Capitolo 41. Niente cheats mentre si gioca alle caselle musicali
N/A: ho fatto un disegnino tipo questo giovedì o venerdì quindi ve lo beccate.
Tutto questo solo per dire che sono stressata perché devo appunto fare il test il 20, devo farlo BENE, e devo pregare qualsiasi divinità esistente che le tempistiche siano dalla mia parte altrimenti avrò un crollo nervoso :3.
Tutto questo per dire che:
a- se trovate nei capitoli di questi giorni livelli troppo alti di scemenza (tipo 30 volte peggio del titolo) o di stronzaggine è lo stress che espleto così
b- dato che inizierò l'Università, Dei permettendo, soprattutto nel primo periodo farò molto avanti e indietro... E per arrivare alla mia università c'è oltre un'ora di viaggio in treno. Senza contare il tempo in auto per andare alla stazione o a piedi dalla stazione all'Università. Quindi se ci sarà un calo temporaneo nella qualità in capitoli successivi mi scuso già ora.
Detto questo, buona lettura!
Arhur era stato ucciso molte volte nella sua lunga vita da nazione. Da quando era un nanerottolo come colonia romana, a quando era un giovane con il mondo nelle proprie mani nell'epoca vittoriana, per arrivare all'adulto inacidito quale era.
E varie volte era morto in maniera imbarazzante, ma sarebbero rimaste scene custodite nella sua testa.
Ma mai, mai avrebbe pensato di avere una terribile paura di morire definitivamente. Non gli era capitato in quel modo prima d'ora.
Nè durante la Guerra dei cent'anni, né quando combatté contro la rana a Waterloo e gliele suonò, sconfiggendo definitivamente Napoleone, né durante la Seconda Guerra Mondiale mentre il suo aereo della RAF veniva fatto esplodere da un aereo qualsiasi della Luftwaffe.
Invece, mentre stava cadendo contro morte certa, ancora stordito dall'attacco subito, percepì la paura invaderlo in un battito d'ali. Il cuore pompava con frenesia nelle sue orecchie mentre gli passavano quelle scene e altre davanti agli occhi.
Sarebbe davvero morto così?
Inghilterra, una volta la nazione più potente al mondo, che ha plasmato così tanti posti, morirà così? Infilzata come un formaggio su uno stuzzicadenti?
Stava urlando come un forsennato, ma si bloccò quando l'aria gli venne strappata dai polmoni. Ma non perche venne infilzato dagli spuntoni.
Era bloccato in aria, a neanche mezzo metro dalla lancia più lunga e acuminata. Tornò a respirare mentre il cuore discese di nuovo nel petto.
Venne riportato in alto mentre la voce di Angela commentava: <Per fortuna di entrambi io non sono stata beccata.>
<I'm gobsmacked, I thought I was going to die down there! I'm jammy to have you around, mate*.> balbettò Arthur, senza accorgersi di aver usato la lingua natale con una certa dose di slang.
<Non c'è bisogno di farneticare in inglese per ringraziarmi. E spero fosse un complimento, hai parlato in modo strano.> commentò l'umbra, teletrasportando entrambi dagli altri.
Francis in fretta si chinò accanto ad Arthur, che era comparso seduto a terra, ancora un pochino scosso.
<Mon Angleterre**, mi vuoi finalmente sposare?> domandò, affondando un dito nella sua guancia ripetutamente.
Il britannico girò la testa di scatto, le pupille piccoline, e gridò (non più in inglese): <Ma te lo scordi, razza di rana idiota! Ti sembra il momento, poi?!>
Francis si rialzò sorridente e commentò: <Sei a posto, meno male.> e gli porse una mano per aiutarlo.
Arthur la prese con una faccia scontenta e si allontanò subito, guardando quel pavimento letale che gli piaceva molto di meno di prima.
<Niente magia per cheattare, che peccato!> sbuffò Alfred.
<Però ci deve essere un modo per arrivare di là.> suppose Rita.
Prese dei sassolini da terra e li moltiplicò nella mano. Si avvicinò al bordo con le mattonelle mortali e lanciò qualche sassolino su ogni piattaforma.
Ognuna emise un suono, uno per ogni nota di una scala in chiave di Sol, e una dopo l'altra svanirono, lasciando rivelare sotto la trappola. Tutte eccetto una. Quella del 'Mi', se si poteva chiamarla così.
<Si può passare, ma c'è una melodia da seguire.> notò Yao <Che noi non sappiamo, vero?>
<Anche se la sapessimo, non potremmo dedurla con una sola nota.> obiettò Maurizio.
<Se può consolare, dall'innumerevole quantità di canzoni esistenti nel mondo, possiamo togliere l'inno di Mameli. Inizia con una nota più bassa di un Mi.> ricordò Angela.
<Un Mi?> domandò Alfred.
<Non hai mai sentito la scala musicale?> chiese scioccato Domenico.
<L'ha sentita, è che gli anglofoni hanno una lingua musicale tutta loro.> spiegò Francis.
<Ma ci sono tante parole straniere per parlare di musica. E sono certo non siano americane!> si difese Alfred.
<Sì, a parte le note.> ribadì il francese.
