10 ; Giftig

I tacchi delle sue scarpe rimbombavano sul pavimento di pietra come le trombe dell'Apocalisse, una malefica canzone che precedeva un vero e proprio inferno imminente.
Lapidaria, Ksenia marciava spedita tra i corridoi della reggia, il cuore in procinto di esploderle nel petto per la rabbia. Mancava poco, lo avrebbe rivisto e, più si avvicinava, più accanto all'ira bruciante si formava un nodo allo stomaco. In realtà non avrebbe voluto incontrarlo di nuovo, ma doveva.
Si ritrovò in piedi davanti ad una porta di legno, quasi pietrificata. Allungò una mano verso la maniglia, ma quando la vide tremare la ritirò e fece un profondo respiro fino a riempirsi i polmoni. Non poteva presentarsi così, o quel bastardo avrebbe colto l'occasione per sovrastarla... e chissà cosa le avrebbe fatto.
Rimase immobile per qualche secondo finché non decise che, finalmente, il momento era giunto: aprì la porta senza nemmeno bussare e se la chiuse alle spalle.
Rufus, dapprima infastidito, subito dopo averla vista in volto spalancò gli occhi dall'incredulità e quasi cadde dalla poltrona dietro la scrivania.

- Cornelia...?!- Nel mentre, si alzò.
- Non mi sorprende che tu abbia ancora in mente il suo nome, vi divertivate molto sotto le coperte.- Il tono della donna divenne gelido.

L'uomo fece dei passi in avanti fino ad esserle di fronte. Era altissimo, imponente e la vecchiaia lo aveva reso ancor più disturbante; tutte quelle rughe su quel volto pallido e scavato le facevano ribrezzo.
All'improvviso le mise le mani sui fianchi stretti, stringendoli così forte da provocarle dolore, ma cercò di non scomporsi. Puzzava di alcol, come al solito. Se solo avesse distolto lo sguardo dalle sue iridi azzurre, si sarebbe scavata la fossa. Era necessario che rimanesse immobile nonostante le facesse schifo anche solo essere sfiorata da quel viscido, finché la palpava e basta poteva anche sopportare.

- Io ho sempre voluto te...- Sibilò.
- Ero una ragazzina, brutto maniaco.-
- Proprio questo mi piaceva: eri come tua madre, ma carne giovane e vergine, un sogno. Sono contento tu sia ancora viva.-
Dovette cercare di non vomitargli sulle scarpe.
- Desiderare la donna del proprio nipote, non avrei mai creduto che Lambert potesse avere un fratello tanto schifoso.-
- Parli di Dimitri? Quello stolto non si meritava il titolo di re; ha mandato allo sfacelo tutto il suo regno in soli cinque anni, ci vuole talento.-
- Non osare parlare di lui in questo modo. Ha dato la sua vita per il bene del Faerghus, confidava in te... e tu, morta la Purissima, ti sei arreso a quella dannata imperatrice senza battere ciglio.-
- È stato lui ad ospitare la Chiesa Centrale. – La sua stretta si fece più forte. Nonostante fosse un senzasegno, lui rimaneva un Blaiddyd e lei una donna di carta. Le stava facendo malissimo. – Se avesse negato loro asilo forse sarebbe ancora vivo, felice e contento con la sua cara mogliettina ed un mare di fratelli e sorelle per quel leone selvaggio che hai lasciato crescere dalla parte sbagliata del continente. L'ho capito subito che è vostro figlio, è identico a Dimitri ma ha i tuoi occhi. Questi... splendidi... occhi...- Si chinò tanto da poter sentire il suo respiro pesante. Non. Distogliere. Lo sguardo.
- Lui non ha avuto scelta, il Regno aveva un enorme debito nei confronti della Chiesa di Seiros. Sapeva benissimo che tutto ciò avrebbe messo in pericolo il popolo, per questo era sempre in testa quando si trattava di combattere.-
- Che importa... ormai è successo da un bel po'. Ma noi siamo qui, entrambi vivi. Credimi, lui non ti vorrebbe così triste ed arrabbiata, ti aiuto io a distrarti un po'.-

Le sue grosse mani allentarono la presa. La sinistra scese fino a toccarle una natica, mentre la destra aveva percorso la sua schiena nuda fin troppo lentamente, per poi fermarsi alla chiusura della grossa collana d'oro che aveva al collo. Nel momento in cui aprì il gancio, non fece in tempo a bearsi della vista della sua gola nivea che la donna non era più lì, ma in piedi davanti alla libreria e con il gioiello stretto in una mano. Quando Rufus la trovò con lo sguardo, parlò.

