14 ; All the Scarlet Tears
Gli occhi si aprirono a fatica, tutti incrostati dal lungo sonno. Mosse le iridi a destra e sinistra, mettendo lentamente a fuoco l'ambiente circostante.
Vide per prime delle pareti in pietra, poco illuminate da fiaccole poste molto in alto; il pavimento era liscio, quasi scivoloso, la puzza di umido gli invadeva le narici. In un angolo c'era quello che sembrava un tavolo; cinghie di cuoio pendevano dal legno.
Solo dopo realizzò quanto gli mancasse il respiro.
Era seduto a terra, con un grosso collare di ferro legato attorno al collo. Esso era appeso ad una catena attaccata ad un gancio, in modo da tenerlo leggermente sollevato ed impedirgli di respirare completamente. Adesso anche i piedi nudi erano legati stretti tra loro, le manette erano diventate più sottili ed erano attaccate ad una grossa palla di ferro talmente vicina da impedirgli di alzarsi in piedi o stendersi, era tenuto in una posizione incapace di dargli sollievo. Avrebbe potuto tranquillamente spezzare tutta quella ferraglia, ma quel collare stava inibendo tutta la sua forza.
Per ultime, vide le sbarre e dietro di esse due figure: la prima, alta, magra e scura, la riconobbe subito come Hubert, mentre la seconda sembrava una donna, aveva capelli azzurri molto corti e spettinati, gli occhi erano gialli ed indossava un lungo abito bianco.
- Si è svegliato, finalmente! – Esclamò, insolitamente contenta. – Ora è tutto mio, marchese?-
- Aspetta... prima le dovute presentazioni.-
Aleksei tentò di replicare, ma quel principio di soffocamento indotto gli aveva paralizzato le corde vocali, non sarebbe riuscito ad emettere altro che versi e gorgoglii.
La porta della cella si aprì ed i due si avvicinarono; lui con la sua solita flemma, lei saltellando come una bambina. Gli prese il viso tra le mani, cominciando a scrutarlo a fondo come se fosse un topo da laboratorio.
- Principe, lei si chiama Marle. Fino alla vostra esecuzione, si prenderà cura di voi.-
Lei tolse la catena dal gancio, finalmente poté respirare correttamente.
- Esecuzione...?-
- Chi infrange la damnatio memoriae viene condannato alla decapitazione in pubblica piazza. Verrete giustiziato insieme ad una ragazza di nome Artemiya Rosenrot Blaiddyd, vi dice nulla? Il generale von Gerth è già partito verso Itha per portarla qui.-
- MALEDETTO BASTARDO, LEI NON HA ALCUNA COLPA, COME OSATE CONDANNARE ANCHE LEI?! HUBERT, GIURO CHE SE LE VIENE TORTO UN CAPELLO TI AMMAZZO, POI AMMAZZO EDELGARD E POI—-
Gli fu impedito di dire altro; non appena iniziò ad agitarsi, Marle subito riattaccò la catena al gancio ancor più in alto, impiccandolo all'istante.
- Che carino, si agita così tanto...- Ridacchiò, allontanandosi di poco per ammirarlo.
- Fagli tutto quello che vuoi, ma niente mutilazioni, vivisezione o taglio dei capelli, dovrà presentarsi al popolo immacolato così com'è.-
- È davvero un peccato, avrei voluto prendere con me quegli occhi stupendi e farci dei gioielli...-
- Se eseguirai bene il tuo compito, potrei fare in modo che ti siano consegnati a decapitazione avvenuta.-
- Siete davvero gentile, Marchese Vestra!-
☾
Ksenia ci aveva pensato a lungo; aveva bisogno di un piano perfetto ed infallibile per andarsi a riprendere suo figlio prima dell'esecuzione, a costo di distruggere l'intera capitale dell'Impero. Se non fosse arrivata a nulla, si sarebbe recata là e, anche con il rischio di perdere il suo stesso corpo, avrebbe messo tutto a ferro e fuoco, da sola.
Aveva invitato anche i presenti, soprattutto Sera ed Ephraim, conoscitori del castello, a pensare a fondo... i pensieri per la testa erano talmente tanti da impedirle di essere completamente lucida.
- Il palazzo imperiale è sempre presidiato da orde di corazzati, provare a sfondare le loro difese a testa bassa sarebbe come suicidarsi, non lo consiglio – e ve lo avrei impedito, quelli sono miei soldati, non voglio vederli coinvolti.-
- Non puoi ordinare loro di lasciarci passare, se sono sotto il tuo comando?- Domandò Mitja, sospettoso.
