Fughe e ombre

Incapace.

Se suo padre lo avesse saputo, avrebbe borbottato certamente qualcosa di simile, con la solita smorfia stampata in faccia. E stavolta, in tutta onestà, Alec non avrebbe potuto dargli torto.

Era stato sconsiderato allontanarsi durante una missione, proprio quando era vicino al suo obiettivo, sprecando un'occasione che probabilmente non si sarebbe ripresentata. Colpì il volante e mise rapidamente in moto.

Adesso che era fuori dal locale, dall'intossicante presenza di quel Bane fastidioso, non riusciva a capire cosa lo avesse spinto a comportarsi in maniera tanto avventata e distante dai propri schemi. Avrebbe dovuto raccogliere elementi utili all'indagine, mischiandosi tra la folla, per mettere a punto il suo piano d'azione.

A sua discolpa, non aveva immaginato di sostenere conversazioni, se non quelle di circostanza con gli altri avventori: era deciso a non avvicinarlo, finché non avesse avuto elementi sufficienti a gestire il sospettato con la precisione richiesta dal capo.

Non hai ballato per tutta la sera.
Come diavolo aveva fatto ad accorgersene, immerso in quel flusso di gente che reclamava la sua attenzione? E perché mai era stato notato, lui che non aveva fatto niente per mettersi in mostra? Si era lasciato cogliere alla sprovvista e non sarebbe dovuto accadere, aveva abbassato la guardia e le conseguenze erano state francamente irritanti.

Ti insegno io.
Come se non avesse nient'altro da fare che rendersi ridicolo davanti a lui e a tutto il suo maledettissimo club!

Il telefono vibrò nella tasca di Alec, interrompendo i suoi pensieri. Arrestò la sua guida senza meta e ciò che lesse gli provocò uno sbuffo stizzito, incredulo e divertito insieme. Solo lei aveva il potere di farlo sentire così.

Da Izzy:

Perché il tuo tavolo è pieno di foto di Magnus Bane?

Per un attimo fu seriamente tentato di ignorarla.

A Izzy:

Le chiavi sono per le emergenze, Iz. È successo qualcosa?

Chiamata in entrata: Alec chiuse gli occhi e ispirò pizzicandosi il naso, pronto a essere travolto dal ciclone Isabelle.

«E questa non è un'emergenza??! Non ti fai vedere da tre settimane!!!»

«Lo sai che ho avuto da fare, Iz. Sei ancora lì?»

«No, sto lavorando a un caso con Simon. Alec, sappiamo entrambi perché non vieni e va bene, ma avevi promesso di non tagliarmi fuori...»

La sua voce si fece sempre più sottile e Alec ebbe un flash della loro infanzia. Di quella bambina che aveva sempre cercato di proteggere dalle insidie del mondo.

«Scusami, Iz, davvero... hai ragione. Forse potrei farmi perdonare con una colazione?»

«Mmm... Suppongo vada bene... Almeno per iniziare!»

Il suo tono di nuovo birichino fece sospirare Alec di sollievo. Detestava quando sua sorella si preoccupava per lui.

«Allora, Magnus Bane?!» aveva trillato dopo una brevissima pausa. «Che te ne fai, di quelle foto?»

Alec ponderò per un attimo la risposta. Non voleva mentirle, eppure il capitano era stato chiaro.

«Non sono mie, le ho trovate per terra al distretto. Tu... lo conosci?».

«Stai scherzando? TUTTI lo conoscono. È l'uomo più in vista dell'intera New York! È sempre sui giornali di gossip, esce ogni sera con gente diversa, c'è letteralmente la fila fuori dalla sua porta, se capisci cosa intendo!»

«Sei stata chiarissima, non mi servono i dettagli.»

«Ma davvero...» Isabelle sorrise cogliendo una punta di sottile, impercettibile fastidio. Sarebbe sfuggita a chiunque, ma di certo non a lei, che capiva Alec più di quanto non facesse lui stesso.

«Promettimi solo una cosa: quando lo incontrerai...»

«Izz-»

«Non interrompere!» ribatté ridendo.
«QUANDO accadrà ti vestirai in maniera decente, e non con gli orribili maglioni che indossi di solito!»

«I miei maglioni non hanno niente di orribile, grazie tante. E non so nemmeno chi sia questo Bane e perché ne stiamo ancora parlando.»

«Sottovaluti decisamente il mio fiuto per le stronzate, fratello, ma fingerò di crederti finché non sarai pronto a confessare.»

«Lavori troppo, soprattutto di fantasia. Riposati e buonanotte.»

La sua risata gli provocò il solito sorriso sghembo.

«Questo lascialo decidere a me... Ci vediamo domani mattina alle otto al solito posto. Sogni d'oro, fratellone

Alec mise in tasca il cellulare, preparandosi mentalmente all'interrogatorio dell'indomani. Per deformazione professionale, e per il suo carattere incontenibile, Izzy andava arginata all'istante. Sapeva che non avrebbe mollato.

Ingranò la retromarcia: voleva tornare al locale per un'ultima ricognizione.

L'ingresso principale aveva già l'insegna spenta e il portone chiuso. Alec fece il giro per controllare anche quello posteriore, tenendosi a debita distanza, e vide Bane impegnato in quella che sembrava una colluttazione verbale con uno sconosciuto.

Parlavano a voce bassissima e da quell'angolazione non riusciva a vedere in faccia l'uomo, ma era palese che non fosse una conversazione amichevole. Il tizio artigliò il braccio di Bane, ritrovandosi immediatamente voltato di spalle, con il braccio dietro la schiena e un coltello puntato alla gola. Alec batté le palpebre, incerto se intervenire.

Bane spintonò il suo rivale oltre il proprio raggio d'azione, dopo avergli intimato qualcosa all'orecchio. La luce del neon esaltava il suo sguardo livido, diverso dalla calda sfumatura di bourbon in cui il detective si era perso poche ore prima.

In quel momento, sulla soglia del Pandemonium, in quel chiaroscuro plastico e quasi drammatico, Magnus Bane gli sembrò un dannato principe dell'Inferno pronto a incenerire chiunque si avvicinasse al suo regno.

Per questo capitolo dai contorni indefiniti ci fa compagnia Bad Guy di Billie Eilish: ascoltatene bene le parole e mi saprete dire.

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