20 ; Devour Me, Colossus (Part I): Blackholes

Il momento era finalmente giunto, il piano perfettamente scritto nelle menti di ogni singolo individuo che ne avrebbe preso parte.
Era l'ora del riscatto, il giorno in cui, nel bene o nel male, la ruota avrebbe girato in un nuovo senso ed il serpente smesso di mordersi la coda.
La regina era seduta sulla maschera della bestia gigante, in testa ad un esercito di maghi in abiti neri, teneva alto lo stendardo del cavaliere e il grifone. Accanto a lei, reliquia pronta a scendere in campo, il principe nella sua armatura nivea avvolta dal blu intenso del regno. Più indietro l'Agastya, vero capo del sinistro squadrone, aspettava con altri due principi, una bambina ed un uomo, l'ordine della figlia per sferrare l'attacco alla porta est del Forte Merceus.

Sul lato nord, un'armata dalle tinte blu attendeva trepidante.
Al suo vertice una ragazza in armatura, un giovane albino dalla testa avvolta di stracci, un altro armato di fucile ed un uomo molto alto dagli insoliti capelli verdi.
Le bianche mura svettavano nel cielo e grandi scalinate portavano a gigantesche porte in legno.
E così quello era "Il Generale Testardo"... ma davvero avevano la possibilità di abbattere le truppe al suo interno? Artemiya se lo stava domandando ormai da ore, potevano il solo aiuto di un drago e tre reliquie aggiungere la forza necessaria ad un esercito di fortuna per conquistare una fortezza riconosciuta come inespugnabile...?
Sospirò, prendendo la mano a Mitja e stringendola forte, mano sulla quale erano state indossate le Catene di Dromi, compatibili con il suo Segno. Lui si limitò a ricambiare in segno di conforto; lei era tra i più abili, non poteva farsi abbattere dai pensieri proprio ora che le era stato affidato il comando di mezzo esercito.
Quella era un'occasione d'oro, due armate si erano appena teletrasportate alle porte del forte ed i nemici erano stati colti impreparati.
La ragazza fece qualche passo in avanti, affiancandosi a Behemoth e scambiando uno sguardo con lui, tornando successivamente alla posizione precedente.
A quel punto, l'uomo cambiò velocemente forma e si trasformò in drago; Thamiel e Mitja salirono velocemente sul suo dorso, il principe alle redini ed il passeggero con l'arma imbracciata.
La creatura salì di qualche metro, per poi sparare una gigantesca fiamma dalla bocca che andò ad incendiare le mura e, obiettivo principale, il gigantesco portone in legno.

Quando Ksenia vide il drago sbucare in lontananza, scese dal capo di Dedue e tese entrambe le braccia in avanti. Aleksei la imitò caricando di elettricità Areadbhar e subito vennero seguiti da tutti gli altri maghi presenti.
Dalle mani di lei nacque un cerchio di magia del fuoco, dal quale scaturì un Bolganone di dimensioni gigantesche che si infranse contro l'entrata del forte, primo di centinaia di attacchi da parte di ogni utilizzatore magico alleato.
Nel momento in cui entrambe le porte furono carbonizzate e le entrate sgombre, la regina salì nuovamente sul suo vassallo e gli eserciti si introdussero nel forte.
La struttura di esso era simile ad un labirinto in pietra bianca, con altissime mura e vie come se si trattasse di una città, un minimo errore e si sarebbero persi, dando un vantaggio all'esercito nemico.

Prima che il lucertolone volasse all'interno ritrasformandosi in umano, Mitja era saltato giù dal suo dorso, atterrando sul tetto di una delle torri agli angoli della fortezza. Aveva così una visione dell'insieme da una prospettiva perfetta, in quel momento chiunque sarebbe stato un bersaglio facile. All'interno di fortini rialzati erano già accorsi i maghi agli onagri, presi alla sprovvista gli adrestiani stavano assumendo velocemente una posizione offensiva, dando loro un grosso vantaggio.
Imbracciò il fucile e si portò la canna vicino al viso, infondendola di magia del vento. Chiuse un occhio, indice sul grilletto... e sparò. Si sentì un forte botto e, meno di un secondo dopo, uno dei warlock venne colpito alla testa da un proiettile lanciato a velocità esorbitante che lo uccise sul colpo.
In tal modo rivelò la sua posizione, ma fu fulmineo ad infilarsi nella torre e bloccare la sua entrata. Avrebbe colpito di nuovo.

