VENTISETTE
Andrea
«Forza sono tutta orecchie» dice la mia nonnina sedendosi su una poltroncina di vimini «raccontami di questo bel giovanotto, devo dartene atto pezzettina, è davvero bello».
Prendo posto sul pouf violetto davanti a lei, incrociando le gambe.
«Dobbiamo proprio?» chiedo mettendo il broncio come quando avevo cinque e lei mi sgridava.
«No amore, solo se vuoi e se ti va. Altrimenti stiamo qui e godiamo entrambe della compagnia reciproca» dice stringendomi la mano «mi sei mancata tantissimo, lo sai vero?»
«Anche tu nonna, da morire» ammetto poggiando la testa sulle sue ginocchia come quando ero bambina e sedendomi per terra.
«Come stai piccola mia?» chiede lei accarezzandomi i capelli.
«Bene, molto bene a dire il vero» ammetto sospirando.
«Non sai quanto sono felice di sentirtelo dire» dice strizzandomi la guancia.
«Te nonna come stai?»
«Amore io se tu sei felice lo sai, sto sempre bene. Nonno Armando si lamenta sempre... ma è la vecchiaia che possiamo farci? Mica lo posso far sopprimere eh»
«Ma nonna!» ribatto scandalizzata.
«Eddai scherzo!»
Fisso, da questa posizione contorta, i suoi occhi azzurri, così simili a quelli di Azzurra e vengo pervasa da un senso di sicurezza e protezione. Come se tutti i pezzi di un puzzle che era dentro di me, stessero andando a posto.
«Raccontami un po'... sei felice?» chiede curiosa.
«Sì, ma la felicità porta sempre al dolore e io non voglio soffrire»
«Ed è merito di Alessandro questa felicità?»
«Sì, anche...»
«Amore non ti vedevo quel faccino felice con un uomo da prima della nascita di Azzurra, prima che quel disgraziato... lasciamo stare» ribatte secca.
«Non lo so nonna. Alessandro mi piace tanto, ma ho paura. Ma non posso negare di provare questi sentimenti, sarei un'ipocrita, ma poi le mie paure prendono il sopravvento. Penso ad Azzurra e al suo piccolo cuoricino già incrinato dal padre. E se dovesse andare male? Anche lui ha un figlio, di quattordici anni, e anche lui è stato abbandonato dalla compagna quando Leonardo, suo figlio, aveva due anni» dico tutto d'un fiato.
«Oh povero caro. Oddio scusami ma a che età ha avuto quel bambino? Quindici anni?» chiede spalancando gli occhietti azzurri.
«No, a ventidue anni. Non credo fosse... nei piani, ecco».
«Gli imprevisti sono quello che ci rendono la vita meravigliosa, non credi?» chiede lei accarezzandomi i capelli.
«Concordo perfettamente. Non avrei una bambina meravigliosa a quest'ora...»
«Tornando al nostro ragazzetto... da quanto vi conoscete?»
«Qualche settimana» ammetto abbassando lo sguardo.
La complicità tra di noi è sempre stata uno dei legami più forti della mia vita, mia nonna Clara mi è sempre sembrata la persona che meglio mi capisse al mondo.
«Mmm... interessante» commenta lei «dopo così poco tempo vi guardavate già con così tanta complicità».
«Davvero nonna?»
«Sì amore, prima di riconoscerti mi ero soffermata a guardavi, mi ricordavate tanto me e il nonno da giovani».
«Dove vi siete conosciuti?» continua.
«Qui, è entrato dopo un incontro spiacevole e l'ho accolto come sempre, come faccio con i miei clienti e le persone che cercano rifugio qui» rispondo semplicemente.
«Poi questo weekend mi ha raggiunta al mare a Castiglione... avevamo avuto un... un'incomprensione e così è venuto fino lì».
«Mi sembra quindi che a lui tu piaccia e mi sembra un bravo uomo» commenta lei sicura.
