A volte ritornano

Magnus. Istintivamente si gettò a fianco del cadavere riverso sull'asfalto, per avere la conferma che non fosse LUI.
Gli bastò un attimo, e il suo cuore, che si era fermato, ricominciò a battere furiosamente, l'adrenalina che lo percorreva come una scarica elettrica.

Alec corse dentro, oltre l'asiatico sulla cinquantina che giaceva di schiena, con lo sguardo fisso e un foro d'arma da fuoco sulla fronte. Bisognava allertare la centrale, certo, ma prima doveva vederlo. Assicurarsi che stesse bene.

Il suo sguardo febbricitante saettava impazzito tra i corpi ammassati nell'enorme sala, il respiro affannoso che gli squassava il petto.

Di Magnus nessuna traccia.

Si fece strada a fatica fra la folla, volò al piano di sopra, ma l'appartamento era deserto. Tornò di nuovo giù.

Il magazzino. Poteva essere lì. Si precipitò all'interno, seguito a ruota da Ragnor, che osservava spiazzato i suoi movimenti frenetici.

Finalmente sospirò di sollievo.
L'aveva scorto di profilo, apparentemente incolume e intento a sistemare i liquori.

«Magnus!» Si lanciò su di lui, imprigionandolo fra le braccia e iniziando a baciarlo convulsamente. L'altro non perse un'occasione così ghiotta e ricambiò con fervore.

«A cosa devo il piacere, Alexander? Non eri di turno?»

«Sì, cioè no. Magnus, c'è un cadavere nel retro del tuo locale.»

«Ma che dici?» Ragnor aveva finora assistito al loro scambio di effusioni con pazienza, ma non poteva più trattenersi.

«Facci vedere», lo esortò Magnus, precedendoli.

Alec li condusse nell'ingresso posteriore, mostrando il corpo che si stagliava adesso nettissimo alla luce del neon che i due avevano acceso prima di uscire.

«Ecco qua. Per fortuna è fuori dal perimetro del locale, ma devo chiamare la centrale immediatamente. Ti aiuto a risolvere questo casino, promesso.»

«Non chiamarli.» La voce di Magnus, spezzata, gli giunse come attutita.

«Cosa significa non chiamarli? Lo sai che devo farlo.» Si voltò a osservarlo: non lo aveva mai visto così. Gli occhi, sgranati, erano preda di un'emozione fortissima che non riusciva a decifrare e risaltavano nell'inconsueto pallore del suo volto. Il sangue gli era defluito dal viso, mentre un leggero tremore gli percorreva il corpo.

«Magnus, che succede? Parlami.»

Fece un passo verso di lui con la mano protesa, nel tentativo di placare quell'agitazione improvvisa, ma l'altro arretrò di colpo. Fissò ancora per qualche attimo il cadavere, pietrificato, poi fuggì all'interno senza dire una parola.

«Ma che gli prende?» Alec era allibito per questo comportamento più strano del solito. Neanche Ragnor lo degnava di una risposta, limitandosi a squadrare il corpo, inespressivo.

«MI VUOI DIRE CHE CAZZO SUCCEDE?»

Ragnor sollevò verso di lui uno sguardo serio, quasi duro. «Non coinvolgere Magnus in questa storia. Avvia l'indagine, se devi, ma lascia in pace lui.»

«Sei serio? Ti senti? È il fottuto proprietario di questo posto, secondo te come faccio a non coinvolgerlo? Voglio aiutarlo, ma non mi parla! Che diavolo succede? Chi è quest'uomo e che avete fatto?»

«Non osare insinuare cose assurde. Se credi che io o Magnus siamo coinvolti in questa storia puoi anche andartene. Anzi, sai che ti dico, pensa all'indagine, a Magnus penso io. Ti garantisco che al momento non è in vena di interrogatori.»

Iniziò ad allontanarsi.

«Andrò a fare rapporto, ma appena finisco tornerò, fosse anche notte fonda. E tu mi aprirai questa dannata porta, a qualsiasi ora, altrimenti ti giuro che la rompo a spallate. Sei avvisato.»              