I due squadroni alleati giunsero al centro del Generale Testardo, circondando il nemico da ogni lato. I soldati in rosso erano parecchi e li superavano di gran lunga in numero, ma ciò non bastava a scoraggiarli, la posta in gioco era troppo alta per mollare.
Silenzio, tutti erano immobili, solo qualche brusio confuso aleggiava nell'aria.
Un'orda di corazzati sgombrò la via al capo dell'intero esercito, un uomo dall'aspetto non nuovo: Ephraim von Gerth, fedele generale e vertice della Guardia Imperiale.
Avvolto in un soprabito viola intenso, si spostò una delle lunghe ciocche color salmone lontane dal viso, gli occhi turchesi fissi sul principe.

- Ephraim?! Ci sei tu a guidare l'operazione?-
- Principe Benedikt, si tratta di una missione davvero urgente, dovreste sapere che vostra ma— l'imperatrice assolda sempre me per spedizioni simili o, semplicemente, compiti di grande importanza.
... qualcosa mi diceva che avreste attaccato, ho fatto bene a sostare qui dentro. Siete circondati dal solo ed unico esercito dell'Impero Adrestiano, baliste ed onagri mirano alle vostre teste.-
- Perché stai facendo tutto questo? Dopo che mi hai a— dopo che mi hai sempre sostenuto, sei sempre stato dalla mia parte fin da quando ero bambino... pensavo non fossi come loro. Eravate davvero diretti nel Faerghus?-
L'uomo annuì.
- Altezza, sapete bene che, per quanto affetto io possa provare, ho giurato fedeltà all'Aquila Bicefala, a solo e soltanto lei. Agisco in nome di Edelgard von Hresvelg, io sono la sua spada, la sua parola è legge.
E con questo... ho finito di parlare. – Alzò la lama verso l'alto. – Soldati, in nome dell'Adrestia, attaccate!-

Non appena abbassò la spada e la puntò in direzione di Aleksei, metà dell'esercito partì alla carica, infrangendosi come le onde del mare contro gli uomini in nero, mentre i restanti dalla parte opposta, verso lo squadrone di fortuna capitanato dalla seconda Blaiddyd.
La ragazza incrociò subito le lame contro un mastro di spada, mettendoci un gran sforzo a buttarlo giù, i suoi commilitoni ugualmente in difficoltà. Capì subito che quello fosse un vero esercito addestrato, non sarebbe stato facile, cominciava già a dubitare.
Evitò per miracolo una freccia arrivata da chissà dove e Behemoth si affiancò a lei come supporto. Lanciò un incantesimo bellissimo ma terrificante: una gigantesca luna piena apparve inghiottendo una manciata di uomini e velocemente si voltò verso un paladino, facendo uscire grossi spuntoni neri dal terreno che colpirono sia lui che il cavallo, disarcionandolo. Era davvero forte, non aveva mai visto qualcuno usare la magia oscura in modo tanto abile.
Thamiel, dal canto suo, nonostante avesse la testa completamente avvolta per proteggersi dai forti raggi solari, non sembrava soffrire in alcun modo la vista limitata; aveva con sé una spada dalla lama molto lunga e leggermente ricurva, simile ad una wo dao, con la quale affettava i nemici come se fossero fatti di burro. Loro tre compensavano parecchie lacune del gruppo, ma non sarebbe stato facile.
Il discorso del generale von Gerth aveva destabilizzato Artemiya, non credeva avesse potuto avere il sangue freddo di combattere così aspramente dopo l'enorme aiuto che aveva dato nel salvataggio del principe, ma d'altro canto ammirava la grande fedeltà che lo caratterizzava, era difficile trovare persone simili di quei tempi.