- La legge prevede che, qualora il comportamento del generale portasse ad una situazione eventualmente pericolosa per l'imperatore, i suoi sottoposti avrebbero il permesso di disobbedire agli ordini.
In ogni caso, io voglio solamente salvare il principe, non ho alcuna intenzione di mettere in pericolo la mia sovrana.-
- Non credo ti lasceranno il tuo bel posto se impedirai la condanna a morte di un prigioniero.- Il giovane ghignò, guardandolo negli occhi.
- Aspetta, non è detto che debba aiutarci alla luce del sole, può farlo anche di nascosto. – La donna cercò di evitare ulteriori frecciatine, dovevano rimanere tutti calmi e concentrarsi sul piano. – Fratello, ci sono altre entrate, magari segrete, dalle quali si può entrare indisturbati?-
- C'è un'entrata secondaria proprio vicina alle prigioni, ma anch'essa è sempre ampiamente sorvegliata. Che io sappia, non ci sono entrate segrete... e se ci fossero, di certo Edelgard non le lascerebbe incustodite. Il prigioniero ha vissuto tra quelle mura per tutta la vita, se scappasse non avrebbe problemi a trovare vie di fuga.-
- Dannazione, se solo fossimo riusciti a prendere Areadbhar...- Artemiya borbottò, digrignando i denti. Era arrabbiata.
- Areadbhar? – L'uomo alzò un sopracciglio. – La lancia che se lasciata incustodita si incendia e si anima?-
- L—La conoscete?- La ragazza strabuzzò gli occhi.
- Certamente, tra noi guardie imperiali circolano storie assurde su di essa, i miei sottoposti ne sono terrorizzati... è incatenata ad una grossa stele per evitare che prenda vita, si trova nei sotterranei del castello.-
- È sempre stata a portata di mano e non ne sapevamo nulla?! – Sera in quel momento alzò improvvisamente la voce. – Generale, perché non ce lo avete mai detto?-
- Perché non ne ho mai sentito il bisogno. Credimi, Sera, non avevo idea della vera identità di Aleksei, io sapevo solo che era stato adottato, non avrei mai immaginato fosse figlio del re, né avrei potuto supporlo; in guerra non l'ho mai visto e ai tempi dell'Accademia lo incontrai molto raramente, era impossibile fare simili collegamenti. Per me Areadbhar era un semplice bottino di guerra.-
- Areadbhar... esiste ancora... e gli è vicina... – La voce di Ksenia era quasi stridula. – potete... potete fargliela avere?-
- Da quando è stata sigillata ad Enbarr, l'arma è diventata estremamente pericolosa, temo che se dovessi liberarla io stesso dalle catene potrei trasformarmi in un mostro— tutto ciò che posso fare è dirgli come arrivarci, ma dovrà farlo da solo.-
Anche la Macellaia piangeva il Re delle Tempeste. Strappata al suo legittimo proprietario e chiusa in una gabbia come un animale... provava immensa pena per lei. Le reliquie erano vive, sigillarle un atto barbarico.
Sapevano che Aleksei poteva essere liberato e che aveva un modo per difendersi, ma al contempo, se fosse rimasto là, avrebbero potuto riprenderlo e giustiziarlo ancor prima del tempo. Era pur sempre contro un intero esercito in territorio nemico, poco importava la sua forza sovrumana, la parte più importante del piano era capire come riportarlo nel Faerghus sano e salvo.
- Maestà, vostro padre sarebbe in grado di aiutarci? Avete detto che è un grande scienziato, forse può riaprire le porte di Fhirdiad e—-
- ... No. Sera, sono scappata da Shambhala, se ci andassi potrebbe rinchiudermi di nuovo là e stavolta facendo in modo che io non possa più uscire. Per quanto gli sia legata, a lui importa solo che io sia viva e vegeta, non felice.-
- Ma è la nostra unica speranza...! Gli agarthei hanno tecnologie avanzate, non credo che il nonno di Mimi sarebbe in grado di fare effettivamente qualcosa.-
- Ha ragione. – Mitja prese la parola. – Quel vecchio non ha più nulla, è solo in grado di picchiare una donna a tradimento, – Artemiya abbassò lo sguardo. – mentre Agartha è ormai nemico mortale dell'Adrestia. L'imperatrice stessa è stata colei che ha distrutto Shambhala vent'anni fa.
