Capitolo 4. Non più sola
N/A: buon nuovo anno gentaglia!
Speriamo sia meglio di 'sti ultimi due.
Spero abbiate passato un buon Capodanno e vi siate ripresi, io mi sto ancora ricaricando dopo una festa durata fino alle 4 e aver pranzato pesante (giustamente).
E io vi rompo le scatole con un nuovo capitolo della mia fanfiction, come simbolo che vi disturberò tutto l'anno!
Tanto auguri ancora alla personcina che oggi compie gli anni (te lo dedico ma non ti taggo caso mai non volessi) e vi lascio alla lettura!
<No, ci deve essere un modo per aiutarla.> ribatté debolmente Franco, inudito dalle nazioni che tornarono alla carica.
Henrique e Antonio tentarono di attaccarla con le loro vecchie e care armi bianche, l'uno con la mazza gotica, l'altro con l'alabarda.
Rita mosse la punta del bastone, formando un triangolo dorato nell'aria, che esplose un attimo prima i due fratelli attaccassero.
Caddero a terra e le loro armi schizzarono vari metri più in là, fra i piedi dei mamuthones.
Imprecarono e schivarono il successivo attacco della nemica, scattata come una saetta.
Richiamarono le proprie armi a sé e tentarono di allontanarsi, ma senza successo.
La sarda mosse il bastone verso la terra sotto i loro piedi e i due iberici si ritrovarono con i piedi immobilizzati in quelle che erano diventate delle sabbie mobili.
<Hostia.> imprecò lo spagnolo, stringendo la propria alabarda, pronto a combattere nonostante l'immobilità.
[N/A: hostia: fottiti.]
In loro soccorso arrivarono Francis e Gilbert, spade alla mano, frapponendosi fra loro e la regione, tentando un affondo.
Rita lanciò qualche insulto sotto voce ed arretrò appena in tempo, supportata dalla magia.
Non era stanca, era solo infastidita dal non essere ancora riuscita ad eliminare quegli stranieri che nonostante tutto avevano un'aria familiare, almeno alcuni di loro.
Un doloroso mal di testa le comparve per un secondo, digrignò i denti e batté il bastone a terra in difesa.
Amplificò la propria aura e sbalzò indietro gli avversari.
<Che cazzo-! I proiettili su di lei non funzionano!> si lamentò Alfred, traforando il petto di un mamuthones con due pallottole.
<Almeno questi esseri si uccidono più o meno facilmente.> commentò Ivan, abbattendo il suo tubo su uno scagnozzo.
<Non capisco- La magia deve averla fatta impazzire! Ma ci deve essere un modo per recuperarla, ne sono certo!> ragionò ad alta voce Franco, velocemente.
<Bambino, sta' attento a non farti ammazzare da questi esseri o per colpa nostra!> lo avvisò Yao, saltando ed assestando un calcio dritto nel petto di un nemico.
"Devo provare a parlarle! So che sotto questa qua c'è Rita, quella che conosco! Ne sono certo." pensò il molisano.
Strinse con forza il pugnale nella mano e si scostò leggermente dal cinese, sperando i mamuthones non lo vedessero.
Con sua sorpresa serpeggiò fra i vari nemici senza che questi lo degnassero di uno sguardo, anche quando era palesemente nel loro campo visivo.
Non era conscio di essere diventato invisibile, ma ciò era a suo vantaggio.
Arrivò vicino a Rita, schivando una nuvola tossica fendendola con il coltello, intrinseco della propria magia non totalmente in controllo.
Ludwig strappò con fatica i viticci pungenti che si erano avvinghiati ai suoi arti, immobilizzandolo, sparando in maniera difensiva.
<Se continuate, vi ucciderò! Non potete invadere Ichnusa e vivere impuniti!> minacciò la sarda.
<Rita, so che non sei così!> strillò il molisano, ricomparendo davanti la sorella, aprendo le braccia, come a fare da scudo.
Anche se, fra statura, costituzione e atteggiamento, sembrava più una vittima sacrificale.
<Che fai?!> si spaventò Matthew, provando ad avvicinarsi, lasciato indietro dalle altre nazioni.
<Rita, so che mi stai ascoltando! Per favore! Non mi riconosci? Sono Franco, il tuo sienda! Tu mi vuoi bene, anzi, vuoi bene a tantissima gente, anche a chi ti ha ferito! Tu perdoni, Rita! Non sei... così. Tu sei tanto meglio di questa pazzoide che attacca senza sapere!> asserì Franco.
