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La pioggia cadeva incessante sui tetti e le vie di quella piccola cittadina ai confini delle montagne. Il cielo era grigio, illuminato solo dalle luci dei lampioni e dei negozi. Per le strade le automobili avevano azionato il tergicristallo alla massima velocità nella speranza di scorgere qualcosa oltre il proprio parabrezza. Al centro del traffico si trovava l'unico ospedale della città. L'attività al suo interno che solitamente era sempre frenetica, quel pomeriggio sembrava aver trovato pace. Le infermiere che avevano appena terminato il turno, si avviarono verso gli spogliatoi chiacchierando della giornata appena trascorsa.

Delia Lambri le superò tutte con passo veloce salutandole frettolosamente. Si catapultò all'interno degli spogliatoi e spalancò il suo armadietto. Diede un'occhiata all'orologio per guardare l'ora "15.33", era tardissimo e doveva sbrigarsi.

Si tolse la casacca da infermiera e si rivestì con gli abiti con cui era arrivata quella mattina. Si specchiò per darsi una sistemata, sciolse i lunghi capelli castani legati in uno chignon. Il suo viso era segnato dalla stanchezza, profonde occhiaie le contornavano gli occhi nocciola e le labbra carnose erano rovinate dal freddo.

Recuperò tutte le sue cose e uscì correndo, incrociò le colleghe che solo in quel momento stavano entrando negli spogliatoi. Difficilmente si fermava a parlare con loro, non perché non volesse, ma era sempre di corsa. Riusciva ad avere solo un rapporto esclusivamente professionale con le altre infermiere anche se sapeva che alcune di loro si erano fatte un'idea sbagliata di lei.

Un giorno infatti mentre stava entrando nella sala relax del personale per prendersi un caffè aveva sentito due sue colleghe fare il proprio nome e si era bloccata istintivamente sulla porta.

«Hai presente quella Lambri del pronto soccorso?» Diceva una. «Chi quella che si comporta sempre come se fosse superiore e tutte noi?» Rispondeva l'altra. «Si, proprio quella. Samantha mi ha detto che ha sentito il Dott. Corradi chiederle di uscire! Le aveva fatto recapitare anche un mazzo di rose!» «Che gran figo il Dott. Corradi è anche un uomo molto galante a quanto pare!»

Delia indietreggiò così da non farsi vedere, si impose di girare i tacchi ed andarsene, ma rimase dov'era.

«Già, peccato che lei abbia rifiutato.» La prima continuò con enfasi degna di un'attrice. «Che stupida! Ci credo che alla sua età è ancora single. Se rifiuta quelli così sono proprio curiosa di sapere qual è il suo tipo ideale.» «Probabilmente nemmeno i dottori sono alla sua altezza!» «Dovrebbe scendere dal piedistallo, magari così si farebbe anche qualche sana scopata.»

A quelle parole Delia avrebbe voluto entrare e prendere per i capelli entrambe le donne. Avrebbe voluto urlarli che non si sentiva superiore a nessuno, semplicemente non voleva uscire con nessun uomo che fosse stato un dottore, avvocato od uno spazzino. Non voleva avere nessun fidanzato, compagno o marito, aveva imparato con fatica a far affidamento solo su di lei e adesso finalmente stava bene.

Ovviamente in quell'occasione non disse niente, rinunciò al suo caffè e tornò al lavoro senza che le donne sapessero mai che era stata lì. Se fosse intervenuta avrebbe dovuto dare spiegazioni che quelle pettegole non si meritavano. Per quanto la riguardava potevano pensare quel che volevano di lei, non era un suo problema, aveva cose più importanti a cui pensare.

Timbrò il cartellino mentre i ricordi di quel giorno sfumavano nella sua mente, corse nel parcheggio a testa bassa cercando di non bagnarsi troppo. Salì sulla sua utilitaria, mise in moto e accese al massimo il riscaldamento.

Il traffico era particolarmente intenso a causa del tempo, cercò di prendere qualche scorciatoia per evitare le strade principali.

Arrivò davanti alla scuola in ritardo come al solito, parcheggiò in seconda fila lasciando le quattro frecce accese nella speranza di evitare di prendere una multa. Scese prendendo l'ombrello dal bagagliaio e corse verso il cancello in ferro battuto.

La sua bambina la stava aspettando sotto il porticato insieme alla maestra.