"Il nemico del mio nemico è mio amico", non si dice così? In più tu sei figlia di un'importante figura, possiamo mettere su un'alleanza provvisoria. Dopotutto a te importa di salvare solo tuo figlio, vero? Allora non avrai problemi a sacrificarti per lui.-
Mitja sapeva sempre dove colpire e ciò lo rendeva un temibile avversario in una discussione. Era abile a far sentire in colpa gli altri, prenderli nei loro punti deboli... e così aveva fatto con la povera Ksenia che, prima tormentata dai dubbi, aveva poi deciso di darsi anche in pasto ai lupi pur di liberare Aleksei dalle grinfie di quella ladra ignobile.
E così il loro elaborato piano prese vita: Ephraim sarebbe tornato ad Enbarr con una scusa per non aver portato con sé Artemiya. Quest'ultima, assieme a Sera, avrebbe accompagnato Ksenia a Shambhala come guardia personale, la quale avrebbe chiesto disperatamente aiuto al padre. Se qualcosa fosse andato storto, si sarebbe recata lei stessa alla capitale ed avrebbe usato tutta la magia rimastale in corpo per carbonizzare il palazzo imperiale – quest'alternativa, però, l'aveva tenuta per sé.
Mitja, invece, si era inaspettatamente tirato fuori dal piano, annunciando che sarebbe tornato per un po' a casa. Vista la stizza di Artemiya, la rassicurò che non l'avrebbe abbandonata, anzi, doveva prendere qualcosa capace di aiutarli a vincere.
☾
Marle era dannatamente pazza. Tutti i giorni, tutto il giorno, era sempre con lui nella cella, gli iniettava nelle vene della robaccia che lo rendeva un manichino vigile e poi si divertiva a commettere soprusi al suo corpo.
Le più gettonate erano le arterie tagliate, quella pioggia scarlatta la mandava letteralmente in estasi e, più le impregnava il vestito bianco, più ne voleva. Gli aveva piantato aghi roventi sotto le unghie, aperto il ventre e gettatoci dentro acqua bollente, bruciato le piante dei piedi e costretto a camminare su vetri rotti. L'idea, secondo lei, più geniale che ebbe fu quella di piantargli un lunghissimo chiodo arrugginito nella tempia usando un martello. Gli aveva trapassato il cranio ed il cervello e prima l'aveva lasciato in preda alle convulsioni per un giorno intero, poi lo aveva estratto ammirando la sua ripresa di coscienza con lo sguardo di bambina.
Questo amava del suo nuovo bambolotto: poteva giocarci quanto voleva e lui era sempre lì a guardarla con quei bellissimi occhi di ghiaccio... se n'era innamorata perdutamente, avrebbe voluto tenerlo per sempre con sé e non doverlo consegnare all'imperatrice, lei lo avrebbe ucciso, l'amore della sua vita!
Quel giorno -quanti ne erano passati?- gli stava spazzolando i lunghi capelli biondi; li accarezzava, li annusava, ci passava le dita attraverso... come osava? Quello era compito di Sera, non suo.
- Oh, mio principe, che bei capelli avete, e che bella gola... peccato sia nascosta da questo coso che blocca i vostri poteri, vorrei tagliarla così tanto...
Non poteva risponderle, l'aveva narcotizzato al punto da impedirgli di parlare – in ogni caso, le avrebbe rivolto solo insulti e minacce. Odiava l'impossibilità di reagire.
La giovane gli prese il viso tra le mani, lo accarezzò e poi lo baciò a fondo, ficcandogli la lingua in bocca. Se solo avesse avuto la forza... gliel'avrebbe strappata a morsi. Lo spinse a stendersi sul pavimento e si mise a cavalcioni su di lui, iniziando ad armeggiare con i suoi pantaloni.
- Ci amiamo così tanto, facciamo l'amore...
☾
- Sono arrivati i risultati dal conte Hevring.-
- Linhardt ha scoperto qualcosa con le fiale di sangue che gli sono state inviate?-
- Molto più di quanto pensiate, Lady Edelgard.-
Hubert si era presentato al cospetto dell'imperatrice con una lunga lettera indirizzata a lei. Non riuscendo a capire perché Aleksei fosse sopravvissuto al taglio della gola per ben due volte e a tutte le torture a cui Marle continuava a sottoporlo, avevano mandato dei campioni di sangue a Linhardt von Hevring, loro ex compagno di classe all'Accademia Ufficiali ed esperto di segnotica.