Prima che venissero raggiunti, Ksenia saltò giù da Dedue ed incrociò per un secondo lo sguardo con il fratellastro. Lui aveva un'espressione dura, ma la sentì tremare, come se faticasse a mantenerla. Sospirò, guardandolo sparire nella folla. Sperava di non dover combattere, ma ormai erano in ballo.
Vide suo figlio buttare giù un uomo dopo l'altro, elettrificarli con la lancia e scagliare pezzi di carne e schizzi di sangue tutt'intorno a sé. Era carico di rabbia, lo percepiva... ma non gli avrebbe permesso di combattere fino allo strenuo delle forze, di finire come suo padre.
La bestia si lanciò nella mischia, calpestando e mietendo facilmente vittime e lei ne approfittò per scagliare dei Nosferatu. Non voleva uccidere nessuno, solo mettere fuori combattimento più persone possibile, al contrario di quanto stava pensando Malkuth: aveva un'arma molto simile a quella di Mitja, ma talmente piccola da stare in una mano, con la quale sparava colpi di magia oscura a chiunque giungesse nel suo campo visivo, mirando appositamente a punti vitali. Yolandi cercava invece di limitare i danni del fratello maggiore evocando rovi spinati con i quali lanciava lontano tutti coloro che si avvicinavano troppo al duo.
Myson lasciava invece combattere i suoi maghi, attaccando soltanto saltuariamente e se personalmente in pericolo.

La battaglia si era inasprita ed i tre colori diversi mescolati tra loro mettevano piuttosto in confusione, ma una cosa era certa: tanti alleati li avevano persi a causa di onagri e baliste, che attaccavano a distanza ed erano protetti da piccoli fossati, perciò difficili da raggiungere. Mitja uscì dalla torre in cui si era rifugiato ed, indisturbato, si mise a correre sulle mura con l'arma attiva.
Sparò ad un onagro, facendo esplodere la gemma carica di magia e ferendo gravemente il suo utilizzatore, poi si diresse velocemente verso una balista e colpì a morte l'arciere di turno. Fece la stessa cosa con gli ultimi due rimasti e, successivamente, passò a fare il cecchino contro i nemici impegnati con la squadra capitanata da Artemiya, essendo essa più debole.
Ephraim si accorse del problema quando uno dei suoi corazzati venne decapitato davanti ai suoi occhi. Si voltò di scatto verso la direzione del colpo, scorgendo una figura con un cappuccio nero in testa.
Malgrado fosse lontano, lo riconobbe come quel ragazzo dalla lingua lunga incontrato ad Itha. Nel momento in cui incrociarono gli sguardi, lui gli sparò contro, ma il generale deviò il colpo usando la spada.
Non poteva sentirlo a causa del fracasso, ma sapeva che non era affatto contento del fallimento, perché tentò di colpirlo di nuovo, ancora ed ancora. Ma il generale von Gerth non aveva raggiunto la sua posizione grazie al cognome che portava, se l'imperatrice stessa aveva messo un mago schermidore a capo della sua scorta di corazzati un motivo c'era... ed esso era che, in Adrestia, lui era uno dei pochi capace di fondere alla perfezione le arti della spada e della magia, affermandosi come arma devastante.
Mitja era stanco di lui e mirò dritto nella sua fronte; lo aveva puntato perché, morto il capo, l'intero esercito si sarebbe sfasciato ed allora che avrebbero avuto una concreta chance di vincere. Premette il grilletto ed il colpo partì ma l'uomo, invece di pararlo con la lama della spada, tese il braccio sinistro ed un cerchio magico di colore verde si aprì oltre la sua mano, aveva appena evocato un Excalibur ed inglobato in un tornado il colpo concentrato del fucile, dissolvendolo.
Successivamente, corse in direzione del muro su cui stava l'avversario, ma esso si spostò velocemente lungo tutto il suo perimetro, non mancando di attaccare ad ogni occasione. Li evitò per la maggior parte, ma qualcuno riuscì a graffiarlo e, dannazione, facevano malissimo, come se una lama affilatissima lo avesse tagliato in più punti.

- Scendi di lì e combattiamo faccia a faccia!

