Capitolo 31. Memorie acquisite ingiustamente

N/A: un titolo 100% serio?! In questa storia?! Quando negli ultimi venti capitoli ce ne saranno stati tipo 5 seri o quasi?!
Evento nazionale.

Essere accerchiati da soldati romani addestrati, con in aggiunta una regione pazza e incarnante lo spirito del temuto Impero Romano non era la situazione più rosea in cui capitare.

Antonio evocò la sua alabarda e scattò verso gli umani; sarà stato idiota ma non scemo e non aveva una sindrome dell'eroe che lo portava ad affrontare la regione ammattita.

Peccato che neppure i soldati erano una passeggiata! Si muovevano come uno sciame ammaestrato, come un sol uomo dalla difesa impenetrabile e dalla lama letale.

<Anche se non ho l'arma più lunga, vinco io!> strillò Gilbert, caricando di peso le truppe avversarie.
Queste furono un attimo sbigottite dal suo modo di agire ma si misero in guardia, le lance pronte ad infilzarlo.

Il prussiano spiccò un salto, sfruttando un'asta come leva e destabilizzando il soldato che la teneva, creando una breccia che l'ex nazione sfruttò all'istante.

Si buttò in mezzo i nemici e brandì la spada a destra e manca, lacerando carni e recidendo arti o loro pezzi.
Antonio lo aiutò, grazie al parapiglia creatosi, e iniziò a falciare vittime, le quali sparivano in uno sbuffo di oro o porpora.

Anche Kiku spostò la sua attenzione dalla regione alle legioni, scegliendone un'altra laterale insieme ad Ivan.
Fu molto semplice sbaragliarli. Il russo menò l'aria con il suo tubo, creando una lama ricurva di ghiaccio che si abbatté sugli umani (o la loro ricreazione, quel che fosse).

La breccia era troppo grande per rimarginarla in fretta e i due riuscirono a penetrare, ammazzando senza pensarci su troppo.
Anzi, Ivan sembrava pieno di disappunto dato che non poteva prendere le loro spoglie che più gli piacevano.

<Mario, porca puttana! Sempre a fare danni!> lo rimproverò Francesca, agitando nell'aria la frusta, percorsa da corrente elettrica, come segnale per il fratello.

<Etruria, non dobbiamo combattere, non noi due! Siamo amici da così tanto tempo e sì, abbiamo litigato, ma non così!> ribatté il laziale.

<Non sono più Etruria da secoli!> gridò la toscana, la voce che si distorse in un verso quasi animalesco e dolorante.

Si fiondò sull'altro ignorando l'avvertimento di Sofia.
Mario la schivò e parò il secondo colpo con il suo scudo simil ovale, attaccandola con un'espressione corrucciata.

Francesca arretrò in fretta, rotolando all'indietro, il sibilo dell'arma sopra la propria testa.
<Però se provi a ferirmi, non posso che difendermi.> sospirò il fratello.

Parò con il suo scudo, resistente oltre ogni fisica, i proiettili del tedesco, caricandolo.

Ludwig fu costretto a schivare ed arretrare; con la sua arma era più un combattente ad ampio raggio e, nonostante nel corpo a corpo fosse bravo, contro un nemico munito di spada non era la scelta più furba.

Sofia bloccò Mario al pavimento con un'incantesimo e lui cadde di faccia in avanti, evitando una caduta rovinosa buttando in avanti le mani.

Non perse tempo, alzando lo sguardo spiritato sui tre nemici. Afferrò di nuovo il gladio e lo conficcò nel pavimento, frantumandolo in quel punto, e recitò: <Roma invicta!>

La spada si illuminò d'argento, il quale si plasmò e scurì, dando alla luce la sua fidata lupa, grossa e minacciosa.
<Attaccala e poi prendi anche l'altro, ma lascia in pace Etruria!> impose lui.

L'animale non perse tempo ed assaltò Sofia che, dallo spavento, giusto in tempo si difese, ma fu costretta a disattivare l'incantesimo su Mario.

Questi si rialzò e riprese ad attaccare Ludwig, il quale continuava ad arretrare e sfruttava la reticenza dell'altro ad attaccare Francesca.

Ella era praticamente suicida; frapponendosi fra il biondo e il fratello, usando la frusta elettrica come scudo.

<Affrontami al massimo della tua potenza!> lo isitigava di tanto in tanto Francesca <Dov'è quell'uomo di onore che affrontava tutti alla stessa maniera perché meritavano una vera battaglia?>

<Etruria, tu non sei mia nemica! Non so cosa ti abbiano fatto, ma puoi sempre tornare da me!> rispose ad un tratto Mario <Possiamo passeggiare nel mio giardino e discutere di Virgilio e Seneca e Aristotele!>

A quello la toscana per un attimo si bloccò, irrigidita, per poi urlare con tal forza animalesca che tutti la sentirono: <Come cazzo l'hai scoperto?!>

<Sono miei ricordi!> replicò Mario <Di me e te!>
<No!> si sgolò Francesca <Sono memorie di me e Romulus, non te! Tu non sei Romulus e mai lo sarai! Perché hai la sue memorie?!>

Il dolore era chiaro nel grido e nei suoi occhi lucidi, i movimenti dettati da una rabbia cieca.
<Non è la tua vita! Non puoi averla! È mia, mia e sua, non tua!> continuò, il fiato pesante.

Ludwig ormai era inutile e aveva deciso di aiutare Sofia, finalmente facendo svanire la lupa, strappando a Mario un grido di dolore ma caricandolo di una botta di rabbia.

<Tu non sei Romulus!> gridò per l'ennesima volta Francesca, avvolgendo Mario e facendolo capitombolare a terra.

