Sopravvivenza
I suoi occhi fissarono nell'oscurità a lungo in attesa. Poi dopo pochi minuti percepì un respiro sempre più regolare. Anche se non poteva vedere, era consapevole che l'elfo erasprofondato nel sonno: le sue orecchie avevano ormai sostituito la vista da molto, molto tempo . Distese leggermente le gambe per mettersi in una posizione più comoda e poi tornò a guardare le vivaci fiamme che avevano acceso quando erano arrivati, lasciando che le scaldassero il volto. Nonostante la giornata fosse stata torrida fino al calar del sole, ora il freddo aveva avvolto nuovamente Llanowar. Da fuori non proveniva alcun suono, niente che potesse rivelare la presenza di forme di vita. Il silenzio e la morte avevano reso quel luogo un angosciante cenotafio. Se fosse stata una normale ragazza Airis avrebbe sicuramente sentito i brividi correrle lungo la schiena e lo stomaco contorcersi dalla paura. Se fosse stata una normale ragazza, appunto. Si scostò un ciuffo dal viso e sorrise malinconica: fin dal giorno in cui si era allontanata dal suo villaggio non aveva mai abbandonato la via della spada. Quando era entrata nell'esercito l'unica cosa che le avevano fornito era stata una casacca di lino nera, un paio di stivali in pelle logori e una raccomandazione : mai tremare, mai temere la morte . E lei non l'aveva temuta, nè durante gli estenuanti allenamenti, nè sul campo di battaglia. Neppure quando aveva ucciso il suo primo nemico aveva avuto paura. Se fosse rimasta nella sua terra natia, avrebbe condotto una vita tranquilla come quella di una semplice donna del popolo.
"Evidentemente non era questo il mio destino."
Scosse la testa come per scacciare quei vecchi ricordi e tornò a fissare l'elfo. Lo sentiva ansimare e agitarsi, in preda a chissà quale incubo. Si avvicinò e delicatamente pose la mano sulla sua fronte madida di sudore. "Ha la febbre, forse la ferita alla spalla si è infettata." Tastò fino a trovare il punto in cui la sua spada aveva penetrato la leggera armatura dell'arcere. Il corpo dell'elfo era continuamente scosso da brividi e il respiro si era fatto molto più affannoso. Slacciò le cinghie dello spallaccio. Un forte odore di sangue le fece storcere il naso, costringendola a voltarsi: a giudicare dal lezzo proveniente dal taglio, la ferita era ormai in suppurazione. Airis si morse le labbra: nonostante avesse una migliore capacità di rigenerazione, di questo passo non sarebbe arrivato alla mattina. Fece per prendere delle erbe dalle tasche, ma trovò solo cenere e polvere. Era andato tutto bruciato nell'esplosione.
Un'espressione di dolore si dipinse sul volto dell'elfo. - Svegliati! - lo scosse, ma non ricevette risposta. Gli tirò su il capo e il suo corpo sussultò, scosso da uno spasmo. Airis aveva visto milioni di soldati morire in quel modo dopo giorni o settimane di atroci sofferenze. In quel caso i sacerdoti e i guaritori davano ai feriti una miscela di latte e fiori di papavero in modo da attenuare il dolore, ma nulla potevano contro quel male. Lo scosse ancora, mettendoci più vigore
-Ledah! Ledah svegliati!- gli occhi dell'elfo si aprirono debolmente. Le pupille erano dilatate a causa della febbre e le labbra erano secche, increspate. Tentò di parlare, ma le parole gli rimasero in gola.
-Ascoltami, rimani con me va bene? Assolutamente, non devi chiudere gli occhi.- Ledah mosse debolmente la testa in segno di assenso. Continuò – Non ho intenzione di mentirti. Hai la febbre molto alta e se non troviamo qualcosa non sopravviverai alla notte. Hai qualcosa con te che ci possa dare una mano? Un'erba, un qualcosa?- nella voce sempre controllata della guerriera si avvertiva una nota di preccupazione. "Dannazione!" Sentì la mano dell'elfo scivolare e cadere a terra con un tonfo. "Ha perso conoscenza!" scosse nuovamente quel corpo piagato ed esangue, cercando in tutti i modi di svegliarlo ma ogni tentativo fu vano. Tirò un pugno alla parete, ferendosi le nocche con la fredda pietra.
Inspirò profondamente, cercando di riprendere la calma. Ripensò a tutte le cose che aveva imparato durante l'addestramento nell'esercito e sul campo di battaglia. Si guardò intorno; i tizzoni del fuoco che avevano acceso continuavano a riscaldare la caverna con un leggero tepore. Estrasse la sua spada,immerse la lama sotto la brace ardente e attese che diventasse incandescente. L'artigiano che gliela aveva forgiata le aveva detto che ci aveva messo cento giorni per far raffreddare quell'acciaio e che ce ne sarebbero voluti altrettanti per farlo fondere.Sorrise e si inginocchiò all'altezza dell'elfo, l'elsa della spada stretta in mano. "Forse è meglio che non sia cosciente di ciò che stò per fare". Avvicinò la punta alla ferita infetta. Un urlo risuonò nel silenzio della notte.