- Mi sono già permesso di leggerla in modo da potervi fare un riassunto: il conte ci informa che nel suo sangue, accanto al Segno di Blaiddyd, è presente quello che sembra un morbo con un'elevata energia magica. Dopo vari esperimenti, esso ha preso la forma di un ulteriore e sconosciuto Segno... iniettando un po' di sangue in un topo, l'animale è improvvisamente ringiovanito; sembrava non aver subito ulteriori effetti, almeno finché non è impazzito e ha cominciato a sbattere la testa contro le pareti della gabbia fino alla morte. Anche separando i due segni, il risultato rimaneva invariato: i topi a cui era stato somministrato quello misterioso finivano tutti per suicidarsi brutalmente dopo immensi picchi di energia.-
- Un... Segno sconosciuto? Com'è possibile, Hubert? Come fa a possederlo? Quando è nato è stato rilevato solamente quello di suo padre.-
- È possibile che qualcuno glielo abbia inoculato ad Itha, o da qualunque altra parte sia stato in questi ultimi mesi.-
- Non lo so... – La donna iniziò a fare mente locale, a cercare qualche indizio nei ricordi, finché non le venne in mente un fatto particolare. – no, non è possibile! Poco tempo dopo la sua sparizione, io e Byleth abbiamo rinvenuto una copiosa macchia di sangue secco sul tappeto della sua stanza, la quale sembrava provenire da una ferita molto profonda, ma nessuno lo ha visto ferito o con delle fasciature.-
- Lady Edelgard, perché non parlate direttamente a lui?-
L'imperatrice deglutì; immaginava che, prima o poi, il suo attendente le avrebbe fatto quella domanda estremamente scomoda. Parlare con suo figlio era la via più semplice, ma aveva paura di percorrerla, di vederlo in uno stato pietoso.
Benedikt era sempre stato impeccabile, al di sopra di chiunque altro, una figura austera capace di far inchinare a sé anche gli animali da macello, non voleva che la figura empirica nella sua testa venisse rovinata -nonostante fosse stata lei stessa a dare carta bianca a Hubert, il quale ovviamente si era divertito fin troppo-.
Dopo un lungo rimuginare, si decise ad alzarsi, insistendo di andare al suo cospetto da sola. Percorse la via verso le prigioni in completo silenzio, cercando di prepararsi mentalmente al peggio – non ci sarebbe mai riuscita a pieno.
Arrivata da lui, lo trovò a gambe incrociate, la schiena ricurva e la testa fissa verso le sbarre, i polsi tagliati che ancora sanguinavano appoggiati agli arti inferiori. La camicia un tempo bianca che indossava era ridotta quasi a brandelli e sotto di essa si intravedeva la muscolatura priva di ogni antico vigore. I pantaloni erano leggermente abbassati e bruciati in corrispondenza delle caviglie.
Mentre quegli occhi gelidi la fissavano senza mai sbattere le palpebre, la ragazzina inquietante gli stava facendo delle treccine canticchiando una canzone. Quando si accorse della sua presenza, si affrettò ad alzarsi e ad inchinarsi al suo cospetto.
- Benarrivata Imperatrice, al vostro servizio.-
- Il prigioniero è in grado di parlare?-
- Sì, gli effetti delle medicine stanno svanendo, ma ormai sono giorni che non mi rivolge la parola. Sembra arrabbiato!- Rise, facendo inorridire Edelgard.
- Bene, lasciaci soli, devo parlargli di cose importanti.-
- Come desiderate, Maestà.-
La donna gli si inginocchiò davanti e lo guardò a fondo, non riuscendo a vedere nulla trasparire dal suo viso martoriato e sporco. Si sporse ed avvolse il suo corpo con le braccia, lo tirò a sé e gli fece appoggiare la fronte nell'incavo del collo. Lo strinse forte, tanto da aver paura di fargli male, sentiva le ossa delle scapole e della spina dorsale sporgere.
Cosa gli stava facendo subire? Perché era arrivata ad un punto tanto basso? Avrebbe voluto urlargli "mi dispiace", con tutte le sue forze, ma in cuor suo sapeva di non poter tornare indietro. Aveva tutto il popolo sotto la sua responsabilità, non poteva liberare quella bestia selvaggia e rischiare che lo decimasse... se solo non avesse avuto tutto quel potere allora, per quel bambino che aveva cresciuto come suo, avrebbe tradito anche l'Adrestia stessa. Quel lontano trentesimo giorno della Luna del Grande Albero lo aveva portato con sé come modo per scusarsi con suo fratello, salvando almeno il figlio per cui aveva combattuto fino allo strenuo delle forze, chiudendolo in una gabbia per cercare di tenerlo al sicuro da tutto il male che serpeggiava nel mondo, a costo di tarpargli le ali... ma a quanto pare il destino di ogni Blaiddyd era sempre quello di perdere la testa per mano od ordine di una donna imperiale.
