7. Carlo e Aurora - pt 2
Da quel giorno, il rapporto tra loro due era cambiato. Non perdevano occasione per stuzzicarsi e flirtare in modo sottile. Agli occhi altrui continuavano a comportarsi da rivali come sempre, ma entrambi percepivano che qualcosa tra loro era cambiato. Aurora non sapeva spiegarselo e non capiva come fosse possibile che dal non sopportarlo avesse iniziato a guardarlo con un interesse diverso. Non capiva nemmeno perché fosse stato così facile per lei rispondere a quel flirt in modo così spontaneo e sfacciato. Non era una cosa da lei. Non lo aveva mai fatto e quelle rare volte che aveva provato interesse per un ragazzo aveva semplicemente evitato di parlargli sperando che fosse l'altro a farsi avanti. Invece con Carlo era tutto diverso, gli teneva testa senza imbarazzo e lo provocava senza nemmeno rendersene conto.
La situazione esplose una sera durante una festa a tema celtico organizzata dal campus. Dopo una prima parte di festa in cui erano stati invitati dei ballerini di danze celtiche che avevano insegnato ai ragazzi quei balli, la serata era continuata come una comunissima festa e i supervisori del campo avevano allentato i controlli per lasciarli liberi di divertirsi.
Aurora aveva colto l'occasione per uscire dalla sala comune arredata per l'occasione e prendere un po' d'aria fresca in cortile. Un'altra settimana era passata e, eccezion fatta per Carlo, la sua situazione sociale non era cambiata. Non era riuscita a rompere quella bolla di imbarazzo e timidezza che provava nel rapportarsi con i suoi coetanei. Per quanto si fosse sforzata, nessuno la considerava abbastanza interessante da volerla come amica, da ricordarsi di lei durante le feste o da volerla nel gruppo durante le attività comuni. Perciò se prima il fatto che fosse lei il problema era una remota possibilità, adesso era una certezza assoluta. Nessuno voleva stare con lei perché era strana, antipatica, noiosa, brutta e chissà quale altro motivo a cui lei non era riuscita a pensare. Aveva iniziato a detestare le attività comuni perché erano solo un costante ricordo di quanto fosse inadatta in quelle situazioni. Il suo malessere si era riversato anche nelle interazioni con Carlo. Se prima erano gli unici momenti in cui si sentiva se stessa, adesso le sembravano finti, come se si forzasse solo per dimostrargli di non essere noiosa.
«Devi assolutamente venire dentro, Kitty. Stanno per eleggere il miglior costume della serata, non puoi perderti la mia vittoria!»
Carlo la raggiunse di corsa emozionato tenendo sotto braccio il suo elmo vichingo. Aurora alzò lo sguardo dalla panchina su cui era seduta e lo guardò accennando un piccolo sorriso. «Non so quante volte te lo devo ripetere, hai sbagliato tema. Non vincerai mai.»
Lui la fulminò con lo sguardo e si mise l'elmo in testa con orgoglio. «Sei solo invidiosa lo so eh, ma capisco, non tutti possono essere fighi come me.»
Aurora scoppiò a ridere guardandolo: aveva un pantalone di pelle nero attillato e un gilet di jeans con sopra delle borchie incollate alla ben e meglio. Con il tocco di quell'elmo era il costume più divertente di tutti, decisamente fuori tema ma divertente. E Aurora rise di gusto. Una risata piena e squillante come non ne faceva da tempo.
Carlo, che ormai le era arrivato davanti, si fermò a guardarla e sorrise soddisfatto nell'essere riuscito a farla ridere.
«Sei davvero scemo. Non so come gli altri non lo notino.»
«L'importante è che lo noti tu», rispose lui in tono serio ma addolcito da un sorriso. Lei ricambiò il sorriso e scosse appena la testa distogliendo lo sguardo. Per quanto apprezzasse la sua presenza, in quel momento avrebbe preferito sparire piuttosto che stare da sola con l'unica persona che poteva farla crollare solo guardandola.
«Dovresti andare, c'è la tua canzone preferita», quello di Aurora era un vano tentativo di allontanarlo ma non funzionò. Carlo si sedette accanto a lei e continuò a guardarla ignorando completamente la musica di sottofondo che proveniva dall'interno. Aveva sentito che era partita "Faded" di Alan Walker ma non gli importava, adesso la sua priorità era lei. Sapeva che qualcosa in lei era cambiato negli ultimi giorni e non sopportava più di vederla così senza fare niente.
«La sento benissimo anche da qui», disse togliendosi l'elmo e poggiandolo accanto a sé, «E poi so che a te non piace».
«Mi piace invece, ma mi fa male ascoltarla.»
«Perché?»
«Perché mi sento così.»
«Persa?»
Aurora annuì e allungò lo sguardo oltre gli alberi che circondavano il cortile. Non sapeva quella conversazione dove l'avrebbe portata e non era sicura che fosse saggio confidare a lui le sue paranoie. Flirtare era un conto, parlare dei lati più nascosti di sé era tutt'altro e Aurora non sapeva fino a che punto si poteva spingere con lui.
«Devi trovare il tuo porto sicuro e tornare a respirare», la voce di Carlo si era fatta più profonda. Aurora non lo aveva mai sentito così serio da quando lo aveva conosciuto, non credeva neanche ne fosse capace. Si girò a guardarlo e scosse di nuovo la testa.
«Mi serve piuttosto qualcuno che spari al mostro che ho dentro.»
«Dovrei avere da qualche parte la pistola che ho usato per fare il cowboy a carnevale», disse lui mantenendo la serietà di prima il che fece sorridere Aurora.
«Ah beh allora sto tranquilla.»
«Sì. Ci penso io a proteggerti dai mostri...da dovunque arrivino», il suo sguardo era così serio e convinto che per un attimo anche Aurora credette di aver trovato chi poteva aiutarla. Forse era lui la persona che stava cercando. Quello che l'avrebbe aiutata a liberarsi dei suoi mostri e l'avrebbe fatta tornare a respirare. Non le sembrava possibile e se solo avesse fatto questo pensiero qualche settimana prima si sarebbe data della pazza. Ma ora, mentre guardava quei profondi occhi verdi e ci leggeva dentro tutta la sincerità delle sue parole, iniziò a pensare che non fosse così assurdo in fin dei conti. Si era connessa con lui sin dal primo momento nonostante le diversità e i battibecchi. Era la prima persona della sua vita con cui non aveva sentito mai l'esigenza di fingere neanche per un istante.
E ora lui era lì che la guardava come se non ci fosse niente di più importante al mondo.
E fu in quel momento che successe per la prima volta: sentì una forte scarica al petto che le fece mancare il fiato per qualche secondo, il suo stomaco si contorse e il suo intero corpo bruciò.
Aurora aveva sempre agito ascoltando il cervello, pensava e ripensava mille volte prima di fare una cosa considerando ogni minimo aspetto e conseguenza. Quella fu la prima volta che spense il cervello e ascoltò solamente il suo cuore. Il suo corpo la guidò nei movimenti come se aspettasse solo quel tacito consenso per agire. Portò una mano sulla guancia di Carlo e lo avvicinò a sé. Quando le loro labbra si toccarono fu come se un'esplosione nucleare avesse spazzato via tutto. Tutto ciò che Aurora aveva provato fino a quel momento sparì e rimasero solo delle macerie infuocate di ciò che lei era stata prima.
E in quel silenzio che seguì l'esplosione, mentre i loro corpi si intrecciavano e le loro labbra si rincorrevano, Aurora finalmente lo sentì: il suo cuore era tornato a battere. Era di nuovo viva. Stava respirando.
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