- Dov'è Ekaterina?-
- Non so di cosa tu stia parlando.-
- Te lo ripeto un'altra volta: dov'è Ekaterina?-
- Lei non si trova qui. Perché dovrebbe importarti?-
- Voglio sapere perché quella ragazzina è cresciuta senza i suoi genitori e nessuna informazione su di loro.-
- Ksenia... non sono affari che ti riguardano. Torna qui e fammi assaporare la tua pelle, realizza il sogno di un vecchio.-

L'uomo tentò di avvicinarsi ancora, ma lei gli sfuggì: il suo corpo sembrò smaterializzarsi in una scia di luce, per poi riapparire integro seduto sulla scrivania di legno. Accavallò le gambe.

- Artemiya vuole che le parli di sua madre perché tu non hai alcuna intenzione di farlo. Se non vuoi che le riveli qualche dettaglio scomodo che ti riguarda devi sottostare alle mie regole.-
- Tu, vuoi comandare me? Eri una bambina allora e bambina sei rimasta, pensi davvero di potermi trattare come un cane dopo che sei sparita per vent'anni?-
- Ho capito, allora sa già con quante donne sei stato a letto promettendo loro fama e ricchezza, quanti figli illegittimi nati da queste storie hai abbandonato, quante volte hai molestato me ed altre giovani ragazze, il modo in cui hai distrutto la psiche di tuo nipote chiamandolo continuamente "mostro" nonostante fossi l'ultimo membro della famiglia su cui potesse contare. Conosce già il bastardo che sei, Rufus.-

I ricordi riaffiorarono in Ksenia come una tempesta. Il periodo in cui Rufus viveva a Fhirdiad era stato terrificante, sia per lei che, soprattutto, per il povero Dimitri.
Quando era ancora in vita aveva l'abitudine di nascondere i suoi veri sentimenti sotto una maschera da "principe modello", ma solo lei sapeva cosa stesse davvero provando. Aveva perso il conto di tutte le volte in cui si era presentato in piena notte nella sua stanza a causa degli incubi o delle cattiverie rivoltegli da suo zio, allora doveva rassicurarlo, abbracciarlo forte e dargli una spalla su cui piangere.
Il pianto di Dimitri non aveva mai smesso di rimbombarle nella testa.
Quando tutto ciò iniziò aveva solamente dieci anni e fino ai venti si era portata dietro quel fardello; il quale, nonostante fosse ogni volta un momento tragico, era servito a consolidare il loro rapporto e a farli diventare la coppia inseparabile che erano stati. Senza l'uno, l'altra non può vivere. O almeno così credeva.
Tante volte aveva maledetto sé stessa ed il suo potere per essere sopravvissuta a quella tragica battaglia, ma ora voleva solo rivendicare tutto ciò che Edelgard aveva strappato al legittimo erede al trono.
Uscì dalla stanza senza voltarsi indietro. Rufus non disse nulla, solo uno sguardo torvo ed i pugni stretti.

Riaperti gli occhi, la luce nella stanza era davvero poca, forse era colpa delle tende davanti alla finestra...?
No, qualcos'altro gli impediva la visuale, più precisamente una persona. Gli occhi verdi di Sera si incatenarono ai suoi e subito la vide sorridere e sospirare di sollievo.

- Mi hai fatto prendere un colpo... come stai?-
- Ora molto meglio... – Si sollevò, per poi tirarla a sé ed abbracciarla. – mi sei mancata.-
- Dovrei prenderti a calci per avermi abbandonata qui senza alcun avvertimento.-
- Lo so e mi dispiace, ma non potevo portarti con me, io stesso sono sopravvissuto per miracolo alle prime notti. Se non l'avessi fatto ora non saremmo qui a parlare.-
- Perché sei tornato con quella donna?-
- Lei è mia madre.-
- Cosa?! Ne sei davvero sicuro?-
Il principe annuì, sciogliendo l'abbraccio.
- Mi ha raccontato tante cose troppo credibili, che finora non avevano mai acquisito senso. Là sotto ho anche visto il mio vero padre...-
- Quindi i tuoi genitori sono gli agarthei di cui parlava Mitja?-
- No, non del tutto. Mio padre era l'ultimo re di Faerghus e... anche lo spettro acefalo in armatura bianca che infesta i miei incubi da mesi. A Shambhala è conservata la sua salma mummificata.-
- Benedikt, è una storia assurda, non so se—-
- Non chiamarmi più così, per favore, il mio vero nome è Aleksei Irek Blaiddyd.-
- Aleksei... Aleksei... Aleksei... – Lo ripeté così tanto da fargli perdere significato. – ... a dire il vero ti sta meglio. "Benedikt" non mi è mai piaciuto.-
- ... Nemmeno a me se devo essere sincero. Ed ora so anche perché lo sentivo sempre così tanto fuori posto. – Contro le proteste di Sera, scese dal letto. – Dov'è andata mia madre? Vorrei parlarci.-
- Non lo so, è uscita dopo essersi assicurata che stessi bene.-
- Ho capito, allora cerchiamola.-

