chiude gli occhi, la bocca schiusa, le labbra sottili come sempre, la lingua a tracciare piano il profilo dei denti e una valanga di brividi travolge la sua schiena quando con la mano tocca il suo nuovo sesso con maggiore intenzione. La cosa più sconvolgente in quell'istante di pura incredulità è che Louise, o meglio, ormai Louis, nel toccarsi non prova orrore e tutta la sorpresa provata inizialmente pare dissiparsi al solo tocco con la sua intimità. Non ne è neppure spaventato, «Perché tutto è così reale e normale?» domanda a se stesso, riaprendo finalmente gli occhi sul suo riflesso e sentendo inconsciamente il bisogno di riferirsi alla sua persona con il maschile. Davvero non può credere a quello che sta vivendo e non è dipeso dal fatto di essere un uomo e non più una donna ma dalla consapevolezza che di strano, in tutto quello, non ci sia proprio niente. Più si tocca e più il piacere aumenta ed è come se la sua vita si fosse formattata completamente, come se la consapevolezza del suo essere donna, durante la notte, fosse stata sostituita da una nuova: quella di essere uomo da sempre. Gli sembra di essersi svegliato da un lungo sonno e di aver sognato una vita con sindromi premestruali e mestruazioni. A quel pensiero storce la bocca con un gran disgusto e si ritrova a grattarsi lo stomaco per poi annusarsi le ascelle e decidere di puzzare decisamente troppo. Ha bisogno di una doccia e per questo si sfila pantaloncini e slip da donna con un sopracciglio sollevato. La visione del suo pene eretto è davvero mozzafiato e la prima cosa che mormora, fissandolo, è: «Cavolo se è grosso». Sotto al getto d'acqua calda Louis si scopre totalmente incapace di tenere lontane le mani dal suo pene; ha troppo bisogno di lasciare andare la tensione con cui si è svegliato quel mattino e perciò, come se sapesse già come muoversi, inizia a sfiorare con il pollice la punta arrossata e lucida. Non è affatto una sensazione nuova quel formicolio che inizia a corrergli sotto la pelle, dalle punta dei piedi fin sopra alle cosce, per accumularsi nel basso ventre. Quando le dita si avvolgano alla pelle tesa dell'erezione e la mano si chiude in un pugno, l'altra contro alle mattonelle per tenersi in equilibrio, la bocca si schiude in un gemito basso, cupo, un ringhio nuovo mai udito. Quel suono gutturale, virile, stuzzica al tal punto la sua libidine che inizia a muovere quella stessa mano su e giù in movimenti sempre più veloci e intenzionali. È una sensazione fantastica quella che sta provando, lo sente dappertutto il piacere scivolargli nei tessuti sotto la pelle, dentro ai muscoli e nelle ossa e quando piega in avanti il capo, i capelli a sgocciolare copiosamente sulle mattonelle sotto ai suoi piedi, serra forte i denti attorno ad un labbro trattenendo il fiato. È pronto. È così perdutamente vicino...

«Lou sei lì dentro?»
La voce improvvisa di Danielle quasi non lo fa scivolare nella doccia e magari rompersi l'osso del collo; riesce ad evitare la morte aggrappandosi prontamente alla maniglia della cabina e senza chiudere la fontana - sa che lo scroscio dell'acqua camufferà la sua voce - fa per rispondere.

«Mi faccio una doccia ed esco!»
La ragazza comunica che la colazione è pronta e che aspetterà lei per mangiare. Louis si rende conto solo in quell'istante, con l'orgasmo a colpirlo senza preavviso fino a fargli tremare le gambe, che quella sorprendente normalità di cui ora è protagonista potrebbe essere un problema per la sua ragazza e per chi lo circonda.

~

Louis non ha nulla da temere.
Louis sebbene non sia più Louise è comunque quello di sempre, be', fatta eccezione per il suo corpo e la consapevolezza che ha ora di se stesso. Perciò dopo una sega e una doccia durata più del dovuto, con i capelli ancora bagnati e con solo un asciugamano attorno alla vita (leggermente più stretta e ossuta) si presenta in cucina in tutto il suo splendore.
«Dan» dice, per richiamare l'attenzione della ragazza china sulla sua rivista preferita di fitness. Quella arresta l'incedere della mano che stava per afferrare la tazza di caffè e sgrana appena gli occhi, forse avendo già percepito qualcosa di strano nell'aria o nella sua voce. Louis è pronto a tutto. Davvero, è pronto a qualsiasi cosa ma questo non gli impedisce di balzare su per lo sgomento quando dalla bocca della sua ragazza ne fuoriesce un urlo spaventato. Sa che è meglio non dire nulla, che Danielle ha bisogno del suo tempo per rielaborare il tutto, perché non sarà semplice come lo è stato per lui e perciò si lascia fissare, mentre la vede indietreggiare dopo essersi alzata da dove era seduta e avvinghiarsi al lavabo come sa da quello ne dipendesse la sua vita.

«Tu» gli punta un dito contro, con fare accusatorio, «Louise che cosa...»

Louis inspira profondamente e sa che ora tocca a lui, spiegare tutto ciò che c'è da capire, sebbene neppure lui sappia come uscire da quella situazione. Si sta chiedendo come appaia agli occhi di Danielle, se anche l'altra come lui riveda sul suo volto la somiglianza con il suo precedente essere donna.

«Hai mai espresso un desiderio fissando una stella cadente?» le domanda, abbozzando un mezzo sorriso.
Danielle annuisce più volte, come una bambina, i capelli ondulati le sobbalzano attorno al viso.
Louis con le mani davanti, come per schivare una qualche reazione violenta della ragazza, le si avvicina e «Si dice che se il desiderio è sincero allora si avvera e forse inconsciamente lo era davvero, Dan».