Gli salì addosso, bloccandolo, e lo fissò furiosa. Aggiunse, ma la voce era diventata spezzata: <Tu non sei lui. Non lo sei mai stato. Sei Mario. Mario Vargas.>

Come passasse dall'isterico al singhiozzante era una cosa assurda per Ludwig e, a giudicare dalla faccia di Sofia, anche per l'italiana era una situazione interessante.

Il laziale osservò la ragazza ramata che lo sovrastava, per un istante perso nei suoi pensieri.
Poi scosse leggermente la testa, sussurrando: <Etruria, cosa ti hanno fatto?>

Francesca stava per urlare di nuovo, che qualcuno da dietro la prese per le spalle e la scaraventò a terra. La vista si riempì di pallini neri per qualche istante, per poi sentire di essere manovrata contro la sua volontà e con qualcosa di freddo premuto contro.

Aprì gli occhi, spalancandoli al trovare Mario così vicino e con il coltello dalla parte del manico.
La sorreggeva per il busto e le teneva premuto contro il collo il suo gladio.

La toscana si guardò intorno, notando che gli altri erano ancora occupati.
Provò a dimenarsi ma dei soldati romani, sfuggiti alle grinfie delle altre nazioni, le avevano legato mani e piedi.

<Cazzo, Francesca!> urlò preoccupata Sofia, tentando di avvicinarsi. Si arrestò quando Mario fece sfiorare la lama tagliente al collo in tensione e pulsante di vita della toscana, la quale respirava affannata.

Tutto le sembrava surreale. Come poteva Mario sapere di quei ricordi di lei e Romulus, intimi e conservati gelosamente nel suo cuore?
Conosceva tutto quello avvenuto tra lei e Romulus? Aveva letteralmente profanato e svalutato le memorie di lei e quella nazione tanto odiata ma amata?

Aveva visto come lo sguardo che gli rivolgeva fosse così simile a quello rivolto all'Impero Romano tante volte, prima di buttarsi fra le sue braccia o, peggio, agganciare il primo umano per farlo palesemente infastidire, fallendo fino all'ultimo secolo di vita di lui?

Non era giusto.
Nessuno doveva aver diritto di sapere dei ricordi altrui, senza il consenso del proprietario. Era impazzita, peggio del solito, perché era stata una rivelazione, una ferita, troppo profonda e vicina al suo groviglio confuso di sentimenti.

<Fermi. O la ammazzo.> minacciò Mario.
<Non lo faresti. Ci tieni a lei.> notò Ludwig, avanzando, sparando a destra e a manca ai soldati che si avvicinavano.

Per fortuna Gilbert arrivò per aiutarli e, notando la situazione, fissò il fratello come a dire «Non mandare a puttane la situazione.» e prese a fare il lavoro sporco.

I romani si stavano piano piano assottigliando, perché all'inizio erano arrivate altre truppe a rimpinguare le linee perse. Però i rinforzi erano finiti e c'era solo da eliminare i resilienti rimasti.

Mario rimase muto qualche secondo, per poi decretare: <Se sono costretto, lo farò. Romulus Augusto Iulia non si fa fermare da un amore; vince e poi prende ciò rimasto.>

<Matteo Clemente!> urlò una voce estranea alla guerra.
<Angela-> sussurrò il laziale, come in trance, girandosi verso la sfera fluttante, che si era avvicinata.

<Sento che la sfiga sta per arrivare da noi, quindi sarò coincisa.> decretò l'umbra, lo sguardo tagliente anche tramite il globo <Tu sei stato Matteo Clemente e poi Mario Vargas. Romulus è morto con la tua nascita.>

E Angela sparì dalla sfera, che tornò accanto a Sofia, mostrando un'ampio spazio in cui si scatenò un putiferio.
Ma nessuno vi fece caso, con problemi più grandi in corso lì.

<No-no... Non può essere. Io ho-ho questi ricordi. Io-Io... Io sono Romulus!> balbettò Mario.

<Hai qualcosa di lui perché il suo cuore è il tuo, ossia Roma.> notò Sofia, rimanendo però ferma.
Attorno loro la battaglia stava volgendo al termine, anche se con strenua lotta.

<Non ha senso.> ribatté il laziale, ma sembrava perduto.
<Ha ragione Angela, che hai riconosciuto. Sai perché? Tu sei cresciuto come Matteo. E poi Mario.> si intromise Francesca, mentre sopprimeva momentaneamente il suo problema interiore.

<Arrenditi. Hai perso.> si introdusse Antonio, trasportando la testa del generale di una legione. L'aveva per sbaglio decapitato ed era stato utile tenerla per spaventare gli altri soldati. Stranamente, dato che l'aveva presa in mano, la testa non era sparita con il resto del corpo.

<No!> si intestardì Mario, anche se allentò la presa sul collo di Francesca <Io sono Romulus! Io sono-!>

<Te lo dico io chi sei!> lo interruppe la toscana, fissandolo dritto negli occhi dalla loro distanza ravvicinata.

<Sei un bucaiolo del cazzo.> asserì con chiarezza la ramata, l'accento marcato per via del momento pieno di emotività.

Mario la fissò un istante neutro, poi confuso un altro istante e, infine, scoppiò a ridere.

N/A: ok, c'è un po' di carne al fuoco:
-è arrivato il trio meraviglia a rompere le scatole al gruppo ancora nel bosco
-Francesca è mezza impazzita
-Mario fa "stranamente" qualcosa da Mario; il coglione.

Per sapere di più che succederà, dovrete aspettare settimana prossima, ciao ciao~

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