Un forte odore di carne bruciata aveva invaso la caverna. Dopo avergli cauterizzato il taglio, Ledah era svenuto di nuovo. Airis posò la mano sulla sua fronte: la febbre era ancora alta per considerarlo fuori pericolo. A tentoni sfilò la borraccia che l'elfo portava alla cintola e la scosse constatando con grande delusione che era vuota. L'unica soluzione era uscire a cercare il torrente dove si erano abbeverati quel pomeriggio.
"Dovrebbe essere poco distante da qui." Non appena uscì dalla grotta si tolse quel che rimaneva delle caviliere e dei gambali e cercò di penetrare il silenzio sepolcrare che l'avvolgeva. Da sud-est, a poche miglia da dove si trovava percepiva un mormorio. Si mise in cammino a piedi nudi, seguendo quel flebile suono finchè non sentì la familiare sensazione di fango e muschio sulla pelle. Lo scrosciare del torrente in quel momento le sembrava la musica più soave che avesse mai sentito. Strappò un pezzo della veste e la immerse nel ruscello, concentrandosi sui suoni ritmici che la circondavano. Lo stormire delle foglie. Lo scrosciare delle acque. L'eco che esse producevano. Quando la pezzuola fu completamente bagnata, immerse le mani nel fiume, beandosi di quella sensazione di refrigerio. Improvvisamente, sentì uno strano calore incendiarle la gola e poi un pensiero si fece strada nella sua mente.
"Ho sete."
Si portò dell'acqua alle bocca, ma il liquido cristallino non sortì alcun effetto. "Ho sete...tanta sete" bevve ancora e ancora e ancora. Conosceva quella voglia, quello spasmodico bisogno. Si passò la lingua sulle labbra, immaginando il collo di Ledah, così bianco e fragile. Le immagini si confusero e la mente corse agli occhi spalancati di tutti quelli uomini, ai loro sguardi colmi di terrore, e poi ancora più indietro fino alla stanchezza mortale che le aveva invaso le membra quel giorno, al liquido caldo e denso che le era scivolato sulle labbra cianotiche.
"No!" scosse la testa e la affondò nell'acqua, sperando che le penetrasse dentro, che la lavasse da quell'oscura fame. Tremava come ogni volta, quando combatteva contro quell'istinto animale che pareva scorticarle l'anima. Strinse i pugni, concentrandosi sul battito frenetico del suo cuore. Trascorsero alcuni istanti che parvero un'eternità. Lentamente il freddo dell'acqua si diffuse nel suo corpo, inabissando quel pensiero ossessivo. Non appena riemerse, inspirò a pieni polmoni, alzando lo sguardo verso la luna, nel tentativo di scaldarsi alla sua fredda luce. Era da anni che non vedeva l'astro notturno, chissà se anche adesso era come la ricordava, splendida e lontana come la più bella delle dee.
Stava riempiendo le due borracce che si era portata con lei quando sentì un brivido correrle lungo la schiena e una voce che la chiamava.
Airis...vieni...Le sue gambe procedettero verso un punto imprecisato dello spazio, mosse da un volere oscuro. Airis non tentò nemmeno di opporre resistenza, sapeva che era perfettamente inutile, così si fece guidare. Il silenzio che la avvolgeva interrotto solo dai suoi passi le rendeva impossibile capire dove stesse andando. Camminò per svariati minuti, finchè il potere non abbandonò il suo corpo. Il suono abbastanza vicino del torrente la tranquillizzò: non si era allontanata molto. Volse il capo in ogni direzione, i sensi tesi fino spasmo. Sentì una gelida fitta al petto.
"Non temere e non tremare davanti alla morte" pensò mentre un freddo innaturale le invadeva le ossa. Poi una mano leggera come un soffio di vento le accarezzò la pelle delle braccia e una voce femminile le sibillò all'orecchio – Buonasera carissima ragazza, mia piccola e dolce guerriera.- delle unghie lunghe scivolarono lungo il suo collo, all'altezza della gola.
- Vedo che hai anche delle doti da guaritrice. Mi stupisci ogni giorno di più.-
- Non è certamente la tua ammirazione che voglio, Lysandra. Cosa vuoi ora?- rispose Airis in tono sprezzante. La donna affondò il viso nella folta chioma della ragazza, assaporandone a fondo il profumo.
- e l'ha mai detto nessuno che hai un odore terribilemente eccitante?- scostò una ciocca di capelli bagnati dalla fronte della guerriera, – Lui potrebbe impazzire per te- chiocciò contenta. Airis si allontanò bruscamente. Il fatto di non poterla vedere la rendeva enormemente nervosa.
– Ti ho chiesto cosa vuoi da me.- il tono ancor più duro e gelido era l'unica maschera rimastole per non lasciarsi andare ai tremori. La donna avanzò verso di lei. Airis sentiva il suo sguardo che la scrutava fin negli anfratti della sua anima. Dopo un tempo che non seppe quantificare, Lysandra parlò sempre con una voce suadente, quasi la stesse pregando.
