||11.||

A sentire il terreno sterrato del campo sotto i suoi piedi, Kathleen fu pervasa da un senso di malinconia e felicità allo stesso tempo.
Quanti mesi aveva passato ad allenarsi su quello stesso suolo con i suoi compagni, con cui aveva condiviso ogni tipo di emozione che si potesse provare.
Ora come ora, invece, quella stessa sicurezza che aveva riempito il suo animo e quello dei suoi amici stava sempre più scemando in qualcosa che neanche lei sapeva definire.
Dal pomeriggio in cui aveva parlato con Jude, il ragazzo si comportava stranamente: cercava di ignorarla, di evitare ogni contatto possibile con lei e anche solo parlarle gli risultava difficile; agli occhi della ragazza sembrava infastidito.
E se avesse sbagliato a rivelargli i suoi segreti? Se avesse spifferato tutto a Mark e Celia?
Ma quest'ultimi non avevano cambiato comportamento e non avevano fatto intendere alla militare di sapere qualcosa sulla questione.
Quindi cosa importunava lo spirito del ragazzo?
Kathleen non si dava pace.
Voleva capire cosa succedesse all'amico, ma questo suo silenzio le imposero di non parlargli, e così neanche chiedere alla sorella Celia se sapesse qualcosa, poichè non poteva assicurarsi che non dicesse nulla al diretto interessato.
Non voleva creare ulteriori problemi, decidendo di lasciare che questo suo comportamento si placasse.
Il Sole spiccava ancora alto in pieno pomeriggio, segno che le giornate si stavano allungando e l'inverno stava giungendo al termine. I ragazzi della Raimon Jr. High furono mandati negli spogliatoi, ma successivamente richiamati per una riunione nella sala logistica del sede del club.
Stavano per affrontare una delle squadre più forti del Campionato, l'Istituto Galattico, che come loro era riuscita ad avanzare nelle semifinali. Ogni partita sarebbe risultata sempre più complicata ora che erano così vicini alla vittoria, dovevano mettercela tutta e spodestare la tirannia del Quinto Settore.

-Bene, adesso che ci siamo tutti...- Mark cominció il solito discorso motivazione per i giocatori. Vedere quei ragazzini che ammiravano il loro più grande idolo, ora allenatore, con occhi pieni di idolatria e orgoglio, faceva rincuorare almeno un po' la ragazza. Loro erano la speranza e il futuro in quel momento incerto per il calcio.

-Kate, dobbiamo parlare.- le sussuró Celia all'orecchio, per non disturbare l'allenatore nel suo discorso.
L'interpellata si avvicinó all'amica, la quale le indicó una pergamena sullo scrittoio; in alto, il logo blu e argenteo del Quinto Settore.

-Che cos'è?- lo prese fra le mani, ma cercando di non destare l'attenzione dei ragazzini. Jude si affiancó alle donne, ma non sembrava tanto sorpreso da quel pezzo di carta, come se sapesse già il suo contenuto scritto.

-È un invito del Quinto Settore per una serata di gala. Saranno presenti le squadre del girone A e B che sono arrivate alle semifinali.- rispose alla sua domanda la blu.
Kathleen esaminó per bene le parole che vi erano scritte: sembrava un normale invito, scritto educatamente e con linguaggio garbato. A quanto pare l'Associazione ci sapeva fare a parole.

-Non so se possiamo fidarci, non voglio mettere in pericolo i ragazzi.- aggiunse Celia.

-Non penso accada nulla di male.- finalmente, anche Jude su unii al discorso delle due tutrici. -Mi sono assicurato che questo invito fosse stato inviato a tutte le nostre squadre avversarie, per evitare fosse una trappola. L'hanno ricevuto tutte, quindi...-

-Sarebbe un modo per scoprire qualcosa in più sul loro conto...- finii la frase la mora; il ragazzo stava per dirle qualcosa, sogghignando, ma si ricompose subito. Questo gesto non fece altro che acuire i dubbi della castana. -Aspettiamo che Mark finisca di parlare con la squadra e vediamo che fare, nel frattempo...- prese il telefono in mano, digitando già il numero. -...penso sia venuto il momento di presentarvi i miei sottoposti.-


Seppure due militari di tutto punto, i colleghi ufficiali di Kathleen si sentivano quasi a disagio a stare in piedi di fronte a una calca di ragazzini e ragazzine che li squadravano dubbiosi.
Gli occhi delle ragazze erano puntati sul giovane Tennessee: la carnagione ambrata, gli occhi color verde acceso e un fisico scolpito non lasciavano farlo passare inosservato.
Pember invece sembrava rilassata, la sua figura minuta seppur tonica ed agile era vestita di un completo a pantalone color pesca, mentre ai piedi portava un paio di scarpe basse bianche come la t-shirt sotto la giacca. I lunghi capelli biondi, invece, erano legati in una coda di cavallo molto alta.
I ragazzi della Raimon erano stati informati dell'invito del Quinto Settore alla serata di gala, ma non sembravano destar preoccupazione, anzi, erano sicuri di andare fino in fondo alla faccenda.
Mentre gli altri adulti parlavano, lasciando anche che i due nuovi arrivati facessero le dovuto presentazioni, la castana stava in disparte.
Lo sguardo era fisso e pensieroso a terra, le braccia incrociate mentre si appoggiava appena con la schiena sulla scrivania.
Stava cogitando, meditando su cosa fare, come se si trovasse in una missione della Marina; personalmente parlando, c'era in gioco molto più di questo.
Non avrebbe rinunciato a partecipare a quella "festa", doveva scoprire cosa stesse accadendo a suo marito, chi ci fosse dietro la mente criminale di quell'associazione.

