Capitolo 10. Risposte offuscate

Maurizio fu sbalzato indietro da un muro protettivo eretto in fretta e furia da Angela.

Arthur, ripresosi dal cieco terrore di venire ucciso (che mai spariva del tutto, nonostante i secoli di guerre, e in quel momento gli sembrava eccessivamente forte), si volatilizzò e teletrasportò tutti gli altri.
Si sentì barcollare all'indietro, ma la mano di Henrique sulla schiena lo tenne diritto.

<Arthur, se rimani fermo sei morto.> asserì Henrique, dandogli una delicata spinta in avanti.

Per un istante il britannico non capì, poi percepì di nuovo sprofondare, ma la reattività gli permise di muoversi prima di venire intrappolato un'altra volta.
"Sono delle sabbie mobili." pensò.

La terra accanto a lui si mosse e in una frazione di secondo si ritrovò schizzato verso l'alto, urlante, in aria. Un turbinio spuntato dal pavimento ne era la causa.

Pareva quasi un tentacolo, pronto a ghermire qualsiasi cosa incontrasse.
E così fu, perché neanche lo fece cadere a terra prima di stringerlo nella sua morsa.

Stava evocando una palla di fuoco, che Francis ne tranciò la base e il tentacolo-vortice sparì in una piccola pioggia di sabbia.

Il britannico cadde come un sacco di patate in mezzo un piccolo cumulo di sabbia, le ossa doloranti e le mani e le ginocchia graffiate e sbucciate.

<Mi dispiace, mon lapin, ma non sono riuscito a prenderti al volo.> rispose Francis, tirandolo in piedi e muovendosi, il terreno che provava di nuovo a reclamarli.

<Non sono una principessa in gabbia, idiot!> ribatté stizzito l'inglese, scagliando finalmente una palla infuocata. Colpì in pieno un altro tentacolo-vortice contro cui stavano combattendo Matthew e Franco.

<Allora muoviti e cerca di non farti ammazzare!> ritorse il francese, tornando alla carica contro uno di quei mostri fastidiosi, più che pericolosi.

Arthur voltò la testa verso un'imprecazione colorita ben conosciuta.

<Venti impetus*!> esclamò il britannico, sprigionando dalle proprie mani folate di vento che dispersero un tentacolo che aveva afferrato e sollevato a mezz'aria Alfred come un giocatollino.

L'americano cadde quasi di faccia, lo evitò solo perché prontamente rotolò e diede una botta al terreno con la schiena.
Evitò di sprofondare nelle sabbie mobili, concentrato nel maledire il dolore che lo percorreva, grazie una mano che lo prese per il colletto della maglietta.

<Tutti questi esseri ti vogliono tanto bene, scelgono sempre te.> notò con ironia Henrique, affondando la mazza gotica nel "muso" di un tentacolo di sabbia che li stava attaccando.

<Non è colpa mia!> si lamentò Alfred, massaggiandosi la spalla, saltellando per evitare le sabbie mobili.

<O forse esiste un Dio o un Karma che ti punisce per le tue cazzate!> ribatté Ludwig, poco lontano, esasperato.
Potevano forse evitare una battaglia ma ovviamente qualcuno doveva metterci bocca senza essere richiesto.

<Non è l'unico a commettere errori.> lo difese Kiku, schivando un attacco di uno di quei strani mostri mutaforma.

<Però è quelli che li fa più vistosamente, perché si deve sempre far notare.>  notò Ivan, dato che gli altri non stavano facendo nulla per nascondere la conversazione.

<L'ha preso da quel narcisista con le mani che non stanno mai ferme!> si aggiunse Yao, dando un wok ad un essere che stava per spuntare dal terreno.

<Ci si può concentrare sul non essere uccisi?!>
<Fate salotto o volete vivere?!>
Esclamarono esasperati quasi all'unisono, rispettivamente, Franco e Matthew.

<Volentieri.> commentò Antonio, appena liberatosi dalla presa di uno di quei cosi, che l'aveva sbattuto a terra come un bimbo fa con i suoi giochi. Era ancora un po' frastornato ma non voleva farsi prendere di nuovo da quegli esseri.

<Maurizio, per favore, non devi fare questo-! Tu vali!> intanto asserì Rita, un po' più in là, schivando un suo affondo e lanciandogli addosso una nube magica.

Il marchigiano prontamente la schivò ed eluse il tentativo di Angela di intrappolarlo senza ferirlo eccessivamente.