«Mamma!» Urlò felice quando la vide. «Scusami Gaia, c'era traffico e non sono riuscita a venire prima.» La madre la baciò teneramente sulla fronte. «Grazie Luciana.» Aggiunse rivolgendosi alla maestra. «Nessun problema Delia, sai che lo faccio volentieri.» La docente conosceva la sua situazione di mamma single e cercava di aiutarla come poteva. A volte risultava difficile conciliare gli impegni scolastici della bambina con i turni in ospedale.

La donna sorrise alla maestra grata per la sua disponibilità. «Dai Gaia, saluta che andiamo.» Prese lo zaino della figlia e se lo caricò in spalle. «Ciao maestra Luciana!» La bambina salutò con la mano finché non salì in macchina con la madre.

«Allora come è andata oggi?» Chiese interessata Delia azionando l'auto, la bambina cominciò un resoconto dettagliato della giornata. La madre faceva fatica a stare dietro a quel fiume di parole, ma adorava sentire i racconti della figlia e non voleva perdersi nemmeno un attimo della sua infanzia.

Giunsero al loro condominio, parcheggiando nel primo posto libero che trovarono. Davanti a loro si estendeva una grande palazzina formata da piccoli appartamenti a basso costo collegati tra loro da dei terrazzini esterni. L'intonaco esterno cadeva a pezzi e gli alloggi all'interno non erano messi meglio, ma quella era la loro casa.

Salirono le ripide scale fino al terzo piano, arrivarono alla porta e finalmente entrarono nel loro trilocale.

«Vuoi fare merenda, amore?» Chiese la madre riponendo lo zaino accanto alla porta. «Si!!!» Urlò esuberante la bambina saltellando in giro. «Va bene, però dopo facciamo i compiti!» Precisò l'altra autoritaria. «Va bene...» L'esuberanza era sparita lasciando posto alla rassegnazione.

«Se vuoi, puoi guardare un po' di cartoni animati finché la preparo.» Delia sapeva come far tornare il sorriso a sua figlia che nemmeno il tempo di dirlo si era già precipitata sul divano.

La donna si avvicinò al lavello della cucina, si accorse di pestare qualcosa di bagnato. Guardò per terra e vide che dal mobile sotto il lavandino stava uscendo dell'acqua, aprì il mobiletto e notò la stessa sgorgare dai tubi di scarico. "Perfetto!" Pensò sconsolata, ormai ogni giorno c'era qualcosa che non andava in quell'appartamento. «Che succede mamma?» Gaia le spuntò da dietro con tutta la sua curiosità. «Il lavandino perde.» Rispose, sul viso della bambina si formò un sorriso raggiante. «Possiamo andare a chiamare Cristian?» Chiese correndo verso la porta d'ingresso. «Aspetta, magari è una cosa da niente e riesco a risolverla io.» La fermò la madre.

Cercò di avvitare i tubi, sia in un verso che nell'altro, ma l'acqua aumentò. Esasperata gli legò attorno degli stracci, ma riuscì solo a rallentarne la fuoriuscita del liquido. Asciugò alla buona con il moccio e mise un secchio sotto il lavello per raccogliere la perdita.

«Forse è meglio se chiamiamo Cristian.» Dichiarò Delia rassegnata. Non voleva disturbare sempre il suo vicino di casa, ma non sapeva a chi altro rivolgersi, non poteva permettersi di pagare la fattura di un idraulico. «Andiamo!» Urlò Gaia prendendola per mano e trascinandola fuori.

Raggiunsero la porta dell'alloggio affianco al loro, le tapparelle erano abbassate, Delia pensò che forse l'uomo non fosse in casa. Stava per rinunciare, ma Gaia si era già attaccata al campanello. «Cris!!! Dai apri siamo noi!!!!» Urlava impaziente.

Dopo qualche minuto si sentì la serratura aprirsi dall'interno e sulla porta comparì un ragazzo ancora mezzo addormentato. Indossava solo dei pantaloni lunghi della tuta e si stava strofinando gli occhi scuri sbadigliando.