Era un disastro. Un immenso, completo, assoluto disastro. Una pattuglia era arrivata in meno di un quarto d'ora, seguita dalla scientifica e dal medico legale. Avevano mappato la scena del crimine, fatto i primi rilevamenti, interrogato Ragnor, che si era mostrato impassibile e padrone di sé. Aveva riferito di essersi occupato da solo del locale quella sera, perché il titolare stava poco bene. Alec non lo aveva contraddetto.

In centrale lui aveva fornito al capitano una pallida versione della verità, raccontando di essere andato al Pandemonium a trovare il suo proprietario, in effetti indisposto, perché finalmente era riuscito a fargli abbassare la guardia. Lo teneva costantemente d'occhio e presto gli avrebbe portato qualcosa di concreto.

Il capitano gli era parso scettico, ma non si era accanito. Voleva dei risultati attendibili e un rapporto dettagliato su come intendesse procedere. Alec aveva imparato a conoscerlo e sapeva che questa calma apparente era solo indice di un'esplosione più violenta in seguito. Al momento comunque era riuscito a scamparla.

Per la prima volta nella propria vita sentiva di essersi macchiato di una colpa rivoltante: mentire a un superiore. Ma non avrebbe tradito Magnus, almeno non prima di aver capito come stavano realmente le cose.

Se doveva proteggerlo, però, voleva una buona ragione. La vittima era un noto criminale, uno di quei pezzi grossi che lasciano il lavoro sporco ai pesci piccoli. Alec ricordava di averlo già visto ed eccolo lì, in una delle foto con Magnus. Come se avesse avuto bisogno di una conferma, per capire che i due si conoscevano. Gli era bastato guardarlo negli occhi.

«Ti ho aperto solo per non attirare ulteriormente l'attenzione alle tre di notte, ma ti avverto che non è uno spettacolo piacevole.»

Era arrivato al Pandemonium e, come preannunciato, aveva iniziato a bussare forte. Alle spalle di Ragnor, Magnus vagava completamente ubriaco per il locale, spiritato. Aveva in mano una bottiglia di scotch quasi vuota e non sembrava averlo notato.

«Era questo il tuo modo di prenderti cura di lui? Facendolo bere come una spugna fino a fargli dimenticare come si chiama?»

«Non hai la minima idea di quanto possa essere testardo. Del resto, non lo conosci così bene come credi.»

Alec preferì ignorare quella provocazione gratuita e si avvicinò al suo uomo, parlandogli con estrema dolcezza, come si farebbe con un bambino. A Ragnor si strinse il cuore.

«Ciao Magnus, mi riconosci? Sono Alec... Alexander

«Alexanderrrr... sei venuto a fare sesso con me, finalmente? Voglio fare sesso, devo fare sesso. Ora.»

«Ehm... no Magnus, sei ubriaco. Che ne diresti invece di darmi quella bottiglia? Anche io voglio bere qualcosa.»

«NO! Se tu non vuoi fare sesso mi divertirò con un altro.» E si girò davvero a cercare un accompagnatore.

La situazione era più seria del previsto, era ubriaco fradicio e biascicava in maniera confusa, costantemente sul punto di cadere a terra. Socchiudendo gli occhi per farsi coraggio, Alec gli girò attorno, per averlo di nuovo di fronte. Gli carezzò leggermente il braccio, l'altro non lo respinse.

«Magnus, cosa c'è che non va? Voglio solo aiutarti.»

«VA TUUUTTO BENE! Sono vent'anni che va sempre tuuutto bene!»

«Non mi sembra affatto che tu stia bene... parla con me.»

«PARLARE? PARLARE? E COSA DOVREI DIRE! SONO STANCO DI PARLARE! QUEL FOTTUTO BASTARDO MI HA ROVINATO LA VITA!»

Il rumore sordo dei cocci di vetro infranti sul pavimento non scossero Alec, che continuava a mostrarsi calmo per entrambi. Fuori di sé, Magnus non si era neppure accorto di aver lasciato cadere la bottiglia che teneva in mano, per l'enfasi con cui aveva replicato alla sua richiesta.