La ragazza si morde un labbro e chiude gli occhi, magari spera che riaprendoli possa scoprire di essersi sognata tutto ma quando poggia lo sguardo su di lui la sua bocca morbida di apre appena in un sorriso sincero. Louis azzera definitivamente ogni distanza e le avvolge le braccia attorno alle spalle, spingendosela contro al petto. Quella si lascia abbracciare, il naso schiacciato sul suo torace e la bocca posata in quel punto come in un dolce bacio. Quando Danielle si allontana appena da lui e solleva il capo per unire i loro sguardi, con voce appassionata gli dice: «Dammi solo... un po' di tempo, sì?»
Louis sorride e le è infinitamente grato perché forse se ci fosse stato lui al suo posto avrebbe reagito in maniera totalmente differente, scappando via magari. Quando crede che Danielle stia per allontanarsi, le mani della ragazza si posano sulle sue spalle, più larghe ora, per scendere piano lungo le braccia e con le dita risalire a graffiare tra le scapole e dietro la schiena per poi aprire in un movimento incerto l'asciugamano. Louis trattiene il respiro e poi si tratta di un attimo, il tessuto cade in terra esponendolo completamente allo sguardo di Danielle che non fa nulla per nascondere il desiderio di fissarlo là sotto.

«Wow» è ciò che le sente dire, in un mormorio sognante. Louis riderebbe se non si sentisse, stranamente, a disagio. Non gli è mai successo prima, davanti agli occhi della sua ragazza, di sentirsi in quel modo. A differenza sua, Danielle ha avuto esperienze con l'altro sesso, ha frequentato un ragazzo per molto tempo e tutt'ora prova attrazione nei confronti degli uomini. Louis sa che il fatto che ora sia uomo non susciti nell'altra alcun tipo di freno eppure non può impedirsi di sentirsi stranamente fuori luogo, inadatto dinnanzi all'altra e non sa come interpretare quella sensazione; così per mettere un freno ai suoi pensieri decide di ignorarli per adesso, concentrandosi sulle reazioni della ragazza di fronte a lui. Sente le dita di quest'ultima affondare nella carne del suo sedere, inaspettatamente, così da strappargli via un sospiro rumoroso. Danielle lo fissa, ora appare quasi maliziosa quando con un piccolo sorriso gli dice: «Almeno questo è quello di sempre». Louis si lascia andare ad una risata sebbene quella sensazione non sembri disposta ad abbandonarlo.

