||17.||

-Davvero non hai mai finito gli studi?- esordii sorpreso Jude, mentre portava alla bocca i noodles pinzati con le bacchette.

-No.- ridacchió Annie con la bocca piena, giocherellando con il cucchiaio il suo riso alla cantonese. -Ho passato gli ultimi esami della scuola superiore per grazia divina, probabilmente.- il ragazzo potè vedere gli occhi della bionda incupirsi, mentre rivolgevano la loro attenzione al pavimento.
Cercava di capire in tutti i modi cosa si celasse dietro quella figura, che all'apparenza poteva sembrare autoritaria e sicura, ma che in realtà era fragile e timida. Quando parlavano di lei distoglieva il suo sguardo, forse si vergognava, o forse non amava stare al centro dell'attenzione.
-E tu invece? Kathleen mi ha detto fossi un secchione...- ridacchió, mentre mordicchiava la posata.
Di risposta, il moro sorrise in imbarazzo, portandosi lo bottiglia di birra alla bocca.

-Ed aveva ragione...- alzó la bottiglia in segno di un brindisi di scherno verso se stesso, per poi berne due sorsate. Volse lo sguardo altrove e la ragazza percepii un lieve senso di imbarazzo in tutta quella situazione.
Quel ragazzo la intrigava, così introverso e silenzioso, come se fosse la protagonista di un classico romanzo per teenager; il "bello e dannato" era sempre stato il suo prototipo di ragazzo e lo si poteva provare dalle innumerevoli relazioni terminate dopo pochi mesi.
Dopo quelle esperienze, Annie non cercava l'amore, convinta che arrivasse quando meno se l'aspettasse.

-Annie?- la richiamó Jude, vedendola persa con lo sguardo sul riso, che continuava a rimescolare con il cucchiaio. La ragazza sussultó e erroneamente colpii la ciotola con la salsa di soia, che finii sulla camicia e sul viso del ragazzo.
Mortificata, prese un tovagliolo, per cercare di ripulire almeno il viso di Jude.

-Scusami, davvero! Sono un'imbranata!- continuava lei, mentre dall'altro canto, il moro continuava a ridere, come poche volte aveva fatto prima.

-Annie, va tutto bene, non è successo nulla!-  cercó di tranquillizzarla, vedendo il viso della bionda diventare sempre piu' rosso dalla vergogna.
Si tolse gli occhiali dalle spesse lenti verdi, anche quelli unti dalla salsa oleosa.
Fermó entrambi i polsi della ragazza delicatamente con una mano, mentre cercava di ripulirgli la camicia strofinando il tessuto con un tovagliolo bagnato.
A quel contatto, la militare sussultó, rivolgendo i suoi occhi in quelli di lui. Era la prima volta che li vedeva senza essere ostacolati dalle lenti e ne rimase incantata.
Anche Jude sembrava ipnotizzato dal viso così delicato e dai lineamenti dolci; gli ricordava un'altra ragazza in quel momento, anche se Annie era totalmente diversa caratterialmente.
Rimasero a fissarsi qualche secondo, che sembró durare un'eternità, quando finalmente la donna ruppe il silenzio.

-Hai dei bellissimi occhi.- ammise lei, e ancora una volta il suo viso si coloró di un rosso vivo. Il rasta cercó di controbattere, ma gli fu impossibile, visto che si ritrovó le sue labbra bloccate da quelle della bionda, in un bacio casto, ma impulsivo.
Rimase spiazzato, non sapendo cosa fare.
In quei secondi gli frullarono in testa mille pensieri, e fu grato che, in nessuno di questi, ci fosse Kathleen. Soltanto Annie stava impadronendosi della sua mente.
Lei si staccó quasi subito, con gli occhi spalancati, e si portó una mano alla bocca.

-Oh dio, scusami!- quasi urló, ma questa volta non fu lei a bloccare le parole di lui, ma il contrario.
Jude le mise una mano sulla guancia e la riavvicinó, riappoggiando le loro labbra le une contro le altre.
A lei non dispiacque per niente e si lasciarono trasportare da un bacio che divenne sempre piu' passionale.
Quando si staccarono per riprendere fiato, si sorrisero, in un misto di imbarazzo e desiderio.