Ribatté: <Ma che ne sai tu? Che ne so io? Niente è certo, niente!>
Scagliò la lancia contro la sarda la quale la spezzò con la magia. Ma essa si ricompose e tornò nelle mani del suo proprietario, più furente di prima.

Aveva rischiato di perdere la sua arma, la sua fidata compagna da secoli.

<Ne sei sicuro?> chiese Angela, cercando di ingarbugliarlo mentalmente nella sua stessa logica scettica.

Aveva vita facile rispetto Rita perché il fratello non l'attaccava con la stessa violenza e insistenza e le sabbie mobili e quei tentacoli quasi la evitavano.
Non ne capiva il perché, ma non si sarebbe lamentata di un simile vantaggio.

<No! Non so niente! La mia testa mi fa dubitare di tutto!> si esasperò lui <Mi dice una cosa e poi cento altre diverse!>

<Ci deve pur essere qualcosa di cui sei certo!> ribatté Rita, sventando per un soffio di essere presa da un vortice-tentacolo.

<Chi sei?> domandò allora Angela <Dimmi come ti chiami!>

<Marche! Sono Marche, no?> rispose confuso lui.
<E allora chi sei? Quale è il tuo nome?> incalzò l'umbra, avvicinandosi, parando i patetici tentativi di attacco dell'avversario.

<Maurizio.> sussurrò lui, ma fu abbastanza forte da poter essere udito dalle altre due.
<Sei sicuro di questo! C'è qualcosa di certo nella vita, c'è sempre, ed è quello che sei tu, perché tu ti conosci.> incalzò la sarda.

<Non è vero... Alcune parti di me... mi confondono.> notò il marchigiano con frustrazione, scagliando addosso all'isolana la propria lancia.
L'antica regione schivò il colpo e l'arma tornò per magia al suo proprietario.

La regione posseduta aveva così tanti dubbi su di sé. Per esempio, ancora aveva il timore di non poter davvero amare sia donne che uomini per quante poche volte aveva avuto attrazione per gli uomini.

Ancora aveva paura di non amare Angela, di star solo costruendo castelli in aria, e di ferire entrambi una volta giunto ad un verdetto.

Ancora era confuso su chi era. Era un uomo, sì, ma alcune volte si chiedeva se lo era davvero. Si sentiva davvero uomo? La cosa che lo mandava ai pazzi era che alcune volte pensava con lucidità 'no'. E allora cos'era? A metà fra il definito e l'indefinito?

[N/A: guarda te che finalmente affronto la questione di Maurizio come demi-boy in un capitolo di questa storia che mi dà fastidio chiamarla 'sequel gerita'.
Come altro possiamo identificarla?]

<Anche io spesso non mi capisco.> asserì Angela, usando la magia più per la difesa che per l'attacco. Non voleva ferirlo, se non strettamente necessario. E non era neppure certa l'avrebbe attaccato in una situazione di vita o morte.

Maurizio la osservò con interesse, la lancia stretta nelle mani ma senza vero scopo, non contro di lei.

Perchè, perché, perché, perché, perché?
Perché non riusciva a ferlirla?
Cosa lo bloccava?
La risposta era offuscata nella sua mente.

<Su molti aspetti. Ma se c'è una cosa su cui sono certa è...> l'umbra si interruppe.
Si bloccava quando doveva esternare i propri sentimenti.

Mandò giù il nodo in gola e si fece coraggio. Per lui, questo e altro
<È che io ci tengo a te, Maurizio, in un modo che neanche so spiegare a voce.> confessò la regione montagnosa.

Il marchigiano si fermò a fissarla, occhi strabuzzati e bocca spalancata. Le braccia riposavano mollemente contro i suoi fianchi, lasciando cadere a terra la lancia.

Rimbalzò qualche volta sul terreno con un rumore sordo, per poi giacere ai piedi del suo padrone, dimenticata.

Le creature turbine-tentacolo non avevano interrotto i loro attacchi e le sabbie mobili proseguivano indisturbate il loro lavoro.

Eppure, attorno i tre una bolla di pace regnava. Anche Rita, con suo sollievo, poté abbassare di un soffio la propria guardia, lasciando parlare la sorella.

Se c'era qualcuno che poteva far rinsavire il fratello, quello era proprio lei.




N/A: Traduzione:
venti impetus*= raffica di vento

E chissà perché Maurizio ascolta Angela e non prova ad attaccarla come fa con gli altri, proprio ce lo stiamo chiedendo tutti in sala.

E se non fosse già chiaro, mi diverto a far prendere mazzate alle nazioni. Sono sadica, lo so.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top