- Voglio che continui a prenderti cura di lui finchè non sarà pronto. Purtroppo il continuare a combattere contro la sua vera natura,non permette al suo vero essere di liberarsi in tutta la sua potenza.- Improvvisamente il tono divenne volitivo. Velocissima una mano la afferrò per collo e la sollevò da terra come se Airis fosse priva di peso. Sentì le unghie stringersi attorno alla gola e penetrarle nella carne. Si dimenò in cerca di ossigeno, ma ogni sforzo per liberarsi da quella presa d'acciaio era inutile. Una lingua ruvida la leccò dalla gola su, fino all'orecchio poi una voce dolce come miele sussurrò – Non provare a tradirmi Airis, non sei nella condizione di farlo. Rimanimi fedele e avrai quel che desideri.- la gettò a terra come se fosse una bambola. La guerriera tossì e si portò la mano al collo.
"Non tremare,non tremare" si ripetè a bassa voce,cercando di recuperare un minimo di controllo, mentre il suo corpo era scosso da continui tremiti. La mano artigliata di Lysandra le accarezzò la guancia.
-Bambina, mio dolce desiderio, hai paura? Tranquilla, se farai la brava non ti farò alcun male. Anzi...- abbassò la voce e leccò le ferite sul collo, strappandole un piccolo ansito – farò tutto quel che è in mio potere per farti sentire meglio.- Airis sentì come un fruscio, poi qualcosa di soffice si posò ai suoi piedi. La tastò con le dita tremanti: era una veste talmente leggera da sembrare della stessa consistenza dell'aria. Un sibilo di lama vibrò nell'aria. Poi la mano della donna premette dietro la sua nuca, costringendola ad abbassare la testa fino all'altezza del suo seno. Con un balzo, Airis si allontanò da lei.
-Cosa stai facendo demone? - la sua voce non era più velata da alcuna paura. Guardò avanti a sè, trattenendo a stento la rabbia – Non sono una bambina. Dammi quel che mi devi dare e finiamola qui per stanotte- . Per alcuni attimi non percepì alcun movimento, poi la fragorosa risata di Lysandra ruppe il silenzio .
Quanto mi fai divertire, Airis. Cerchi sempre di essere forte e imbattibile. Si vede che sei...- ridacchiò e si morse le labbra, - eri un ottimo cavaliere.-
- Sono ancora un cavaliere.- la voce di Airis si era fatta gelida e tagliente.
- Ah, sul fatto che tu sia un valoroso guerriero non ci sono dubbi, mio dolce bocciolo, - sentì come se delle mani invisibili la stritolassero, costringendola e inginocchiarsi davanti alla sua interlocutrice – ma ormai devi accettare la realtà dei fatti e smetterla di aggrapparti ai tuoi vecchi ideali.- le tirò i capelli facendole alzare il capo, – Se non mi obbedirai, ti lascerò morire di fame...e tu sai cosa succede quando non bevi per troppo tempo, vero?- un sorriso crudele le si dipinse sul volto.
Airis la guardò, gli occhi pieni di rabbia e frustrazione. Lentamente la donna la sospinse verso il suo petto. Airis titillò il capezzolo turgido e poi lo addentò, finchè i suoi denti non penetrarono nella carne. Lysandra le premette ancora di più la nuca, ansimando vicino al suo orecchio. Non appena il sapore del sangue le bagnò le labbra, un'improvvisa sete si impadronì di lei. Una sete innaturale, famelica. Strinse il seno fino a graffiarlo, gustandosi ogni singola goccia di quel nettare ferroso . Non riusciva più a pensare, la ragione aveva ceduto difronte a quell'impulso animalesco. Lysandra abbandonò la testa all'indietro in un gemito di piacere, sospirando poi in modo lascivo mentre Airis artigliava la morbida pelle della schiena. Improvvisamente una stretta ben salda la costrinse ad allontanarsi. Boccheggiò un attimo e subito dopo collassò a terra, incapace ancora di intendere e di volere. Un artiglio disegnò il profilo delle sue labbra sporche di sangue. Le giunsero alle orecchie delle parole indistinte ,poi Lysandra sparì, così come era venuta.
Rimase riversa a terra per alcuni minuti, aspettando che il manto rosso che le aveva avvolto la vista sparisse. Lentamente si alzò e con passo incerto tornò a prendere le borracce lasciate vicino al torrente. La sensazione di intorpidimento le impediva di affidarsi ai suoi sensi. Le sembra di essere in un mondo in cui i suoni e i profumi erano ovattati,difficili da interpretare. Camminò per un bel pò prima di riuscire ad orientarsi e a tornare alla caverna. Il respiro regolare di Ledah le ricordò il motivo per cui era uscita. Prese il pezzo di stoffa ancora umido e lo pose sulla sua fronte. Poi si appoggiò alla parete e si passò una mano sul viso, lo sguardo fisso sull'elfo addormentato: doveva sbrigarsi a portare a termine la sua missione.
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