-Questo non era pianificato...- sussurró lui, le mani ancora appoggiate sulle sua guance, calde e rosate.
Quando anche lei stava per controbattere, il telefono dell'ex calciatore squilló.
-Scusami...- scocciato, prese l'oggetto in mano, dove spiccava sul display il nome di Celia.
Rispose, allontanandosi dalla donna qualche istante.
Lei non potè fare a meno che sorridere al pensiero di quello che era appena successo, ma si pentii subito dopo.
In quel momento, una distrazione del genere, non era permessa; Kathleen aveva studiato un piano per incastrare Col e sia lei che Tennessee dovevano fare estrema attenzione e metterci il massimo delle forze e l'amore, non era contemplato. Sapeva che il suo Capitano non avrebbe battuto ciglio, dopotutto anche lei stava facendo tutto per amore; ma Annie non si sarebbe mai perdonata uno sbaglio se l'avesse commesso per distrazione.
Aveva agito da stupida e impulsiva, quale credeva di essere fin da ragazzina e che le aveva sempre rimarcato suo padre.

"Non andrai mai lontano, non studi e non ti impegni!"
"Devi essere concentrata in quello che fai, Annie!"
"Sei una delusione di figlia."

Le parole del genitore continuavano a frullargli in testa, ma i suoi pensieri furono interrotti dall'arrivo di Jude.

-Celia calmati!- sbraitó, mentre con la mano tremolante prendeva il comando della tv e l'accendeva. -Si sto guardando adesso.- rispose frettoloso all'altro capo del telefono.
Annie scese dallo sgabello e si avvicino' al moro, puntando i suoi occhi prima sulla figura del ragazzo e poi sulla televisioni.

"Un tragico incidente pochi minuti fa, ha spento per sempre la vita di una giovane donna, Kathleen Smith. Mentre percorreva una strada poco trafficata, un'autovettura, ancora in fase di riconoscimento dagli agenti di polizia, ha investito la giovane e il conducente si è dato alla fuga. Ancora poco chiare le cause del..."

Il moro fece cadere il telefono.
Alla televisione continuavano a passare immagini terrificanti, un corpo coperto da un lenzuolo bianco, tracce di sangue e frenate sulla strada, poliziotti in divisa.
Sulla casa piombó un silenzio tombale, criptico e ansiolitico.
Negli occhi di Jude si percepivano qualsiasi tipo di emozione. Non riusciva nemmeno a piangere.
Con uno scatto si diresse verso la porta e mentre strappava letteralmente il cappotto dall'appendiabiti, questo cadde.

-Ehi, Jude!- lo bloccò la militare, ricevendo in cambio uno sguardo privo di emozioni, neutro. -Calmati, Jude...- gli prese un polso, stavolta dolcemente. -So che stai soffrendo.- disse con gli occhi lucidi. -So quanto tenevi a lei e...so in che modo, tu tenessi a lei.- marcó, senza tanti giri di parole. -Ma ora non puoi fare nulla, se non accettare. Magari il telegiornale si sbaglia e magari non è lei, oppure...-

-Accettare!?- sbraitó, la voce strozzata dal pianto. -Questa è opera di Col e adesso dimmi perchè?!- alzava la voce sempre di piu', costringendo la soldatessa ad arretrare. -Perchè nessuno era con lei?! Perchè io non ero con lei!? Ero qui, a perdere tempo, mentre la mia migliore amica stava morendo!-

Quelle parole colpirono la bionda piu' forte e piu' dolorosamente di un proiettile. L'ennesimo uomo che rimarcava quanto lei in realtà, per loro, fosse solo un oggetto da prendere e scartare quando ne avessero piu' piacere.

