1- Quattro mesi
Le dita si intrecciano le une alle altre con facilità. È un movimento naturale e automatico per mantenere il contatto.
Si alzano in piedi nello stesso istante, senza produrre il minimo suono.
-Cosa vedi?-
-Nulla di particolare.-
Di nuovo quel rumore. Dalla cadenza si direbbero passi, ma il suono è quello di pietra che sfrega altra pietra. Poi si interrompono, sostituiti dal fruscio di una grande massa d'aria spostata con forza.
-Ora lo vedo.-
-Cos'è?-
-Non ne ho idea. Non un umano, è troppo freddo. Ha delle ali e... un angelo. Credo sia un angelo.-
Il silenzio dura a lungo prima che un nuovo rumore lo interrompa. È uno scricchiolio leggero.
Il corpo dell'illuminatrice comincia a brillare fiocamente. È così pallida che sembra un fantasma.
La porta della cella nel seminterrato sta diventando di pietra. Quando ormai è un blocco unico, comincia a creparsi per poi andare in pezzi.
Fano entrambi un passo indietro fino a premere le spalle contro il muro mentre massi di piccole e grandi dimensioni rotolano sul pavimento, ma continuano a guardare avanti.
Sulla soglia vuota si staglia la sagoma di un angelo alato di marmo.
-Gabriel- esclama l'occultatore avanzando immediatamente -Gabriel Flame!-
-Felice di rivederti Dæmon- ricambia l'angelo con voce profonda ma chiara -Angie- aggiunge sorridendo all'illuminatrice. -Ora seguitemi, dobbiamo sbrigarci.-
Dæmon gli va immediatamente dietro. Angie esita.
Possiamo fidarci?, gli chiede con lo sguardo.
Lui annuisce, una sola volta e con decisione, ed escono dalla cella.
Il corridoio è stretto e con il soffitto basso. Le celle si aprono tutte sullo stesso lato.
Angie sente le auree degli altri prigionieri. -Chi altro c'è qui?- chiede.
-Nessuno che possiamo aiutare in questo momento- le assicura Gabriel imboccando una scala di pietra anche più stretta del corridoio.
Sbucano in una piccola stanza quadrata in cui ci sono tre Cacciatori pietrificati.
Angie percepisce le loro auree, congelate nel momento in cui Gabriel le ha toccate. Rabbrividisce.
-Spero che conoscete un varco che sia nei paraggi.-
Dæmon annuisce. -È in un locale che non dovrebbe essere lontano. L'Echo.-
Gabriel appare sollevato. -Lo conosco, ci lavorava Scarlet, ma dovremmo arrivarci volando.-
-Bene.-
Le loro mani si lasciano.
Il corpo di Dæmon si fa scuro e sempre più fluido fino a diventare quello di un'Ombra. Leggero e informe, scivola via dai vestiti, si aggrappa alla schiena dell'angelo e vi rimane incollato.
Gabriel guarda Angie in attesa. Le tende una mano.
Lei esita di nuovo. Potrebbe seguirli. Potrebbe persino anticiparli viaggiando alla velocità della luce. Poi però ricorda da quanto non vede la luce del sole e quanto debole sia in questo momento.
Con un sospiro chiude gli occhi e raccoglie le energie che le rimangono. Il suo corpo si illumina di nuovo, dall'interno, mentre una sensazione di calore si diffonde dal petto. Perde la propria forma umanoide fino a divenire una piccola e fioca Luce quasi inconsistente che si va a depositare sulla mano di Gabriel. Al contatto non succede nulla e lei si rilassa.
L'angelo raccoglie i loro vestiti e li infila in una anomalia dentro il mantello che indossa. Poi spalanca le ali.
Si torna a casa, pensa Angie con immenso sollievo. L'aura di Dæmon risponde con altrettanta felicità.
.
Irina si ferma esausta in mezzo alla strada. Le gambe le tremano.
Ormai ha perso la cognizione del tempo, per quanto relativa sia in questo momento. Sembra che stiano correndo da mesi.
-Non ce la faremo mai Marvin, è troppo lontano.-
Il fratello è fermo qualche passo avanti a lei. Anche lui è stanco, ma nei suoi occhi c'è una determinazione maggiore. -Non possiamo fermarci adesso, ci siamo quasi.-
-Lo hai detto anche... posso dire un'ora fa?-
-No, è ancora lo stesso istante di un'ora fa. Lo stesso di... beh è sempre lo stesso.-
Irina si siede a terra e si guarda intorno.
Tutto questo ha dell'incredibile. Una cosa è fermare il tempo per pochi istanti, minuti al massimo, ma tenerlo bloccato così a lungo ha dell'assurdo oltre ad essere stremante.
Ha l'impressione che siano trascorsi giorni, invece il sole è sempre fisso nello stesso punto del cielo, distante dall'orizzonte solo pochi centimetri, rosso e rotondo.
Ogni cosa, dalle persone agli animali, dalle gocce di pioggia al vento, è immobile. Congelata nel momento che stanno prolungando fino allo stremo.
