Capitolo 86. Un Inferno in terra
N/A: come avevo previsto, le storie stanno uscendo con il ritardo di qualche ora, ma finché non diventano giorni va tutto bene!
Rita si stupí di non essere attaccata seduta stante: doveva esserci sotto qualcosa.
Se, come sperava, Roberto stava proteggendo i Savoia, non avrebbe aspettato fino all'ultimo per proteggerli.
Sarebbe stato sull'offensiva.
<Dove andiamo? È bello grande questo posto!> commentò Alfred, adocchiando lo sfarzo del palazzo.
<Con ogni probabilità sarà nella sala del trono. Seguitemi.> ordinò la sarda, che salì per la sontuosa scalinata.
<E se non fosse lì?> chiese Maurizio. Non poteva essere così ovvio, no?
<Non voglio pensarci.> tagliò corto l'interpellata, algida.
<Ti ci vuole poco per diventare scontrosa.> pungoló Yao.
Rita si fermò sui gradini, come se fosse diventata una statua. Si girò di scatto e fissò con una furia covata in decenni e decenni di soprusi e abusi il cinese.
Una furia mal celata, mal contenuta, ma chiaramente distruttrice.
<Tu non hai idea di cosa mi hanno fatto, di cosa gli hanno fatto.> sibilò l'isolana <Se lo avessi vissuto, ti assicuro che avresti avuto il mio stesso desiderio: darla alle fiamme, disintegrarla prima ancora di aver messo piede dentro. Non posso solo perché c'è dentro mio fratello, a cui voglio un mondo di bene, e perché sono potente ma non così potente da distruggere un'intera reggia con uno schiocco di dita.>
Yao alzò le mani in segno di resa, ma prima che la sua lingua tagliente potesse fare ulteriori danni, Arthur si intromise: <Beh, forse neanche Merlino stesso sarebbe riuscito a creare un tale effetto con un singolo incantesimo.>
Michele spalancò gli occhi, le sopracciglia che tra un po' si perdevano nell'attaccatura dei capelli, e domandó: <Merlino è esistito davvero?>
Rita riprese la salita delle scale, ascoltando con un solo orecchio il discorso articolato del britannico.
Quando ormai aveva finito la scalinata, si trattenne dal sfrecciare per i corridoi, perché non c'era lì Rosa che avrebbe potuto guidarli se lei fosse sfrecciata via.
E fu allora che la porta venne spalancata e dei passi rimbombarono per la sala d'ingresso.
Qualcuno imprecò e Rita impose: <Salite le scale, così le distruggiamo e loro non salgono!>
Carmela sorrise in modo quasi maniacale, assicurando; <Lascia fare a me, ma ho bisogno di qualche attimo!>
Evocò delle bombette che scagliò verso i gradini più bassi, uccidendo i primi soldati e rallentando quelli dietro. Però non bastava.
Matthew aiutò a rallentare il flusso di soldati trafiggendo i loro petti con le sue frecce, mentre Alfred dovette annunciarsi in pompa magna prima di sparare pallottole nelle fronti dei soldati.
Carmela, intanto, creò un voluminoso agglomerato di tritolo e altre sostante e, trionfante, esclamò: <Arretrate!>
L'accese con un fiammifero e lanciò una delle sue creazioni preferite.
Precisa come un orologio svizzero, la bomba esplose appena sfiorò le scale, prima che potesse rimbalzare.
Un boato sconquassò tutti e due i piani, mentre la scalinata si riempì di fumo e qualcuno rischiò di cadere a terra.
Quando il fumo si diradò, della scala non esisteva quasi più niente. Marmo e calcinacci erano mescolati con corpi smaciullati.
I pochi sopravvissuti, di cui svariati comunque feriti, erano interdetti sul da farsi.
<Andiamo, prima che ne spuntino altri. Non mi stupirei se sbucassero dai quadri.> ordinò Rita, avanzando sicura per un corridoio.
<Che sei diventata? Il nostro generale non eletto?> la pungoló Francis.