«Chi è il fottuto bastardo, Magnus? L'uomo che è morto?»

«L'UOMO!» E si abbandonò a una risata stridula, quasi agghiacciante, presto rotta da singhiozzi scomposti. Alec provò una pena indicibile nel vederlo così. «QUELLA BESTIA! Non ho più niente Alexander... mi ha tolto tutto, tutto...» La voce gli si era spezzata, intrappolata dalle lacrime.

«Non è vero che non hai niente... hai me. Ci sono qui io per te.» Gli si avvicinò ancora, esitante, per abbracciarlo. Per proteggere da se stesso il suo ragazzo così forte, così fragile. Con devozione gli sfiorò la tempia, cercando di riportarlo a casa, da lui.

«È vero... ho te. Il mio angelo.» Magnus gli accarezzò la guancia con il palmo disteso, come faceva sempre quando erano soli. Guardandolo negli occhi, Alec credette finalmente di averlo ritrovato, e sospirò di sollievo. Si abbandonò al suo tocco.

Dio, quanto gli era mancato.

Ma fu un attimo. L'altro sembrò improvvisamente riscuotersi, come colpito da una nuova consapevolezza.
«TU. TU NON DOVRESTI ESSERE QUI. DEVI ANDARTENE SUBITO.»

«Ehi... non ci penso proprio... non ti lascio così.»

«DEVI LASCIARMI, ANZI DEVI PROPRIO SCOMPARIRE, FINGERE CHE NON ESISTA!»

«Magnus, cosa dici, sei stanco... Dai, vieni a letto, andiamo a dormire.» Cercò di prenderlo per mano, per condurlo al piano di sopra. Ma l'altro lo respinse duramente.

«NO!!! TE NE DEVI ANDARE! NON PERDERÒ ANCHE TE! VATTENE VIA!»

Cominciò a spintonarlo verso l'uscita, Alec gli bloccò i polsi.

«LASCIAMI, LASCIAMI! NON TI VOGLIO QUI! RAGNOR, AIUTAMI! FALLO USCIRE SUBITO! SE NE DEVE ANDARE!»

Alec guardò attonito Ragnor, alla disperata ricerca di aiuto. Nel tentativo di buttarlo fuori, Magnus si era divincolato ancora e gli stava facendo male, perché lui non ci provava neppure, a reagire. Sapeva che l'altro non era in sé. Nello sguardo addolorato dell'amico, Alec lesse una gran compassione. Se per lui o per Magnus, non avrebbe saputo dirlo.

«Alec, credo davvero che tu debba andare», disse stancamente.

Sgranò gli occhi allibito, incurante degli spintoni che continuava a ricevere. «Assolutamente NO, non lo lascio in queste condizioni... Ma poi, cosa sta dicendo? Di che diavolo sta parlando? Non capisco niente!»

«Vattene, figliolo, torna a casa. Lo metto a letto, e domani, quando si sarà calmato, se vorrà dirtelo lo farà lui.»

«Non potete cacciarmi senza uno straccio di spiegazione!» sbottò esasperato. Questa storia lo stava mandando al manicomio.

«Mi dispiace, ma non riguarda me. Non posso farlo al suo posto. È lui a dovere scegliere se fidarsi completamente di te oppure no.»

Magnus continuava a spintonarlo, ormai erano quasi all'ingresso. Alec lo guardò ancora negli occhi ma, per la prima volta da quando lo conosceva, in quello sguardo disperato non lesse nulla che potesse decifrare. L'altro era lontano da lui anni luce, impegnato in una guerra che non gli apparteneva.

Sospirò rassegnato e decise di arrendersi, ma solo per il momento, lasciandolo ad affrontare i propri demoni senza di lui.

"Whatever you do, don't ever play my game
Too many years being the king of pain
You gotta lose it all if you wanna take control
Sell yourself to save your soul

Rescue me from the demons in my mind
Rescue me from the lovers in my life
Rescue me from the demons in my mind
Rescue me, rescue me, rescue me
Rescue me."

Siamo a un punto di svolta, cari lettori. Stiamo per scendere all'inferno, ma per davvero.

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