***

Un giorno è entrato in un bar e il cameriere lo ha subito notato. Non ci fa più caso, quando succede, perché succede regolarmente. Quel tipo però se lo ricorda perché apparentemente sembra che lo sguardo gli sia caduto su di lui per un motivo preciso, diverso dal solito.
Gli ha ficcato tra le mani un pennarello infatti e gli ha detto "lascia qualcosa di te sulla parete, è la politica del locale! Nel frattempo ti faccio un caffè?"
Non si è mai sentito da nessuna parte che un cameriere chiedesse a un cliente cosa desideri; di solito la gente al bancone deve pregare per un po' di attenzione, ma d'altronde quale altro locale della zona lo ha comodamente invitato a imbrattare i muri con un suo pensiero?
A scuola perfino il professore di filosofia si rifiutava di ascoltarlo. "Signorino Styles" lo chiamava interrompendo il tentativo di proporre l'ennesimo problema esistenziale, con quel vocione roco e i baffi grigi a nascondere due labbra sottili che ricorda ancora come se fosse ieri. "Come le ripeto ogni giorno, siamo qui per sbrogliare le masturbazioni mentali dei filosofi, non le sue".
Su quel muro, alla fine, ha scritto un pensiero pensando proprio al suo professore del liceo: NO alle masturbazioni mentali, SÌ alle seghe. Vivo la vita godendo giorno dopo giorno". E perciò dopo il caffè, grazie a quel pensiero sulla parete, si è guadagnato un bel regalino nel cesso del bar: apparentemente il cameriere lo ha notato non solo per gentilezza e professionalità nel lavoro.
Harry Styles vive alla giornata. Non ricorda un modo diverso di approcciarsi ad essa da quando ha compreso che meno ci si aspetta avere e più probabilità ci sono di non rimanerne deluso.
La mattina si sveglia con le luci del Sole che finge di non notare fino a quando non capisce che è tardi. Non ha mai usato una sveglia e fare tardi, per lui, è più uno stile di vita che lo sbaglio di un capriccioso dormiglione.
Tanto che gli frega? Ha un negozio interamente gestito da lui. È capo di se stesso e non c'è un giorno in cui non dica "che si fotta il capo" solo per il gusto di ricordarsi che non ne ha, sorridendo con la faccia contro il cuscino, tronfio di un orgoglio che comprende solo lui.
La sua vita gli piace, fondamentalmente. Anche se non ha nulla di speciale, ne è soddisfatto. Per cui, quando come un coglione che si riduce sempre all'ultimo, si lava, si veste ed esce di casa, correndo per arrivare in tempo al suo negozio, lo fa con il sorriso bonario in volto.
Quindi, vive la vita un passo alla volta, senza duri impegni o scommesse a lungo termine, incastrandoci un'avventura di tanto in tanto che non coltiva mai, per il semplice motivo che crede in ciò che gli ha detto spesso la nonna, prima di andarsene: l'anima gemella scenderà dalle stelle e quando arriverà, le sentirai trillare. Solo allora capirai che è giunto il momento di innamorarsi e fare sul serio.
E il cielo di Harry sembra sempre aver taciuto in un profetico silenzio. Almeno fino a quel giorno.
Non sa se corre perché è in ritardo o se perché ormai è abituato così, ma quando si chiude la porta del suo appartamento alle spalle, e a passi lunghi e svelti raggiunge le scale, arrestarsi sembra più un inciampo e una fermata involontaria, che anticipa una caduta.
Eppure non cade. Ma sente le stelle. Eccome se le sente. Trillano in un suono assordante che per un momento gli fanno pensare di star diventando sordo. E attento come uno che sta per ascoltare l'ultimo suono nella sua modesta vita, con le sopracciglia inarcate verso il basso, fissa chi ha attratto la sua attenzione. Sta chiudendo la porta di casa e gli dà le spalle. In un momento pensa a quella cagacazzi della vicina che lo guarda sempre male, ma c'è qualcosa di diverso, perciò resta a fissarl... a fissarlo. Le stelle si fanno più prepotenti e pensa di essere diventato scemo, ma è un maschio quello davanti a lui ed è tremendamente felice della sua scoperta che sorride cercando i suoi occhi.
Un azzurro lo acceca, poi, quando l'uomo si volta. Harry fa uno scalino per tornare sul pianerottolo. Non ha nessun motivo per parlare con lui, ma questo non sembra nemmeno essere un buon motivo per non farlo.
«Ciao» lo saluta. La sua voce calda si è regolata sulle frequenze del rimorchio. Se fosse un momento diverso probabilmente si darebbe del coglione da solo. Non è mai stato un tipo che rimorchia le persone, piuttosto il contrario, ma in quel momento non è nemmeno più lui che agisce. E la nonna glielo aveva detto.
Guarda il ragazzo e se lo studia mentre attende una risposta. È tremendamente simile alla tipa che ogni volta che lo guarda sembra organizzare nei minimi dettagli il modo migliore per sbranarselo... E non in senso erotico. Che sia un fratello? E perché mai ha dovuto tenerlo nascosto per tutto questo tempo? Harry lo vede aprire bocca e richiuderla immediatamente. Una mandibola perfetta si indurisce sotto il suo sguardo, attentando direttamente il suo basso ventre che vorrebbe già farsi duro e dimostrare i suoi più bassi e famelici istinti. Se tutto potesse ridursi all'istinto animale, la vita sarebbe molto più semplice. Lo pensa ma non ci crede. Una parte di lui vorrebbe proprio conquistarsi l'attenzione di quel ragazzo. E sarebbe capace anche di fare un gioco di magia, pur di ottenere un risultato.
Ciò che lo ha colpito, lo ammette, è stato quel culo sodo che sembra essere prerogativa genetica della famiglia (perché ormai è convinto che sia imparentato con Louise) ma quando lo ha guardato in viso tutto è cambiato. È l'uomo più bello che abbia mai avuto la fortuna di vedere. E lui ha sempre avuto gusti difficili. E forse proprio per questo che lo trova bello. Perché è di una bellezza complicata. Ammette a se stesso che se fosse stato noiosamente etero avrebbe provato attrazione per la bellissima Louise per le medesime motivazioni (e allora forse sono fratelli gemelli) ma lui è gay, profondamente omosessuale, e quell'uomo davanti a sé, in un silenzio contrito e imbarazzato, che lo fissa con occhi spauriti forse sperando di diventare invisibile, è tutto ciò che ha sempre aspettato di trovare.
E lo ha trovato, ma non gli risponde. Pensa che se lui stesse diventando sordo e il tipo fosse già muto, troverebbero altri modi per comunicare perché sono destinati. Harry lo sa. Altrimenti ha un discorsetto da fare alla nonna che lo ha illuso in tenera età.
Harry non è mai stato tanto impaziente come in quel momento, non si dà per vinto e continua a parlargli. Perché lo vede: vede le sue spalle larghe e toniche fasciate da quel giubbino di pelle, le sue piccole mani giocare frenetiche con le chiavi e quel collo rigido e venoso che preannuncia un viso coperto da una barba incolta, due labbra disegnate col puro gusto di far diventare sceme le persone. Sono sottili ma è un inganno bello e buono per farti desiderare di affondarci la lingua e poi i denti.
Parla. Perché quella bocca Harry vuole vederla muoversi e far fuoriuscire la voce di quella meraviglia che sta facendo cantare il suo cielo: «Sei il fratello di Louise?» lo stesso naso, il taglio preciso e appuntito degli occhi, i capelli lisci e chiari, spettinati. È un parente di Louise e l'uomo della sua vita.
Che parli, e lo ammetta ad alta voce.
«È più difficile di come sembra» sono le prime parole che ascolta di lui. Harry si acciglia. Tira dritto il collo, lo guarda negli occhi con la bocca semiaperta e qualcosa non quadra.
La sua voce...
Parla ancora, o meglio farfuglia guardando in ogni dove: «Voglio dire, è... sai quella cosa delle stelle, i desideri e davvero, non starmi a sentire» conclude per poi ritrovarsi nei suoi occhi e trascinando le ultime parole come distratto da un dettaglio che trova nel suo viso.