Il ragazzo fece lo gnorri e gli sparò di nuovo; lui schivò per miracolo... quel giovane aveva un tempo di reazione inimmaginabile per uno della sua età.
Dovette giocare d'astuzia... ed infamia. Senza esporsi troppo, buttò uno sguardo dietro di sé, scorgendo Artemiya, la nipote di Blaiddyd, combattere da sola contro un maestro di guerra e tenergli testa senza troppi problemi.
Non era nel suo stile, affatto, ma tese un braccio in sua direzione, lei troppo impegnata nello scontro per notarlo.
Un cerchio magico rosso si disegnò nell'aria: fuoco.

- Indossa una pesante armatura, non è vero? Cosa le succederebbe se la colpissi? Resisterebbe alla fornace in cui si trasformerebbe quell'ammasso di metallo?

Mitja scattò come una molla. Si portò velocemente il fucile dietro la schiena e sfoderò la spada che aveva attaccata alla cintura, iniziando a correre giù per le mura di pietra con l'agilità di un gatto, l'obiettivo sempre fisso su quell'uomo.
Ephraim reagì dissolvendo l'incantesimo e parando un potente fendente che puntava dritto alla sua gola, incrociando finalmente lo sguardo ravvicinato del suo avversario. I suoi occhi bluastri erano carichi di rabbia e risentimento, i denti stretti.
Colpiva ad una velocità esorbitante, non troppo potente ma compensava facilmente con l'agilità. Vedendo la reliquia luminosa affissa sulla mano sinistra, capì che quel giovane era speciale, non l'aveva nemmeno riconosciuta, quale Segno portava? In ogni caso, doveva stare attento.

- Dannato adrestiano, non mi importa se sei imparentato con la regina, prova anche solo a sfiorare Artemiya e giuro che ti faccio a pezzi e poi metto ciò che resta in dei barattoli di vetro!

Rise a quella minaccia, deviò un fendente e gli diede un calcio in pancia, colpendolo dritto sulla bocca dello stomaco con la punta dello stivale. L'avversario venne sbalzato via e rotolò un paio di volte, prima di mettersi in ginocchio e guardarlo con sguardo torvo, un rivolo di sangue gli scendeva sul labbro rovinandogli il rossetto. Si rialzò con la spada in mano e tornò alla carica, stavolta visibilmente rallentato a causa del dolore, ma non accennava a fermarsi, mai.

