Essere degno
«Non riesco ancora a credere che tu lo abbia fatto.»
«Che cosa?» ribatté Magnus, annoiato.
Voleva essere lasciato in pace, ma nessuno sembrava capirlo. In quei giorni lui, Raphael e Catarina sembravano fare a gara per irritarlo con la loro presenza ingombrante e ossessiva.
Forse sono semplicemente preoccupati per te, ammise a sé stesso con una smorfia.
«Lasciare andare via il ragazzo in quel modo, senza mettere in piedi uno dei tuoi trucchetti per portartelo a letto, come fai di solito con tutto ciò che respiri.»
Magnus sbuffò scocciato, perché continuavano a infierire? Non ci fu bisogno di chiedergli di chi stesse parlando, ormai Alexander era diventato l'involontario argomento cardine delle loro brevi conversazioni.
«Lui è diverso» si limitò a replicare.
Stavano pranzando in silenzio guardando il notiziario, anche quel giorno Ragnor non lo aveva lasciato da solo. Magnus non voleva cacciarlo, sapeva che se ne sarebbe pentito. Era uno dei pochi amici veri che avesse, una delle rarissime persone su cui poter contare. Praticamente non aveva nessun altro al mondo a parte i suoi tre amici.
La sua famiglia.
Un servizio attirò la loro attenzione, riscuotendoli dai rispettivi pensieri.
"Oggi un potenziale attentato è stato sventato da un giovane detective della NYPD, Alexander Gideon Lightwood, in servizio nel Distretto Cinque della nostra città. Con il suo atto eroico ha salvato il titolare di un centro d'accoglienza e altri quattro passanti che si trovavano sulla linea di tiro del criminale, gettandosi davanti all'arma e inchiodando a terra il responsabile. Lightwood era di pattuglia nel quartiere quando si è accorto della minaccia, ed è intervenuto non esitando a mettere a rischio la propria vita. La polizia cerca adesso i complici dell'uomo e il movente del crimine."
«E così il bel ragazzo è un poliziotto», commentò Ragnor divertito. «Ahi.»
Il notiziario aveva lasciato scorrere delle immagini di repertorio di Alexander, per cui non si poteva neanche ipotizzare un caso di omonimia.
«Non importa, tanto non lo vedrò più», rispose Magnus con un'alzata di spalle.
Questo era chiaramente un ulteriore motivo per non farlo, come se non ce ne fossero già abbastanza. Non poteva permettere che la polizia si avvicinasse ai suoi affari, e il ragazzo non faceva eccezione. Un poliziotto... doveva aspettarselo, vedendo quanto prontamente avesse reagito quella sera, con il suo portamento fiero e quasi militaresco. E poi... Un Lightwood? Quei Lightwood?
Come aveva fatto a non accorgersene?
Non era un tipo a cui un'informazione del genere sarebbe sfuggita. D'altro canto Alexander non ne aveva fatto menzione, neppure ricevendo i suoi complimenti per la mira impeccabile, o quando gli aveva suggerito di andare alla polizia. Chissà.
Provò una fitta improvvisa di delusione, considerando che forse non glielo aveva detto, e non lo aveva più cercato, perché non voleva avere niente a che fare con uno come lui.
Come dargli torto? Avvertì un disgusto profondo nei confronti di se stesso, osservandosi con gli occhi dell'altro. Non c'era niente in lui che potesse attrarre un'anima bella come quella del ragazzo, un servitore della giustizia e un protettore della legge. Per un attimo si scoprì desideroso di poter cambiare, di essere diverso e degno di lui. Ma sapeva che non lo sarebbe mai stato, perché tutte le buone intenzioni non avrebbero lavato via l'enormità della propria colpa.
Improvvisamente sentì bisogno d'aria, e di restare da solo. Uscì rapidamente dell'edificio, lasciando dietro di sé un attonito Ragnor, che lo guardava come se l'amico fosse impazzito di colpo.
Camminò per ore, senza neanche badare a dove stesse andando, perso nei ricordi di quel passato che tanto avrebbe voluto cancellare. Sperimentò ancora una volta il dolore sordo che gli attanagliava le viscere in una morsa di gelo e che si sforzava costantemente di reprimere, consapevole di venirne sempre sopraffatto. Il volto di Alexander continuava a fare capolino fra i ricordi, gettando sale fra vecchie ferite ancora aperte e sanguinanti.
Era stremato.
Stanco di tutto e di sé stesso, completamente perso.