Harry non ha capito un cazzo, ma non importa. Non è sordo e quel ragazzo parla. Parla con la sua voce delicata, un accento particolare, già udito, ma non così spesso da poterlo riconoscere.
«Ti starei a sentire anche se parlassi una lingua incomprensibile, come mi sembra sia questo il caso, perché, davvero, non capisco... dimmi chi sei, non da dove vieni, che questo già lo so, direttamente dai miei sogni» e quanto sia frocio se lo sente dire dal suo io interiore, al quale replicherebbe che forse dovrebbe lasciarsi un po' andare perché spesso vivere equivale a dire e fare coglionate. E Harry in quel momento non si pente se ne sta dicendo un po' troppo. Fa ancora un passo in avanti, sovrastando in altezza quello scricciolo di bellezza che sembra tuttavia compensare la sua bassa statura con una compostezza rigida ed elegante che Harry non può nemmeno permettersi di sognare. Eppure in quel momento, quando gli si avvicina imprudente si sente il padrone della situazione. Domina e lo capisce quando questo alza un sopracciglio e si sente palesemente in difficoltà nel percepirlo così vicino. Perciò fa un altro passo ma «Tu sei Harry, giusto? Io Louis e, credimi, non vuoi sapere altro» fa uno scatto e indietreggia.
Harry nota la difficoltà, le reazioni e si lascia guardare, o meglio scansionare da quelle iridi, perché finalmente ha un nome in testa: Louis. E questo Louis - Louis, Louise, la madre doveva essere un tantino ossessionata da quel nome - sa perfino il suo nome. Forse ha chiesto alla sorella. Forse lo ha già visto e si è informato. Tutte deduzioni che cibano il suo ego mai sazio. Sorride sagace e fa un altro passo. Ha un nome, lui sa già il suo.
«Mi accontenterò del tuo nome, per adesso. Louis» lo pronuncia ad alta voce, lentamente, scandendolo tra lingua e i denti e gustandosi la scena di Louis che lo osserva mandando giù la saliva con estrema difficoltà. Ora la curiosità e l'ossessione che il cielo torni muto prima di quanto avrebbe voluto, prima di mai, gli fa riprendere parola: «Ci grazierai della tua presenza in giro per molto o ho solo questa occasione per provarci spudoratamente con te?» domanda. Louis fa un cipiglio confuso e allora Harry si spiega: «Perché sarei in forte ritardo, ma indugerei su questo pianerottolo solo per trattenerti qui più del dovuto» l'ennesimo passo, quello che rende sufficiente il suo cammino verso il territorio di conquista. È così vicino da dover abbassare lo sguardo appena per vederlo in viso. Sorride di nuovo, non ama far imbarazzare le persone, ma il disagio concitato di Louis lo rende felice come un bambino di fronte a una sorpresa.
«Onestamente, credo che mi tratterrò per un bel po'. Magari qualche giorno o settimana, magari un mese, due. Senti...» Harry è troppo contento di avere a disposizione tutto quel tempo e così sorride ampiamente, leccandosi i baffi mentre pregusta tutte le idee che gli passano davanti agli occhi. Non nota le fatali reazioni di Louis alle sue: sembra in difficoltà, come a gestire una ruota della macchina sgonfia senza sapere dove mettere mani. Però lo vede strizzare gli occhi fuori dalle orbite e le guance colorarsi vivamente di un rosso che gli fa subito tenerezza. È già così ossessionato da quella creatura che vorrebbe davvero sapere cosa gli sta passando per la mente. Ed è proprio quando è così avido che Harry lo vede passarsi la lingua sulle labbra, forse per provocarlo, per dargli il colpo finale e agevolarlo nella conclusione ormai inevitabile di saltargli addosso. Lo sta per fare, che si fottano le buone maniere, ma la voce di Louis lo interrompe, per fortuna: «Io sarei dovuto andare a lavoro, in questo momento, ma ci sono un po' di cose che devo risolvere prima... quindi magari, non lo so, se resti qui a parlare con me, come hai detto, potrei venire io con te?!» sbarra gli occhi. Una sorpresa. Quello è un sogno perché non è possibile... E invece no, è la realtà e la nonna glielo aveva detto, solo che Harry non aveva mai compreso il fatto che, alla fine, innamorarsi e lasciar fare all'amore fosse così semplice. Buon per lui.
Perciò il resto è automatico per Harry. È tutto in discesa dal momento in cui vede chiaramente, dalle reazioni fisiche di Louis, alle parole che gli dice, all'offerta di seguirlo; sì, sta volando in picchiata con la sicurezza che non si schianterà: perché Louis ci sta, ci sta al suo chiaro intento di rimorchiarlo, le stelle trillano più forte ma è qualcos'altro a ragionare al posto della testa. E allora li immagina, mentre si accozzano contro la parete e saziano i più rudi istinti. E l'immaginazione si intensifica quando vede Louis mordersi un labbro famelico. E l'amico che sta ragionando al posto della testa non ci capisce più nulla e, allora, lo tocca, veramente, giocherellando con una ciocca dei suoi capelli con le dita. Si sta trattenendo e non sa nemmeno come, ma far finire quell'incontro in un porno amatoriale gli appare come, sì, qualcosa di atrocemente appagante, ma anche come qualcosa dal retrogusto amaro. In fondo è sempre stato così, al tutto e subito preferisce l'insofferenza della lentezza, i piaceri consumati piano. Glielo dice anche l'amico lì sotto, quel gran masochista, che anche se sta urlando in un coro da stadio "non vedo l'ora di tuffarmi in quelle chiappe sode" aggiunge subito "son paziente, prima cuocetevi a puntino".
Perché, sì, alla fine cosa sa? Che si chiama Louis, e cos'altro? Deve sapere di più, prima di studiargli il corpo con il tatto e gli altri sensi. Lo guarda negli occhi e lo bacia con essi, per il momento. Sorride appena e «Se ti dicessi che venendo con me finiresti in un sexy shop, fraintenderesti le mie innocenti intenzioni di conoscerti meglio prima di saltarti addosso, Louis?» domanda quindi malizioso e birichino, lasciando tutto ciò che c'è da capirsi al beneficio del dubbio, mentre abbandona i suoi capelli e gli respira a un palmo dal viso.
Louis segue con gli occhi la traiettoria che prende la mano di Harry e capisce di essersi lasciato definitivamente alle spalle ciò che è stato fino al giorno prima quando, trattenendo il respiro e toccandosi inconsapevolmente il basso ventre, immagina quella stessa mano in posti dove prima non avrebbe mai osato desiderare che un uomo toccasse il suo corpo. Si accorge di essersi torturato un labbro fino a quel momento e quando parla, difatti, lo sente indolenzito: «Non ci sono mai stato in un sexy shop quindi perché no...» ma la consapevolezza di essersi lasciato scappare un tale dettaglio, tuttavia, lo mette fortemente a disagio e perciò finisce col grattarsi una mascella manco avesse già della barba incolta da sfiorare!
Harry ridacchia, da così vicino lo sente tutto il nervosismo che lo coglie per tutto corpo.
«...potrei trovare qualcosa di interessante, dando un'occhiata in giro ma non penso di essere la persona giusta per, ecco, consigliarti» riprende titubante, ignorando, come fino a quel momento, le parole che Harry ha detto esplicitamente per provocarlo e ottenere un responso affermativo e che nonostante tutto sta deducendo lo stesso dal silenzio teso del corpo che Louis sembra saper controllare ben poco.
Harry non dice nulla in più se non «Ottimo, allora seguimi» sussurrato volutamente prima di dargli le spalle e scendere le scale. Non gli spiega che il negozio è il suo. D'altronde ama fare le sorprese.
Louis è accanto a lui, che cammina un po' incerto, ma a passo svelto per stargli dietro, e mentre si avviano non possono entrambi fare a meno di guardarsi, sorridersi e dirsi quattro stronzate di circostanza.