«Scusaci, non volevamo svegliarti!» Delia si sentì terribilmente in colpa. Il ragazzo lavorava come vigile del fuoco e spesso capitava facesse il turno di notte. Nonostante il suo astio verso gli uomini dopo il padre di Gaia, Cristian era diverso. Aveva venticinque anni, due in meno di lei, ma il suo animo era come quello di un ragazzino. Malgrado l'età anagrafica, tra i due la bambina sembrava più lei data la sua corporatura minuta, al contrario il suo vicino dimostrava qualche anno in più. Era alto quasi più della porta e la sue spalle ne occupavano tutto lo spazio impedendo di vederne l'interno. Vecchie cicatrici si intravedevano su tutto il corpo messe in risalto ancora di più dall'abbronzatura che inspiegabilmente riusciva a mantenere tutto l'anno.

Cristian sorrise per tranquillizzarla. «Era ora che mi svegliassi, non preoccuparti.» Sbiascicò, cercò di sistemarsi i folti capelli neri con una mano, mentre con l'altra si sosteneva alla porta. «Dai vieni da noi! Abbiamo acqua dappertutto!» Gaia si avvinghiò sorridente ad una gamba dell'uomo arrivandogli a malapena al ginocchio e cercò di smuoverlo inutilmente.

«Dai amore, non vedi che Cris si è appena svegliato. Lasciamolo un po' in pace, quando avrà un po' di tempo verrà a vedere se può aiutarci.» La sgridò la madre. «Scricciolo, dammi il tempo di vestirmi e sono subito da te!» L'uomo si rivolse alla bambina scompigliandole affettuosamente i capelli. Gaia mollò la presa e tornò vicino alla madre. «Cris, non preoccuparti. Fai pure le tue cose e vieni quando hai tempo.» La donna intervenne. Lui alzò le spalle «Non ho niente di meglio da fare in realtà.» Cristian viveva da solo lontano dalla famiglia e le uniche persone che conosceva al di fuori dei suoi colleghi in caserma erano Delia e Gaia.

«Anche se non mi dispiace l'idea di avere una piscina nell'appartamento accanto.» Aggiunse fingendosi pensieroso. «Idea allettante davvero, ma non ci tengo a trasformare il mio appartamento nella tua piscina personale!» Scherzò l'infermiera sorridendo divertita.

Lui la guardò felice di averle strappato un sorriso. «Hai distrutto il sogno della mia vita!» Esclamò tragico. «Posso sempre riempirti la vasca da bagno se ti fa piacere.» Lo schernì lei.

«Mamma posso avere una piscina anche io?» Si intromise Gaia speranzosa, i due adulti si guardarono e scoppiarono a ridere. «Fai venire strane idee a mia figlia!» Lo rimproverò ironica lei, poi prese per mano la bambina che li osservava confusa. «Datemi cinque minuti e arrivo.» Si salutarono e lui chiuse la porta mentre le ragazze tornavano nel loro appartamento.

Delia era molto grata al vicino di casa, fortunatamente era bravissimo nei lavori manuali e ogni volta che il suo appartamento andava a pezzi ci pensava lui a rassettarlo. Inoltre per ricompensarlo le bastava solo preparargli qualcosa da mangiare. Vista la stazza era un buongustaio, ma un pessimo cuoco, al contrario lei adorava cucinare e le piaceva sottoporgli i suoi manicaretti per poi guardarlo divorarli estasiato.

A volte quando era più ispirata del solito, preparava da mangiare per un esercito e con la scusa che il cibo sarebbe andato a male se lasciato lì, glielo suddivideva in alcune ciotole così che poi lui potesse portarle al lavoro.

Ormai erano diventati una squadra, erano entrambi soli e poter contare l'uno sull'altro era rassicurante.

Cristian era una delle poche persone che in punta di piedi, giorno dopo giorno, era riuscito ad abbattere il muro che Delia aveva creato per proteggere lei e la figlia. Si conoscevano da qualche anno ormai e la bambina gli era molto affezionata, questa situazione a volte rendeva felice la madre, altre volte la preoccupava terribilmente.

«Eccomi!» Il ragazzo fece la sua apparizione con in mano una cassetta degli attrezzi. Gaia gli corse incontro, lui appoggiò la cassetta per terra e la prese in braccio con slancio. L'alzò lanciandola in aria per poi riprenderla saldamente. «Hai fatto la brava oggi a scuola?» Chiese, la bambina annuì convinta. «Quando hai finito giochi con me?» Lo supplicò. Lui le sorrise dolce e la lanciò di nuovo per aria. «Certo scricciolo, ma prima devi fare tutti i compiti!» Rispose autoritario.