-Usiamo una runa.- propone alla fine Marvin -Ormai siamo lontani, non possono sapere che siamo stati noi.-
Irina scuote la testa. -Quando ripartirà il tempo qualsiasi segugio sarà in grado di rintracciarla, non importa dov'è o quanto poco è durata.- Si alza in piedi. -Lasciamo ripartire il tempo, possiamo continuare lo stesso. E magari prendere un autobus, o un treno, o rubare una macchina.-
È il turno di Marvin di non essere d'accordo. -Nostro padre è stato chiaro, una volta svegliato Gabriel dovevamo raggiungere Torak fermando il tempo. Se è stato così preciso ci sarà un motivo.-
-Nostro padre!- sbuffa Irina -Mai una volta che sia stato realmente di aiuto o almeno chiaro. Non ci hai mai considerato in tutto questo tempo.-
-Beh, sai, eravamo morti.-
-Non intendevo in quel senso. Lo abbiamo incontrato per la prima volta quando si è unito alle Custodi, poco prima della guerra ed era venuto per Dafne, non per noi. Quando ha conosciuto Devonne è sparito di nuovo. E ora... è comparso una volta in uno specchio, non so bene se per dire frasi criptiche a me o a Mirta e la seconda per darci dei costumi di halloween. Scusa se non penso di dovergli molto!-
Le sue parole si disperdono nella strada immobile.
Solo dopo qualche minuto Marvin si viene a sedere accanto a lei.
-Allora tu perdonami se sono particolarmente interessato al discorso "non avercela con i padri assenti perché hanno dovuto salvare il mondo o occuparsi di altre cose di simile portata".-
Irina lo guarda a lungo. Possibile che quello che ha davanti sia sempre lo stesso Marvin? Sua fratello è davvero così diverso come le appare o è solo lei a guardarlo differentemente?
Solo dopo un po' riesce a sorridergli, anche se lui non la sta guardando.
Infila il proprio braccio sotto il suo e appoggia la testa sulla sua spalla. -Mi dispiace- sussurra.
-Per cosa di preciso?-
-Per tutte le volte che ho preso in giro te e Lotte.-
Marvin si volta di scatto. -Non chiamarla Lotte!- esclama. -Non si può sentire. Charlotte rimane Charlotte. Su ripetilo, Char-lotte.-
-Oui monsieur.-
Marvin ritira il braccio. -Irina!-
Lei non riesce a fare a meno di sorridere divertita. -Sì, Marvin?-
-Scusate, sapreste dirmi dove trovo i due figli del Tempo? Capelli neri, occhi dorati, non passano inosservati. Due tipi seri.-
Entrambi sobbalzano e scattano in piedi e si voltano.
-Chiara!- esclama Irina riconoscendo il fantasma che hanno davanti. -Che ci fai qui?-
-Sesto senso. Posto giusto...-
-...al momento giusto, lo so. Ma...-
-Perché non sono immobile come tutti gli altri? Sui fantasmi non funziona, siamo già fuori dal tempo, per noi non cambia nulla.-
-E dove senti di dover essere ora?- chiede Marvin avvicinandosi.
-Sono già dove sento di dover essere, per noi non esiste il concetto di spostamento, non siamo materiali. Ci troviamo dov'è la nostra mente. Comunque ora che sono qui...- si guarda intorno pensierosa, come se non riuscisse a decidere da che parte soffi il vento. Poi il suo sguardo si fissa su una strada secondaria, quasi un vicolo, ma abbastanza largo perché una macchina ci passi agevolmente.
L'attimo dopo Chiara la sta già imboccando.
Irina e Marvin corrono per raggiungerla.
La prima cosa che notano è che non c'è nessuno. Nemmeno una persona si trovava qui quando hanno fermato il tempo.
Camminano con passo svelto. Le mura degli edifici sembrano farsi sempre più vicine. L'umidità aumenta leggermente mentre entrano in una leggera foschia.
-Chi ci dice che Chiara debba andare nel nostro stesso posto?- osserva Irina.
-Se ha avuto bisogno prima di raggiungere noi, deve essere per qualche motivo.- ribatte Marvin.
I loro passi cominciano a produrre un suono diverso mentre camminano.
Abbassano lo sguardo.
Quello che prima era un marciapiede a tratti sconnesso ora è più regolare e ha l'aspetto di un lastricato più che di asfalto. Dopo poco riescono a distinguere anche i moduli rettangolari.
Anche gli edifici hanno un aspetto diverso. Più antico, ma anche più curato. E sono più bassi.
Un immobile e piuttosto freddo raggio di sole proietta le loro ombre su una parete, allungandole fino all'inverosimile.
Quando finalmente escono dal vicolo è chiaro che non sono più nella stessa città di prima.
Questo è un paese, vecchio e solido. L'aria sa di terra e di mare.
Per strada, immobili nel tempo, ci sono pochi gruppi di persone.
I loro sguardi sono attirati da una fontana a forma di sirena.
-So dove siamo.- afferma Marvin stupito.
Irina annuisce. -Anche io.-
-Io no.- ammette invece Chiara -Che posto è?-
-Quello in cui dovevamo arrivare.- spiega sbrigativamente Marvin -Ma come è possibile? Eravamo a chilometri di distanza!-
-Non ho visto nessuna runa.- commenta Irina.
Chiara scuote leggermente la testa, a propria volta incapace di dare una risposta.
-Ora non importa,- conclude Marvin -andiamo.-
Attraversano la strada guardandosi intorno circospetti fino a fermarsi davanti ad un negozio di armi dall'altra parte della strada.
Alla porta è appeso un cartello con su scritto CHIUSO. Chiara attraversa la vetrina e ne esce qualche istante dopo.
-C'è solo un uomo.-
-Dev'essere Torak.- commenta Irina -Ora possiamo far ripartire il tempo?- aggiunge poi.
Lui annuisce.
Non muovono un muscolo, si limitano a chiudere gli occhi e concentrarsi.