***

I hear the thunder thumping
and my heart starts jumping
and that's when I spin on the pole.
Now my head's exploding
and your gun is loaded
so I'm guessing, I'm on a roll.

Louis da quando ha messo piede fuori casa, quella mattina, ha capito che il destino ha in serbo grandi cose per lui. E "grandi" è l'aggettivo giusto. Lo è perché non appena Harry, il vicino di casa, gli si è piazzato davanti come un adone greco di marmo non ha potuto fare a meno di notare le sue mani grandi, le sue spalle grandi, di immaginare quanto grosso sia tutto il resto. Inutile dire che sul momento, con la mano di quel tipo a giocherellare tra i suoi capelli, Louis abbia percepito una leggera nota discordante in quel suo nuovo modo di vedere il mondo e le sue cose e il punto, però, è che in quell'istante tutto gli è parso spaventosamente giusto. Dal modo in cui il suo sangue ha iniziato a ribollire nelle vene, riempiendo il cuore freneticamente e costringendolo a pompare con velocità disumana, al modo in cui il suo corpo ha reagito a quegli stimoli sconosciuti con una naturalezza a dir poco sorprendente. La voce di Harry, il suo modo di parlargli, di sfiorarlo costantemente con lo sguardo sono state le cause della sua perdita di senno. Louis si è scoperto essere una macchina di puro istinto irrazionale, di spregiudicata voglia, desiderio, qualcosa che in ventiquattro anni non ha mai vissuto con tale intensità come se la sua vita fino ad ora fosse stata solo una bozza, un esperimento prima del grande evento: quello che ha stretto con una mano attraverso la patta dei jeans per paura che il suo vicino potesse notarlo. Lo ha sentito vividamente il momento in cui il suo sesso ha sussultato in risposta alla sfacciataggine esasperante di quel selvaggio dai capelli troppo lunghi e le labbra che sembrano l'incarnazione stessa del peccato. È stato al suo gioco e alla fine ha pure ceduto, seguendolo in quella folle richiesta di accompagnarlo in un sexy shop. Ebbene sì, in ventiquattro anni di vita sarà la prima volta che Louis varcherà la soglia di un posto simile e lo farà in compagnia di quello che, alla fine, altro non è che un perfetto sconosciuto; perché di Harry cosa sa eccetto il nome e cognome e il fatto che vive nell'appartamento accanto al suo? Niente. Ma Louis ora è istinto allo stato puro, senza freni a bloccare la sua irrazionalità, è un corpo e un'anima pronti ad assaporare una vita nuova e per iniziare quella stessa esistenza vuole che il primo passo sia seguire Harry a discapito di ciò che potrà accadere da lì in poi.

Tuttavia, quando si ritrova ad affiancare il suddetto ragazzo dinnanzi a quella che intuisce essere l'entrata del sexy shop, Louis si pente quasi di essersi creduto pronto ad ogni tipo di sorpresa.
Va bene, ha affrontato un cambio di sesso da un giorno all'altro e lo ha fatto in maniera sorprendente, con meno disagio di quanto invece avrebbe pensato in passato ma non crede sia pronto per scoprire che...

«Quando prima hai accennato ad un sexy shop non pensavo ci lavorassi». Ecco, lo dice tranquillamente e si scopre addirittura intrigato da quella nuova scoperta. Harry è proprio lì accanto a lui e con una di quelle mani enormi - che Dio solo sa cosa riuscirebbero a fare al suo corpo, immagina quelle stesse dita nella propria bocca - sta cercando di aprire la porta del negozio.
Lo vede mettere da parte ciò che sta facendo per voltarsi verso di lui e con quella voce, da porno divo o qualcosa del genere, dire: «Per quale altro motivo avrei dovuto portarti in un sexy shop? Louis, la tua immaginazione, mostramela».

Le guance di Louis diventano un tripudio di sfumature tutte tendenti al rosso, sente l'imbarazzo persino accendergli la punta delle orecchie ma non vuole badarci (sebbene il sorrisetto bastardo e divertito dell'altro gli renda l'impresa alquanto difficile). Allora tossisce in un pugno, per dissimulare il suo impaccio e «Non ne ho idea, Harry» inizia, «sinceramente la mia immaginazione ora vuole soltanto imbattersi nella tua merce».
Ed è dopo queste sue parole che Harry, poggiandogli una mano alla base della schiena, lo invita ad entrare. Ciò che Louis scopre poco dopo è che il suo vicino di casa non è un semplice commesso, in quel Paradiso del sesso, bensì il proprietario di tutto quanto.

Well it's a fine time
looking for a wine time man
and you said: "Baby, you ready to play?
Well, come ride on this roller coaster
'cause it ain't over, it ain't over".

Louis non ci è mai stato in un posto del genere. Gliene hanno parlato, certo, ma un po' perché non ne ha mai avuto l'occasione, un po' per il suo rifiuto inconscio di imbattersi in determinati aggeggi, non ha mai constatato con i propri occhi cosa si nasconde tra le mura di un sexy shop.
La prima cosa che nota è l'intenso odore di quella che gli pare essere una crema corpo, il suo profumo ricorda quasi l'incenso o comunque qualcosa di speziato che gli pizzica il naso ma al tempo stesso gli piace da matti. Le luci poi non sono spente perché sebbene il proprietario abbia aperto in quel momento, all'interno del negozio vi è già un'atmosfera soffusa ad illuminare i vari reparti. Quando Harry lo supera per raggiungere la parete dietro al bancone per sistemare alcune cose, nel negozio si diffonde immediatamente una musica rock, precisamente l'assolo di una chitarra che Louis subito riconosce essere suonata da Slash.

«Dai un'occhiata in giro e non farti nessun problema, qui si guarda e si tocca anche».

