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«Ti avevo detto di attenerti alla lista!» Lo ammonì Delia esasperata. «Ed io ti avevo risposto che avrei preso qualcosa di sostanzioso! Dobbiamo crescere noi!» Si giustificò Cristian indicando lui ed Gaia che annuì sorridente. La donna lo guardò con le mani ben piantate sui fianchi, lui le fece un sorriso sghembo passandosi una mano tra capelli. Stavolta aveva davvero comprato molte cose, ma aveva visto il frigo e i pensili della cucina semivuoti quando la donna li avevi aperti.
Lei sospirò sconsolata. «Discutere con te è inutile! Almeno dimmi quando ti devo.» Disse scuotendo la testa rassegnata. «E' quasi ora di cena sai. Non puoi invitare la gente a cena e poi farla aspettare!» Lui cercò di sviare il discorso. «Quanto?» Insistette lei imperterrita. «Andiamo Delia, tre quarti di quella roba la mangerò io. Perché dovresti pagarla tu?» Cristian voleva prendersi cura delle due ragazze, ma lei non glielo permetteva mai.
«Cris, mi aiuti a fare i compiti?» Si intromise Gaia facendo gli occhi dolci all'uomo. Cris le sorrise, pensando che con quei suoi grandi occhioni azzurri e le ciglia lunghe avrebbe fatto impazzire molti ragazzi da grande e la cosa lo avrebbe molto infastidito. «Ma non li avevamo finiti tutti?» Delia venne distratta dalla figlia. «Devo fare solo un disegno e volevo farlo insieme a Cris.» Spiegò la bambina gesticolando. «E perché non potevi farlo insieme a me?» Domandò la madre confusa. «Perché tu non sei tanto brava, quando coloriamo esci sempre dai bordi!» Gaia aveva ragione, tutto ciò che era arte non andava d'accordo con lei.
«Vedi Delia! Non colori bene! Io sono più bravo di te.» Cristian prese in giro la donna, grato alla bambina per avergli dato una via di scampo. «Dai scricciolo, mettiamoci sul tavolo, così intanto la mamma ci prepara una bella cenetta!»
Gaia corse a prendere tutto l'occorrente mentre Cristian si sedeva, mise tutto sul tavolo e si arrampicò per posizionarsi sulle gambe dell'uomo. «Voglio disegnare il camion dei pompieri.» Spiegò. «Bene, direi che sono abbastanza preparato sull'argomento!». Cominciarono a raffigurare il mezzo soffermandosi sui dettagli e Cristian pazientemente spiegava alla bambina come funzionava.
Delia sorrise nel vedere quella scena, non disse niente per non disturbali e finì di riporre tutta la spesa nei vari pensili per poi concentrarsi sulla cena.
***
«Tutto ottimo!» Cristian si stirò sulla sedia massaggiandosi la pancia soddisfatto. Gaia lo imitò guardandolo sorridente, lui contraccambiò, adorava quella bambina. Assomigliava molto alla madre, stessi lineamenti delicati e capelli castani, dal padre aveva preso solo il colore azzurro degli occhi.
«Bravo scricciolo, hai mangiato tutto!» Si complimentò, poi guardò Delia supplicante. «Posso?» Bisbigliò. La donna annuì sorridendo, lui si alzò e si diresse verso il frigo.
Quando tornò teneva una mano dietro la schiena. «Siccome sei stata brava, ti ho comprato una sorpresina!» Annunciò. Gaia cominciò a saltellare sulla sedia, quando Cristian tornava dalla spesa le comprava sempre qualcosa per lei.
L'uomo porse la mano verso di lei, lentamente l'aprì e la bambina ne afferrò il contenuto. «L'ovetto!» Esclamò felice, cominciò a scartarlo e a mangiare la cioccolata. «Mi aiuti?» Chiese a Cristian, che nel frattempo si era seduto accanto e lei, indicando la sorpresa nel contenitore ovale giallo.
Lui annuì e lei andò sedersi sulle sue ginocchia, sparpagliò i pezzi del giocattolo sul tavolo pronta a montarlo.
«Stai viziando mia figlia.» Intervenne Delia prendendolo in giro per tutte le attenzioni che le riservava. «Se sei gelosa, potrei avere una sorpresina anche per te.» Ammiccò lui. Lei scosse divertita la testa e si alzò raccogliendo le stoviglie. Lui la osservò serio. «Ti do una mano.» Asserì. «No, non preoccuparti. Stai un po' con Gaia.» Lo fermò lei sorridendogli.