«Lo è. Ha le mie stesse paure, mi comprende e mi fa sentire al sicuro» confermo io «ha conosciuto anche Azzurra per caso... lei lo adora e credo che lui adori lei» sospiro.
«Oh cara... non è stato un po' precoce?»
«È stata una casualità, eravamo al cinema a vedere lo stesso film con i nostri figli ed è stato impossibile non incontrarci».
«Capisco» dice lei sorridendo.
«A questo proposito nonna, non vorrei che si venisse a sapere in casa, non siamo ancora pronti per uscire allo scoperto... siamo in fase di assestamento, anzi non sappiamo nemmeno noi cosa siamo ancora. Nessuno dei due ha avuto più una relazione dal rispettivo compagno e non vorrei affrettare le cose e far soffrire Azzurra... con inutili illusioni».
«Non preoccuparti, io non ho visto né conosciuto nessuno. Quando sarete pronti ci penserete da soli, però amore ricordati che Azzurra è una bambina sveglia, noterà la differenza se la sua mamma è innamorata» mi dice serena.
«Nonna?»
«Dimmi pezzettina?»
«E se dovesse andare male?» chiedo nuovamente in preda alla paura.
«Amore la domanda da farsi è... e se dovesse andare bene?»
Alessandro
Rientro nel mio studio completamente distratto e assuefatto dalla donna che era tra le mie braccia fino a poco fa. Il calore che infonde al mio corpo è una sensazione così nuova per me, che non riesco nemmeno a darle un nome.
«Boss! Ei boss... boss? Alessandro ci sei? Terra chiama Ale» mi riprende Gabriele.
«Ei scusami, sì ci sono! Dimmi tutto» rispondo imbarazzato passandomi una mano nei capelli, fissando i suoi occhi nocciola.
«Ho finito il tavolo per la signora Merlini, vuoi dargli un'occhiata? Così dopo il tuo ok definito posso imballarlo e lasciarlo nelle mani di Ele» dice fiero.
«Grandissimo, arrivo subito. A proposito come va con Eleonora?» chiedo sorridente.
Arrossisce visibilmente, si gratta nervosamente la testa rasata e sorride «Benissimo, le ho chiesto di andare a vivere insieme?» dice chiudendo la porta del mio ufficio.
«Cosa?»
«Già, nemmeno io lo avrei mai detto, ma quella vocetta squillante è tutto quello che voglio sentire per il resto della mia vita».
Gli batto due forti pacche sulla schiena «Sei proprio fottuto amico mio» dico ridendo.
«Lo penso anch'io» dice felice «ma... la donna che hai incontrato prima?»
«Chi? Io? Quale donna?» mento.
«Dai Ale, ti ho beccato qui fuori che l'aspettavi e poi siete andati via mano nella mano. Devi raccontarmi qualcosa?» chiede subito curioso.
«Andiamo in laboratorio dai» cerco di distrarlo uscendo dall'ufficio.
«Non mi scappi sai, ora ti tampino finché non parli» dice seguendomi.
«È una donna...»
«Grazie, gli occhi ce li ho anch'io» ribatte ironico.
«L'ho conosciuta il giorno che ho rivisto Camilla e da quel giorno ci siamo incontrati casualmente un paio di volte, così non lo so... ho pensato che fosse destino» ammetto distorcendo la verità.
«E non è successo nulla?» chiede lui malizioso.
«Sì, diciamo che abbiamo... ci siamo divertiti, ma niente di più. Non ho voglia di una relazione in questo momento lo sai» mento spudoratamente.
Coglione! Mi infama la mia coscienza.
«Ale dovresti dartela una chance per essere felice. Camilla non tornerà e ormai lo sai anche tu...» ribatte il mio amico.
«Lo so, non spero più nel suo ritorno. Non preoccuparti» dico tastando la mia tasca destra che sta vibrando. Tiro fuori il cellulare e fisso lo schermo: Camilla Sensi.