-Kathleen!- la voce di Tennessee la fece sussultare. -Mi stai ascoltando?-

-Scusa Josh...- ammise. -Ero distratta.-
Annie Pember rise, quasi a schernire affettuosamente la disattenzione della sua capa. Fuori dagli uffici della Marina e sulla terraferma, i tre militari oltre che rapporto di lavoro avevano instaurato un consolidato rapporto di amicizia; non badavano ai loro posti come Ufficiali, seppur i due mantenessero costantemente il rispetto nei confronti del Capitano Smith.

-Lo abbiamo notato...- quasi in un sussurro aggiunse Jude.
La mora non sapeva decifrare se il suo tono fosse scherzoso o seriamente acido; ne aveva abbastanza, avrebbe fatto parlare il ragazzo, con le buone o le cattive.
Quando oramai il buio era calato sulla cittadina e già le prime luci dei condomini cominciavano a spegnersi, segno di un quartiere che si stava addormentando, la combriccola si decise a tornare nelle proprie case.
Mark e Celia furono i primi a lasciare la sede sportiva; i tre Ufficiale della Marina si sarebbero trovati la stessa sera a casa del Capitano, ma quando quest'ultima vide Sharp in procinto d'uscire dalla stanza, lo richiamó.

-Jude, dobbiamo parlare.- disse seria e autoritaria, chiedendo con gli occhi ai suoi due sottoposti di andare via.

-Preferirei...- cercó di parlare l'interpellato.

-Non mi importa.- rispose con acidità. -Perchè ti comporti così?-

-Così, come?- il tono del ragazzo era svogliato, come se stesse cercando di sviare quel discorso in tutti i modi. Questo comportamento cominciava a dare sui nervi alla bruna, che se avesse avuto un pallone da calcio di fianco a lei gliel'avrebbe scagliato addosso.

-Non fare il finto tonto con me, Jude.- disse a denti stretti, mentre con le mani cominciava a stringere i bordi della scrivania alla quale era appoggiata. -Da quando ti ho raccontato la verità mi ignori completamente.-
Ci fu una lunga pausa tra le parole della ragazza e la successiva risposta; una frase che Kathleen fece fatica a interpretare e il suo animo calcolatore stava andando completamente in disordine.

-Fidati, Kate...- fu l'ammissione di Jude, mentre si voltava per uscire. -Fa più male a me che a te.-
E detto questo, l'ex giocatore, lasciando la castana con mille domande.


Il vestito le ricadeva morbido sulla pelle; il tessuto di raso color rosa antico le accarezzava gentilmente le forme, andando a ricadere lungo fino alle caviglie, ma con uno stretto spacco sulla coscia destra, che le facilitava il movimento.
Mentre tratteneva i lunghi capelli boccolosi sul lato sinistro del suo corpo con un fermaglio di perla, Kathleen rimuginava su quello che sarebbe accaduto.
Non era sicura della reazione di Axel alla sua vista, quella sera, ma la cosa era certa, avrebbe scoperto di più su quella misteriosa associazione e se fosse stato il caso avrebbe protetto il ragazzo che amava.
Proseguii verso la porta d'uscita degli spogliatoi femminili, accompagnata dal suono dei suoi tacchi a spillo.
All'esterno, lo staff della Raimon era pronto, tutti i presenti stretti negli smoking o in abito da sera.

-Wow, Capitano...- si lasció scappare Tennessee alla vista della sua superiora e delle sue labbra laccate di bordeaux.
Di risposta ricevette una spallata dall'altra Ufficiale, anche lei composta nel suo lungo abito bianco macchiato qua e la' da lembi di pizzo argentei.
Non solo il giovane militare si era lasciato scappare qualche occhiata di troppo.
Appoggiato al muro, con la cravatta ben stretta nel colletto della camicia bianca, Jude osservava la bruna infilarsi delicatamente il suo coprispalla. I due ragazzi incrociarono gli sguardi, ma lei distolse l'attenzione sull'ex giocatore.
Egli allora si avvicinó, non propriamente convinto di ció che stesse facendo, ma in cuor suo sapeva di non voler perdere completamente la ragazza, anche se fino ad allora aveva dimostrato il contrario.
Mentre uscivano dalla sede della Raimon Jr. High, il bruno si affiancó alla giovane, lasciando quest'ultima sorpresa nel vedere che le stesse porgendo il suo braccio per accompagnarla.
Riluttante, ma senza voler destare alcun dubbio agli altri presenti, si attaccó all'amico, intrecciando il braccio al suo.

-Mi dispiace...per come mi sono comportato.- le sussurró, proseguendo in gruppo verso l'uscita dell'Istituto.

-Ho tanti dubbi su di te ora, Jude.- rispose lei.
Parlarono senza mai guardarsi in faccia, continuando a camminare.

-Lo so...- ammise con leggere rammarico.

Tutti i giocatori dell'attuale squadra giallo-azzurra erano esaltati a dover partecipare a una serata di gala; era strano vederli acconciati in uno smoking e non nella solita divisa calcistica.
Alcuni di loro non riuscivano a trattenere l'entusiasmo, saltellando sopra la vettura che li avrebbe portati nel luogo ove si svolgeva la festa.
Fra di loro, anche Kathleen cominció a provare ansia e agitazione quando finalmente si trovarono davanti le imponenti scalinate, gremite di gente, che conducevano all'interno della struttura dove si svolgeva la festa.
Come se le avesse letto nel pensiero, Pember si affiancó, dandole un lieve colpetto al gomito con la mano.

-Forza...- ci pensó su, indecisa come appellarla. -Kate.- aggiunse infine.
Si guardarono e sorrisero all'unisono, per poi incamminarsi per i gradini seguite dalla squadra.

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