Delia lavò i piatti e la cucina, quando tornò da Cristian e Gaia quest'ultima era ancora seduta sulle ginocchia dell'uomo e giocava con la macchinina che erano riusciti a montare. Sua figlia vacillava pericolosamente verso il tavolo chiudendo di tanto in tanto gli occhi. «Sei stanca, vuoi andare a letto?» Gli domandava Cristian, ma lei scuoteva la testa cocciuta, voleva rimanere ancora a giocare. L'uomo ridacchiava di gusto, quella bambina era più testarda della madre. Ad un certo punto il sonno ebbe il sopravento e Cristian l'afferrò prima che potesse sbattere la testa contro il tavolo. Delia si avvicinò per prenderla in braccio e portarla a letto. «E' ora che vada. Più tardi devo andare a lavorare.» Sussurrò l'uomo alzandosi in piedi. «A che ora inizi il turno?» Domandò lei a bassa voce per non svegliare la figlia. «Fra due ore.» Rispose lui. «Se aspetti che la metto a letto, poi ci beviamo un caffè insieme.» Propose, lui annuì tornando a sedersi.
Cristian rimase in cucina aspettando che la donna tornasse per fare due chiacchiere con lei. Sbadigliò stiracchiandosi. Era stanchissimo, la notte prima aveva fatto il doppio turno e non era riuscito a dormire abbastanza per rimettersi in sesto. Sorrise tra sé e sé. Era stato molto meglio passare del tempo con le sue donne piuttosto che poltrire, sperava solo che sarebbe stata una nottata tranquilla.
Si alzò per preparare la moca del caffè, ormai era di casa e sapeva dove veniva messa ogni cosa. Ripensò a quanto era stato faticoso avere la fiducia di Delia, era conscio del fatto che ci fosse un limite che non poteva superare. Non gli era ancora possibile starle vicino come avrebbe voluto, ma per il momento gli andava bene così.
Si ricordò la prima volta che l'aveva vista, così risoluta e determinata, l'aveva trovata bellissima. Spesso si incrociavano sul pianerottolo, lei lo salutava a malapena e quando lui si offriva di aiutarla con le borse della spesa lei rifiutava.
Durante uno dei suoi primi turni, dopo essere entrato a far parte della squadra di emergenza, aveva portato insieme ai suoi colleghi un uomo in barella al pronto soccorso con un braccio incastrato in un macchinario. L'aveva rivista nel suo camice verde mentre gli veniva incontro per chiedergli del paziente. Subito sembrava non averlo riconosciuto, ma dopo che l'uomo soccorso era stato portato in sala operatoria ed affidato ai medici, lui gli si era parato davanti e aveva cercato di affascinarla. Lei lo aveva osservato meglio. «Ci conosciamo?» Aveva chiesto perplessa. «Beh, si. Abitiamo nella stessa palazzina...» Aveva risposto lui esitante. Possibile che non si ricordasse di lui? «Ahn... e posso fare qualcosa per te?» Aveva aggiunto vedendo che lui non si spostava. «Si, cioè no...» Balbettò lui, fece un respiro profondo, non era mai stato insicuro, tanto meno davanti ad una ragazza. «Stavo pensando che finito il turno potremo andare a bere un c...» «Scusami, ma ora devo andare. E' stato un piacere parlare con te.» Lo aveva interrotto e con un mezzo sorriso di cortesia si era dileguata per tornare al lavoro.
Dal quel giorno si erano incontrati sempre più spesso. Sia al pronto soccorso che a casa, ma lui non ci aveva più provato. Aveva sentito dire che in ospedale tutti la chiamavano "la donna di ghiaccio" data la sua freddezza con le persone e Cristian non poteva che dare ragione alle voci. Poi però l'aveva vista un pomeriggio al parco con la figlia e aveva osservato come si comportava con lei, la luce che aveva negli occhi ogni volta che la guardava, le carezze e i sorrisi pieni d'amore che le riservava, non poteva essere la stessa persona che definivano di ghiaccio.
Aveva provato anche a supporre che probabilmente avesse un marito od un fidanzato magari il padre della bambina, ma nessun uomo era mai entrato od uscito da quella porta. Alla fine aveva deciso di non perdere altro tempo con lei, c'erano un sacco di donne più disponibili che sarebbero state contente di stare con un giovane vigile del fuoco e che si lasciavano corteggiare senza tante pretese.
Poi una notte era successo qualcosa che gli aveva cambiato la vita per sempre.