Si ritrovò senza volerlo vicino al distretto di polizia e, improvvisamente consapevole di dove si trovasse, cambiò strada. Non avrebbe rischiato che Alexander lo vedesse, soprattutto con l'animo sconvolto e l'aspetto disfatto e infreddolito, perché nella foga di allontanarsi non aveva portato con sé neppure la giacca. Cercò di fare dietrofront, ma le gambe non rispondevano ai comandi. Prese allora una strada secondaria, senza neanche badare a dove finisse.
Non gli importava.
Uno scherzo del destino lo condusse nuovamente al distretto, questa volta di fronte all'ingresso posteriore. Stava per andarsene quando lo vide. Bello come non mai.
Sembrava stanco. Aveva il volto accigliato e le spalle leggermente ingobbite, come se portasse addosso il peso del mondo.
Sentì il bisogno urgente di stringerlo e sostenere con lui quel fardello, di qualsiasi cosa si trattasse. Lo vedeva avanzare e non riusciva a spezzare l'incanto di poterlo ammirare nuovamente dopo due settimane. Non provava più freddo... Alexander lo riscaldava con la sola presenza.
Poi Alec si accorse di lui.
Alzando improvvisamente il capo, rimase intrappolato nel caos dei suoi occhi scuri. Magnus lo vide sgranare lo sguardo, arrossire e fermarsi di colpo, raddrizzandosi. Come una statua meravigliosa, un dannatissimo capolavoro. Le sue iridi chiare che non lo lasciavano un attimo. Gli ci volle un po' per riscuotersi e avanzare nella sua direzione.
Nell'atmosfera autunnale di fine settembre, mentre i morbidi ocra, i bruniti, i vermigli si inseguivano lungo il viale alberato, Magnus rimase inchiodato al suo posto, non riuscendo a muovere un muscolo per la prima volta da che avesse memoria. Sulla sua pelle, appena più pallida del consueto, Alec colse i riflessi del sole morente: gli sembrò una divinità silvestre, immerso com'era in quel tripudio di colori, quieto sul fogliame che ricopriva l'asfalto.
«Magnus», lo salutò, «sono sorpreso di vederti qui.»
Sembrava davvero sorpreso, e felice. Almeno a giudicare dal lieve rossore che gli imporporava il viso e dal sorriso timido che illuminava il suo sguardo in maniera inenarrabile. Un sorriso quasi... speranzoso.
Magnus cercò di darsi un contegno e rispose dolcemente: «Stavo facendo due passi e credo di essermi perso.»
Fece una risatina. Si era perso eccome, ma non fisicamente. «Mi sono ritrovato qua davanti proprio mentre uscivi. Ti ho visto oggi al tg», confessò poi di colpo. «I cittadini possono dormire sonni tranquilli, con te a proteggerli.»
Il rossore di Alexander si fece più intenso, come tutte le volte in cui gli aveva rivolto un complimento. Adesso era quasi cremisi e sembrava ancora più giovane e quasi indifeso.
«Ti ringrazio, ma ho semplicemente fatto il mio dovere.»
«Non tutti si sarebbero messi sulla linea del fuoco in quel modo, per uno sconosciuto poi» replicò Magnus.
«Tu però con me lo hai fatto» mormorò il ragazzo a fior di labbra, con parole sommesse, appena più nitide di un pensiero.
Già, era vero. Ma Alexander per lui era subito stato ben più che uno sconosciuto. Tremò leggermente, cercando di non darlo a vedere.
L'altro però se ne accorse, e in silenzio si sfilò la propria giacca per avvolgergliela sulle spalle, prevenendo i suoi tentativi di protesta con tocchi delicati, ma fermi.
L'indumento odorava di buono, sapeva di lui.
Lo ringraziò con un sorriso, non riuscendo a smettere di guardarlo. Non avrebbe saputo dire per quanto tempo rimasero così, in silenzio a scrutarsi. Cercando ancora una volta di decifrare le loro anime.
«Ti andrebbe ehm... di mangiare qualcosa? È quasi ora di cena, e ho il sospetto che oggi tu non abbia pranzato» lo riscosse Alexander con un sorrisetto sghembo.
Avrò un aspetto terribile, pensò Magnus tra sé.
«Mi piacerebbe molto», si limitò a rispondergli sorridendo, seguendo il ragazzo dovunque volesse portarlo.
"And you live a half life
You only show half to me"
La penombra domina il capitolo e l'animo di Magnus... Alec vuole guardarvi attraverso, ma il suo cuore è pronto a vedere?
"Half Light" di Banners accompagna gli interrogativi del capitolo come una colonna sonora perfetta, a mio avviso...
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