Fermare il tempo è una delle poche cose per cui non hanno bisogno di usare la propria energia. È come se dovessero collegarsi ad una rete molto più grande ed onnipresente e inviare segnali.
Tutto riprendere a muoversi nello stesso istante, con naturalità, quasi avessero premuto il tasto "play" di un video.
Le persone riprendono a camminare e parlare come se non si fossero mai fermate, il vento a soffiare e le nuvole a spostarsi nel cielo.
Nessuno nota la loro improvvisa presenza.
Irina e Marvin riaprono gli occhi. Sembra che un grosso masso sia stato levato dalle loro spalle per quanto si sentono improvvisamente leggeri.
-Wow- commenta Chiara -Mi piace questa cosa. In vita mi sarebbe tornata molto utile.-
Un momento dopo, la porta d'ingresso del negozio d'armi si apre.
Torak Brown, immortale allievo del Fuoco, fratello di Viky e compagno di Sarah, li studia dal suo metro e ottanta con aria sollevata e circospetta allo stesso tempo.
-Tutti e tre in perfetto orario, complimenti. Non che si possano avere tanti dubbi quando chi fa le previsioni è il Custode del Tempo.- Si fa da parte. -Entrate, presto.-
Obbediscono.
L'interno del locale è buio.
-Perché c'era tutta questa fretta?- chiede Marvin.
Torak gli fa immediatamente segno di stare zitto e indica qualcosa in strada con un cenno della testa.
Un gruppo ben assortito di ragazzi e adulti, umani e demoni, sta venendo nella loro direzione.
Parlano tra di loro e scherzano, ma hanno qualcosa di differente da tutti gli altri. Il loro modo di muoversi ricorda quello di un branco, unito e compatto, incredibilmente denso. Sono più di quanti non sembrino.
Una ragazza dà uno spintone ad un altro, un demone dalla pelle madreperlacea, che si stacca leggermente dal gruppo. Cresta di capelli arancioni e occhi blu. Blake.
E Lucy.
-Cacciatori!- esclama Irina in un sussurro. -È per questo che dovevamo venire subito?-
Torak annuisce. -Ancora pochi minuti e non sareste più potuti arrivare qui.-
-Perché?- chiede Chiara.
-Perché siamo in guerra. E le parti cominceranno a delineare i loro confini.-
Rimangono tutti perfettamente immobili, nascosti nell'ombra, mentre il gruppo di Cacciatori passa davanti alla vetrina del negozio armi per poi fermarsi davanti al portone accanto.
I primi, tra cui Lucy e quelli che devono essere allievi della Morte, lo attraversano senza nemmeno rallentare il passo o preoccuparsi dei passanti che li notano. Gli altri riescono in qualche modo ad aprirlo senza forzarlo.
-Quella è casa di Astrid!- Marvin scatta verso la porta, ma Torak gli si para davanti e lo trattiene.
-Lei non è qui.-
-Ma Aeriel e Xander sì!-
-Non possiamo fermarli.-
-Oh possiamo eccome!- ribatte lui -Solo che qualcuno ha detto che non dobbiamo farlo oggi e perciò...-
Torak gli preme una mano sulla bocca per farlo tacere, poi, tenendolo per un braccio, lo spinge verso il fondo del locale. Aggirano il bancone e poi imboccano delle scale che scendono in un ambiente ancora più buio.
Solo quando si trovano più o meno a metà della rampa Torak ricomincia a parlare.
-Qui non possono più sentirci.- afferma.
-Neanche prima potevano.- sbotta Marvin.
-Non avrebbero potuto dei normali umani, ma tra di loro ci sono allievi dell'Aria e demoni. Di certo alcuni di loro, volendo, sono perfettamente in grado di sentirci.-
-E qui no?- chiede Irina aggrottando leggermente le sopracciglia.
-No.- risponde Torak vagamente.
-Dei Cacciatori hanno già fatto del male ad Aeriel e Astrid una volta, perché stavolta dovrebbe essere diverso?- riprende intanto Marvin.
-Perché sappiamo che sarà diverso. Puoi stare tranquillo, nessuno torcerà loro un capello, non oggi.-
Arrivano alla fine delle scale. Sono immersi nel buio quasi totale. Riescono a distinguere un'anticamera e un passaggio archivoltato difronte a loro.
Torak alza il braccio il più in alto possibile fino a trovare con la mano una parte incavata del muro. Dopo pochi istanti, una fila di lampade ad olio disposte lungo le pareti si accende disegnando una striscia luminosa che funge da guida.
-Che posto è questo?- chiede Irina. I suoi occhi appaiono più dorati del solito, quasi brillano.
Torak si guarda intorno con estrema soddisfazione. -Il luogo che preferisco al mondo, o quasi: la mia fucina. Sembra antica chiamata così, e in effetti ha centinaia di anni, se non migliaia, ma posso assicurarvi che è stata completamente modernizzata.- Fa segno ai due gemelli di seguirlo e attraversa l'anticamera per poi passare sotto l'arco e sbucare in un corridoio.
Le pareti di pietra sono così lisce e lucide che sembrano quasi di metallo. Ad intervalli regolari si trovano dei magnifici bassorilievi realizzati con materiali di colori differenti che incorniciano delle porte da dietro le quali vengono il suono di metallo piegato con la forza, calore e odore di fuoco.
-Questa è la parte più antica. Ci ero troppo affezionato per cambiarla più di tanto, ma gli ampliamenti sono completamente diversi, vedrete.-
Chiara li supera per andare ad attraversare una porta chiusa. Ne riemerge poco dopo, ma solo per sfrecciare verso un'altra.