Gaia aveva appena compiuto quattro anni e si era presa una brutta influenza. Quella notte però aveva la febbre molto alta e Delia aveva cercato in tutti i modi di abbassarla inutilmente. Sul lavoro era sempre calma e lucida, ma quando si trattava della salute della figlia si faceva prendere dall'ansia. Dopo qualche ora che la temperatura non scendeva aveva deciso di portare la figlia in ospedale. Aveva preso delle coperte pesanti e gliele aveva avvolte intorno, l'aveva presa in braccio ed era uscita fuori di casa. Si era avviata velocemente alla sua auto, aveva riposto la bambina nei sedili posteriori e si era messa alla guida. Quando però aveva provato ad azionare l'auto questa aveva emesso un brontolio e poi si era spenta. Aveva riprovato ancora e ancora, ma succedeva sempre la stessa cosa. Irritata aveva sbattuto i palmi delle mani sul il volante maledendo qual vecchio rottame. Aveva fatto dei respiri profondi per riprendere la calma, ma le lacrime aveva cominciato a sgorgarle copiose dagli occhi. Al suo ultimo tentativo l'auto aveva fatto un brontolio più lungo, ma si era spenta nuovamente con tutte le spie accese sul cruscotto. Delia aveva appoggiato la testa al volante cercando di ragionare, doveva portare la figlia in ospedale, ma se non poteva portala lei doveva far venire un'ambulanza. Aveva cominciato a tastarsi le tasche in cerca del cellulare, ma dalla fretta lo aveva lasciato in casa. Dal nervoso aveva cominciato a piangere più forte e proprio in quel momento qualcuno aveva bussato sul suo finestrino facendola sobbalzare.
Cristian aveva appena finito il turno e aveva parcheggiato l'auto accanto a quella della donna. Quando si era accorto che Delia era in auto e per giunta in lacrime aveva bussato al finestrino per capire cosa potesse essere successo. Si aspettava che lei lo liquidasse come al solito dicendo che non aveva bisogno di lui, ma quando lei si girò vide nei suoi occhi color nocciola in un primo momento la paura e poi il sollievo di vederlo lì.
Lei aveva tirato giù velocemente il finestrino. «Gaia ha la febbre, devo portarla in ospedale.» Gli avevo detto indicando il fagotto nei sedili posteriori. «Ma questo coso non funziona mai quando serve!» Aveva aggiunto prendendo a pugni il volante. Lui l'aveva bloccata per i polsi. «Prendi la bambina. Vi ci porto io in ospedale!» Aveva asserito e così aveva fatto. Era rimasto anche tutta la notte con Delia cercando di calmarla ogni volta che si faceva prendere dall'ansia e dai sensi di colpa convinta di non essere una buona madre. L'aveva sentita sussurrare spesso "Ho solo lei" tra un pianto e l'altro e lui per confortarla l'aveva stretta a sé accarezzandole i capelli "Andrà tutto bene".
Due giorni dopo Gaia era stata dimessa, lui le aveva accompagnate a casa e Delia per ringraziarlo lo aveva invitato a pranzo, stupendo anche sé stessa.
Dal quel giorno ogni qualvolta che Delia aveva avuto bisogno di qualcosa Cristian c'era sempre stato. Non le aveva più chiesto un appuntamento e aveva mantenuto esclusivamente un comportamento da amico nonostante dentro di lui l'affetto per la donna continuasse a crescere, ma la paura che se fosse andato oltre avrebbe rovinato tutto lo bloccava.
Il gorgogliare della moca del caffè lo fece tornare al presente. Spense il fuoco e versò il caffè in due tazzine. Mentre le portava al tavolo Delia tornò in cucina.
«Grazie.» Gli disse la donna sedendosi davanti a lui. «Come è andata oggi?» Le chiese lui sorseggiando il caffè. «Bene, tutto tranquillo per fortuna. Te come è andata?» «Tutto nella norma. C'è stato un grosso incidente la notte scorsa poco fuori città. Abbiamo dovuto spostare le auto manualmente perché i mezzi non passavano e le ambulanze non riuscivano a raggiungere i feriti.» Spiegò massaggiandosi le braccia ancora indolenzite. «Non li avete portati al nostro ospedale però perché non ne ho sentito parlare.» Intervenne lei. «No,era più vicina la concorrenza.» Scherzò lui, lei gli sorrise. «Fra due settimane sarà il compleanno di Gaia. Vorrei comprarle qualcosa di bello. Ha bisogno di qualcosa o c'è qualche giocattolo che desidera?» Cambiò discorso lui. Lei scosse la testa lentamente. «Non c'è bisogno che le compri qualcosa con tutto quello che fai per noi.» Lui si appoggiò sullo schienale della sedia e incrociò le braccia.Lei non poté fare a meno di notare come i muscoli delle braccia di lui si gonfiarono a quel gesto. «Vorrà dire che chiederò alla diretta interessata.» Concluse lui sorridendo. «Ti darò una mano ad organizzare la festa.» Asserì ancora porgendosi verso di lei e guardandola dritta negli occhi. «Sicuro di voler passare un pomeriggio in mezzo a dei marmocchi?» Chiese lei. «Sicurissimo!» La rassicurò lui mentre un sorriso smagliante gli spuntava sul volto.
★R
[I don't wanna steal your freedom, I don't wanna change your mind, I don't have to make you love me, I just wanna take your time...]
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