<Il Mi è E.> tradusse Matthew.
<Grazie Matt.> stranamente ringraziò lo statunitense.
Rita avanzò sulla piattaforma Mi e quella non cadde. Batté la fine del bastone sulla mattonella avanti e quella rimase su. Avanzò e toccó una mattonella vicina sempre con il bastone. Sparì. Batté la mattonella avanti, sparì. I pochi sassi rimasti nelle sue mani si moltiplicarono di nuovo e ancora una volta li lanciò. Rimase solo la mattonella del Sol, un po' più in là. Usufruendo della magia, avanzò fino a quella mattonella.
<Dobbiamo continuare così fino in fondo?! Ci metteremo anni!> si lamentò Alfred <E non c'è niente di eroico nel farlo così!>
<Io non rischio di nuovo di morire!> ribatté Arthur.
<Forse più avanti possiamo chiedere aiuto anche agli altri, forse qualcuno riconosce la melodia.> propose Maurizio.
<A sentire le urla che seguono Angela in quella sfera direi che ora sono impegnati.> notò Domenico, preoccupato.
•~-~•
Giuseppe rise sguaiatamente alle parole altrui ed affermò: <'Fraté'?! Ma neanche ti conosco!>
<Tu sai chi sono, ma non è neanche questo il punto!> ribatté Mario <Tu non sei la mafia, tu sei Campania.>
<Sono intercambiabili.> si difese il campano.
Il laziale allora incalzò: <Non lo sono! Tu sei anche 'o sole, o mare, o core'! Sei la pizza originale al 1000%, sei lo sfegatato per Maradona nonostante gli anni passati, sei un ladruncolo di radio anni '80 che ancora rivoglio, sei l'hater numero 1 del secolare colonizzatore tuo e dei tuoi fratelli, sei un jukebox ambulante perché sai qualsiasi canzone esistente e sei tanto altro!>
Giuseppe ora lo stava fissando con gli occhi spalancati, eppure più che spaventato sembrava comprensivo.
<Tu sei così, sei passionale ed energetico e anche se fai il coglione so che hai un buon cuore perché ai tuoi cari ci tieni!> continuò Mario.
Fece qualche passo avanti e nessuno, stranamente, gli sparò. Il posseduto gliel'aveva impedito, fissando l'oratore con attenzione.
Tutti erano in ansia, un passo falso e sarebbero stati uccisi.
<Tu non sei la mafia. È qualcosa che hai? Sì! Ma non ti definisce per intero, tu prima di tutto sei Giuseppe Vargas. Non sei neanche per il cazzo un boss della camorra. Siamo tutti pieni di malavita e sbagli, ma non per questo siamo persone cattive in assoluto. Decidiamo ogni giorno di non esserlo; tu hai sempre scelto bene, perché iniziare ora a sbagliare?> domandò infine il laziale, fissandolo speranzoso.
Aveva fatto del suo meglio con le parole, ma non sapeva quanto era stato efficace. Nel caso avesse sbagliato, sarebbe stato il primo ad essere ucciso. Almeno non avrebbe visto il bagno di sangue.
Giuseppe lasciò cadere l'arma a terra e si afferrò la testa tra le mani, urlando con quanto fiato avesse nei polmoni, accaponando la pelle a tutti quelli presenti.
<No, no, no!> strillò il meridionale, mentre gli scagnozzi si guardavano confusi e indecisi.
La regione allontanò di scatto le mani dai capelli, afferrando di nuovo l'arma e sparò in una frenetica sequenza, girando su se stesso a una velocità sovraumana.
In un battito di ciglia, tutti gli scagnozzi erano a terra, morti, zampillanti sangue dai buchi sul petto, precisamente in mezzo al cuore.
Ludwig realizzò che, se i proiettili fossero stati diretti a loro, non sarebbero sopravvissuti.
<Chi ha combattuto non è morto invano!> gridò ancora una volta. Ma la follia omicida lasciò in fretta lo spazio ad un pianto silenzioso.
Strinse con forza l'arma finché le nocche non divennero quasi bianche. Singhiozzò: <Mi dispiace non avervi protetto.>
L'arma sfuggì dalle sue mani e cadde a terra e lui con essa, svenendo sull'asfalto. Dalla sua schiena proruppe quella creatura oleosa, con una faccia deformata e tante braccia che si muovevano, come se fosse un avido polpo desideroso di afferrare tutto.
Ivan creò tante stalattiti di ghiaccio che infilzarono nel corpo amorfo la creatura. Essa emise un rantolo rauco e scomparve.
Il silenzio li coprì per un istante, con Sofia che cercava di radunare tutta la sua forza magica mentre Henrique cercava di non cadere nel panico per la ferita nella gamba.
<Cosa è successo di là?!> interruppe il silenzio la voce sconvolta di Franco.
N/A: I'm gobsmacked, I thought I was going to die down there! I'm jammy to have you around, mate*.= Sono scioccato, ho pensato sarei morto laggiù! Sono fortunato ad averti attorno, amico.
Mon Angleterre**= mio Inghilterra
E niente... Giuseppe si è fatto autogiustizia, anche se quella musata per terra di sicuro non è stata piacevole.
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