Nonostante fosse ancora stanco, uscì insieme alla ragazza alla ricerca di quella donna misteriosa. La cercarono in lungo e in largo, ma sembrava essersi volatilizzata; in giardino c'era Dedue, all'ingresso nessun'anima, incontrarono solamente qualche domestica che non l'aveva nemmeno vista.
Aleksei iniziò a temere che fosse davvero una specie di maga delle bugie o un'attrice provetta e che fosse fuggita... almeno finché non approdarono nella sala da pranzo. Seduta in un angolo del lunghissimo tavolo in legno massiccio c'era proprio lei, accompagnata da una teiera che emanava un forte odore di camomilla e circondata da pasticcini.
Su un piattino era presente metà di una grossa fetta di torta alle fragole, mentre il resto se lo era appena infilato in bocca tutto intero, tanto da gonfiarsi le guance come uno scoiattolo. Quando li notò entrambi ingoiò il malloppo e fece un sorriso colpevole. Il rossetto bordeaux si era sbavato.
Per tutto il tempo Sera non aveva creduto ad una singola parola di Aleksei, ma vedendo una scena del genere... test del DNA completato: compatibilità al cento per cento. Quella era davvero sua madre.

- Accomodatevi. Ne volete un po'?

Con sé aveva quattro tazzine in più. Versò l'infuso in due di esse e gliele offrì.
La ragazzina si mise a capotavola e prese la tazza tra le mani per scaldarsi mentre lui, accanto alla donna, approfittò subito di un pasticcino alla crema.

- Vi piace la camomilla? La stavate bevendo anche a Shambhala.-
- Mi piace molto... ma preferisco i ricordi legati ad essa. Era la preferita di tuo padre.- Il suo sguardo rimase fisso sul liquido giallino ed il riflesso del suo viso in esso, dirlo le aveva buttato giù il morale e neanche quella magnifica fetta di torta sortiva più il suo effetto.
- Siete davvero la madre del principe... di Aleksei?-
- Certamente, so che è difficile da credere.-

Ksenia alzò la testa e, quando Sera vide i loro volti l'uno accanto all'altro, non poté fare a meno di notare che avevano lo stesso colore degli occhi. Non sfumature simili, ma quello. Conosceva bene la tinta delle iridi del principe, le aveva guardate fino allo sfinimento, non poteva confonderle, né credeva che qualcun altro nel mondo potesse avere occhi tanto belli.
La ragazza deglutì, stringendo di più la tazzina tra le sue manine.

- Perché siete stata lontana da lui per tutti questi anni...? Se era figlio del re e voi siete in vita non dovrebbe essere cresciuto qui?-
- L'imperatrice me lo ha rubato. Maledetta, lei...—-
- Aspettate, madre. – Aleksei intervenne. – Non volevate raccontare la vostra storia a tutti? Artemiya e Mitja non sono qui.-
- ... Hai ragione.-
- Vado a cercarli.-

Aleksei, non prima di aver rubato un altro pasticcino, si alzò da tavola e sparì nel castello alla ricerca dei due assenti, lasciando sole le due.
Non si parlarono, Sera aveva bevuto parte della camomilla, mentre Ksenia l'aveva osservata per un po' e poi era tornata sulla sua torta. Ne andava pazza, da quanto non mangiava qualcosa di tanto buono...? Il Regno era famoso per avere cibo che non era un granché a causa della scarsità di ingredienti, ma nessuna pasticceria in quel dannatissimo impero poteva superare i dolci del Faerghus, soprattutto quelli alcolici.
Poco dopo il biondo tornò accompagnato da Artemiya e Mitja e, finalmente, Ksenia poté raccontare loro ciò che aveva detto al figlio il giorno prima, dal matrimonio segreto, alla battaglia a Tailtean, la vera identità della bestia che l'accompagnava e tutto ciò che successe dopo essere stata seppellita insieme a Dimitri.

