Capitolo 99. Per migliorare bisogna peggiorare... ma qua si peggiora e basta!

<Il tatto non è di casa... Interessante! Però forse meglio assicurarsi che quelli là non siamo morti. C'è giusto qualcuno che vorrei che non morisse. Non tutti, eh.> commentò Francesca.

<State tutti bene?> si udì l'urlo di Maurizio.
<Cos'è questa cosa verde?!> fu la sorpresa di Alfred.
<Magia. E che magia! Questa cupola non ha subito un graffio! Nessuna cupola, anzi.> e Arthur sfioró la cupola con la mano illuminata d'azzurro, ma essa svanì insieme a tutte le altre.

Franco si alzò su gambe tremanti e in fretta Yao gli fu accanto a sorreggerlo, ammonendolo: <Bimbo, non dovevi affaticarti così tanto!>
<Non l'ho fatto totalmente di mia volontà...> borbottò il molisano, mentre Marie chiese a mezza voce: <Che fa, la mamma chioccia preoccupata?>

<Sí.> fu la risposta secca di Angela.
<Sono solo io o questo non è il luogo in cui abbiamo trovato la casa ora esplosa?> domandò Michele, indicando la radura non così spianata per via di un gargantuesco macigno in cui un enorme traforo nero come la pece si stagliava come una brutta macchia sul masso rigoglioso.

<E tutto conduce a quella scura galleria... Cosa potrebbe mai andare storto?> ironizzó Carmela.
<Bisogna peggiorare prima di migliorare.> notò Vincenzo.
<Ma qua stiamo peggiorando da quando tutto questo è iniziato!> si esasperó Antonio dall'altro lato della sfera.

<Finirà, finirà.> rassicurò Rita, provando a convincere se stessa.
<Quindi loro hanno la galleria inquietante e noi abbiamo degli scalini che sembrano portare all'Inferno?> riassunse Mario, indicando una scala di terra e sassi che si apriva nel bel mezzo del terreno dissestato, svariati metri più avanti.

<Siamo già stati negli Inferi e credo sia bastato.> obbiettó Kiku <Chiunque siano i nostri nemici, non mi sono sembrati fino ad ora... senza creatività nei modi in cui ci hanno ostacolato.>
<E tu sei ancora convinto della tua strampalata idea, Arthur caro?> inquisì Francis.

Il britannico incrociò le braccia, ruotò gli occhi e ribatté: <Certo, anche se per voi sono solo pazzo! Sono esseri potenti e oltre ogni concezione umana, anche perché sanno che non siamo umani, palesemente. E chi ci conosce se non noi stessi da un'altra dimensione?! E in ogni caso, hai una idea migliore?>

<No, ma almeno non farnetico sciocchezze! Sono solo tue teorie!> rispose il francese mentre Ludwig avrebbe solo voluto avere la sua stessa convinzione.
Purtroppo non aveva il coraggio per spiegare la verità e le giuste parole. In ogni caso, sarebbe risultato omertoso. Inoltre, non era il momento. Stavano per imbarcarsi nell'ennesima avventura.

E quindi entrambi i gruppi entrarono in un grosso cunicolo nero come la pece, sperando che la struttura non collassasse su se stessa.

<Per forza a questo punto dobbiamo trovare Lovino e/o Feliciano, no?> domandò Giuseppe dopo quasi un minuto di silenzio.

<La speranza è quella, anche se mi sembra di essere alla mercé di qualche sadico.> fu la risposta lapidaria di Henrique.
<Proprio quello che ci serve ora!> lo schernì Antonio.
<Perché la pensi tanto diversamente, mh?>
<Almeno io non faccio il pessimista!>

<Noi siamo così quando discutiamo?> chiese Carlo, indicando Giovanna.
<Loro almeno non stanno provando a strangolarsi o infilzare l'altro su una lama o creargli due buchi in testa.> s'azzardó a rispondere Bruno, dopo lunghi secondi di silenzio.
In fretta riprese a suonare un delicato motivetto. Le sferette splendenti che illuminavano loro il sentiero ripresero in fretta tutta la loro energia che velocemente si era affievolita mentre aveva parlato.

<Non avete visto certi loro scontri.> corresse Gilbert.
<"Casualmente", soprattutto un po' di anni fa, non mi ricordo quanti, tipo una decina o quindicina, boh!, comunque...! Questo po' di tempo fa, erano pronti a fare una guerra in grande stile ogni volta che c'era una riunione dell'Unione Europea. Era un miracolo farli smettere. Minimo mezz'ora comoda veniva impegnata così. Ogni volta.>

<Mi chiedo proprio perché.> commentò Giovanna, lanciando un'occhiata giudicante ad Antonio.
Stranamente i due presi in causa avevano smesso di litigare e si stavano solo guardando in cagnesco.

Improvvisamente il tunnel s'amplió e una stanza a cupola, tutta in pietra come il tunnel, si stagliò di fronte a loro.
Entrarono cautamente. Nonostante le luci brillassero più forti che mai, e varie fiaccole accese appese alle pareti, il soffitto si intravedeva a malapena.
Dal lato opposto al loro, c'era un altro tunnel.

Ma la cosa più particolare fu la barriera traslucida, opaca, dai vaghi toni bianchi, che che troneggiava nell'ampia arena.
D'un tratto, le lucine create da Bruno si spensero e la sfera si rimpicciolì e affievolì.