Aleksei saltò in alto e decapitò un gran cavaliere mentre il cavallo ancora galoppava ed atterrato scagliò un Thoron ad un arciere che puntava in sua direzione. Vedeva quei soldati cercare di evitarlo il più possibile, intimoriti dalla sua lancia infuocata e dal suo usarla in modo così fulmineo... e sanguinolento, ma non poteva farci nulla. Doveva, voleva ucciderli, non avrebbe permesso a nessun imperiale di andare a Fhirdiad e fare del male a Sera, prima di anche solo poterla vedere, lui sarebbe dovuto essere sottoterra di qualche metro e senza testa.
Mentre approcciava un ennesimo avversario, vide in lontananza sua madre lanciare incantesimi, la quale subito dopo venne circondata da uomini in pesante armatura e grosse armi. A quel punto Dedue si gettò in sua direzione per proteggerla e ne buttò giù alcuni come birilli, facendole nel frattempo scudo con il suo corpo.
Una freccia arrivò in direzione della donna e la bestia la avvolse con le braccia, prendendosela al suo posto. Un istante dopo erano di nuovo circondati da arcieri che continuavano a scagliare dardi su di lui. Il principe sentiva Ksenia urlare, ma l'attendente si chiudeva sempre più per evitare che venisse colpita.
Un mercenario si arrampicò quindi sulla sua schiena muscolosa, piantandogli la spada dritta nella spina dorsale e facendolo urlare di dolore e dimenarsi, dando così il via ad altri che cercarono di infilzarlo con le loro armi.
Aleksei fece per correre ad aiutarlo, ma a causa della distrazione il suo avversario gli tagliò la gola in profondità, provocandogli un dolore atroce. Ebbe solo la forza di piantargli Areadbhar nella pancia ed inginocchiarsi a terra, in attesa che la ferita si rimarginasse.
Il gigante si dimenava come un pazzo, colpendo chiunque cercasse di avvicinarsi con la sua lunga coda e scagliandoli a metri di distanza, mentre la donna gli urlava di fermarsi perché stava perdendo troppo sangue e che non sarebbe riuscita a curarlo di quel passo. Un giavellotto gli si piantò nella schiena, seguito da tanti altri, i quali si infilavano solo superficialmente nella sua pelle dura.
Eppure... eppure di colpo emise un verso straziante, vomitò sangue e, come un albero tagliato, cadde sul pavimento di pietra, provocando un grosso tonfo.
Quando Ksenia rivide la luce del sole, si voltò di colpo e si accorse che Dedue era steso a terra, immobile, con un lago di sangue sotto il suo corpo che si espandeva a macchia d'olio. Subito si inginocchiò ed impose le mani su di lui. Curò le ferite del suo corpo, ma non si muoveva... né respirava. Tentò di sentire il battito cardiaco, nulla, non c'era.
Era morto.
Era... morto, così, all'improvviso.
Come... com'era possibile?
La donna schiuse le labbra, gli occhi spalancati, le lacrime che risalivano.
Qualcosa in lei si ruppe.
Sprigionò un urlo straziante, dilaniante per chiunque lo stesse ascoltando, talmente forte che tutti, nemici ed alleati, cessarono di combattere.
Aprì le mani rivolte verso il basso e due cerchi magici apparvero i quali, dalla solita colorazione pallida della magia bianca, si colorarono del viola intenso tipico della magia oscura. Lonnbéimnech brillava fortissimo, sembrava aver preso fuoco.
Sotto i suoi piedi iniziò a formarsi velocemente un miasma sicurissimo e viscido che si espanse in ogni direzione, intrappolando in esso chiunque ne venisse a contatto stretto.
Myson era confuso, sua figlia non era mai stata capace di utilizzare la magia oscura, ed ora all'improvviso aveva usato un incantesimo tanto potente... stupefacente, la sua creazione continuava a meravigliarlo anche dopo tutti quegli anni.
La regina smise di urlare, ma la situazione non migliorò affatto. I cerchi magici cambiarono improvvisamente colore per una seconda volta, diventando bordeaux, le iscrizioni su di essi sconosciute.
Le sue iridi di ghiaccio assunsero una colorazione rossa e sulla corona si espanse una grossa crepa che quasi la divise in due. Sulle mani, partendo dalle unghie, si formarono dei profondi tagli irregolari lunghi fino ai gomiti.
Tese un braccio e dalle ferite iniziò a sgorgare una grossa quantità di sangue che andò a raccogliersi nel palmo, per poi venire proiettato in avanti. Colpì uno degli uomini intrappolati nella melma e la sua pelle si sciolse, penetrando in profondità ed uccidendolo all'istante.
Da quel momento, anche il miasma sotto di lei si colorò di rosso ed iniziò a corrodere tutto ciò con cui veniva a contatto... compreso il cadavere di Dedue, il quale scomparve in pochissimo tempo nonostante la sua stazza.
La donna, oramai cieca e sorda a tutto ciò che la circondava, si mosse e, in una danza della morte, teletrasportandosi in continuazione, iniziò ad attaccare ed uccidere chiunque le si parasse davanti.

Yolandi rimase a bocca spalancata, non per tutto ciò che era successo, ma per il sorriso impresso sulle labbra di suo fratello. La canna della sua pistola fumava ancora.
...

- Sei stato tu, Malkuth! – Gli urlò contro, facendolo voltare. – Per quale motivo lo hai ucciso?!-
- Sorellina, quanto urli... la regola non era quella di vincere ad ogni costo? Ho solo eseguito l'ordine.-
- Bell'idea fare fuori uno degli alleati più stretti del nostro capo, ora è impazzita e ci ucciderà dal primo all'ultimo, sei un idiota!-
- Voglio vederla distruggere ogni cosa... è ancor più bella in questo momento.-

La ragazzina si morse il labbro ed iniziò a correre finché non raggiunse Thamiel, al quale si aggrappò disperata e gli raccontò tutto ciò che aveva appena visto. A quel punto lui si infiammò e raggiunse il maggiore, tirandogli subito un pugno sul viso.
Il corvino si mise una mano sulla guancia, assottigliando lo sguardo; con quei quanti di ferro gli aveva fatto parecchio male.