All'ambiguità di Harry, Louis risponde con una mezza risata che spera non risulti tesa. Quel ragazzo gli sta fottendo il cervello e davvero non sa come sia possibile dal momento che non ha mai provato nei suoi riguardi tali impulsi fisici. D'accordo, ne è stato attratto platonicamente (meglio esser precisi!) ma solo perché vedeva in lui un potenziale femmineo che ora invece sembra essere svanito completamente. Ed è proprio quel suo corpo così imponente, ora, il suo porsi in maniera ambigua a suscitare sensazioni fisiche che non credeva avrebbe mai provato verso un uomo. Proprio verso il suo vicino di casa! Louis è così preso dalla sua riflessione da non essersi neppure accorto di avere la lingua a leccare l'angolo della propria bocca mentre gli occhi stanno indugiando sulla patta degli skinny scuri del ragazzo poco distante da lui. Louis si sente improvvisamente come un ragazzino in un negozio di caramelle che dopo un'intera infanzia vissuta con l'apparecchio ai denti ha finalmente il diritto di ingozzarsi di dolciumi. Non sa neppure lui dove poserebbe gli occhi e le mani per sfamare quel suo strambo appetito. Nel frattempo la patta dei jeans di Harry sembra essere il suo bersaglio preferito perché il modo in cui gli appare piena, così abbondante, gli fa vibrare lo stomaco come se avesse fame. Louis scuote la testa e lo vede, lo vede chiaramente Harry sogghignare in una qualche maniera soddisfatta, come se si sentisse padrone del mondo intero. Deve dare un freno alla sua mente o potrebbe sul serio esplodergli o costringerlo a compiere azioni di cui in seguito non riuscirebbe a rispondere.

You like it smooth like brandy

savour the flavour with delight.You can be Sid, I'll be Nancy'cause sometimes it's more fun to right.

Inspira e prima di iniziare il suo giro affonda le mani nelle tasche posteriori dei jeans (da donna, ebbene sì, non ha avuto modo di recuperare altro ed è un miracolo che gli stiano, sebbene sembra che li abbia dipinti addosso come un body paint). L'istinto gli suggerisce di iniziare dal reparto in fondo, quello illuminato da una luce blu notte che lo fa sentire appena più a suo agio. Il punto, però, è che non appena si ritrova faccia a faccia con gli oggetti esposti in quel punto del negozio tutta una seria di sensazioni lo colpiscono fino a mozzargli il respiro. Non ne ha mai visto uno in vita sua e ad essere onesti non saprebbe neppure dire di che cosa si tratta: è un oggetto di metallo che pare un bulbo o una clessidra solo che una delle due estremità è a punta mentre alla sommità dell'altra vi è attaccata quella che gli pare di capire sia una coda di volpe. Su quello stesso scaffale tutti gli oggetti sono illuminati da piccoli faretti bianchi, dal basso all'alto, in modo che si possa osservare ciascun dettaglio. Per questo Louis subito comprende che vi sono altri oggetti come quello solo che le dimensioni sono leggermente diverse tra di loro, così come i materiali e anche la caratteristica della "coda" varia perché quella che ora sta fissando, tra lo sconcertato e l'incuriosito, è una coda di cavallo variopinta come se fosse di un pony arcobaleno. Louis riderebbe se non fosse totalmente rapito dal tocco leggero con cui le proprie dita stanno sfiorando l'oggetto, quasi venerandone ogni centimetro.

«Quello è un butt plug». La voce di Harry alle sue spalle lo fa sussultare. Per poco non si tira appresso l'intero scaffale e quando si volta trova il ragazzo ad un passo da lui. Se Louis non fosse di una spanna e mezza più basso è piuttosto sicuro che le loro bocche sarebbero ad un soffio l'una dall'altra. Aggrotta le sopracciglia, distogliendo immediatamente lo sguardo dalla bocca dell'altro e «A cosa serve, precisamente?» domanda, la gola improvvisamente secca. Il ragazzo afferra l'oggetto dallo scaffale e se lo rigira tra le mani, come fosse un qualcosa di estremamente prezioso e fragile; Louis lo osserva totalmente rapito, gli occhi puntati sulle dita lunghe che sfiorano con reverenza la coda multicolore.

«La coda è un dettaglio decorativo, l'unica funzione del butt plug è quella di tenere dilatato l'ano, sai...» fa una pausa e piega il capo in avanti, cosicché Louis possa sentire il suo respiro sulla guancia già accaldata. «Lo si mette per tenersi preparati, se si ha voglia di andare dritto al punto senza preliminari e quant'altro».

Louis sente il sangue affluirgli di nuovo in quel punto pericoloso dietro alla patta dei suoi jeans. Sente il suo nuovo bagaglio pulsare come una ferita aperta e premere contro alla stoffa rigida. È pazzesco come l'eccitazione, ora che è uomo, sia un qualcosa di impossibile da nascondere, così evidente da metterlo a disagio. Per questo si preme una mano proprio su quel punto, il palmo aperto a nascondere qualsiasi cosa e dice: «Mi intriga, non lo so, il fatto di poter avere una coda per gioco ma l'idea di infilarmi una cosa su per il retto non mi entusiasma». E per tutto il porno lesbico guardato fino a qualche giorno prima, perché si è lasciato sfuggire una tale cosa? La voglia di spazzare via quel silenzio gli ha fatto dire la prima cosa che stava pensando e ora sente solo di voler morire.
Perciò lo lascia impalato lì come uno stoccafisso, liquidandolo con un banalissimo «Scusami ma ho appena ricordato di dover sbrigare una faccenda urgente», senza neppure attendere un saluto o una qualsiasi risposta. Scappa letteralmente via, la paura di dover affrontare la sfrontatezza di quel ragazzo a mettergli il turbo nelle gambe, a fargli inspiegabilmente agitare il cuore.

I'm a mess right now

inside outSearching for a sweet surrenderbut this is not the end.
«Louise si può sapere dove sei stata tutto il giorno? Ho chiamato Grimmy e mi ha detto che non eri neanche in agenzia».

Louis si richiude la porta alle spalle, il tintinnio delle chiavi a risuonare contro il portaoggetti all'entrata e sbuffa, esasperato, insofferente, per una ragione a lui nota ma che vuole ignorare.

«Ho saltato la lezione di pilates per restare qui ad aspettarti, sono stata in pensiero».

A quel punto si sente persino un po' in colpa, conoscendo quanto sia ansiosa Danielle avrebbe potuto mandarle un messaggio, chiamarla per dirle di non preoccuparsi e invece... la mattinata trascorsa in compagnia del loro vicino di casa lo ha completamente distratto da qualsiasi tipo di intenzione.

