- 4 - Memorie di una liceale

La campanella della ricreazione arrivò come un paladino dall'armatura sferragliante a spezzare il sortilegio del sonno della lezione di biologia.

«Mi devi raccontare che ti è successo stamattina...» volle sapere Michela.

«Dopo... adesso ho fame. Dov'è che vendono i panini, qui?» chiese Flavio.

«Mi prendi in giro? Nello stesso posto di sempre, suppongo!»

Flavio la spintonò perché la facesse uscire dal posto.

«Andiamo allora, portamici... presto!»

«D'accordo...» acconsentì perplessa Michela.

Dopo aver preso da mangiare si diressero al cortile per fare colazione in un posto tranquillo. Mentre avanzavano nel fiume di studenti che si riversavano all'aperto, un ragazzo si avvicinò a Flavio con un sorriso stampato sul viso.

«Ehi, bell'interrogazione, Claudia... per voti così vorrei avercelo anch'io il ciclo!» disse.

Flavio smise di masticare e con gli occhi sgranati alzò lo sguardo verso quello sconosciuto tanto alto e vicino da fargli ombra. Michela si infilò di forza tra lui e Flavio.

«Marco, sei un deficiente... lasciala stare!» lo scacciò.

Mentre si allontanava scortato da Michela, Flavio si voltò a rispondergli.

«Te lo auguro, ho il sentore che qualche seria possibilità esista...»

Trovarono un angolo in disparte e sedettero su un muretto dove Michela riprese il discorso. «Devi avere proprio fame! Mi dici che hai oggi?»

«Stamattina non ho fatto colazione...» rispose Flavio con la bocca di Claudia piena di focaccia e mortadella.

«Avevo immaginato... e immagino anche che ti manca parecchio per il ciclo.»

Flavio guardò Michela con un'espressione di smarrimento e disagio.

«Insomma, è stato una settimana fa, no?» ricordò Michela.

«Sì, certo, immagino di sì...»

«Immagini?» rise Michela. «Va bene che sei sbadata, ma fino a questo punto... Oggi mi stai quasi stupendo. Sei venuta a scuola in tuta – e in ritardo! –, cammini come se ti avessero ingessato il sedere, arrivi in ritardo, litighi con il professore e prendi dieci in fisica... ma come ti è saltato in mente di uscirtene con la storia della sindrome premestruale?»

Flavio si rassegnò all'idea che gli ci sarebbe voluto parecchio prima di interpretare a dovere il personaggio di Claudia.

«Perché, che problema c'è?»

«Che problema c'è? È imbarazzante! E poi non devo mica dirtelo io che quello di fisica è una carogna...»

Flavio si lasciò scappare un sorriso che Michela ricambiò in segno d'intesa. Era la prima volta che si sentiva così sciolto in una conversazione con una ragazza.

«Oltretutto, maturi come sono i ragazzi della nostra classe, voglio vedere quando ti scrolli di dosso i loro commenti, come se già da prima non attirassi troppo la loro attenzione» continuò Michela. «A proposito, non mi ero quasi accorta del trucco, stai davvero bene» aggiunse dopo una pausa.

«Grazie, ci ho lavorato parecchio» disse Flavio compiaciuto.

«Sei stata brava, un giorno magari mi insegni... è per quello che hai fatto tardi?»

«No, non è per quello...» indugiò Flavio.

«Dai, parla! Che hai fatto stamattina?»

«Non ci crederai» cedette, «ma sono andata al liceo Montecristo e...»

«Allora ci hai ripensato?» interruppe Michela eccitata. «Però...» aggiunse spegnendosi di colpo, «adesso che sei diventata un genio in fisica, forse non è più il caso di cambiare al linguistico...»

Sebbene a Michela stesse riuscendo piuttosto bene di mascherare la propria delusione, qualcosa suggerì a Flavio che ci era rimasta peggio di quanto desse a vedere.

Flavio capì perché Claudia doveva aver cambiato scuola. Era evidente che aveva grosse difficoltà con le materie matematiche, in special modo con la fisica. Inoltre, gli fu chiaro che anche Michela era coinvolta nella decisione.

«E perché no? È solo un'interrogazione...» indagò Flavio.

«Ma chissà quanto hai studiato! Se cambi sarebbe fatica sprecata, senza contare tutto l'anno scorso...»