-A perdere tempo...- sibiló lei.
Lui si accorse di aver esagerato, ma in quel momento non sapeva ragionare come faceva sempre, lasciandosi trasportare dal senso di distruzione che lo pervadeva. Jude non disse nulla, neanche quando Annie si voltó a recuperare le sue borse e il cappotto, lasciando i soldi che gli doveva per il cibo d'asporto sul tavolo della cucina.
Prima di spintonarlo e farsi strada verso l'uscita, lo guardo' un'ultima volta, con sguardo accusatorio e malinconico.
Lui non seppe decifrare se le lacrime che le velavano gli occhi fossero per Kathleen e ció che gli era successo, o se per colpa sua.
Il ragazzo preferii lasciarsi questo dubbio, uscendo anche lui e dirigendosi velocemente a casa di Celia.

-Un paio di ore dopo-

-Signore, mi dispiace interromperla...-
Ed ecco la frase tanto odiata dal Grande Imperatore. Erano quasi le nove di sera e tutto quello che avrebbe voluto sarebbe stato farsi una doccia calda e e andare a dormire, ma i seguaci dell'associazione non gli davano un attimo di tregua.

-Che c'è, Saber?- rispose scocciato, lasciando trapelare tutto il suo disappunto.

-Signore, Jude Sharp vorrebbe...-

-Si d'accordo, lasciamo i convenevoli per un'altra volta, sa chi sono.-
La figura di Jude fece capolino nella sala grande, interrompendo il servitore e lasciando esterrefatto Axel.
Guardó meglio la figura del suo ex compagno di squadra. Aveva la giacca stropicciata, era bagnato fradicio, segno che non aveva avuto modo di prendere un ombrello, i primi tre bottoni della camicia sbottonati e, dettaglio piu' importante, non indossava gli occhiali.
Solo qualcosa di vitale importanza poteva far smuovere in quelle condizioni il moro, pensó fra sè e sè Axel.

-Saber lasciaci soli.- affermó lui, alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso il ragazzo.
Come ordinato, il seguace dell'associazione lasció la sala, in cui rimasero solo la coppia di ragazzi.

-Tu dimmi che è uno scherzo.- sentenzió Jude. -Dimmi che non hai permesso una cosa del genere!-

-Che cosa, esattamente?- tentó quasi di schernirlo il biondo. Sinceramente, gli occhi lucidi e la voce smorzata del suo vecchio amico lo lasciarono interdetto.

-Quindi tu...non lo sai...- sussurró quasi il moro.
Deglutii rumorosamente, segno che stesse tenendo il pianto.

-Jude, che cosa devo sapere?- il tono di Axel si fece serio e preoccupato.
Il moro non sapeva come approcciarlo, o dirglielo senza troppi giri di parole.
Decise di spiegarglielo nel modo in cui era stato spiegato a lui, ristretto, deciso e senza ombra di dubbio.

-Kate è morta.- con sole tre parole, il biondo percepii dei brividi pungenti come spilli su tutto il corpo. Sgranó gli occhi.

-Che cosa?- fu solo in grado di rispondere. -Come?!-

-Oggi pomeriggio. È stata investita da...- fermó la sua frase a metà, forse a causa di un singhiozzo causato dal pianto. -...qualcuno.- marcó questa parola con un tono rabbioso e senza lasciar spazio ad altre emozioni.
Axel cercava di non incrociare lo sguardo con quello di lui. Non era in grado di affrontare la situazione, senza che altre persone lo scoprissero.
Preso dal panico, forse per la prima volta, si voltó.

-Scusami.- sussuró soltanto, lasciando il suo vecchio amico guardarlo mentre gli voltava le spalle, con uno sguardo neutro e passivo, e si dirigeva verso l'uscita.
Non appena fu lontano da occhi indiscreti, si appoggió alla parete di un corridoio buio e si accovacció, strisciando la schiena sul muro freddo.
Mise le mani sul viso, esausto.
Immediatamente prese il telefono in mano e digitó un messaggio frettoloso a un numero sconosciuto.

-È fatta.

La risposta non tardó ad arrivare.

-So che sarà difficile e faranno fatica a perdonarci. Ma per il loro bene è meglio così. Tu fai attenzione.
In un futuro non troppo lontano, capiranno.

Axel sorrise, sinceramente sollevato e spense il telefono, dirigendosi ai suoi alloggi.

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