La ripose delicatamente sul pavimento riprendendo la sua cassetta e si avvicinò a Delia che gli indicò il lavello della cucina. «Guarda se riesci a fare qualcosa, per favore. Intanto io preparo la merenda ad Gaia.» «Merenda?» Gli occhi di lui si illuminarono. «Si, ho capito la preparo anche a te.» Disse la donna alzando gli occhi al cielo divertita, a volte aveva l'impressione di avere a che fare con due bambini.

Il ragazzo spostò il secchio e si posizionò sotto il lavandino, la sua statura occupava quasi tutta la cucina. Delia lo osservava mentre preparava dei tramezzini con la crema alla nocciola, quando furono pronti ne allungò uno sotto il lavello che venne addentato dal pompiere e portò gli altri alla figlia seduta al tavolo.

Dopo una serie di borbottii irritati, perché a parer suo, i tubi non capivano "un tubo" e dopo essersi inzuppato per bene la maglietta, Cristian si alzò trionfante. «Ecco fatto! Tutto risolto!» Esclamò asciugandosi le mani con un canovaccio.

«Bravo!!!» Gaia gli applaudì entusiasta. «Ti ho avanzato dei tramezzini vieni a mangiarli!» Lo chiamò e lui si sedette vicino a lei. «Sei tutto bagnato!» La bambina rideva a crepapelle, mentre l'uomo mangiava di gusto. «Faresti bene ad andare a cambiarti.» Gli consigliò Delia. Lui alzò le spalle e spazzolò quello che rimaneva della merenda. «Vado a farmi la doccia e poi devo andare a far spesa. Hai bisogno di qualcosa?» Domandò alla donna alzandosi. Lei rifletté e andò ad aprire il frigo e la dispensa, prese un foglio e scrisse ciò che le serviva. «Non buttare lo scontrino come sempre!» Si raccomandò passandogli la lista, lui la osservò. «Farina, uova, pane, latte...» Lesse ad alta voce, «Ma non c'è niente di sostanzioso qui!» Concluse incredulo.

«Attieniti alla lista!» Ordinò la donna, «E stasera sei invitato a cena da noi! Dobbiamo pagare il conto dell'idraulico!» Aggiunse facendogli l'occhiolino.

Lui annuì contento, adorava la cucina di Delia e non aveva voglia di un'altra pizza surgelata. «D'accordo, ma prendo qualcosa di sostanzioso! Io e lo scricciolo abbiamo fame!» Asserì uscendo con la cassetta degli attrezzi senza dare il tempo alla donna di replicare.

Lei scosse la testa esasperata, quel ragazzo faceva sempre quello che gli pareva, era un testone. Recuperò la cartella della figlia vicino alla porta. «Bene amore, adesso è ora di fare i compiti.» Affermò armandosi di pazienza, ne avrebbe avuto bisogno.

Dopo qualche ora e molti capricci Gaia aveva concluso i compiti per il giorno successivo, la prima elementare era un cambiamento importante da affrontare. «Cris non è ancora tornato...» La bambina non vedeva l'ora di giocare con l'amico. «Vedrai che sarà qui a momenti.» La rassicurò la madre e proprio in quel momento il campanello suonò. Le due ragazze si guardarono e la bambina corse ad aprire. «Ciao, c'è la mamma per caso?» Un uomo sulla sessantina, con i capelli unti riportati tutti su un lato e un naso corvino si presentò davanti alla porta. «Buonasera signor Veratti.» Salutò Delia avvicinandosi, non gli era mai piaciuto quell'uomo. Era sposato con la proprietaria di molti immobili e lui si occupava di gestire quella palazzina. Era una persona subdola e senza cuore a cui interessavano solo i soldi. «Posso fare qualcosa per Lei?» Domandò educatamente sforzandosi di essere cortese. Gaia tornò a guardare la televisione delusa, lasciando i due adulti davanti alla porta.