<Vuole morire?! È scemo come la sua nazione- Anzi, nazioni.> borbottò Arthur, pronto a intervenire se necessario.
Ma Rita non scagliò nessun attacco, fissandolo, interdetta, bloccata.
Il mal di testa tornò con vigore; anche solo vederlo le faceva male. E poi, quelle parole...
Le cadde il bastone di mano e si sorresse la testa, spaccata in due.
<Rita, combatti! Non so cosa sia successo, ma so per certo che qualcuno ti sta comandando! Sconfiggilo, vinci tu, Rita! Sei più forte di lui!> la incitò il molisano, tentando un passo verso di lei.
<N-no-! Voi-no!, siete stra-AH!> strillò infine, interrompendo il proprio farfugliare.
Desiderava solo spaccarsi la testa, frammentarla, distruggerla, fino a non sentire niente.
Cos'era? Cosa faceva? Dov'era?
Quel nome di donna, quel nome straniero, perché le suonava così familiare?
E la voce di quel piccolo straniero, con il suo viso e i suoi odori, perchè era così familiare?
Perché sapeva di chiamarsi Vargas?
No, lei era l'eremita Alena, l'isolata Ichnusa!
E allora perché suonava così falso?
Le nazioni rimasero ferme, indecise e stupite, perché anche gli esseri da lei creati si erano immobilizzati qualche istante, per infine attaccarsi l'un l'altro.
<Rita, schiaccialo! Sei ben più forte di quello stronzo! Non sei sola, hai me, Roberto, Giovanna, Rosa, Francesca, Giuseppe, Feli e Lovi... e tutti gli altri! Ti vogliamo bene, Rita, e ci siamo per te. Io ci sono!> proseguì Franco a voce alta per sovrastare il farneticare della sorella.
Chi erano quei nomi?
Perché li riconosceva?
Perché dei volti le passavano davanti gli occhi?
E anche un altro, un volto maschile, dai capelli quasi fino alle spalle, uno sguardo innamorato, la pelle abbronzata e un accento a lei caro.
Chi era? Perché le affollava la mente?!
<Via, via! Uscite dalla mia testa!> Rita gridò in italiano.
<Ti vogliamo bene! Noi e... e il tuo fidanzato!> aggiunse infine il molisano, nascondendo il fastidio nell'accennarlo.
Anche lui stava parlando in italiano e per questo alle orecchie di molti altri era indecifrabile capire la situazione.
<Aspettiamo, vediamo come va.> impartì Ludwig, schivando un mamuthones ucciso e buttato a terra da un suo simile.
<Hai una famiglia che ti vuole bene e uno che ti ama con tutto se stesso. Non sei sola e tu non sei così. Sei protettiva, ma assolutamente non aggressiva verso chi non conosci!> proseguì Franco, avvicinandosi di un passetto.
Se avesse allungato una mano abbastanza avrebbe potuto sfiorarla.
Il suo corpo voleva ergersi e schiacciare quel nano che la infastidiva, ma la sua anima non era d'accordo, la costrinse in ginocchio, stringendo con forza i capelli, le tempie che esplodevano.
No, non voleva ferirlo.
Perché? Cosa la fermava?
Un nome era offuscato, farfugliato, era conscia di saperlo ma in quel momento le parole erano soppiantate dal dolore del mal di testa.
L'anima di Rita riuscì a sganciarsi dal controllo dell'appendice oleosa che la teneva in controllo.
<Via!> strillò la sarda nella realtà, questa volta in avvertimento e non minaccia.
Un botto proruppe dalla regione, che cadde all'indietro, a terra, inerte, mentre una sostanza scura, venata di tinte spente di blu, verde e viola comparve, come uscente dal petto di lei.
Franco arretrò di un passo e cadde all'indietro, sbalzato bruscamente dall'intensità di quell'insolita esplosione.
La creatura ignorò il molisano per girarsi verso Rita, incosciente, immobile, vulnerabile.
<No!> strillò il piccolo.
In quel momento le nazioni si svegliarono e il più vicino per caso, Alfred, intervenne. Sparò alcuni colpi a quel mostro.
Le pallottole lo traforarono.
Tremolò qualche istante e svanì come fumo.
Arthur notò come non lasciò traccia di sé, grazie la propria vista magica.
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