«Ho buone ragioni per cambiare...»

«Senti, lo so che me l'hai promesso, ma non importa più. Posso sempre impegnarmi di più per rimanere qui, oppure potrei andare da sola all'altra scuola...»

Flavio ricordò come Michela considerasse Claudia la più leale delle amiche. Per quel poco che la conosceva, nel presente e nel suo futuro, Michela gli aveva mostrato un animo gentile e generoso.

Che Flavio se lo meritasse o no, quel viso delicato, punteggiato di lentiggini e incorniciato da boccoli scuri, adesso era il viso della sua migliore amica. Claudia non c'era più, né per Michela, né per lui. Consapevole che non avrebbe più fatto parte della sua vita, Flavio poteva quanto meno fare qualcosa perché almeno Michela non dovesse soffrirne la mancanza. Michela, con la sua cordialità, aveva qualcosa di incantevole. Non si sarebbe perdonato di toglierle la sua amica.

«Se te l'ho promesso ho intenzione di mantenere la mia parola.»

«Lascia stare, davvero, mi avevi promesso che saresti venuta con me al linguistico se io mi fossi trovata male qui. Non mi sto trovando male, quindi non hai niente da mantenere.»

«No, è deciso, andiamo insieme al liceo Montecristo» disse Flavio convinto che fosse l'unico modo per far conoscere Claudia al suo giovane sé stesso ed evitare di distruggere il proprio passato. «Siamo appena a inizio anno e c'è già un insegnante che mi ha dichiarato guerra. E poi, davvero, non potrei sopportare altri cinque anni a studiare fisica e matematica...»

Ripetere le stesse materie e rifare daccapo il tipo di liceo in cui si era già diplomato una volta sarebbe stato come essere bocciati ingiustamente per cinque volte. Se proprio doveva ritornare a scuola, fare qualcosa di nuovo sarebbe stata una condizione irrinunciabile.

«Sei sicura?» chiese Michela illuminandosi in viso. «Quando ti hanno bocciata avevi insistito così tanto perché ti raggiungessi in questa scuola.»

«Sì, ne ho abbastanza del liceo scientifico...»

«Che bello! Quasi non ci credo...» esultò con lo sguardo pieno di eccitazione. Con le mani al viso, fissò felice gli occhi della sua amica, inconsapevole che non era Claudia a vederci attraverso, e si avvicinò a Flavio per stampargli un bacio sulle labbra. «Ti adoro!» aggiunse abbracciandolo.

Flavio non se l'era proprio aspettato. Nessuna ragazza lo aveva mai baciato sulla bocca. Colto di sorpresa, sentì l'emozione palpitargli in petto e travolgerlo quasi fino ad annebbiargli la mente.

«Ehi, Cla', che hai?» si impensierì Michela. «Non avrai già cambiato idea di nuovo?»

Flavio cercò di calmarsi dicendosi che, per quanto fosse la sua prima volta, non c'era motivo per ingigantire la cosa. Era solo un bacio tra ragazzine, ne aveva visti tanti quando andava a scuola.

«Niente... eh... no, tutto bene.»

«Non preoccuparti per le materie nuove» disse, «la più difficile secondo me è il francese. Ma stavo pensando che potremmo scegliere di fare tedesco, invece.»

Flavio non era d'accordo. Gli sarebbe piaciuto imparare il francese, anche perché sapeva quanto lo sviluppo dell'Africa francofona avrebbe reso quella lingua utile in futuro. Inoltre, conosceva già il tedesco e poco aveva bisogno di farsi confortare riguardo allo studio.

«E perché? Il francese si parla molto di più all'estero» rimarcò Flavio.

«Ma ha una pronuncia assurda! E se vogliamo metterla sul piano dell'utilità, il tedesco... offre un mercato lavorativo ad altissimo livello.»

«Che?» sorrise Flavio. «"Offre un mercato lavorativo ad altissimo livello"? È la pubblicità di qualche corso di tedesco in fascicoli per caso?»

«Anche fosse...» tergiversò Michela imbarazzata, «qualcosa di vero ci sarà, no?»

«Nelle ex colonie in Africa serve il francese, non il tedesco.»

«E che ci dovrei andare a fare in Africa?»

«Tu fidati...»

