Epilogo


Cinque anni dopo

«Gaia muoviti! Papà ti sta aspettando.» Gridò Delia dalla cucina. «Arrivò mamma! Sono quasi pronta.» Le urlò di rimando la ragazzina. Delia sbuffò esasperata, la puntualità e sua figlia non andavano per niente d'accordo.

Erano passati cinque anni dal loro matrimonio e la donna non poteva sentirsi più felice di così. Tre anni fa avevano deciso di trasferirsi. Erano riusciti a trovare ad un buon prezzo una villetta a schiera con un piccolo giardino e non era nemmeno troppo distante dall'ospedale e dalle scuole. Cristian doveva farsi qualche chilometro in più per andare al lavoro, ma lui sembrava felice così. Delia, su insistenza dell'uomo aveva richiesto un part-time per poter provvedere meglio alla famiglia. Non le dispiaceva fare di più la mamma, ma aveva paura di gravare troppo sul marito, era sempre stata abituata a provvedere ai suoi bisogni da sola, ma lui le ricordava ogni giorno che ora erano in due: una squadra ben collaudata. E poi i fabbisogni familiari negli ultimi anni erano cambiati....

Cristian sogghigno dal divano divertito da mamma e figlia. «Le donne ti fanno sempre aspettare! Abituati, piccolo, perché saranno la tua condanna.» Consigliò al bambino di tre anni che teneva in braccio. Il bambino, suo padre in miniatura, annuì convinto. «Daniel non devi per forza dare sempre ragione al papà!» Lo sgridò scherzosamente la madre riappropriandosi del suo bambino per fargli le coccole. «Guarda te, nove mesi ti ho tenuto in pancia e tu sei venuto fuori uguale a tuo padre!» Aggiunse riempendolo di baci. Il bambino rise divertito. «Mamma! Io tanto bene!» Le disse abbracciandola forte. «Ehi, la mamma è mia!» Cristian si alzò per rivendicare bonariamente il suo territorio. «No, mia!» Rispose Daniel stringendo le sue piccole braccia al collo della madre.

«Allora io mi prendo papà!» Gaia sbucò dal nulla e si accollò a Cristian. L'uomo si sentì pieno d'amore ogni volta che sentiva il suo scricciolo chiamarlo con quel nomignolo. Prima della nascita di Daniel era stata lei stessa a chiedergli di poterlo fare spiegando che sentiva di avere due papà. Uno che stava imparando a conoscere ed uno che si era sempre preso cura di lei. Il vigile aveva acconsentito ovviamente e in quel momento credeva di non poter essere più felice. In parte fu così, almeno finché Delia non gli comunicò di avere un ritardo.

«No! Papà mio!» Ribatté Daniel smettendo di strozzare la madre per allungare le mani verso l'uomo. Cristian baciò sulla testa Gaia. «Hai intenzione di far attendere ancora molto Enrico?» Le chiese per niente indispettito. Per quando lo riguardava, anche se si stava comportando bene negli ultimi anni, per lui rimaneva sempre un bastardo. «Mi piace farmi attendere.» Le rispose la ragazza con falsa vanità, poi raccolse tutte le sue cose e baciò entrambi i genitori. «Ciao piccolo!» Salutò il fratellino scompigliandogli i capelli. «No, Gaia resta!» Le ordinò lui facendo un musetto triste. Daniel adorava la sorella e non era mai contento quando questa doveva passare il weekend dal padre biologico. «Torno domenica sera, ok? Tu aspettami che disegniamo insieme.» Lo consolò lei prendendolo per mano. Il bimbo annuì più tranquillo. Gaia gli sorrise e salutò un ultima volta tutta la famiglia prima di correre fuori. «Ricordati di fare i compiti!» Le gridò dietro la madre, ma la ragazza aveva già chiuso la porta di casa.


Quattro anni dopo

Quindici anni per una ragazza sono un traguardo importate e questo Gaia lo sapeva bene. Si stava preparando per il suo primo appuntamento e non stava più nella pelle. Sua madre Delia le aveva dato il permesso di andare al cinema con un suo compagno di scuola. L'unica pecca è che l'avrebbero accompagnata i genitori al multisala, ed il problema ancora più grosso era che poi si sarebbero fermati anche lì fino alla fine del film per poterla riportare a casa. Come scusa usavano la voglia di Daniel di vedere l'ultimo cartone animato uscito, ma in realtà Gaia sapeva che era Cristian che scalpitava per tenerla d'occhio e sua madre aveva trovato questo compromesso per far sì che lei potesse avere il suo appuntamento.