Dalla parte opposta del corridoio viene una luce più forte che disegna la sagoma dell'uscita. Vi si dirigono con passo spedito.
Marvin abbassa lo sguardo sul pavimento. È nero e così lucido da riflettere la loro immagine. Venature sottili e ramificate lo attraversano come capillari, sfumando lentamente da un colore all'altro e disegnando motivi che si ripetono all'infinito.
-Sembra un'enorme foglia.-
-È molto più complicato e allo stesso tempo molto più semplice, anche se certe foglie possono sorprendere.- replica Torak.
Escono dal corridoio ed entrano in quello che deve essere l'ingresso principale. Salgono degli scalini per arrivare su una specie di base circolare rialzata e coperta da una guglia di acciaio e ambra. Le pareti leggermente concave invece sono fatte di vetro dorato.
Irina si avvicina per poter guardare fuori. Non c'è molta luce. Il suo sguardo incontra una distesa d'acqua piatta e apparentemente senza fine. Sembra si essere dentro un'enorme caverna soffusa di luce argentata.
Irina incrocia distrattamente le braccia al petto e con la testa indica la distesa d'acqua all'esterno. -Non possiamo trovarci sotto la città.-
-No, non siamo sotto la città.- conferma Torak -Non siamo in nessuno luogo reale.- Indica il corridoio da cui sono venuti. -Quello era un varco, creato da una combinazione semipermanente di una runa dei passaggi e un'anomalia.-
-Un scorciatoia quindi, ma per dove?-
Torak sorride. -Credo che vostro padre meriti l'onore di spiegarvi il resto.-
Irina e Marvin riprendono a guardarsi intorno.
Dagli scalini si innalzano delle sottili linee di ferro battuto che si intrecciano, sinuose come fumo, intorno a del vetro scintillante formando tre grandi archi per poi salire e riunirsi formando una guglia da cui proviene una luce delicata.
Il varco davanti a loro è quello da cui sono arrivati. Quello alla loro destra dà su uno studio munito di luce elettrica e decine di postazioni computer chiaramente di ultima tecnologia. Infine, quello alla loro sinistra, porta in quello che ricorda vagamente un museo. È da quest'ultimo che provengono le voci, ora molto più vicine.
-Ci ho messo dieci anni a progettare questo posto,- racconta Torak -anche se non so quanto una misura del genere sia accurata quando il tempo è fermo.-
-Lo hai fatto tu?- si sorprende Marvin mentre Irina esclama -Avete fermato il tempo per dieci anni?!-
-Perché sei così stupito?- Torak si rivolge solo a Marvin.
Lui esita. -Di solito luoghi del genere sono stati tutti progettati da Marta, dal Clothel all'intera Victoria.-
-Vero. E lei è un architetto eccellente, ma appartiene al mondo reale ed è della realtà che segue le regole. Colei che domina l'Arte delle Illusioni è indissolubilmente legata alla realtà, perché non potrebbe ingannare senza una verità da cui partire.-
-Questa deve essere una frase di nostro padre.- nota Irina.
-Potrai chiederglielo tra poco, ora ti consiglio di goderti lo spettacolo.- accompagna le parole con un gesto della braccia, come se volesse abbracciare tutto lo spazio circostante.
Chiara è già dall'altra parte dell'arco di sinistra.
Marvin si affretta a raggiungerla e gli altri due lo seguono.
-Qui tengo le opere più belle che abbia mai forgiato,- spiega Torak -i pezzi unici. Le armi sono quelle esposte, ma c'è molto altro.- Indica gli armadi addossati alle pareti.
Nel corridoio in cui si trovano non ci sono finestre e il soffitto è basso.
Scivolano oltre una porta scorrevole e, finalmente, riescono a vedere tutti gli altri.
Al centro di una piccola armeria, un uomo asiatico e una donna si stanno affrontando con le spade. Dai movimenti, e dal tifo contenuto ma entusiasta di quelli che stanno intorno, è chiaro che non si tratta di un vero scontro, solo di un gioco.
Ralph Johnson e Devonne Seaside.
Una pantera e un ghepardo. È questo che viene in mente ad Irina mentre li guarda.
Ha già visto Devonne combattere. Sa già che è la migliore spadaccina in circolazione da molto tempo, eppure non può fare a meno di rimanere incantata dai suoi movimenti, fluidi e scattanti, flessuosi e precisi. I suoi occhi in questo momento brillano in modo tale che, uniti al fisico asciutto ed immortalmente giovane, dimostri davvero pochi anni di più dei suoi stessi figli.
Hope è inginocchiata a terra, i capelli castani che ondeggiano al ritmo dei suoi battiti di mani. Sono stati tagliati da poco e il caschetto è di nuovo ben definito.
Accanto a lei, chiaramente più potente rispetto a tutti gli altri immortali, c'è lui. Il Tempo.
[...]
.
Quando Grace entra nello studio Viky non è sola. Se ne sta appoggiata alla scrivania, una mano tra i capelli e l'altra sollevata nell'atto di gesticolare mentre parla con l'uomo davanti a lei.
Si interrompono sentendo la porta aprirsi e si voltano.
Grace riconosce Torak. Lui e Viky non si somigliano poi così tanto per essere fratelli e hanno anche modi chiaramente diversi, ma in qualche modo sono anche estremamente simili. Come due facce di una stessa medaglia.
-Sì?- fa Viky portandosi le mani ai fianchi.