«Mi fiderei... se i francesi per parlare usassero la bocca invece del naso» disse scoraggiata Michela.

«Andiamo, non può essere poi così male» cercò di rincuorarla Flavio. «Ti assicuro che ti andrà bene.»

«Come fai ad assicurarmi una cosa del genere? Se poi non ci riesco?»

«Se dovessi avere qualche problema, allora ti aiuterò io!»

«Beh, se sapessi che sarai una studentessa migliore di quello che sei stata finora mi sentirei più tranquilla...» confessò Michela. «Ma dai, va bene, è anche giusto che scelga tu la terza lingua dopo che ti ho rotto tanto le scatole!»

«Figurati! Non mi hai rotto le scatole...»

«Quando ieri sera non ti sei fatta vedere, ho pensato che ce l'avessi con me per averti parlato del Montecristo. Non mi hai risposto nemmeno al cellulare...»

«Ah, ieri sera...» Flavio ricordò che Claudia aveva in programma di uscire con degli amici. «Perdonami, sono crollata di stanchezza. Ho voluto riposare e ho spento il cellulare. Tu non c'entri, giuro.»

«E non te la prenderai nemmeno quando sentirai la mancanza degli amici che hai fatto qui?» chiese Michela, preoccupata.

«Quali amici? Questa fossa di maschietti immaturi? Ma nemmeno se gli venisse il ciclo a tutti quanti!» rise Flavio, considerando che stare in un ambiente più femminile sarebbe stato un gradevole cambiamento nella sua vita.

«Grazie Cla', lo so che lo dici per lasciarmi tranquilla. Non potrai più vedere Marco tutti i giorni... insomma, cominciava a piacere anche a me» confessò Michela con un risolino imbarazzato.

«Che? Quello che ha bisogno di diventare donna per prendere dieci?» si sorprese Flavio nello scoprire che quel tipo potesse piacere a Claudia.

«Beh, siccome ieri sera non c'eri, abbiamo parlato parecchio, io e lui. Ho cominciato a capire cosa ci trovavi...»

«Dì un po', ti piace sul serio?» si incuriosì Flavio.

«Io... ecco...»

«Rilassati» rise ancora Flavio, «ho realizzato che non è proprio il mio tipo. È tutto tuo se vuoi.»

«Ma fino all'altro ieri eri tutta Marco qui, Marco là...»

«Bah, che vuoi, non mi dà più una buona sensazione. Non te lo consiglierei, ma se ti interessa...» Flavio si sforzò di ammiccare a Michela, tuttavia si stupì nel constatare che l'idea di vederla correre dietro a un ragazzo gli provocava un certo disagio.

Udirono il suono della campanella e smontarono dal muretto.

«Ricreazione finita. Dai, torniamo dentro» disse Flavio.

«Quanta fretta, sei ansiosa di rivedere i tuoi futuri ex compagni di classe?» chiese Michela mentre si incamminavano.

«In un certo senso... sono curioso.»

«Curioso?» rise Michela.

«Eh... sono curiosa, volevo dire» si corresse Flavio, accorgendosi di avere abbassato troppo la guardia.

«Ah, e per cosa?»

«Non saprei, di preciso... hai notato come mi guardano i ragazzi?»

«Non è una novità, oggi poi con quel trucco sei particolarmente carina.»

«Già...» concordò Flavio, sentendo una sorta di sicurezza di sé che non aveva mai provato prima.

Finite le lezioni Flavio scoprì che Michela e Claudia avevano di recente ripreso la consuetudine di camminare insieme verso casa all'uscita di scuola, giacché erano di nuovo studentesse nello stesso istituto.

«Davvero, Claudia, hai qualcosa che non va: cammini come se avessi le gambe di cemento o come se ti avessero bastonata» si preoccupò Michela.

Flavio non poteva dirle che camminava così perché in realtà era un uomo. Ma, in effetti, sentiva il suo nuovo corpo stranamente affaticato.

«Hai ragione, ho i muscoli un po' indolenziti, forse per la camminata di stamattina...»

«Ma dai! Tu che ti stanchi con una passeggiata? Anche se non andiamo a lezioni di ginnastica da un pezzo mi pare che tu ancora ti eserciti, o no?»