- TI È DATO DI VOLTA IL CERVELLO?! – Inveì. – PERCHÉ HAI DATO IL COLPO DI GRAZIA ALL'ATTENDENTE DI KSENIA? È FURIOSA!-
- Per vincere, non capisci? Adesso lei farà tutto il lavoro e sterminerà tutti gli imperiali e, se siamo fortunati, anche gli altri discendenti delle bestie.-
- Io non ti ho dato quest'ordine, non puoi fare tutto quello che vuoi!-
- Vedi di tacere, ragazzino, ti credi chissà chi solo perché ti porti dietro il sangue di quella lucertola morta, ma sei solo malaticcio e debole.-

A quel punto, Malkuth prese l'iniziativa e strappò gli stracci che proteggevano il volto del fratello, esponendolo ai forti raggi solari. Subito l'albino si coprì gli occhi ed il viso perché troppo sensibili, finendo per diventare inoffensivo in un istante e completamente incapace di difendersi dai calci che si stava prendendo.
Il corvino rideva, contento per aver finalmente sopraffatto quel dannato impertinente che aveva osato rubargli il titolo di principe ereditario. Sotto il sole era in netto vantaggio.
Passarono pochi secondi che però si ritrovò a qualche metro di distanza. Artemiya, non appena aveva visto la scena, si era lanciata in sua direzione come una furia e lo aveva colpito con una spallata. Magro com'era, spedirlo così lontano era stato un gioco da ragazzi.
La corazzata si strappò il mantello di dosso e subito lo cedette al principe agartheo, assicurandosi che stesse bene. Poi, si frappose tra lui e suo fratello.

- Infame, come hai osato picchiare il tuo futuro re? Ed uccidere Dedue?! Ho sentito cos'hai fatto, se devi prendertela con qualcuno fallo con me!-
- Tch, taci... piuttosto, attenta a non farti ammazzare.-

Aleksei, sconvolto, quando vide sua madre impazzire a quel punto, corse direttamente da Myson. L'aveva creata lui, doveva sapere come fermarla!

- Cos'è quella magia?!-
- È una tipologia che credevamo perduta... e invece eccola lì, guardala, è sensazionale. Quella è magia del sangue, l'utilizzatore apre i vasi sanguigni ed il loro contenuto viene impiegato negli incantesimi.-
- Come si ferma? Sta facendo un disastro!-
- L'unico limite è l'anemia... ma la Luna Crescente forza il corpo a produrre cellule ematiche all'infinito, potrebbe continuare per sempre.-
- Dannazione...-

Doveva assolutamente pensare ad una soluzione, anche solo per farla rinsavire, di quel passo il suo corpo sarebbe collassato e avrebbero perso anche lei oltre a Dedue. Come fare... come?!
... Anemia.
Doveva funzionare.

Ksenia stava combattendo contro Behemoth. Il drago, vista la situazione, aveva deciso di tenerla impegnata perché non uccidesse alcun alleato e, doveva ammetterlo, era in difficoltà. Con il potere di quella dannata reliquia continuava a teletrasportarsi ovunque ed in modo imprevedibile, ma sapeva di non potergliela togliere perché manteneva stabile l'abnorme quantità di magia che fluiva nel suo corpo, senza sarebbe probabilmente morta.
Tutto ciò che poteva fare era schivare e continuare ad attirare la sua attenzione. Risultava straziante vederla in quello stato, lei che era sempre stata così rigida sui suoi obiettivi...
Dopo interminabili minuti di lotta a senso unico, con l'occhio vide in lontananza una coda bionda correre ad una velocità esorbitante in mezzo alla palude di sangue e con una spada in mano. La donna, quando lo sentì vicino, lo prese di mira e tentò di attaccarlo, ma lui come un fulmine si spostò. Continuò ad evitare i suoi attacchi, aspettò il momento giusto, le andò alle spalle e...
La infilzò, trapassandole il corpo con la lama dell'arma.

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