11 ; Ghost of Perdition
Ansimava forte, le gambe tremavano, il sangue continuava a rigenerarsi solo per uscire da quella dannata ferita tenuta aperta dal pugnale. Nonostante avesse finto di essere illesa, il dolore c'era eccome ed era lancinante. La lama era conficcata esattamente nel cuore e ad ogni suo battito rischiava di contorcersi come un pezzo di carta straccia.
Ad ormai forze esaurite, riuscì a raggiungere la camera di Aleksei ed entrare. Il giovane era ancora sveglio, stava rileggendo le pagine prese ad Enbarr alla luce di un candelabro.
Nel momento in cui vide la madre in quello stato scattò in piedi come una molla e si precipitò a sorreggerla un attimo prima che stramazzasse a terra.
- Cos'è successo? Chi è stato?!-
- Potresti prima estrarre il pugnale? È incastrato tra le costole, non riesco a toglierlo da sola...-
- E se doveste morire?-
- No che non muoio, non ti preoccupare.-
Il principe deglutì, ma le diede ascolto. La mise sul suo letto e poi, dopo averla rassicurata, afferrò il pugnale per l'elsa. Aveva paura di farlo, soprattutto a lei, però di certo non poteva lasciarla in quello stato. Tirò un poco, constatando che fosse effettivamente incastrato, perciò doveva scordarsi la delicatezza. Un colpo secco e lama uscì; al suo posto un taglio profondo che sanguinava ancor di più. Mentre le teneva i lembi della ferita chiusi con le mani -irrimediabilmente imbrattandosi-, lei aveva ribaltato gli occhi e dalla sua bocca uscivano lamenti terrificanti. Il corpo si era completamente irrigidito dal dolore, le dita bloccate sembravano artigli. Solo dopo qualche minuto finalmente tornò a rilassarsi; l'emorragia cessò e pian piano anche la pelle si ricucì.
- Come state?-
- ... Ora bene.- Ancora ansimava, la fronte imperlata di sudore.
- Siete in grado di dirmi cosa vi è accaduto?-
- È stato Rufus, – Mentre parlava, si mise a sedere a gambe incrociate. – ha assoldato un assassino per uccidermi, è venuto a pugnalarmi mentre dormivo. Ad un certo punto ho dovuto fingermi morta perché non la smetteva di colpirmi nel petto...-
- Che cosa?! Per quale motivo?-
- Perché io so cos'è successo ad Ekaterina, la madre di Artemiya. Evidentemente ha paura che glielo riveli.
Aleksei, qualunque cosa accada, non fidarti di lui. Mai. Intesi?-
- Sembra che gli piaccia nascondere segreti alle persone.-
- Ti ha tenuto nascosto qualcosa?-
- Quando giunsi qui gli chiesi informazioni sul Re delle Tempeste, ma disse poco e niente, aveva omesso tante cose. Mi lasciò spiazzato, dopotutto era suo nipote...-
- Rufus è sempre stato terrorizzato da Dimitri, perciò lo sovvessava additandolo a mostro. Penso non ti abbia detto abbastanza perché aveva capito che fossi figlio suo e ha paura anche di te. Potrei usarlo a mio vantaggio...-
- È davvero utile a qualcosa quel vecchio?-
- Certamente. Se è riuscito ad assoldare qualcuno per tentare alla mia vita, non dubito che abbia i mezzi necessari a portare avanti il mio piano.-
- Cos'avete intenzione di fare?-
- Semplice: rendere il Faerghus di nuovo indipendente, sono stanca di vederlo nelle mani dell'Adrestia.-
- Sembra un'impresa impossibile...-
- Fidati di me.-
Aleksei osservò la madre. Aveva i pugni stretti ed uno sguardo estremamente determinato.
Era matta, o davvero sapeva a cosa poteva andare in contro schierandosi contro Edelgard von Hresvelg? Dopo qualche secondo di silenzio, fece per scendere dal letto e tornare nella sua stanza, ma venne afferrata per un polso da lui e fatta riaccomodare.