«Sono pronta!» L'adolescente fece il suo ingresso in sala al massimo del suo splendore. «Ti sei truccata?» Le domandò subito preoccupato Cristian avvicinandosi. Lei guardò la madre in cerca di supporto. «E' un po' di matita tesoro, lo facevamo tutte alla sua età.» Intervenne Delia. L'uomo la guardò sospettoso, poi dopo qualche istante decise di dirigersi verso la macchina con Daniel borbottando "E' ancora un bambina".

Le due donne si guardarono complici. «Non prendertela. Ti vuole bene e sarai sempre una bambina per lui...» Le disse. «Lo sei anche per me, ma io sono donna e non ho un'avversità contro ogni ragazzo in pubertà che ti gira attorno.» Aggiunse sorridendole comprensiva.

***

Arrivarono al cinema con qualche minuto di ritardo. Stranamente Cristian aveva sbagliato strada, nonostante la conoscesse molto bene. «Quando è finito il film ci vediamo qua.» La istruì la madre lanciando occhiate intimidatorie al marito per non fargli aggiungere nient'altro. L'uomo era stato silenzioso per tutto il tragitto e non aveva fatto altro che stringere il volante facendosi quasi diventare le nocche bianche. «E' quello il tuo amico?» Le domando Delia notando un ragazzo della stessa età della figlia che li salutava. «Si, è lui.» Rispose la figlia ricambiando il saluto. «Vado allora, ci vediamo dopo!» Aggiunse velocemente prima che Cristian la mettesse in imbarazzo davanti al ragazzo.

«E quello dovrebbe essere un suo compagno di classe? Ha già la barba!» Borbottò l'uomo alla moglie. Delia si voltò verso di lui e lo trovò con le braccia incrociate che lanciava sguardi infuocati a quel povero quindicenne. I muscoli e le vene in rilievo le diedero ulteriore conferma della tensione dell'uomo. «Non dire stupidaggini! E smettila di comportarti da uomo delle caverne!» Lo rimproverò, ma Cristian non cambiò posizione e seguì con lo sguardo i due ragazzi finché non sparirono all'interno della sala. «Le ha comprato le caramelle! Ero io quello che le comprava le caramelle fino a ieri.» Esclamò furioso. «Non mi piace quel tipo!» Aggiunse a denti stretti. Delia sospirò rumorosamente, poi notò che anche Daniel era in piedi accanto al padre nella stessa posizione e con lo stesso sguardo truce. «Gaia mia!» Disse alla madre quando si accorse che lo stava fissando. «Bravo, ometto!» Si complimentò il vigile allungandogli una mano nella sua direzione così che il bambino poté battere il cinque. «Siete un caso disperato! Ci rinuncio!» Commentò Delia dirigendosi verso la biglietteria. Non osava pensare a quanto Gaia sarebbe stata più grande e avesse portato un ragazzo a casa. Doveva procurarsi dei tranquillanti per i suoi uomini, per evitare spiacevoli inconvenienti.


Due anni dopo

«Quindi tu hai diciotto anni.» Sibilò Cristian socchiudendo gli occhi. Delia doveva ammettere che quando faceva quella espressione poteva intimorire chiunque. «Sissignore!» Gli rispose ostentando sicurezza il ragazzo seduto davanti a lui. «E dimmi, che intenzione hai con mia figlia?» Continuò il suo interrogatorio l'uomo. Accanto a lui suo figlio Daniel ormai di 5 anni gli dava man forte squadrando il giovane sventurato. «Nessuna signore..... Siamo compagni di classe... Voglio solo accompagnarla alla festa...» Tra una parole e l'altra il ragazzo continuava a deglutire nervoso. «E' una bella ragazza non trovi?» Continuò l'uomo usando un tono più cordiale. «Certo, che lo è! E' la più bella ragazza che io conosca!» Ammise il ragazzo contento che la conversazione si fosse fatta più leggera. Tuttavia si sbagliava. Cristian si alzò di scatto in piedi sbattendo i palmi della mani sul tavolo davanti a sé. «Vuoi combinarci qualcosa ammettilo!» Gli urlò contro e il ragazzo indietreggiò insieme alla sedia spaventato.