«Non volevo farti preoccupare, lo sai» dice, facendo finalmente ingresso nel salotto. Alza le braccia mostrando le due borse che sta reggendo e «Sono stato a fare shopping» comunica, con una mezza smorfia sul viso. «I vecchi jeans mi stanno troppo stretti e ho dovuto prenderne per forza degli altri, almeno nelle felpe e nelle camicie ci entro ancora».

Danielle pare agitarsi sul posto, al contrario di come fa sempre quando rientra a casa dal lavoro, stavolta non si è alzata per andargli in contro in cerca di un abbraccio e Louis glielo legge in faccia che è combattuta dal volergli dire o meno una cosa. Lo legge chiaramente nella curva tesa delle spalle, dal modo in cui tende le labbra come a voler serrare la bocca; quella sensazione lo agita, lo rende insofferente e lui detesta sentirsi in quel modo, non padrone della situazione.

«È tardi, sarai stanca. Vogliamo andare a letto?»
Quando dopo un lungo e teso silenzio la voce della ragazza giunge alle sue orecchie, Louis quasi sobbalza e annuisce poggiando le buste da qualche parte accanto al divano prima di dirigersi von lei in camera. Il fatto che Danielle si ostini a riferirsi a lui al femminile non fa altro che peggiorare il suo stato d'animo, c'è qualcosa che non va in tutto quello e Louis teme quasi di scoprire quali siano le vere ragioni; la sente come l'odore di pioggia prima del temporale, l'aria tesa di qualcosa che aspetta solo il momento giusto per esplodere.

Quando sono entrambi sotto alle coperte, infatti, con solo la luce dorata dell'abat-jour posizionata sul comodino dal lato di Louis, Danielle si stende su di un fianco e lo osserva e lui si lascia osservare mentre a sua volta la scruta: guarda attentamente le linee tonde e morbide che venera in ogni luce e piccola ombra, sfiora con solo la punta delle dita il profilo della ragazza, con un polpastrello tasta la morbidezza della sua bocca e quello che sente risvegliarsi nel suo petto non è la stessa attrazione di un tempo, non ha lo stesso potere di una volta. Quello che prova osservando il corpo di Danielle, ora, non ha nulla a che fare con quello che ha provato guardando le mani grandi di Harry, le sue spalle ampie, non è nulla in confronto alla reazione che ha avuto il suo corpo mentre la voce del vicino di casa scivolava calda lungo la sua pelle. Louis non sa che lasciando la mente libera di ripercorrere questi ricordi ancora recenti, ha permesso ai suoi occhi di assumere una tonalità più scura, viva, la pupilla a crescere come una famelica eclissi di sole. Danielle, forse motivata da quel sottile mutamento nel suo sguardo e fraintendendo la vera causa, gli si avvicina e incastrata una gamba tra le sue; ad occhi chiusi preme le labbra sulla sua bocca ed è in quell'istante, attraverso quel bacio che è poco più di uno sfiorarsi, che Louis dà un nome alla sensazione che sta provando: affetto. Puro e incondizionato affetto, un sentimento candido che non ha nulla a che vedere con la scintilla della passione che stavolta non è scattata, la stessa provata nel ritrovarsi al cospetto di Harry, nel suo negozio, mentre gli spiegava con disinvoltura la funzione di un oggetto tanto compromettente. Non ha visto le stelle stagliate contro al nero delle palpebre, come è sempre successo in quegli anni, non ha sentito i brividi scorrazzargli sulla pelle quando le loro bocche si sono sfiorate. Louis non vuole darla vinta a quella strana sensazione, lui è quello di sempre, un cambiamento nel suo corpo non ha nulla a che fare con ciò che è da sempre e che prova per Danielle da così tanto tempo; per questo capisce subito che la ragazza si sta mettendo alla prova e sta facendo lo stesso con lui, lo ha capito quando si è sollevata per stendersi con le gambe chiuse attorno alla sua vita. Louis la lascia fare perché alla fine ha bisogno delle stesse risposte e quale miglior modo di cercarle assieme, come hanno sempre fatto?

«Louise toccami, mi mancano le tue mani». Louis fa come gli dice e chiude tra le dita la forma soda dei suoi glutei inducendo i loro bacini a frizionare tra di loro con una maggiore aderenza. Danielle ha gli occhi chiusi, non lo guarda in viso come fa tutte le volte che domina e lui lo sa che quello è un modo per tenere lontana la realtà del suo nuovo corpo. Un po' lo intenerisce, pensare che probabilmente alla sua ragazza manchino le due forme di donna, a differenza sua che in quel corpo tutto spigoli e tonicità si è sentito quasi subito a suo agio. Quando le mani di Danielle si posano sul suo petto, ormai libero dalla canottiera nera di cui subito si è liberato, e le dita stringono il vuoto come se fossero state alla ricerca di due seni morbidi da poter plasmare, Louis si solleva di scatto e la bacia, stavolta utilizzando lingua e denti, mordendole forte un labbro. La sente vividamente Danielle trattenere il fiato per quel suo gesto inconsueto e quando la ragazza si ritrova con la schiena contro alle lenzuola e il corpo di Louis premuto addosso, riapre finalmente gli occhi per guardarlo come non ha fatto prima di quell'istante. Louis inspira rumorosamente, prova a stringerle un seno in una mano, a baciarle il collo ma ciò che riceve in risposta è solo il nulla e la sensazione di stare soltanto interpretando un ruolo che non gli appartiene, non più. Questa consapevolezza gli fa sgranare a sua volta gli occhi, due luci blu che scintillano nella penombra della loro camera da letto. Danielle sotto di lui lo fissa con un cipiglio pensieroso e lui in risposta vorrebbe alzare le spalle e dire "non so cosa mi prende" ma ciò che fa è toccare il suo nuovo sesso attraverso la stoffa della tuta e scoprirlo del tutto indifferente a ciò che sta accadendo. Si lecca le labbra, una risata isterica già appostata nel retro della gola quando fa per sollevarsi dal corpo dell'altra e mettersi seduto.

«Non ci riesco» comunica in un soffio, prima che quella risata che ha trattenuto esploda piano e leggera come se fosse una specie di pianto liberatorio.

Danielle lo imita e gli si siede accanto. Con una mano gli sfiora la nuca e «Cosa vuoi dire?» domanda, anche se forse ha già capito tutto.

