- 11 - You Take My Breath Away
Flavio era contento di avere incontrato una ragazza amichevole come Flavia. Considerava quell'incontro uno dei momenti più belli della sua giovane vita. Non che la gara tra i suoi bei momenti fosse particolarmente affollata o agguerrita, ma significava comunque molto per lui.
L'attenzione di una ragazza così eccentrica e vitale per certi versi, acuta e matura per certi altri, lo aveva scombussolato, come minimo. Era così scombussolato da avere contemplato l'idea irrazionale che quella ragazza avesse un legame speciale con il suo destino. Così scombussolato che, non avendola rivista in più di dieci giorni, si sentiva inquieto come lo sarebbe stato Fabrizio nello scoprire come sua figlia impiegava i fine settimana. Così scombussolato che aveva preso ad aspettarla all'incrocio cui erano scesi insieme, senza capire se lo rendesse più nervoso la possibilità di incontrarla o quella di non incontrarla.
Non aveva idea di cosa avrebbe potuto dirle. Non era mai stato un tipo da conversazione occasionale. E nemmeno da conversazione studiata. Ma dato che era lì per strada, piantato alla fermata, di primo mattino, a più di mezz'ora dall'inizio delle lezioni senza fare niente, valutò che fosse sensato rifletterci su.
Non voleva sembrare precipitoso e dirle tutto quello che sentiva. Non ne sarebbe stato comunque capace, ma doveva pur farle capire che gli piaceva.
Cominciava già a sudare freddo al pensiero.
Stava pensando che più di una volta aveva sentito dire che alle ragazze piacevano i complimenti sulle scarpe, quando, in mezzo a un torrente umano appena riversato da un autobus, scorse una figura passargli oltre e stravolgergli le pulsazioni.
«Flavia!» la chiamò.
Flavia era entusiasta. Aveva guadagnato bene il suo primo giorno in discoteca, meglio di quanto le era mai riuscito prima di morire. Era allegra soprattutto perché l'esperienza era stata molto meno orribile di quanto aveva temuto. Anzi, mettere in uso le capacità del suo nuovo corpo era stata un'esperienza affascinante.
Così, quella mattina, aveva preso i volantini ed era uscita di buon'ora con l'intenzione di farsi un giro per le scuole vicine e scovare ragazzi con voglia, soldi e stile sufficienti a ingrossare le fila dei frequentatori del Reflections.
Aveva cominciato ben presto a notare una moltitudine di particolari nell'atteggiamento, nell'abbigliamento, nella parlantina dei ragazzi; particolari che le erano sempre sfuggiti e ora si domandava come avesse potuto ignorarli per tutta la sua vita precedente. Udì la sua vecchia voce chiamarla alle spalle e scorse nella tensione di quel suono una risposta alla sua domanda interna.
Si bloccò di colpo a quello schiamazzo inaspettato e si voltò a guardare. Eccola lì, la sua vita precedente, che aveva appena interrotto il suo slancio volto ad allietare le sue tasche. O la sua borsetta.
«Guarda chi si vede!» gli disse circondandogli il collo con le braccia. Le era mancato, era il suo unico contatto con la realtà reale. Avrebbe voluto dargli coraggio, avrebbe voluto tirare su il morale al proprio passato. Avrebbe voluto raccontargli che nel futuro sarebbe stato in grado di compiere cose incredibili, come ballare e farsi pure pagare per farlo.
Flavio gli sembrò un po' lento nell'assimilare la confidenza e i modi effusivi che gli stava dedicando. In fondo, per lui era ancora una ragazza appena conosciuta, ma era certa che gli fosse un'esperienza gradita.
«Ti stavo aspettando» le confessò. «Era un pezzo che non ti vedevo. Mi chiedevo cosa ti fosse successo.»
Flavia provò imbarazzo nel sentire quelle parole così appiccicose, soprattutto perché una volta erano state le sue. Sarebbe stata felice di potersi raccontare i successi che stava ottenendo. Tuttavia aveva in mente un discorso più urgente da affrontare con Flavio: doveva scoprire quanto potesse aiutarla a recuperare la vita perduta.
«Non immagini che periodo! Accompagnami, così parliamo un po'.»
Già imbambolato, Flavio s'incamminò con lei. Sentiva la mente sbiadire nel bianco e, prima che i suoi pensieri si facessero inghiotire da una nebbia impenetrabile, immaginò che sarebbe stata una buona idea farle il complimento che si era preparato.
«Ehi, Flavia, sono davvero carine le tue...» guardò in basso e vide con orrore le scarpe da tennis di Flavia. «...scarpe» terminò con voce strozzata.
«Sono scarpe da ginnastica...»
«Già...» rantolò Flavio.
«Come le tue.»
«Già...» ansimò ancora.
«Si vede che abbiamo gusti simili!» disse allegra Flavia.
«Eh... sì... ma certo!» confermò Flavio sforzandosi a fondo per non sembrare uno che sceglieva le scarpe unicamente secondo comodità e prezzo.
«Mi piacciono perché sono comode per andare in giro, e poi costano poco» aggiunse Flavia.
Flavio era stregato.
Era stato uno scemo, ma Flavia non gli sembrava a disagio. Anzi, era come se gli potesse leggere dentro.
Flavio ricominciò a fantasticare sull'esistenza di un legame speciale tra loro. Per quel che ne sapeva, potevano essere anime gemelle, qualunque cosa volesse dire quell'espressione. Sentiva che poteva essere così, anche se non aveva mai creduto a certe cose.