- Aleksei, lasciami, voglio andare a dormire...-
- Rimanete qui, per favore. Sapervi là da sola, con quello che è successo, mi rende inquieto. Non voglio accada di nuovo.-
- Ad una condizione: – Il figlio la guardò un po' stranito. – non usare più onorificenze o il Voi con me. Ora che finalmente ci siamo riuniti, voglio esserti il più vicina possibile, non essere tua madre, ma la tua mamma. Tra noi non devono esserci stupide barriere da nobili, un tempo eravamo una cosa sola, non avrebbe senso...-
- È che ho sempre chiamato Edelgard in questo modo, forza dell'abitudine. Se lo desiderat— desideri, da ora sarai soltanto "mamma", non "madre".-
Le fece posto sotto le lenzuola. Era così piccola da sparirci dentro, sentiva l'urgenza di proteggerla ad ogni costo.
Conosceva quella donna da pochissimo tempo, eppure con lei sentiva una connessione estremamente forte, un legame invisibile che con quella che credeva sua madre non c'era mai stato. Per questo credeva ad ogni sua parola, era sicuro al cento per cento che dicesse la verità e l'avrebbe difesa da chiunque avesse osato dire il contrario.
- L'ultima volta che ti ho visto eri così piccolo... quando ti prendevo in braccio ti aggrappavi sempre al mio petto o giocavi con i miei capelli, tante volte strappandoli a causa del Segno che porti. – Ridacchiò, per poi toccargli la punta del naso con l'indice. – Invece guardati ora: sei diventato un uomo bellissimo, rimpiango di non poterti più tenere come facevo prima.-
- Mi dispiace, non avrei mai voluto la—-
- Shh, non è colpa tua, Aleksei, avevi solo un mese di vita. – Gli accarezzò la guancia e lui chiuse gli occhi. – Ho seguito io tuo padre a Tailtean contro la sua volontà... se fossi rimasta a Fhirdiad avrei ucciso io stessa quel drago prima che potesse anche solo pensare di appiccare le fiamme in città. Purtroppo il destino ha voluto questo e dobbiamo ringraziare di esserci finalmente riuniti, almeno noi due...-
- Posso... posso chiederti cos'hai fatto per essere scappata alla domanda di Mitja?-
- Non voglio dirtelo, almeno per ora. Mi conosci poco e potrebbe farti cambiare idea su di me, mi crederesti una persona spregevole, non voglio incrinare il nostro rapporto già da ora.-
- Ho capito, però desidero che tra noi non ci siano segreti, prima o poi dovrai dirmelo. Ad Enbarr mi hanno tenuto nascosto troppe cose, sono stanco.-
- Affare fatto.-
Aleksei spense il candelabro e si tirò il lenzuolo sopra la spalla. Ksenia si addormentò quasi subito -doveva essere stanchissima dopo tutto il sangue perso-, mentre lui rimase a rimuginare un bel po' ascoltando il suo respiro. Voleva renderla felice, ma doveva capire in che modo, non la conosceva così bene.
Sapeva che anche a lei piacevano i dolci, conosceva il suo dolore, un po' della sua storia e quasi nient'altro.
Pensò, pensò, pensò finché, un istante prima di addormentarsi, non si ricordò di una cosa: se avesse funzionato, quella sicuramente l'avrebbe resa contenta, alleviato un po' il suo male.
☾
Il mattino dopo si svegliò da solo, l'unica traccia della sua ormai ex presenza nel letto le macchie di sangue che dai vestiti si erano trasferite sulle lenzuola. Si alzò e camminando con i piedi scalzi spalancò le tende della finestra. Essa dava sul giardino e subito Dedue gli saltò all'occhio; stava divorando la carcassa di un lupo simile a quello che aveva quasi ucciso Sera, sua madre era lì con lui, seduta ai piedi di un albero lo osservava e sembrava parlargli.
Chiuse di nuovo le tende ed inspirò profondamente.
- ... Vieni qui!
Niente.
- ... Per favore?
Ancora nulla.
- Andiamo, sei stato con me giorni e giorni ed ora non ti fai vedere?
Sei mio padre, vero? E quelle laggiù sono persone che conosci ed ami, allora perché ti ostini a non uscire allo scoperto? Anche mia madre può vederti, lo sai? Se non sei un'allucinazione ed io non sono pazzo, per favore, mostrati... parla con lei, ricordale che non è da sola. Ti prego...
Si sentiva ridicolo a parlare in quel modo al nulla più totale, sperava che nessuno stesse origliando dietro alla porta.