Grace chiude la porta alle proprie spalle e poi fa qualche passo in avanti. Si è sempre sentita molto in soggezione in presenza di Viky, ma sa bene che la Custode del Fuoco detesta il suo tipo di timidezza.
-Mi avevate detto di avvertirvi quando fossi stata sola con mio padre.-
Lo sguardo seccato di Viky si accende di interesse. -E ora lo sei?-
Grace può sentire la sedia su cui si è appollaiata a chilometri di distanza da qui, dove invece è ancora in piedi. Annuisce. -C'è anche mia madre in realtà, è un problema?-
-No. Dove sei?-
-Nel suo studio, ho detto volevo parlargli, sto aspettando che se ne vadano gli altri Cacciatori.-
Viky annuisce e intreccia le mani con impazienza. Le unghie rosse e a punta sembrano degli artigli.
-Ti sai sdoppiare?- chiede intanto Torak.
Grace annuisce.
-Quante volte?-
-Per ora ho provato ad essere solo in due posti.-
-E pensi di poterne gestire di più volendo?-
-Non so,- ammette -non ho mai provato e penso che mi stancherebbe molto.-
Torak sembra un po' deluso ma le sorride. -È comunque notevole per un'allieva del primo anno.-
Grace si sforza di ricambiare il sorriso. -Secondo ormai.- bisbiglia.
-Scusami.- si affretta a dire Torak mentre si siede su una delle due poltrone davanti alla scrivania, proprio di fronte a Viky. -Comunque è notevole.- ripete. -Sarai una buona artista del Fuoco.-
-Artista?-
-Un'allieva che ha finito gli studi, che ha appreso tutte le arti. Ti sei già specializzata?-
-Di cosa volevi parlarmi Grace?-
Quasi sussulta nel sentire la voce del padre provenire da così vicino. Batte le palpebre e si ritrova a fissarlo.
-Zitto, non distrarla!- sibila intanto Viky dall'altra parte.
Grace si contorce le mani per l'agitazione. -Mi chiedevo- parla con entrambe le bocche sia per essere sicura di non sbagliare sia per farsi sentire da entrambe le parti -se la mia presenza qui avesse uno scopo.-
-Vuoi andartene?- domanda Carlos Cahill.
-Io...-
-Vuoi forse tornare dalle Custodi? Dopo essere scappata dalla Victoria Academy di tua iniziativa?-
Grace si sforza di raddrizzare la schiena. -No. Volevo solo sapere se è essenziale che io rimanga qui.-
-Essenziale?- ripete Carlos quasi divertito. -Questa è casa tua Grace e ora che tua madre è di nuovo con noi- si volta velocemente verso la donna in piedi davanti alla vetrata poco più in là -non hai neanche la scusa di voler andare da lei. Dov'è che vorresti scappare?-
-Non voglio scappare.- protesta Grace -Ma nemmeno dover rimanere sempre chiusa in camera mia.-
-Non mi sembrava di averti chiusa a chiave.- Carlos continua a guardarla dall'alto in braccio. Grace non sa se lo faccia apposta o meno, ma decisamente la fa sentire a disagio.
Si alza in piedi, anche se questo non risolve affatto il problema.
-Ma hai messo dei Cacciatori a sorvegliarmi.-
-Ho messo due uomini di guardia al corridoio che dà sulle stanze di tutti noi. Tengo cose di valore nella mia, senza contare che l'ultima volta che tu e i tuoi amici siete stati qui avete quasi distrutto il mio studio.-
Grace sente le proprie unghie conficcarsi nella carne per il nervosismo e vede sia il padre che Viky notarlo. Chiude a pugno le mani e se le porta dietro la schiena.
-Quindi hai paura che scappi.- azzarda -Che possa andarmene di nascosto così come ho fatto dalla Victoria Academy. Allora non devi essere poi così più organizzato delle Custodi come vuoi far credere.- Non è riuscita ad alzare la voce, ma ha parlato con la fermezza che desiderava. Sente tutte le sue ossa tremare, ma si costringe a rimanere rigida.
Le orecchie di Carlos si fanno rosse.
-Cosa vuoi Grace?- interviene sua madre Emily, ma Carlos la interrompe con un gesto repentino della mano.
-Credi che sarei in grado di farmi sfuggire sotto il naso mia figlia così come una Custode lascia che spariscano i suoi allievi? Sai quanti siamo riusciti a catturarne di tuoi compagni di scuola fino ad adesso?-
Grace scuote la testa.
-Più di quanti immagini. E sai cosa hanno fatto le loro dee protettrici?-
-Non sono dee...-
-Sai cosa hanno fatto?-
Scuote la testa.
-Niente.- Carlos pronuncia la parola con pathos, accompagnandola con un teatrale gesto delle mani. -Quelli che dovevano tornare a casa li hanno sostituiti con delle illusioni. Quando qualche genitore si presenta in visita e crede di aver davanti il figlio in realtà sta parlando con il niente!-
Grace cerca di controllare il proprio respiro che si è fatto affannoso. -E tu?- chiede, sollevata di essere riuscita ad arrivare ad un argomento importante. -Che cosa ne hai fatto tu? Li hai forse riportati alle loro famiglie?-
Dall'altra parte vede Viky e Tarak protendersi verso di lei, ansiosi di avere la risposta che non possono sentire.