Era vero, Flavio ricordò come Claudia gli aveva raccontato del suo passato da ginnasta. Ricordava anche come nel corso degli anni si fosse sempre mantenuta in forma con il ballo, le arti marziali e approfittando di ogni occasione per fare sport. Qualcosa di anomalo gli stava procurando quei dolori.

«Sì, certo...» rispose, «devo aver fatto qualche sforzo sbagliato.»

«Evita di fare cose strane, se ti riesce...» si burlò Michela mentre si fermavano davanti a casa di Claudia, poi gli diede un bacio sulla guancia. «Ci sentiamo dopo pranzo per l'iscrizione al linguistico. Riposati» lo salutò, sfiorandogli la mano prima di allontanarsi.

Anche nel salire i quattro piani che lo separavano da quella che ormai era casa sua, Flavio volle fare a meno dell'ascensore. Voleva constatare quale fosse il motivo dei dolori che provava ad ogni passo che faceva. Sul punto di pentirsi di non aver evitato le scale, giunse alla porta con le articolazioni delle gambe al limite della sopportazione.

«Ciao, Claudia, l'architetto sta per arrivare» lo accolse la tata, che conosceva come "la signora Giulia".

L'aveva vista qualche volta a casa di Claudia, quando andava a darle ripetizioni di matematica. Era una donna dai modi gentili, paffuta e coi capelli screziati di grigio. Per quel che Flavio ne sapeva, teneva in ordine la casa in cui Claudia viveva con suo padre Fabrizio, lavorandovi ad in intervalli strategici durante la settimana da quando i genitori di lei si erano separati.

«Quale architetto?» chiese Flavio intontito dalla fatica.

«Tuo padre! Ma dove hai la testa?» disse la donna togliendo una teglia dal forno. «Mi ha detto che è da ieri sera che stai saltando i pasti e di non farti andare via per nessun motivo. Ti ho fatto la pizza...» sorrise bonaria.

Per quanto non fosse mai andata a trovarlo da Aziz, Claudia gli aveva detto una volta che la pizza era il suo cibo preferito.

«È il mio piatto preferito...» belò Flavio a sé stesso.

«Certo che lo è! Te l'ho fatta apposta. Povera bambina, come farai a migliorare a scuola se non ti nutri...» chiocciò la signora.

Flavio si trattenne dallo sbandierare che la povera bambina che doveva migliorare a scuola era quasi arrivata alla laurea con lode in scienze statistiche.

«Veramente oggi ho preso dieci in fisica!» contestò determinato.

«Che bella notizia, sei sempre stata così brava in ginnastica. Speriamo che quest'anno ti vada bene anche in matematica, però!»

«Non è mica banale educazione fisica, signora Giulia, ho fatto esercizi sull'energia cinetica...» cercò di spiegare Flavio.

«Beh, allora visto che hai sudato è meglio che ti cambi quella tuta.»

«Ma no, guardi che non ho sudato...»

«Hai un'aria così stanca!» sospirò la donna. «Dammi retta, con una doccia veloce torni come nuova.»

«Lasciamo perdere, non importa... grazie, signora Giulia, arrivo subito.»

«Brava, tesoro. Vai pure mentre io apparecchio.»

Flavio si chiuse in camera da letto e si tolse la tuta, non certo per ubbidire alla tata, bensì per verificare allo specchio se avesse gonfiori o infiammazioni nei punti in cui si sentiva indolenzito.

Nonostante certi movimenti gli costassero tanto dolore da renderlo zoppo, esternamente non si vedeva alcunché. Niente di anormale, era solo affaticamento muscolare, come se avesse fatto una corsa campestre senza essersi mai allenato.

Mentre osservava i propri movimenti riflessi allo specchio, provò a camminare assecondando i muscoli stanchi, evitando di contrarli e utilizzando invece le fibre riposate del corpo. Guidato in modo severo e implacabile dalla propria stanchezza fisica, trovò presto un'andatura che gli permetteva di muoversi senza fastidi, usando solo i muscoli riposati. Sentiva quell'andatura insolita, strana e ridicola, ma non poteva fare altrimenti, se voleva continuare a camminare. Si guardò ancora allo specchio e scoprì che quei movimenti che sentiva tanto improbabili formavano in realtà la perfetta andatura che ricordava in Claudia.



Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top

Tags: #riflessi