Trovava assurdo che quello spettro si manifestasse a lui quasi solamente quando si trovava da solo, eppure nessun altro era capace di vederlo, a quanto sapeva... più o meno. Sua madre aveva detto che quella speciale abilità derivava dal loro Segno, perciò anche lei doveva possederla.
Dopo infiniti attimi di vuoto cosmico, si decise finalmente a lasciar perdere ed iniziare a cambiarsi gli abiti. Quando si voltò, però, gli venne quasi un infarto. Ormai non avrebbe dovuto più stupirsi, ma vedere all'improvviso un uomo senza testa lo aveva davvero spaventato.
Dal suo linguaggio del corpo sembrava quasi addolorato; le spalle erano leggermente piegate in avanti e così anche il busto.
- L'amavi veramente...? Se sì, per favore, incontrala, dimostrale che non l'hai dimenticata.
Per tutti questi anni è rimasta solo in compagnia di quella bestia gigantesca incapace di parlare, è ora il momento di riunirvi.
Lo spettro si raddrizzò e fece un passo in avanti come se avesse acconsentito – o questo era ciò che aveva capito, era troppo difficile decifrare un acefalo. Aleksei sorrise.
Dopo essersi messo dei vestiti adatti, uscì dalla stanza ed attraversò i corridoi del castello in direzione del giardino ove si trovavano Ksenia e Dedue; suo padre era sparito, ma gli aveva raccomandato di uscire nuovamente allo scoperto una volta arrivato il momento giusto.
Nell'istante in cui lo vide, la madre si alzò in piedi e si pulì i residui di terra rimasti sull'abito nero.
- Aleksei...! Scusami se non ti ho avvertito, dormivi così bene e mi è sembrato un peccato svegliarti.-
- Sono qui per un altro motivo, in realtà. – Prese un profondo respiro, stringendosi nelle spalle. – Fino a questo momento ho omesso un dettaglio, non so nemmeno io il perché, ma voglio farti vedere una cosa. Spero che essa ti renda felice e non ti faccia più venir voglia di tornare in quel buco freddo ed umido in cui vivevi.-
Lei, dapprima stranita dalla scelta di parole, subito dopo spalancò gli occhi. Da dietro il figlio si materializzò, lentamente, una figura estremamente familiare: l'armatura nivea, la pelliccia sulle spalle che la rendeva ancor più imponente, il lungo mantello blu.
Mancava la testa, ma non aveva bisogno di essa per darle un nome: Dimitri Alexandre Blaiddyd. Il sangue colava sul metallo, imbrattava la pelliccia... il suo aspetto portava direttamente a quel tragico momento.
Mosse dei passi in avanti e, man mano che scendeva le scale, mutava forma; gli abiti si ricucivano, le ammaccature sparivano, la testa riapparve assieme ad una cascata di capelli biondi che incorniciavano un viso splendido.
Due occhi meravigliosi le guardarono dritto nell'anima, le iridi color del cielo si scontrarono con le sue estremamente gelide. Le sorrise.
La donna cedette e crollò sulle ginocchia, le lacrime che già avevano sciolto il trucco nerissimo portandolo lungo tutto il volto. Nonostante fosse a terra, la testa era sempre rivolta verso l'alto, incapace di distogliere lo sguardo.
- Mitya... allora sei sempre stato con lui...- La sua voce era rotta, il cuore che batteva all'impazzata.