-Qualcuno.- risponde Carlos -Non avrebbero potuto aiutarmi in nessun modo e li ho rispediti a casa. C'è la tua amica Juliet tra di loro, ti ricordi di lei, vero?-
Grace annuisce mentre dall'altra parte si rivolge a Viky. -Juliet, l'illuminatrice, è stata rimandata a casa?-
Viky annuisce. -Dopo che le hanno fatto il lavaggio del cervello. Ma non è più un'allieva, ha finito gli studi ormai.-
-Ma non è un'artista.- precisa Torak -Non lo è diventata.-
-Shh!- Viky lo zittisce con un calcio mal riuscito.
-E tutti gli altri?- chiede intanto Grace.
-Li ho convinti ad aiutarmi.-
-E non puoi convincere anche me? Infondo ci sei riuscito con tutti i miei fratelli. Magari ti sarei più utile che chiusa in camera mia.- Il pensiero di come il suoi fratelli siano diventati accondiscendenti la riempe di risentimento. Eppure ricorda quanto si trovavano d'accordo almeno dal distaccarsi il più possibile dalle idee del padre. Loro erano arrivati ad usare persino un altro cognome alla Victoria Academy. Ora persino le sue sorelle, che sono figlie solo di Emily, vorrebbero essere delle Cahill. Per un attimo, forse per la tensione, a Grace viene da sorridere: sono in cinque e non ci sono due tra loro che abbiano in comunque entrambi i genitori.
Dopo un momento, Carlos scoppia in una fragorosa risata. Grace quasi si spaventa e il sorrise sparisce immediatamente dal suo volto. Rimane interdetta e cerca lo sguardo di sua madre.
-L'hai sentita Emily?- fa Carlos voltandosi. -Vuole che la convinca.-
Emily sorride apertamente ma poi esita, in dubbio se Carlos stia scherzando o meno.
-Vuoi che ti convinca?- chiede lui alla figlia, con quasi troppa serietà, dopo aver smesso di ridere.
-Non mi dispiacerebbe che ci provassi.- ammette, sia per poter assolvere al compito che le ha dato Viky sia per curiosità.
Carlos guarda Emily e allarga le braccia. -Lo sta chiedendo lei.-
-Carlos...- comincia la donna, ma lui si è già mosso.
Prende Grace per un braccio e la conduce fuori. Lei deve quasi correre per stargli dietro.
-Allora, che succede?- chiede intanto Viky dall'altra parte, impaziente.
-Dice di aver rimandato a casa alcuni ragazzi e di aver tenuto solo quelli che gli erano di aiuto dopo averli convinti a collaborare.-
-Come?-
-Ancora non lo so.-
-Stai andando benissimo.- la incoraggia Torak.
-E tu che ne sai?- ribatte subito Viky -Sei forse lì e vedi cosa sta succedendo?-
Torak alza gli occhi al cielo mentre Grace torna a prestare attenzione a dove la sta conducendo suo padre. Scendono rapidi due piani di scale prima di fermarsi.
Dalle finestre Grace capisce che si trovano nel seminterrato. È qui che suo padre tiene i ragazzi rapiti? Dunque non sono nient'altro che prigionieri, proprio come si aspettava.
Con qualche secondo di ritardo si rendono conto entrambi che c'è qualcosa che non va.
C'è troppo silenzio.
La presa di Carlos sul braccio della figlia si fa più salda. La tiene dietro di sé mentre procede a passo svelto.
Appena svoltano si ritrovano faccia a faccia con un ragazzo. È giovane, forse della stessa età di Grace.
Ed è di pietra. Immobile nell'atto di indietreggiare e sollevare un braccio.
Carlos gli gira intorno e va avanti. Ce ne sono altri.
Dalla divisa Grace intuisce che si tratta di Cacciatori e non di fuggitivi. Eppure sono tutti giovanissimi. Non li riconosce, ma potrebbero benissimo venire tutti dalla Victoria Academy.
-Tutte le guardie!- esclama Carlos con rabbia.
-È stato un allievo della Terra?-
-No, questa è opera di un angelo.-
-Qui ci sono angeli?-
-Glenda e... Gabriel- Riparte di corsa, cambia corridoio e scende ancora. Le pareti si fanno di pietra. Va dritto verso una delle prime celle.
La porta non c'è più e sul pavimento sono sparse pietre che probabilmente erano pezzi di legno.
-No!- sbraita Carlos. -No, no, no!- Sferra calci alle pietre più grosse. -Maledetto Flame! Avevo detto a Miranda di non fidarsi di un bastardo che accetta di darle un figlio e poi se ne sta anni impalato in mezzo alla città!-
-Chi c'era qui?-
Carlos non la ascolta nemmeno. Stringe ancora di più la presa su Grace. Il braccio comincia a farle male.
Tornano sui loro passi, imboccano altri corridoi. Tutte le guardie sono state pietrificate e qualche altra cella è aperta come quella da cui vengono, ma alcuni dei prigionieri sono ancora dentro. Chiunque abbia fatto questo mirava a liberare delle persone in particolare.
Carlos continua a passare di corridoio in corridoio così velocemente che Grace perde l'orientamento. Si trovano davanti una porta a vetri dall'aria decisamente solida. Carlos inserisce un codice su un pannello laterale e la serratura si sblocca.
Grace sussulta quando, riuscendo a guardare oltre il padre, vede un angelo. Si sta schiacciando contro la parete, come se qualcuno gli stesse venendo addosso. È una femmina. Dev'essere Glenda.
Solo dopo un momento, capisce che è immobile, esattamente come tutti gli altri ragazzi.