- Vattene.- Ad un tratto, la sua voce roca e stanca le rimbombò contro il petto, gelida quanto le sue iridi.
- Non lo farò finché non risponderai alle domande che ho da porti.-
- Buona permanenza qui, dannata assassina.- Il suo fu quasi un grugnito.
- Non parlarmi in questo modo, Benedikt. – Lo lasciò andare per osservare il suo volto pieno d'ira. – Ci sono cose che devo sapere. Perché hai un secondo Segno? Da dove arriva?-
- Non ho idea di cosa tu stia parlando. Io sono un senzasegno, me lo hai detto tu per vent'anni, convinciti della tua stessa bugia e lasciami in pace. Fammi almeno vivere i miei ultimi giorni senza averti tra i piedi.-
A quel punto, la donna gli diede uno schiaffo.
- Come osi parlare a tua madre in questo modo? Non ti ho cresciuto così.-
- Non sei mia madre, lei l'hai seppellita mentre era ancora viva. È morta soffocata con la testa di mio padre sul ventre.-
Edelgard schiuse le labbra, assolutamente confusa dalla sua ultima frase: ora aveva la conferma che quella donna fosse la sua madre naturale, ma d'altra parte non capiva come potesse essere giunto a tale affermazione. Chi glielo aveva raccontato, Rufus?
Se sì, perché rivelargli una cosa simile? E com'era venuto a sapere simili dettagli, lui?
- Il suo spettro mi fa visita costantemente, è qui anche ora. Mi ha detto che l'hai uccisa solo perché ti ha fatto una domanda— anzi, sei stata talmente codarda da non finirla, lasciando che fossero i vermi a divorarla e la terra soffocarla per te, essere ignobile. Hai decapitato con le tue stesse mani l'ultimo membro della famiglia che ti era rimasto, hai lasciato bruciare la sua casa ed il suo popolo, hai rubato suo figlio e, solo per perpetrare la tua insulsa bugia, hai istituito leggi su leggi ridicole, arrivando a sigillare un'intera città ed a farne sparire il simbolo ed ora, a causa delle tue stesse assurde regole, nel braccio della morte c'è proprio quel bambino che hai rapito quando ancora non poteva riconoscere sua madre. Non ti vergogni?
La donna avrebbe voluto replicare con tutte le sue forze; la risposta era già pronta ad uscire, ma non ci riuscì. Tutto ciò che le disse era motivo di ricordi velocissimi l'uno sull'altro, si scavalcavano, mescolavano... avrebbe voluto perderli. Non capiva come facesse ad essere al corrente di tutte quelle cose -non credeva allo "spettro"- ma, in quel momento, più lo guardava, più vedeva Dimitri, con quella stessa espressione iraconda che gli aveva visto fare poco prima di morire, e poi scorgeva le iridi gelide e giudicanti di quella donna apparentemente irrilevante.
Si alzò in piedi, ormai incapace di sostenere il suo sguardo.
- Tornerò quando risponderai correttamente alle mie domande, buonanotte.
Aleksei chinò il capo, osservando le ferite sulle braccia che lentamente si ricucivano, un sorriso sulle labbra screpolate. Avrebbe voluto piangere, ma se lo era proibito per quella situazione.
- Mamma, Sera, mi mancate così tanto... mi dispiace, ho fatto un grave errore.
Successivamente a quel sussurro, Marle tornò da lui.
☾
Ephraim era pronto a ripartire per Enbarr. Erano tutti davanti all'entrata del castello di Itha, la viverna già pronta a trasportarlo.
- Spero sia tutto chiaro, il piano.- Ksenia era rigida, osservava l'uomo negli occhi.
- Fidatevi di me, dovessi tradirvi, avrete il permesso di giustiziarmi. – Le si avvicinò, sovrastandola. Non era un uomo particolarmente alto, era lei ad essere piccola. – Posso... abbracciarvi prima di salutarci?-
- Se è ciò che desiderate...-
La avvolse con le braccia e la strinse delicatamente a sé, con nessuna malizia. Sentì il suo cuore battere forte.
- Quando tutto ciò sarà finito, vorrei conoscervi meglio, se siete d'accordo.-
- Mi piacerebbe, abbiamo tanto di cui parlare.-
Si separarono, scambiandosi un sorriso. La donna non ebbe il cuore di dirgli che probabilmente di lì a poco sarebbe morta, ma sperò davvero di sopravvivere fino a poter intrattenere un discorso vero ed un legame con quell'uomo che sentiva incredibilmente vicino.
Ephraim partì e la loro missione si poté dire ufficialmente iniziata.
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