Louis scuote la testa, dire cosa prova od esternare i suoi sentimenti non è mai stata impresa semplice. Come se non bastasse si sente anche parecchio confuso per quello che ha provato in compagnia di Harry, quella stessa mattina, non sa davvero in che modo riuscirà a spiegare tutto quanto alla ragazza che attende una risposta. Perciò non è un caso, quindi, se tira fuori la prima cosa che gli passa per la testa, quella in cui pensa di essere realmente convinto.

«Dan penso di essere gay».
La ragazza sbuffa una risata e alza gli occhi al cielo quando «E cosa c'è di nuovo in questo?», domanda per poi assestargli un buffetto sullo scalpo.

«Oh mio Dio, Danielle» ribatte lui con un nuovo imbarazzo a farlo ridere per l'inverosimile di cui sono fatti i suoi pensieri.
«Da quando stiamo insieme quante volte mi è successo di non riuscire a fare l'amore con te?»
Se ha alzato la voce non lo ha fatto per inveire contro Danielle, piuttosto per zittire la frustrazione che gli procura il suo corpo che pare incapace di amare, come ha sempre fatto, la sua ragazza.

Danielle pare accorgersene di quanto si senta in crisi perché si fa appena più vicina e con tono cauto prova a dire: «Non è mai successo, è vero, ma continuo a non vedere niente di nuovo nel fatto che tu sia attratta dalle donne, stiamo insieme anche per questo, no?»

«Quello che sto cercando di dire è che ho vissuto ventiquattro anni di vita credendo di conoscere ogni cosa di me e ora sto rivalutando ognuna di esse». Abbandona il suo posto in quel letto e dopo essersi infilato la canottiera prende a percorrere il perimetro della stanza, le braccia strette al petto e un labbro che continua a torturare tra due dita. «E la cosa ancora più sconvolgente è che per me è normale tutto questo, come se fino a ieri avessi vissuto in un sogno».

«Forse ho capito cosa stai cercando di dirmi» mormora Danielle a quel punto, «ma quello che non riesco proprio a comprendere è la facilità con cui hai accettato tutto questo».

Louis si volta a fissarla con un piglio appena più scuro in volto. Forse era proprio questo ciò che più tormentava Danielle, quella indecisione che aveva letto nel suo sguardo appena rientrato a casa e ora che finalmente ha tirato fuori quel piccolo peso a Louis pare di poterlo vedere il suo cuore appena più leggero. «Dan, la verità è che...» inspira stancamente, «non ho idea di come sia stato possibile, fatto sta che lo è e sebbene stia riscoprendo da capo il mio corpo non voglio precludermi niente...»

Spera non debba essere più esplicito di così è che Danielle, se veramente ha imparato a conoscerlo in tutto quel tempo, riesca a capire da sola. Louis non è arrabbiato con lei, né con il fato o con la vita che gli ha fatto quella sorpresa inaspettata, ha solo bisogno di riordinare i pensieri. Danielle sospira, lo guarda attraverso le ciglia lunghe e quando parla lo fa con una luce diversa negli occhi, come se avesse finalmente compreso quanto sia importante ciò che è successo e che tutto quello potrebbe cambiare anche la natura del loro rapporto, sebbene ne sia spaventata almeno quanto lui.

See the flames inside my eyes

it burns so bright I wanna' feel your loveEasy baby maybe I'm a liarbut for tonight I wanna' fall in love.
«Louis» dice, ed è la prima volta che lo chiama in quel modo, il che riesce a strappargli un piccolo sorriso. «Forse ho sbagliato a parlarti in quel modo e magari mi hai fraintesa ma voglio che tu sappia che l'ultima delle mie intenzioni è proprio limitare la tua vita, specialmente ora non potrei mai importi nulla». In quel momento è come se una forza più grande di lui e di ogni altra cosa lo attraesse verso il letto, verso quelle coperte calde riscaldate dal corpo di Danielle che ora lo guarda con un sorriso carico ci tutto l'affetto del mondo.
«Magari è solo un periodo, devi capire meglio il tuo corpo e di ciò che è successo stanotte non te ne faccio una colpa ma ti prego, non farlo neanche tu».
Louis sospira e si lascia scivolare di nuovo accanto alla ragazza, annuendo alle sue parole e stringendosi a lei il più possibile. A volte pensa di non meritarsela una persona come lei al suo fianco, come se Danielle fosse costantemente il suo "troppo tutto" e lui il "troppo poco" della coppia. Lo ha detto lui stesso, non vuole precludersi niente, tantomeno la possibilità di provare a dare alla loro relazione una forma nuova, nonostante questa nuova realtà a rendere entrambi protagonisti. Lascia un bacio tra i capelli della ragazza e abbracciandola a sé decide di voler cercare un riverbero di pace nei meandri onirici della notte.






Note finali, perché abbondare è sempre lecito, soprattutto all'una di notte: Su, forza, ringraziatemi. Se non era per me (ciao, sono VenerediRimmel, sìcertochicazzosono, lo so) K non avrebbe mai portato avanti questo disagio, ma ANDIAMO chi tra di voi, superstiti giunti fino alla fine di questa prima parte, nella vita, non ha mai pensato di voler provare l'ebbrezza di avere un pene? Su, andiamo, non fate le ipocrita! Coloro che lo hanno per concessione di madre natura: BEATI VOI!
Okay, okay. Io l'ho pensato - e non mi sono limitata a questo. K, idem con patate - ehm pessima scelta di parole. E quindi ci ritroviamo qui. Con questo disagio, perché lo è e lo sarà sempre più approfonditamente. Ci tenevo a sottolineare una cosa: scrivendo questa storia ognuna si è immedesimata in uno dei personaggi principali, io in Harry e K in Louise, ergo Louis, e le CONVERSAZIONI sono reali, non programmate (non tutte). Spero che questo esperimento vi piaccia tanto quanto è piaciuto a noi scriverlo! E, niente, ci si ritrova presto per le altre due parti!
Ah, il disagio si condivide... altrimenti nun si è figli di Maria(?). E io ho una Zia che si chiama Maria...Bah.

Un abbraccio dalle giuggiole ♥

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