-Stupide creature, e dovrebbero essere la guardia migliore!-
-Cosa...-
-Era un dormiente, deve aver preso dalla sorella l'energia per svegliarsi completamente.- Carlos appoggia la mano aperta su un braccio di marmo della donna angelo. La stacca dopo qualche secondo, con l'aria vagamente nauseata.
-Chiudi gli occhi.- ordina.
Grace li serra.
-Ora riaprili.-
L'angelo si trova qualche metro di distanza dal muro, di nuovo immobile. Alla parete contro cui era appoggiata è addossato qualcosa di sottile e dal contorno irregolare coperto da un panno scuro.
Carlos lo tira via e poi si lascia sfuggire un sorriso di sollievo.
A Grace non sembra altro che un grosso pezzo di specchio.
Dall'altra parte si rivolge a Viky. -C'è uno specchio, sembra importante.-
-Sembra un pezzo di uno più grosso?- chiede la Custode.
Grace annuisce.
-Devono averlo preso dal Clothel, il resto è stato distrutto.-
-Fuso- specifica Torak -da un allievo del Fuoco.-
Grace ne ha un vago ricordo. -È pericoloso?-
Prima che uno dei due fratelli possa risponderle, una specie di scossa le attraversa il braccio.
Carlos le ha premuto una mano sullo specchio. È come se qualcosa stesse pulsando sotto il vetro. Non come un cuore, più come onde di energie che premono continuamente.
-Sai cosa c'è dall'altra parte?-
Grace scuote la testa.
Carlos le preme la mano contro lo specchio. La superficie lucida si deforma intorno alle sue dita che sprofondano fino ad esserne ricoperte. Quasi senza che se ne renda conto sprofonda dentro fino all'avambraccio.
Il padre la afferra per le spalle e la trattiene contro la forza che invece la trascina.
-Le senti? Come centinaia di mani che ti tirano dentro?-
Grace annuisce piano.
-Volevi sapere come ho convinto i tuoi compagni.- La sua presa è salda e sicura, eppure Grace sente le viscere stringersi e le ossa tremare. Dal braccio, un leggero formicolio le sta risalendo fino alla testa. -Non l'ho fatto. Ho preso i più scarsi, quelli che le Custodi non vorrebbero nemmeno con loro, e li ho spaventati. Li ho spinti ad odiarmi al punto che mi volevano morto e a credere che le Custodi tenessero a loro, che presto sarebbero venute a salvarli.-
-Grace, che sta succedendo?- La voce di Viky le giunge come da lontano. La ignora.
-Perché?-
-Qual'è l'opposto di un ragazzo debole e spaventato che mi vuole morto?-
-Uno impavido e dotato che sarebbe pronto a dare la vita per te.-
Sente suo padre sorridere, anche se non lo vede.
-È molto più facile insegnare alle persone ad odiare qualcosa piuttosto che ad amarla.-
-Ma a quale scopo se è il contrario di ciò che vi serve?-
-Perché i nostri opposti, Grace, sono ciò che c'è dall'altra parte di questo specchio. Ciò che ti sta trascinando in questo momento è il tuo stesso riflesso. È una Grace sfrontata ed impertinente, estroversa, una Grace che vuole bene a suo padre e odia l'Ombra che si è portata dietro.-
-Grace!- dall'altra parte Viky è tesa come una corda.
-E poi ero io a non doverla distrarre.- commenta Torak.
-Sta minacciando Oscar.- abbozza Grace anche se non è del tutto vero.
-È solo un'Ombra ed è lì con te sopratutto per proteggerti.-
Lancia un'occhiataccia alla Custode prima di tornare a concentrarsi interamente su suo padre.
Fissa il suo riflesso nello specchio.
-Se quella è la Grace che vorresti- dice -allora perché sono ancora qui? Perché non mi hai ancora lasciata andare? Lo hai fatto con i miei fratelli, non è così?-
-Perché vedi, quella Grace, a differenza di te, è debole. La sua padronanza delle Arti del Fuoco è scarsa. Quella Grace è tutt'altro che discreta, tutt'altro che acuta.-
-Potresti sempre spingermi ad odiarti.-
-Sono quindici anni che ci provo.-
Grace spalanca gli occhi. Fissa nello specchio quelli del padre, scuri e grandi come i suoi.
-Con i tuoi fratelli ci sono riuscito. Ho cresciuto i miei figli come non volevo in attesa del momento di avere ciò che invece desideravo. Ma tu... quella che sembrava la più debole, tu non mi hai amato, non hai condiviso i miei pensieri, ma non mi hai mai disconosciuto come padre come i tuoi fratelli, non mi hai mai temuto davvero. Con te posso fare un lavoro decisamente migliore. Tu puoi essere una Cahill oltre che mia figlia.-
Grace è troppo stupita per sapere cosa replicare.
-È dubbio quello che vedo?-
Non risponde.
-Vedi, non ho alcun bisogno della Grace nello specchio. Ho già quella delle due che preferisco.- Le sue dita forti le accarezzano le spalle.
Prova a ritirare il braccio per farlo uscire dallo specchio, ma ci vuole più forza di quanto credesse.
Alza lo sguardo in cerca di aiuto, ma ha appena il tempo di vedere nel riflesso la donna angelo fermarsi alle loro spalle. Poi sente il padre irrigidirsi e sussultare. Le sue dita perdono la presa sulle sue spalle prima di diventare di pietra.
Grace viene risucchiata e poi scaraventata fuori di nuovo, da un'altra parte.
Indietreggia, scivola, cade.