- Quindi... lui è sempre stato mio cugino e, soprattutto, il figlio del re?

Artemiya aveva fissato Aleksei, il quale stava continuando a strafogarsi di dolci, per tutto il racconto della donna, senza mai distogliere lo sguardo.
Solo quando finì fece la fatidica domanda retorica ed i suoi muscoli sembrarono sciogliersi e diventare di melma. La vista si annebbiò e ben presto un sacco di lacrime cominciarono a scorrerle lungo il viso. Si portò le mani a cercare di fermare il pianto, ma non ci riusciva, era come se fosse appena esplosa una bomba.
Tutti quegli anni, triste e sola, con la convinzione che di lì a poco sarebbe stata l'ultima Blaiddyd in vita... e invece, dall'altra parte del continente, ne stava crescendo un altro, uno che addirittura ne aveva ereditato il Segno.

- Mimi... che succede?- Mitja le poggiò una mano sulla spalla, preoccupato.
- Sono felice, è la prima buona notizia dopo così tanto... ho sempre pregato che esistesse qualcuno con cui ho legami di sangue e sembra che esse siano state esaudite. Non sono più l'ultima nell'albero genealogico...!-

Il principe si alzò da tavola e raggiunse la ragazza. Lei lo guardò per qualche secondo e poi si gettò tra le sue braccia.
Il cuore le batteva forte, ora che sapeva di avere un legame tanto stretto con lui non l'avrebbe più lasciato andare.

- Sono felice che tu sia parte della mia famiglia.- Gli sussurrò, appoggiando la testa sulla sua spalla.
- Anch'io, credimi.-

Mitja però non ci credeva poi così limpidamente. Ksenia poteva sì essere la vera madre di Aleksei -dopotutto si somigliavano, anche in certi atteggiamenti-, ma il resto della storia? Perché gli agarthei l'avrebbero dovuta tirare fuori da quel buco dopo dieci giorni? E, soprattutto, da dove veniva quel Segno che addirittura conferiva una quasi immortalità? C'era qualcosa sotto, tra quelle persone era presente un uomo che lei chiamava "padre".

- Perché un'agarthea è finita in sposa alla più alta carica del Faerghus? Volevi usare lo status di regina per muovere tutto il Regno come se fosse la tua marionetta personale?-
- ... Io non sono come loro.- Il suo tono di voce si indurì.
- Dimmi perché sei speciale, allora.-
- Solo mio padre viene da Shambhala, è lo scienziato più abile ed importante tra gli agarthei. Mia madre invece era una donna proveniente dall'Impero, forse la conoscete come la santa che salvò il Regno dalla pestilenza, il suo nome era Cornelia. Morì dandomi alla luce e venne sostituita da Cleobulus, che prese le sue sembianze e mi portò a Fhirdiad spacciandomi per sua figlia.
Cercò di farmi crescere credendo nei loro subdoli scopi, ma l'influenza dell'allora principe Dimitri e di suo padre mi permisero di avere una mia personalità e di non obbedire mai a lei.
Sono solo l'unico esperimento riuscito in anni ed anni di fallimenti e morti, il Segno della Luna Crescente è falso, un parassita che è inevitabile trasmettere alla prole. Io al tempo non lo sapevo e di conseguenza Aleksei lo ha ereditato.
Puoi credermi o no, ma nonostante le mie origini io non sono mai stata dalla parte degli agarthei e per questo sono stata torturata per anni. E dovevo stare zitta, o minacciavano di fare del male alle persone che amavo.-
- Quindi hai tenuto nascosto tutto questo?-
- No, Dimitri sapeva, il mio nome agartheo, le torture, ciò che ho fatto... ma gli feci promettere di non dire o fare nulla a riguardo, che finita la guerra avremmo sistemato insieme le cose.-
- Ciò che hai fatto? Cosa, di preciso?-
- Io— no, non ci riesco.-

La donna si alzò di colpo dalla sedia e fuggì. Mitja tentò di inseguirla, ma si vide preso per un polso dal principe, il quale lo guardava con sguardo quasi assassino.

