Fumo.

Oggi papà ha deciso di portarmi in agenzia con lui. Sono davvero felice di poter fare la mia parte!
Mi preparo velocemente, aggiustando i capelli che non vogliono mai saperne di stare al loro posto. Osservo il mio viso allo specchio e cerco di sembrare più grande e più possente, ma poi scoppio a ridere perché mi sento ridicolo.

Spero che l'allenamento di ieri sia piaciuto a papà, anche se non l'ho visto troppo felice. Mi impegnerò duramente per non deluderlo, lui è il mio più grande eroe!

Quando arriva gli corro incontro felice, non sto nella pelle, finalmente vedrò il suo posto di lavoro! Che voglia inserirmi nell'agenzia?
"Sono pronto papà!" Mi lancia uno sguardo veloce e poi dice qualcosa alla mamma.
La mia mamma sembra sempre malinconica, mi impegnerò anche con lei per ridarle il sorriso. Nessuno di loro rimarrà deluso!

Arrivati in agenzia -un palazzo che mi fa girare la testa per quanto è alto-, cerco di rimanere tranquillo e non mostrare la mia agitazione. Mi sento così piccolo in confronto.
"Sarai fiero di me papà, te lo prometto!" Gli dico in ascensore.
Finalmente posa il suo sguardo su di me, quei suoi occhi li vorrei sempre attaccati addosso, farei tutto per lui.
"Lo spero per te" Mi ammonisce e un pò il mio entusiasmo sfuma, tuttavia so che papà è fatto così quindi il mio sorriso da bambino viene sostituito dalla determinazione di un ragazzo.

Entriamo nel suo ufficio, pieno di persone tutte in piedi. È straordinario questo posto, proprio come lui. Ci sono alcuni funzionari in giacca e cravatta e mi chiedo chi siano. Papà si intrattiene con loro e nel frattempo mi siedo su una grande poltrona in pelle marrone che mi fa affondare al suo interno.
La mia risata divertita attira l'attenzione di qualcuno.

C'è un ragazzino in mezzo a tutte quelle gambe, un bimbetto biondo e con le ali rosse.
Si stringe dietro qualcuno, che nemmeno si è accorto che ci stiamo fissando.
Gli sorrido ma sembra impaurito, forse è anche lui, come me, il figlio di un eroe?
Lo vedo spostarsi leggermente più avanti, finalmente riesco a vederlo per intero.
Ha le guance paffute e una cicatrice sulla faccia, i suoi vestiti sono sporchi e logori e le sue scarpe consumate e rotte.

È così che vivono i bambini poveri?

Mi rendo conto solo adesso di quanto io sia fortunato, Enji ha sempre scelto il meglio per me e la mamma, abbiamo una casa grande e sempre pulita, i miei vestiti sono nuovi e le mie scarpe costano molto più di quanto quel bambino possa permettersi.
Vedo che stringe qualcosa tra le mani e mentre scendo dal divano per capire cosa sta reggendo lui si rende conto che mio padre è nella stanza. Lo guarda come lo guardo io, con devozione.
I suoi occhi si riempiono di lacrime e comincia a tremare, tanto che il pupazzetto che ha in mano gli cade.

Mi avvicino e lo raccolgo, rendendomi conto che è un pupazzo di mio padre.
Rialzo lo sguardo e quel piccoletto torna a guardarmi, anche con una certa sfida.
"È mio" Mi dice. Certo, non ha nulla quindi si tiene stretto quel poco che possiede.
Gli porgo il pupazzo e gli sorrido, in qualche modo ho catturato la sua attenzione.

"Mi chiamo Touya, e tu?"
Allungo la mano per stringere la sua ma lo vedo chinarsi con fare solenne.
"Keigo, piacere di conoscerti"
Papà mi chiama, devo avvicinarmi. Saluto Keigo e comincio a camminare verso il mio eroe.
"Keigo, da oggi non sarà più questo il tuo nome" Mi volto sentendo quelle parole, il bambino è girato di spalle e guardo l'uomo che gli sta parlando, uno di quei tipi in giacca e cravatta.
Per istinto lo guardo male perché vedo che Keigo ne ha timore.
Papà mi trascina via, ma prima di voltarmi vedo nettamente quelle piccole ali rosse tremare.

"Touya, dovrai impegnarti duramente, la gente si aspetta che tu sia il migliore e io mi aspetto altrettanto. Abbiamo un obiettivo comune, giusto?" Annuisco, anche se in realtà io non vorrei fare l'eroe, ma per mio padre farei ogni cosa.

Da quel momento in poi, gli allenamenti diventano sempre più duri, più estenuanti. Mi alleno notte e giorno per accrescere il mio quirk, ma la mia resistenza fisica non regge il calore del mio fuoco. Con il passare del tempo papà diventa sempre più frustrato e mi chiedo in cosa stia sbagliando, come sono passato da essere l'unico a essere uno scarto.

Cosa ho fatto?

Sono costretto ad allenarmi di nascosto, perché papà non vuole più vedermi usare il quirk.
Teme che mi faccia male? Ma senza allenamento come potrò abituare il mio corpo?
Ci sono cose che non riesco a capire, come le botte che mi dà quando mi scopre ad allenarmi, anche se è stato lui il primo a indirizzarmi su questa strada. Non capisco perché mi fa affogare nel dolore, perché non mi guarda più, perché lo disgusto.

Cosa ho fatto, papà?
In cosa ti ho deluso?

Mi rifugio nel bosco, l'unico posto dove papà non potrebbe trovarmi. Comincio a provare il mio quirk stando attento a non scottarmi e poi la vedo, quella piccola fiamma blu, che man mano aumenta di intensità. Mi vengono le lacrime agli occhi, finalmente papà sarebbe tornato a essere fiero!

Poi però, qualcosa va storto, quelle fiamme continuano a bruciare, a bruciarmi. Il dolore è lacerante, non riesco a fermarle.
Sento il mio stesso urlo di dolore nelle orecchie, anche se ovattato dal suono della mia carne che sfrigola.
Papà, aiutami, sto bruciando. 

Mi dispiace, mi dispiace, non avrei dovuto ma ti prego spegni questo dolore, sto andando in pezzi.

Papà, guardami, sto bruciando per te.

Note*
Questo progetto nasce da _t_touya_ (a cui dedico l'intero racconto) che vuole convincermi a convertirmi alla dabihawks e mi ha messo questo tarlo nel cervello. Così ho buttato giù questa storia che è un esperimento per me, davvero difficile visto come la penso sul pollo, perciò prendetelo per tale.

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