Lo mostro a Gabriele che sbianca e balbettando si allontana.
Mi schiarisco la gola, il fantasma di un'ondata di panico mi attraversa e rispondo.
«Pronto?»
«Alessandro? Ciao sono Camilla. Camilla Sensi.»
«Ciao, sì lo so. Di cosa hai bisogno?» dico secco.
«N-niente... io... volevo chiederti se hai parlato con Leonardo» dice piano.
«Camilla» e fremo pronunciando il suo nome «ci ho parlato, ma non è ancora pronto, mi ha detto che ha bisogno di tempo e non puoi biasimarlo, hai avuto dodici anni per ponderare questa decisione quindi rispetta il suo volere» dico serio.
«Lo so... è che mi sento così male per quello che gli ho fatto».
«Hai abbandonato tuo figlio, mi sembra il minimo...» rispondo duro.
«Lo so... non ho scuse, ma vorrei che le bambine lo conoscessero. Matilde non vede l'ora di conoscere il suo fratellone» dice e percepisco un sorriso dalla voce.
«Frena. Frena. Non abbiamo mai parlato di fargli conoscere le tue figlie... non so se lui accetterà questo»
«Ma... io...»
«Nessun ma Camilla, il ventitré aprile 2008 hai rinunciato a lui e tutto ciò che lo riguarda, quindi ti prego di rispettare ogni sua decisione. Non è più un bambino e sicuramente non è più il tuo» dico ringhiando.
«Ale... io...»
«Non hai più diritto di chiamarli Ale... sono Alessandro per te.»
«Ok... me lo merito. Hai ragione. Volevo solo dirti comunque che io vorrei provare a conoscerlo, se lui me darà l'opportunità e che mi sto trasferendo qui a Roma, il mio studio vuole aprire una filiale specializzata in cause legali minorili, e hanno chiesto a me di dirigerlo e... mi era sembrata un'occasione per provare a...»
«Va bene Camilla, proverò a riparlarci ma non ti posso promettere nulla. Vorrei dirti che sono felice del tuo ritorno a Roma, ma mentirei» la interrompo bruscamente.
«Posso richiamarti?» chiede lei con voce tremante.
Sospiro, stringo il pugno conficcandomi le unghie nel palmo sinistro «Sì, puoi richiamarmi» e non so nemmeno io perché glielo permetto.
«Posso chiederti un'ultima cosa?»
«Dimmi Camilla» sospiro.
«Mi potresti, se non è un problema, mandare una foto di Leonardo? Vorrei sapere che faccia ha... almeno quello» chiede piangendo.
Ora piangi eh? STRONZA! Urla la mia coscienza.
«Ok... preparati... è bellissimo» dico fiero e commosso.
«Va bene... e... grazie mille Alessandro per tutto...»
«Non l'ho fatto e non lo faccio per te. Non dimenticarlo mai. Leonardo è la mia priorità, solo lui» e attacco il telefono.
Scivolo piano sulla porta chiusa, accasciandomi, portandomi le mani sul viso e lasciando che le lacrime bagnino il mio viso stanco.
Circondo le ginocchia con le braccia e lascio che il dolore mio e quello di mio figlio inondino il mio cuore e il mio viso.
Mi arrendo alla morsa che stringe il mio cuore da dodici anni e lascio che tutto esca fuori. La rivedo davanti a me con quei capelli biondi, gli occhi blu e il naso all'insù. Piano piano il suo viso si trasforma facendomi bruciare gli occhi. Il blu viene sostituito dal nero e il biondo dal castano scuro, il naso si arriccia leggermente sorridendo e lei mi si palesa davanti: Andrea.
Si avvicina al mio cuore distrutto e lo raccoglie con dolcezza, rimettendo insieme ogni pezzo e curando ogni mia ferita. Finalmente riesco a sorridere e a respirare.
E capisco... forse sei proprio tu la mia cura.
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