<Tu invece vuoi essere un morto che cammina? Se sì, a sto punto, corri verso Roberto: sarà entusiasta di poterti fare a fette.> rispose a tono Angela.
<Siamo quasi arrivati?> chiese invece Maurizio, perché non voleva decisamente avere a che fare con un litigio.
Rita si fermò davanti una porta, asserì: <Vediamo> e la spalancò.
La sala era sontuosa, degna di una casata reale, e al lato opposto rispetto all'ingresso una pedana rialzata ospitava tre troni, di cui quello al centro più vistoso, grande e sontuoso.
Successivamente, per bellezza e dettagli, seguivano quello a destra e quello a sinistra.
Delle ombre umane, senza facce, sedevano e muovevano testa e braccia, senza però parlare.
Una figura era inginocchiata sotto la pedana, la testa bassa.
<Savo!> lo richiamò Rita, avvicinandosi di qualche passo.
Parò più per istinto che altro il fendente magico di Roberto.
Il piemontese si era girato di scatto, la lama ancora vagamente luccicante di magia. Indossava una veste da generale dell'esercito sabaudo, sui toni blu e rifiniture rosse e oro.
Nonostante la distanza, la sarda notò come lo sguardo altrui fosse spiritato. La faccia era una maschera di pietra, senza emozioni.
Tuttavia Rita non riuscì a non essere sollevata: il trauma più intimo e contorto che i Savoia gli avevano lasciato era ancora al sicuro.
Roberto fece un fischio lungo e parò qualche colpo con la sua spada, sempre incantata.
Dal nulla, comparirono a iosa soldati su soldati, fucili e spade alla mano.
Angela non perse tempo, avvolgendo la prima fila di soldati in viticci che si avvolsero in spire sempre più strette attorno ai nemici, finché non svanirono in una nuvoletta di cenere.
Ma come se non fosse successo niente, la seconda fila divenne la prima. I numeri non sembravano diminuiti, nonostante tutti iniziarono a combattere.
Era una carneficina ma non lasciava traccia, perché per ogni fila tolta, un'altra si ergeva.
<Non possiamo andare avanti così. Devo far ragionare Roberto.> decretò Rita, notando come il fratello fosse accanto alle ombre e sembrava starle ascoltando.
<Buona fortuna a passare!> notò Domenico, parando il colpo di un soldato con la sua pelle diventata di pietra.
Rita digrignò i denti. In un modo o nell'altro, ce l'avrebbe fatta.
•~-~•
Sofia si torturò le mani. Nonostante ciò, aiutava la sorella, Francesca e Ivan (che proprio non aveva intenzione di allontanarsi da loro tre) con i mostri di neve.
<Ho paura che l'unico modo è che io li mandi quasi tutti in fiamme... Anche se poi sicuramente sarò incosciente per chissà quanto.> decretò l'emiliana.
<Puoi sempre riprendere un altro po' di energia da me> assicurò Ivan.
<Ma se sono svenuta, non posso prendertela, dovresti darmela tu ma non sei capace.> ribatté l'occhialuta.
<Un modo troveremo.> tagliò corto Francesca <Se ti senti di farlo.>
Sofia chiuse gli occhi e incanalò tutta l'energia possibile. Nel mentre avvisò: <Dite agli altri di indietreggiare, non posso direzionare così bene il fuoco da evitarli se devo sciogliere questo mini esercito.>
Francesca si mise le mani a coppa davanti alla bocca, prese un bel respiro e urlò: <Ritirata, se non volete morire!>
Per fortuna tutti intuirono cosa stava per succedere, giudicando le fiammelle che lambivano le braccia di Sofia come "pericolose".
Casualmente appena anche Antonio, l'ultimo a reagire, indietreggiò abbastanza, Sofia scatenò quell'Inferno di fiamme che avevano evitato mentre cercavano Francesca.
N/A: spero vi sia piaciuto il capitolo!
Finalmente arriva Roby e forse l'altro gruppo ha una soluzione per l'esercito di neve!
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