<Che sta succedendo?!> strillò Sofia, agitata, appoggiando le mani sulla sfera. Chiuse gli occhi, ma li spalancò presto nell'orrore.
<Quasi non riesco a fare passare la mia magia...> sussurrò, spaventata, se non terrorizzata <Come...-?>

E fissò la lastra, che aveva preso a pulsare di un delicato bagliore proprio.
<Ha sentito la magia e la sta bloccando.> fu la sentenza di Giorgio, che si era messo a fissare in cagnesco la lastra (come se quello risolvesse qualcosa (però gli piaceva farlo)).

<E la sfera tra poco scomparirà> fu l'aggiunta di Sofia, che si stava torturando un labbro: doveva impedirlo. In un modo o nell'altro.
Arrivò, debole, distorta e a scatti, la voce di Angela, che assicurò: <Interrompi questa connessione. Ci ritroveremo.>

Sofia fece una smorfia, ma annuì e lasciò che la sfera morisse, emettendo un piccolo strillo, anche se era più simile ad un pezzo di vetro che si stava rompendo che altro.

<Quindi siamo isolati?> indagò Anna con un fil di voce, sperando che qualcuno negasse. Nessuno negò.

<Pensiamo a qualcosa di tangente. Questa... barriera.> cambiò discorso Kiku, cercando di evitare lo scompiglio generale <È una barriera magica che blocca altra magia, giusto?>

<Ha tutta l'aria di essere qualcosa del genere.> sospirò Sofia, che invece di una fiamma violetta sul palmo, riuscì a creare solo un po' di fumo violaceo.
<Però io riesco ancora a fare questo.> s'introdusse Ivan. Agitò il suo tubo di metallo e un piccolo spuntone di ghiaccio si creò a terra, prima di autodistruggersi dopo pochi istanti.

Sofia s'acciglió e ordinò: <Bruno, Giorgio, provate a creare qualcosa anche voi. Qualcosa di semplice.>
Il trentino fu il primo. Prese un profondo respiro e suonò. Dopo quasi un minuto in cui stava rielaborando un brano di  Beethoven, che per quanto piacevole non aveva nulla di magico, una luce scintillò di fronte a lui, intensa, per qualche secondo, per poi svanire.

<Mi sembra di essere tornato agli inizi, quando per la magia non ero abbastanza per essere presa e modellata da lei.> concluse l'ex-austriaco.
<Stiamo, anzi, state trattando la magia come qualcosa di senziente?> indagò Rosa.
<La magia è senziente.> replicò Giorgio. Poi fece comparire il mazzo di carte al suo fianco (e già ciò procurò un sopracciglio arcuato sull'emiliana), estrasse una carta come suo solito, a mazzo chiuso, con la magia (altro sopracciglio arcuato) e... evocò una bottiglia di vino.

L'aprì e ne bevve un lungo sorso. Richiuse la bottiglia e storse il naso.
<Non è buono come prima, sulla montagna. Questa stronza me l'ha rovinato!> e il veneto si girò verso la barriera, agitando la bottiglia.

<Ti sembra questa la priorità?!> si esasperó Sofia.
L'ex repubblica marinara ruotò gli occhi e borbottò qualcosa che aveva tutta l'aria di essere una lamentela tipo «Il vino è quasi sempre una mia priorità!».

<Perché la tua magia non è così tanto... depotenziata come la loro?> domandò Aleksander, appoggiando una mano sull'incavo del gomito del veneto, che si stemperò in fretta.
Rifletté lunghi secondi e infine rispose, sincero: <Non lo so, per certo.>

Prima che una frecciatina pungente (da parte di Francesca) si legasse, Giorgio aggiunse: <Forse c'entra che io uso una magia diversa? Infondo non uso le mie mani. Uso le carte. Ma anche Bruno usa un'altra cosa, cioè il flauto... E anche Russia, cioè, ha un tubo... Però comunque il flauto e il tubo sono sempre utilizzabili come un flauto e un tubo qualsiasi, no? Le mie carte le ha attivate pure quel cretino di Mario!>
E guardó male il laziale.

<Quindi... il sunto? È che tu hai una magia meno collegata a te in quanto te? Che la tua magia, se dobbiamo vederla come senziente, è più indipendente da te che dagli altri e quindi resiste alla barriera?> riassunse João, incerto.
<A me sembra proprio di sì.> convenne Carlo <Anche perché ho appena provato ad evocare la mia spada e non ci sono riuscito. Ed evocare un'arma lo so fare come respirare, ma è una cosa molto intima.>

<Non possiamo evocare le nostre armi?!> s'impanicó Gilbert e, con suo orrore, i suoi primi due tentativi di recuperare la sua arma furono un insuccesso totale.

<Ce l'ho fatta.> invece si rallegrò (e rassicurò) Kiku, tenendo la katana al sicuro nella custodia al suo fianco <Però sono quasi sfociata in un'emicrania autoimposta.>

<Oh, allora il cervello che qualcuno qua dentro si ritrova, non riuscirà ad evocare niente. Quando puoi avere l'emicrania se hai neanche un neurone?> commentò Rosa, che però dal suo canto era riuscita ad evocare solo una delle due falci.

<Cosa sarà quella... cosa lassù?> chiese Ludwig, interrompendo il nascente bisticcio, ed indicando un punto accanto alla barriera, contro il muro, dove la luce quasi non arrivava più.



N/A: cosa mai avrà visto Ludwig?
Una via d'uscita?
Il responsabile della barriera?
L'intelligenza di Antonio e Gilbert?
Chi può saperlo!?

Dovrete aspettare fino alla prossima settimana! Ciao ciao~!

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