L'uomo consegnò un foglio alla donna. «Sono venuto a consegnarle questo, ho bisogno che Lei lo firmi.» Comunicò, lei prese il foglio osservandolo attentamente. «Di cosa si tratta?» Chiese mentre leggeva "aumento cannone" sull'oggetto. «E' una comunicazione. Niente di importate.» L'altro cercò di tagliare corto. «Perché mi aumentate l'affitto?» La donna continuava a leggere. «Lo prevede il contratto. Sarei un po' di fretta, quindi se firma subito così posso andare.» Il sig. Veratti cominciava a scocciarsi, lei finì la lettura e lo guardò impassibile. Odiava quando le persone cercavano di fregarla. «Il contratto prevede un aumento, previo accordo, solo fra tre anni allo scadere dei quattro anni previsti. Inoltre l'aumento della Sua comunicazione è maggiore all'attuale tasso Istat. E ad ogni modo non ho intenzione di pagare un euro di più questa catapecchia!» Affermò risoluta.

Lui la squadrò infastidito, sapeva che la donna aveva ragione, ma non permetteva a nessuno di contraddirlo. «Vorrà dire che dovremo mandarLe una lettera di sfratto.» Asserì tranquillo, lei vacillò a quelle parole. Nonostante tutto quello era l'affitto meno caro in circolazione e non voleva affrontare un altro trasloco.

L'uomo sorrise soddisfatto felice di aver colto nel segno, poi gli balzò in mente un'alternativa allettante e le sorrise ammiccante. «Se non può permettersi l'aumento, magari potremo accordaci per un metodo di pagamento, come dire... diverso.» Le propose leccandosi le labbra.

Delia lo guardò inorridita, piuttosto di andare a letto con un uomo del genere avrebbe dormito sotto il ponti. Cercò di ritrovare la calma, quell'uomo era un mostro, si approfittava del suo stato di donna per farle delle proposte indecenti. Se avesse avuto un marito od un compagno a quest'ora lo avrebbe già cacciato a calci nel culo, ma essendo sola aveva imparato a badare a se stessa. «Credo che il suo metodo di pagamento, come dire... diverso,» Cominciò imitando il suo tono, «non sarà molto di gradimento a sua moglie. Soprattutto se venisse a sapere che usa lo stesso sistema con la signora al piano di sopra.» Concluse incrociando le braccia soddisfatta. Lui sbiancò improvvisamente, non sapeva come quella ragazza potesse essere a conoscenza della sua amante, ma se lo avesse detto alla moglie per lui sarebbe stato un disastro. Avrebbe sicuramente chiesto il divorzio e lo avrebbe lasciato in mezzo ad una strada, senza un lavoro e tutti i confort a cui era abituato.

«Mettiamola così... per questa volta niente aumento e niente sfratto. Oggi mi sento magnanimo.» Disse a denti stretti conscio che quella ragazzina lo teneva in pugno. «Bene. Allora le auguro buona serata Sig. Veratti e porti i miei saluti alla sua signora.» Concluse lei chiudendogli la porta in faccia.

«Maledetta!» Brontolò l'uomo girandosi per avviarsi verso le scale, ma andò a sbattere contro il torace di un altro uomo. «Stia attento!» Urlò furioso massaggiandosi il naso, poi guardò l'ostacolo e si accorse che era un altro inquilino della palazzina. «Ahn sei tu, tieni!» Gli porse lo stesso foglio dell'aumento sperando di non avere altri problemi. Il ragazzo lo guardò gelido ripose le quattro borse della spesa, due per mano, sul pavimento e si avvicinò al padrone di casa che istintivamente si schiacciò contro la parete diventando tutt'uno con essa. Cristian gli afferrò il colletto della giacca e lo alzò da terra per guardarlo dritto negli occhi. «Se provi ancora ad approfittare di lei te la dovrai vedere direttamente con me.» Scandì parola per parola non lasciando trapelare nessuna emozione. Il Sig. Veratti sudò freddo, quell'uomo poteva stenderlo con un dito e non sarebbe stato per niente piacevole, annuì disperato. Cristian lo adagiò nuovamente per terra e gli sistemò il colletto. «Ora è meglio che tu vada prima che cambi idea.» Gli disse minaccioso, l'altro non se lo fece ripetere e inciampando su i suoi stessi piedi si allontanò velocemente.

Cristian fece dei respiri profondi per calmarsi, si era trattenuto nel spaccargli la faccia consapevole che gli avrebbe portato solo che guai. Afferrò le borse della spesa e bussò alla porta della donna di cui era follemente innamorato.

  ★R
[tu vuoi quel graffio al cuore che anch'io, fortemente vorrei... ]

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