- Credimi, non avrei voluto scegliere. Mi dispiace, so di averti abbandonata.-
- Non osare dirlo... sono felice che, almeno tu, gli sia stato accanto, abbia visto crescere Aleksei.-
- Ma tu sei rimasta da sola e ne sei uscita distrutta. Non me lo perdonerò mai, Ksenia.-
- Io non ho mai avuto alcuna valenza in questo mondo. Esisto solo per creare dolore e sofferenza.-
- Eppure per me eri e sei ciò che ho avuto di più importante, la mia spalla su cui piangere, il perno capace di tenermi in piedi, le mie redini. Mi addolora sapere cosa ti è successo dopo la mia morte, se solo avessi insistito perché rimanessi a Fhirdiad... – Lo spirito si chinò e cercò di accarezzarle il viso senza successo, perché la trapassò. Si guardò la mano e strinse forte il pugno, impotente. – Alzati, il tuo posto non è questo, ma al di sopra di chiunque altro. Tu sei una regina, non dimenticarlo, il Faerghus è ancora nelle tue mani.-
- Non mi sento più tale da anni, – Obbedendogli, si rimise in piedi. Faticava comunque ad arrivargli alla spalla. – questa è diventata una landa di nulla, mi sono mostrata sicura con mio figlio ed i suoi amici, ma la verità è che non so cosa fare... non voglio mandare a morire quattro ragazzi così giovani. Dimmelo tu, Mitya, cosa... cosa devo fare?-
- La prima cosa è cercare e ritrovare Areadbhar, la zampa del leone. Deve tornare in possesso del legittimo proprietario, è estremamente pericolosa in mano nemica.-
- Se solo sapessi dove trovarla...-
- Ksenia, tu sai dove trovarla.-
La donna spalancò gli occhi come se le si fosse accesa una lampadina in testa. Aveva ragione, lei poteva arrivare a tutto con gli strumenti adatti, trovare un oggetto inanimato con un'energia tanto densa era il più semplice dei compiti.
Per tutti quegli anni si era sentita così debole, inutile, impotente, e cinque parole dette da un morto erano bastate a motivarla per davvero. Solo Dimitri aveva quel potere su di lei, come lei lo aveva su di lui. Si completavano, insieme diventavano un'unica mente ed un unico corpo.
E sapere che non avrebbe mai più potuto toccarlo ed accarezzarlo la faceva sentire vuota, un guscio d'uovo rotto senza tuorlo.
- Il mio tempo in questa forma è limitato. Vorrei che dicessi qualcosa a Dedue da parte mia, prima che vada.-
- Ti ascolto...-
- Fagli sapere che gli sarò sempre grato per essere stato un così valido attendente e, soprattutto, amico, per essere rimasto al tuo fianco quando io non potevo e per aver continuato a proteggere il Regno fino alla fine.-
- Lo farò.- Con un macigno sul petto, iniziò ad allontanarsi per raggiungere la bestia.
- Un'ultima cosa. – Lei si voltò, guardandolo di nuovo negli occhi. – Ti amo, Ksenia. Grazie per aver domato questo leone, mia amata.-
- Ti amo anch'io, Mitya. Nemmeno la morte può separarci, sarai per sempre l'esperienza più bella della mia intera esistenza.-
☾
Nel momento in cui, finalmente, aveva visto il volto intatto di suo padre, Aleksei non era più riuscito a rimanere a guardarli. Se n'era andato come un codardo, rifiutandosi di assistere ulteriormente alla "riunione" dei suoi genitori... quelli veri. Se di Ksenia aveva gli occhi, di Dimitri possedeva tutto il resto.
Aveva cercato di rifugiarsi in camera sua per rimanere da solo, ma Sera lo aveva preceduto prima che potesse chiudersi a chiave, infilandosi nella stanza con lui ed iniziando a tartassarlo di domande sul suo stato emotivo.
Lui la guardò in silenzio per qualche secondo, ma successivamente si coprì il volto con entrambe le mani ed inarcò la schiena in avanti, cercando di soffocare un singhiozzo.
- Aleksei...? Hey, che succede?- Tentò di spostargli una delle mani per vedergli il viso, ma senza successo.
- È tutto reale... io, fino all'ultimo, speravo di no, che Ksenia fosse pazza e mi stesse riempiendo di frottole, ma in realtà la bugiarda è la donna che ho creduto mia madre per vent'anni. Tutta la mia vita è stata una menzogna, Sera, non so più chi io sia, anni ed anni persi con la convinzione di essere il primogenito della grande imperatrice Edelgard von Hresvelg... e invece guardami, sono il principe di un regno che ormai non esiste più, con una madre innamorata di un cadavere ed un padre fantasma che infesta i miei incubi.