Si guarda intorno. Non vede altro che il proprio riflesso, ripetuto all'infinito in ogni direzione.
Le viene la nausea. Sente il corpo pesante e la testa leggera.
Si sente strappata via da se stessa.
Anche la Grace nello studio di Viky cade a terra, si accascia come un burattino a cui vengano tagliati i fili, gli occhi spalancati nel vuoto.
.
-Ho sentito qualcosa!- esclama Talia.
-L'ho sentito anch'io.- conferma Noah alzando lo sguardo su suo padre.
-Veniva dalla Prigione degli Specchi.- conferma Lucifer balzando in piedi e correndo fuori dalla stanza.
Di guardia alla Prigione c'è solo Kara. Si fa subito da parte appena vede il marito entrare nella stanza e lui corre ad aprire la porta che dà sulla Prigione.
Al centro del pavimento c'è quella che sembra una bambina.
Lucifer usa i suoi poteri di occultatore per eludere il potere degli specchi, poi entra nella sala e raggiunge la figura. La solleva facilmente e la porta fuori.
-È Grace!- esclama Talia riconoscendola per prima -Grace Cahill.-
-Come ha fatto ad arrivare qui?- chiede Noah.
-I Cacciatori- risponde il padre -devono essere riusciti a salvare parte dello specchio di Cleo.-
-Ma avevate detto di averlo distrutto.- osserva il ragazzo rivolgendosi soprattutto alla madre -La mattina dopo Halloween.-
-Così credevamo.- conferma Kara -Edgar stesso se ne è occupato, ero presente.-
.
-Ancora nessuna notizia di Mirta e Irvan?- chiede Derek entrando nel soggiorno con i capelli ancora bagnati per la doccia appena fatta e gli occhiali storti sul naso.
Jared è appollaiato sul davanzale di una finestra, lo sguardo fisso su una grossa quercia che si staglia sulla linea dell'orizzonte. Scuote la testa. -No, né dalla Colonia, né dalle Custodi, né da... nessun altro.-
-È ancora presto.- afferma il ragazzo seduto sul divano senza staccare lo sguardo dallo televisione, l'attenzione quasi totalmente concentrata sul videogioco che lo ha assorbito, le dita strette su un controller.
Jared gli lancia un'occhiataccia che non viene notata. L'immortale che li ha affiancati ad Halloween non li ha più lasciati da allora. Li ha ricondotti a casa di Derek e ha preteso che rimanessero lì senza dare loro una spiegazione.
Rientrare a Victoria è orami impossibile viste le misure di sicurezza, anche se eclissi forzate e attacchi dei Cacciatori continuano. Jared comunque è abbastanza sicuro che troverebbe un modo, magari con l'aiuto della Colonia. Sarebbero certamente più al sicuro che in un comune appartamento.
-Quand'è che smetterai di ripetere "è ancora presto" in risposta alle nostre domande, Dino?- chiede l'illuminatore.
L'immortale aspetta che il suo personaggio nel videogioco sia colpito a morte prima di rispondere -Dipende dalle domande.-
Derek si ferma dietro al divano. -A che serve avere a casa un immortale se non si può sapere niente in anticipo?-
Dino inarca le sopracciglia. -Io non posso prevedere il futuro.-
-Ma conosci qualcuno che può.-
-Decisamente.-
-E?-
-Mi ha detto che mi avresti concesso una partita.- afferma lanciando a Derek un altro controller che l'allievo della Terra prende al volo.
Derek non può fare a meno di sorridere. -E chi vincerà?-
-Siediti e scoprilo.-
Jared li guarda mentre si immergono in una partita estremamente combattuta. Non può fare a meno di pensare che il suo migliore amico e all'immortale si somiglino. Non fisicamente, hanno una corporatura e dei tratti decisamente diversi, ma nell'atteggiamento: nel modo di tenere curve le spalle ma dritto il collo, della precisione con cui le loro dita di muovono senza bisogno dell'ausilio degli occhi, da come socchiudo gli occhi e stringono le labbra quando si concentrano.
Dino si muove in casa di Derek e si rivolge a Jared come se si conoscessero da sempre, o come se qualcuno gli avesse parlato di loro per moltissimo tempo.
Gli starebbe simpatico se non stesse facendo da cane da guardia?
Si alza dal davanzale e si posiziona dietro al divano, le mani sul bordo dello schienale. Si concentra sul controller di Dino disattivandolo per pochi secondi alla volta.
Derek vince la partita.
-Ma non è possibile!- protesta l'immortale -Ti avevo in pugno, io ho sparato per primo!-
Derek sorride. -E io ho usato il bonus.-
-Quale bonus?-
-Eh...- fa il ragazzo della Terra -È un segreto. Però potremmo rigiocare e potresti tentare di scoprirlo.-
-Non ci sono bonus- insiste Dino imbronciandosi.
Jared si chiede quanti anni abbia. Quando è serio sembra quasi adulto, ma adesso quasi un bambino.
-Ce n'è uno.- conferma l'illuminatore chinandosi in avanti -Continua a provare Sauro.-
Dino non sembra affatto sorpreso del soprannome.
___________________
Et me voilà!
Sono così felice! Voi?
Allora, allora, cosa mi dite di questo primo capitolo senza Mirta e Irvan?
Funge più che altro da prologo, ma l'ho chiamato diversamente sia perché negli altri due non c'è un prologo sia per fare capire quanto passa (più o meno) dalla fine di Presente.
Voti e commenti sono come al solito ben accetti xD.
A domenica prossima,
Artemide
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top