«Ok, basta così!» Delia li raggiunse per interrompere quello stupido ed inutile interrogatorio. Aveva assistito alla scena dal corridoio insieme a Gaia che non faceva altro che mangiucchiarsi le unghie per la paura che il padre non la facesse uscire di casa. Era stata invitata ad un diciottesimo compleanno di un'amica e Fabio, il ragazzo che ora stava rischiando l'infarto, si era proposto di accompagnarla in macchina avendo già preso la patente. «Scusalo, non voleva spaventarti. Se volete andare Gaia è pronta.» Lo rincuorò Delia e il ragazzo annuì lanciandole uno sguardo colmo di gratitudine. «Non abbiamo finito!» Esclamò Cristian teso. Non avrebbe lasciato la sua scricciola nelle mani di quel depravato.

«Si, invece!» Gaia fece il suo ingresso nella stanza. Aveva comprato un abitino azzurro per l'occasione e indossava anche della scarpe con un po' di tacco. «Oh, no! No! Tu non uscirai vestita così!» Cristian si avvicinò alla figlia e cercò di nasconderla con il proprio corpo alla vista del ragazzetto. «Mamma!» Chiamò Gaia disperata voltandosi verso la madre in cerca di sostegno. «Cristian, tesoro..» Cominciò la madre pizzicandosi la cima del naso con due dita. Quella situazione la stava esasperando. «Gaia ha quasi diciotto anni. Quel vestito non ha niente che non va. Quindi ora per favore, smettila con questa sceneggiata e lascia andare i ragazzi a divertirsi.» Lo ammonì con freddezza. L'uomo anche se titubante ubbidì e lasciò passare la figlia così che potesse raggiungere il suo accompagnatore. «Allora noi andiamo!» Annunciò Gaia defilandosela il più velocemente possibile. «Ti aspetto per mezzanotte!» Si raccomandò la madre. Fabio salutò educatamente e seguì la ragazza. «E tu guida con prudenza!» Si limitò ad intervenire Cristian, non aggiungendo altro, ma nel suo tono era implicita la minaccia: "Riportamela tutta intera se non vuoi che ti ammazzi a mani nude."


Un anno dopo

Cristian guidava la sua Station Wagon lungo l'autostrada verso casa. Delia accanto a lui si sforzava di tenere gli occhi aperti per fargli compagnia durante quel viaggio notturno. Dietro di loro Gaia era impegnata in una silenziosa conversazione basata su scambi di messaggini con le sue amiche del cuore mentre il fratello Daniel appoggiato al finestrino dormiva che era un piacere con la bocca aperta. Crescendo assomigliava sempre di più al padre, ma l'intelligenza l'aveva presa tutta dalla madre. Tutta la famiglia era di ritorno da una vacanza al mare di una settimana, stanchi, felici ed abbronzati erano vicini al casello d'uscita.

«Cristian!» Gridò Delia tirandosi su di colpo dal sedile sul quale era sprofondata. L'uomo quasi inchiodò dallo spavento convinto che la moglie si fosse addormentata. «Hai visto anche tu?» Domandò la donna voltandosi verso il marito. «Cosa?» Disse di rimando l'uomo, anche Gaia alzò lo sguardo nella speranza di capire cosa stava succedendo. «Accosta! C'era qualcosa che si muoveva sul ciglio della strada!» Spiegò Delia spaventata. Lo aveva visto, era sicura, i fari avevano illuminato qualcosa di marrone che hai suoi occhi assonati era risultato come una coperta. Ma queste non si muovono da sole. Cristian eseguì gli ordini della donna fermando la macchina con le quattro frecce alla prima piazzola di sosta poco dopo. «Vado a vedere, restate qui.» Istruì l'uomo mentre anche Daniel si svegliava sbadigliando a causa della fermata dell'auto. «Che succede mamma?» Domandò il piccolo strofinandosi gli occhi. 