- Lasciala in pace.

- Sei sicuro? Hai controllato bene?-
- Certo, Vostra Signoria. Il cuore ha smesso di battere, è sicuramente morta, ho continuato a pugnalarla anche dopo il suo ultimo respiro... per sicurezza.-
- Comprendo. Grazie per i tuoi servigi, domani riceverai la tua paga.-
- È un un onore tornare a fare l'assassino per vostro conto, Lord Rufus.-

Alla notizia, Rufus non poté fare a meno di sorridere. Ovviamente gli dispiaceva aver tolto di mezzo ciò che aveva desiderato per così tanti anni, ma lei sapeva troppo... e non poteva rischiare. Prima di andare finalmente a dormire, voleva concedersi un goccetto per festeggiare la vittoria, perciò si stava dirigendo nel suo studio. A Mimi non piaceva quella sua abitudine, ma era notte fonda, lei non l'avrebbe visto.
Aprì la porta assicurandosi che nessuno stesse spiando, ma quando la richiuse gli venne quasi un infarto.
Tutte le candele nella stanza si erano accese ad una ad una ed avevano illuminato un corpo femminile adagiato sulla sua sedia. Aveva le gambe accavallate, le mani giunte su un bracciolo, lunghissimi capelli color pesca ed addosso una camicia da notte bianca completamente impregnata di sangue e strappata in più punti. Sul petto c'era ancora piantato un pugnale d'argento la cui ferita continuava a sanguinare. Aveva un piccolo sorriso sulle labbra e gli occhi aperti. Lo stava guardando.
Il vecchio trattenne un urlo e tentò di fuggire, ma la donna alzò un braccio e, in tutto il muro dietro di lui, fino a raggiungere la finestra, si formò un muro di ghiaccio ed enormi stalattiti spesso quasi mezzo metro.

- Rufus, forse non hai capito, ma se non mi obbedisci io racconterò tutto a tua nipote.-
- Tu— strega...! Come fai ad essere ancora viva?! Eri morta!-
- A ripensarci, feci proprio bene a tenere nascosto il potere del mio Segno. In breve: sono immortale, non puoi uccidermi.-

Quello era un bluff, lei non era affatto immortale, quasi. Tagliarle la testa sarebbe bastato, ma rivelargli un'informazione simile sarebbe contato come suicidio, perciò aveva preferito girare un po' la realtà a suo favore.
Rufus era in trappola, non sapeva cosa fare, era pietrificato.

- ... Che cosa vuoi fare, quindi?-
- Riprendermi il Faerghus e darlo in mano a mio figlio, ovviamente. L'imperatrice non ha diritto di "governare" sul nostro paese. Io sono ancora il capo, qui.-
- E come dovrei aiutarti, io? Sei una stolta se pensi che abbia un esercito da mettere a disposizione per i tuoi comodi, a malapena questo castello si regge in piedi. Il Regno non esiste più, mettitelo in testa.-
- Ti ho forse detto che puoi lamentarti? Te lo ripeto una terza volta: io so cose che ad Artemiya non farebbe piacere sentire.-
- Non ho paura di te, ragazzina.-
- So che hai fatto uccidere Ekaterina.-
- Come ti vengono in mente discorsi simili? Era sangue del mio sangue!-
- L'ho vista con i miei occhi, alle spalle di sua figlia, quando si è accorta che potevo vederla mi ha detto di essere stata giustiziata... proprio da te. Lo hai fatto perché voleva sposarsi con l'uomo che amava e padre della bambina, ma era un unione illegittima e lui un poveraccio.
Ti sei tenuto Artemiya solo per mandarlo in esilio con la consapevolezza di non vedere mai sua figlia crescere. O sbaglio?-

Rufus divenne ancor più pallido. Come si permetteva, lei, di comandare in casa sua? Nel regno che doveva spettargli? Maledetta, maledetta, maledetta...
Perché sapeva tutte quelle cose? La morte di Ekaterina era un segreto, nemmeno i suoi più fidati collaboratori sapevano!
Ksenia alzò nuovamente il braccio. Il fuoco delle candele si espanse e si concentrò sul ghiaccio, iniziando a scioglierlo velocemente e liberando finalmente la porta e la finestra. Successivamente abbandonò la sedia e si diresse verso l'uscita.

- Spero che lavoreremo bene insieme, Rufus.


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