«Sei una persona originale.»
«Perché mi piacciono le scarpe comode?»
«No, perché hai un modo di fare che non avevo mai visto prima.»
«Ah, no, per carità! Ti ringrazio del complimento, ma credimi se ti dico che tra noi due quello originale sei tu.»
Flavio sorrise incredulo. «Ne sei certa?»
«Mmm...» dubitò Flavia con una smorfia. «No.»
Sembrava seria, e Flavio non si era aspettato quella risposta. «Come?! Non ne sei certa?»
Flavia ponderò, per esperienza personale e con un ingombrante senno di poi, che aspettarsi l'impossibile rendeva più facile affrontare le sorprese della vita.
Nel ripensare a quanto le era capitato, si rese conto che una nausea soffocante si stava facendo strada nel suo corpo. «Io credo che solo con l'incertezza si possa arrivare alla saggezza... ma non ne sono tanto sicura» disse, nel tentativo di distrarsi.
Flavio si lasciò andare a un sogghigno, e Flavia non si preoccupò di quanto il discorso potesse sembrargli ingenuo. Per quanto incongruente fosse il paradosso, di certo era riuscita a esprimerlo con una congruenza impeccabile.
«Aspiri alla saggezza?» chiese Flavio scettico.
Flavia sentiva il proprio malessere diventare più intenso. Ormai aveva riconosciuto i sintomi di quanto le stava capitando e cominciò a guardarsi intorno nervosamente.
«Ci sono tante cose misteriose, cose che non riusciamo a capire» disse. «Con un po' di saggezza in più forse un giorno potrò spiegarmele.»
«Che tipo di cose?»
«Aspetta, andiamo di là, devo entrare in tabaccheria» cambiò direzione. Riusciva a stento a mascherare la fretta, avrebbe voluto darsela a gambe al solo pensiero di come si era sentita l'ultima volta nel bagno della scuola. Si era sentita morire, e in fatto di sentirsi morire, ne sapeva davvero più di chiunque fosse ancora vivo.
«Non ti sei mai chiesto se ci sia qualcosa oltre la vita?» continuò, prendendo fiato fino in fondo prima di parlare di nuovo e cercando di dissimulare l'ansia che le si arrampicava in corpo. «Io ultimamente sì.»
«Io invece no... Tu per caso sei di quelli che credono in cose tipo reincarnazione o vita dopo la morte?»
Flavia ci pensò un attimo mentre erano in fila alla cassa. «Non lo so.»
«Come non lo sai? Che vuoi dire?»
«Io credo nella vita prima della morte» precisò, poi chiese sigarette e accendino al negoziante.
«Ma è ovvio!» rise Flavio.
L'uomo alla cassa si era voltato a prendere un pacchetto dal letale scaffale di sinistra quando Flavia lo fece fermare col braccio a mezz'aria.
«Aspetti!» sbraitò più delicatamente che poté. «Le dispiace darmene uno di quelli a destra?»
Il negoziante le indirizzò uno sguardo seccato. «Guarda che sono le stesse»
«La prego... mi sentirei più tranquilla...» insistette Flavia con gli occhi puntati sui poster dissuasivi.
La maschera di antipatia del negoziante proiettava un'energia oscura che Flavia decise di combattere con una immagine di candore ingenuo. Con la coda dell'occhio poteva vedere che Flavio seguiva la scena a palpebre strette, come se stesse proteggendo gli occhi dalla tensione irradiata dalla battaglia psicologica. Alla fine Flavia la spuntò, ottenne che la transazione commerciale si concludesse secondo il suo volere e uscì vittoriosa dal negozio insieme a Flavio.
«Che cosa è ovvio?» riprese Flavia mentre armeggiava con la confezione appena comprata.
«Beh... tutti sono capaci di credere alla vita prima della morte!»
«Non nel modo in cui ci credo io...»
«Perché, che modo sarebbe?»
Flavia era finalmente riuscita ad accendersi una sigaretta. «Preferisco non dirtelo, mi prenderesti in giro» disse prima di aspirare una boccata di fumo. In un istante, la nausea iniziò a mollare la presa e il suo viso tornò a rilassarsi.
«Perché dici così?» chiese Flavio.
«Sei un tipo razionale, tu. Se ti dicessi come la vedo diresti che le mie sono idee superstiziose o esoteriche.»
«Forse hai ragione» accettò Flavio. «A quanto ho capito sei il tipo che crede nei misteri, nella magia, e cose del genere.»
«Ogni tecnologia sufficientemente progredita è indistinguibile dalla magia, no?» citò Flavia.
«Sì, ma non tutti i tipi di magia sono per forza possibilità scientifiche.»
«E chi lo sa...» rispose Flavia quasi a sé stessa. A quanto le pareva, il suo passato sé stesso non avrebbe potuto aiutarla molto a recuperare la sua vita; era completamente all'oscuro di reincarnazioni e viaggi nel tempo, Flavio non sapeva niente che non le fosse già noto. Lo guardò con un sorriso e realizzò che, nei suoi ultimi sei anni di vita e di morte, aveva cambiato parecchio idea sull'argomento.
Quando i due si separarono per andare a scuola, la sigaretta di lei era ancora a metà. Flavia la gettò via certa che non ne avrebbe più avuto bisogno e, disgustata dalla natura dell'antidoto, si chiese perché Flavio le facesse quell'effetto.
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