Non avrei mai voluto cominciare questo viaggio se avessi saputo che avrebbe stravolto la mia intera esistenza. Tutto ciò che avevo prima si è improvvisamente sgretolato. Non sono più un adrestiano, non sono più uno Hresvelg, non sono più un fratello maggiore... cosa sono, Sera? Chi sono davvero?-
Ciò che più gli faceva male era non essere più imparentato con suo fratello Hans. Gli sembrava di averlo tradito non essendo più "Bennie", come si divertiva a chiamarlo. Quel legame si era incrinato nel momento in cui aveva scoperto di non condividere più i genitori, di non avere lo stesso sangue. Come avrebbe preso la notizia? O lui sapeva già della damnatio memoriae, di tutto ciò che era stato nascosto?
- Non è cambiato nulla, Aleksei. Tu sarai sempre te stesso, che il tuo nome sia Benedikt von Hresvelg, Aleksei Irek Blaiddyd o qualunque altro tu scelga. Non sono i legami di sangue, i nomi, le cariche a definire una persona, soprattutto quando è forte come te. Tu sei più di tutto questo.-
- Sera...-
- Prova a dire altre idiozie del genere e giuro che ti prendo a schiaffi! Ti sei rammollito, brutto stupido?-
- Scusa, mi dispiace!-
- Ora rialzati e smettila di piangere, vai da tua madre e stritolala in un abbraccio, quella povera donna se lo merita.-
- ... Hai ragione.-
☾
Il quintetto si ritrovò seduto attorno al tavolo in sala da pranzo. Ksenia a capotavola, Sera e Aleksei alla sua destra e Mitja ed Artemiya dall'altro lato.
- Vi ho convocati qui perché ho un piano, ma prima voglio sapere da tutti voi una cosa: siete disposti a rischiare il tutto e per tutto, anche la vostra stessa vita, per riportare alla luce il Sacro Regno di Faerghus?-
- Certamente.- Artemiya non esitò nemmeno per un secondo.
- Se è questo che Mimi desidera, non mi tirerò indietro.- Mitja rivolse un'occhiata alla castana.
- Sono stanco di tutte le bugie a cui ho creduto, ormai non ho più nulla da perdere.- Aleksei strinse la mano di Sera da sotto il tavolo.
- Non posso tollerare il degrado a cui ho dovuto assistere per tutto questo tempo, voglio aiutare per quanto mi è possibile.-
- ... Sono contenta di avervi tutti dalla mia parte.
Come già saprete, la mia specialità consiste nella magia, ma il mio potere può fare ben altro. C'è chi ci crede o no, e siete liberi di scegliere.
Il Segno della Luna Crescente permette estrema precisione nelle arti divinatorie, con un margine di errore che potrei azzardare quasi a zero, considerando il mio non aver mai sbagliato.-
- Significa che puoi prevedere il futuro?- Domandò Mitja.
- Con dei limiti, ma sì, in passato ho previsto molti avvenimenti.
Per farlo ho però bisogno dei miei strumenti personali già intrisi con la mia magia, ed essi si trovano a Fhirdiad, perciò la nostra prima tappa sarà lì.
Ho bisogno del pendolo e delle carte, devo trovare Areadbhar. Se essa sarà nelle nostre mani, anzi, in quelle di Aleksei, – Lo guardò per un attimo. – allora tutta questa storia avrà la remota possibilità di essere a lieto fine.
Partiremo all'alba di domani, perciò preparate tutto il necessario per il viaggio. La città è vicina, dovremmo arrivarci in meno di un giorno.-
☾
Come da prestabilito, all'alba era iniziata la loro spedizione. Ksenia aveva costretto Rufus a darle una carrozza, alla quale al posto del cavallo aveva legato Dedue -era molto più efficiente di essi e la creatura stessa le aveva fatto intendere di volerla aiutare a quel modo-. I quattro ragazzi erano stati stipati nel piccolo veicolo, mentre la donna aveva passato il viaggio seduta in cima alla sua maschera di ferro per dargli indicazioni.
Grazie alla potenza di gambe dell'ex umano, il viaggio fu più corto ed arrivarono a destinazione nel tardo pomeriggio, facendo però un'amara scoperta.
La donna si aspettava di trovare una città carbonizzata e la reggia in pessime condizioni, ma tutt'altro.
Di Fhirdiad non c'era alcuna traccia, erano rimasti solo i canali che la circondavano, il resto era tutta pianura.
Sul terreno, il simbolo di Agartha era marchiato a fuoco e ricopriva quasi tutta l'area dove un tempo sorgevano le abitazioni.
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