L'uomo nel frattempo era sceso dall'auto, recuperò il giubbotto catarifrangente dal baule e lo indossò. Cominciò a percorrere a ritroso la strada appena fatta in macchina. Dopo qualche decina di metri vide un movimento vicino al guardrail. Si avvicinò con cautela e prese il cellulare dalla tasca dei pantaloni azionando la torcia. Illuminò qualcosa di marrone che improvvisamente si mosse mostrando due iridi rosse. L'animale indietreggiò spaventato ed emettendo dei guaiti. Era un cane. Cristian si avvicinò illuminandolo meglio e vide che era un Labrador Retriever adulto. Lo avevano legato con un guinzaglio al guardrail e aveva la lingua fuori a penzoloni. L'uomo si avvicinò lentamente si abbassò e lasciò che il cane lo annusasse. Quando gli sembrò che l'animale fosse un po' meno impaurito, muovendosi sempre con calma, gli accarezzò la testa con la stessa mano. Dopo qualche coccola sembrava aver conquistato un po' della sua fiducia così slegò l'animale e cercò di condurlo verso la sua auto. Il Labrador sembrava faticare a camminare e Cristian ipotizzò che fosse rimasto ore ed ore sotto il sole ad aspettare il ritorno di un padrone bastardo che probabilmente resosi conto che l'animale era cresciuto e non era più un cucciolo con cui far giocare i bambini aveva pensato bene di abbandonarlo sul ciglio della strada per godersi al meglio le sue vacanze. 

Delia scese dalla macchina quando lo vide avvicinarsi con a guinzaglio un cane. Osservò entrambi pensando al da farsi, poi aprì il bagagliaio e tirò fuori il frisbee di Daniel. Lo appoggiò per terra e lo riempì con l'acqua che teneva nel frigo portatile in auto per il viaggio. Il cane quasi vi si fiondò sopra, trascinando con lui anche Cristian. Bevve assettato mentre Gaia ed il fratello osservavano la scena dal finestrino posteriore.

«Dobbiamo portarlo dal veterinario.» Sentenziò Cristian, mente Delia recuperava dal baule anche un asciugamano da spiaggia e lo posizionava sul suo sedile davanti per poter far accomodare l'animale. «Muoviamoci.»

***

Laky correva tranquillo nel giardino di casa Sanna. Daniel e Gaia facevano a turno per lanciargli un bastone che lui si divertiva ad andare a recuperare. Delia li guardava sorridente sbirciando da sopra il libro che stava tentando di leggere da mesi. La notte che avevano trovato Laky era spaventato e disidratato. Avevano dovuto faticare per convincerlo a salire in auto. Il veterinario gli aveva fatto alcune flebo per reintegrare i liquidi persi e lo aveva tenuto tutta la notte in osservazione. Il giorno dopo erano tornati a trovarlo insieme ai bambini, il medico aveva detto loro che ora stava bene e che supponesse avesse almeno 2 anni. Aveva provato a risalire al proprietario dal microchip, ma si era reso conto che era stato estratto ed ora dovevano decidere se portarlo in canile od adottarlo. A quelle parole entrambi i ragazzi si erano voltati verso i genitori con aria supplicante. "Lo prendiamo vero". E così era stato. Ora faceva parte della loro famiglia da qualche mese e non poteva esserne più felice.

«Ciao amore.» Cristian la raggiunse con una birra fresca in mano in giardino. I figlia gli corsero incontro per salutarlo ed anche il cane fece le feste al suo salvatore. «Come è andata?» Domandò la moglie quando restarono di nuovo soli. «Come al solito.» Rispose l'altro ammirando la sua famiglia spensierata. «Voi?» Domandò tornando a guardare la donna con la stessa adorazione di un tempo. Lei gli sorrise e si alzò per sedersi in braccio all'uomo. «Anche noi tutto bene.» Rispose appoggiando una mano sul suo ventre sporgente. Cristian mise la sua mano su quella della donna. «Ne sono felice.» Disse osservando la pancia dove risiedeva il suo piccolo erede. «Io sono felice della nostra famiglia.» Lo baciò la donna con tenerezza. L'uomo non poté non trovarsi più d'accordo. Gli venne anche in mente una frase che aveva sentito dire da qualcuno e che fino a dieci anni fa non aveva ben compreso, ma ora il concetto era più che chiaro. 

"Famiglia: dove la vita inizia e l'amore non finisce mai."


THE END

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