VENTI

Alessandro

Un cinguettio lontano, una timida luce che illumina la stanza, un leggero peso e l'intorpidimento tra il braccio destro e il pettorale mi riportano piano alla realtà dal mondo dei sogni.

Cerco di richiamare tutto quello che è successo la sera prima nella mia mente, inspiro profondamente e il suo profumo invade tutto il corpo, apro gli occhi lentamente e vedo una massa di capelli castano scuro poggiati su di me, accarezzo piano il fianco nudo e sorrido sereno.

Non se n'è andata, è rimasta qui accanto a me, penso scostandole una ciocca di capelli dal viso.

Quanto è bella anche mentre dorme, con le guance arrossate e la bocca socchiusa.

Sento il dolce peso del suo corpo appoggiato al mio, il suo seno contro di me, le gambe intrecciate e la sua mano è poggiata all'altezza del mio cuore che martella forte.

Una sensazione strana si impossessa di me, chiudo gli occhi, inspiro profondamente cercando di decifrare questa emozione.

Si chiama felicità, coglione! Mi schernisce la vocina dentro di me.

Stai zitta. Ribatto.

Goditi questa serenità e non pensare a nient'altro, chiaro? Mi ammonisce severa.

Ma che ore sono? Cerco di capire guardando verso la finestra e tornando alla realtà.

Mi muovo impercettibilmente cercando di sporgermi per vedere la sveglia sul comodino, senza svegliarla.

«Ei...» sussurra lei con voce roca aprendo piano gli occhi.

«Buongiorno» dico sorridendo.

«Mi piacciono t-tanto le tue fossette» dice richiudendo gli occhi e poggiando l'indice in una di queste «sei più bello quando ridi».

«Tu sei bellissima sempre» sussurro convinto che quando si sveglierà non si ricorderà nulla.

«Forse non mi hai vista bene, ma di mattina non sono un grande spettacolo» ribatte nascondendo la faccia nel mio petto.

È decisamente sveglia, allora.

«Ho capito tutto! È per quello che scappi la mattina dopo? Per non terrorizzare lo sfortunato con cui hai passato la notte?» rispondo ridendo.

«Non fai ridere» ribatte offesa e in uno scatto fulmineo monta a cavalcioni su di me nuda, spalancando gli occhi scuri e iniziando a farmi il solletico.

I suoi lunghi capelli ricadono scomposti su di lei e su di me, coprendole il seno e pizzicandomi il petto.

Inizio a ridere senza controllo, soffro troppo il solletico la mattina e soprattutto quando vengo colto di sorpresa e rilassato.

Le nostre intimità si strusciano senza barriere e lei spalanca gli occhi bloccandosi. Un lampo di malizia li attraversa, si lecca le labbra secche e sogghigna.

«Ma buongiorno anche a te» parla, alzando il piumone, al mio amichetto.

«Mi fai questo effetto, sempre, anche la mattina» dico attirandola a me, facendo sbattere i suoi seni contro di me.

«No ti prego, non baciarmi...» mugola serrando le labbra «fammi lavare i denti prima».

«Ma smettila» dico premendo le mie labbra sulle sue e picchiettando con la lingua contro il muro che ha tirato su.

Umetto le sue labbra con la mia lingua, passandola piano sul labbro inferiore e poi su quello superiore, mordicchiandoli appena.

Sento il suo respiro cambiare e in un secondo si arrende, facendomi entrare e ricambiando il mio bacio.

Il suo sapore mi invade ogni cellula, spiazzandomi e disarmandomi dall'interno.

Lentamente sento scendere una mano, mi afferra nella parte più sensibile, alza appena il bacino e inizia con piccole spinte a farmi entrare dentro di lei.

«Stai fermo» mi intima «faccio io».

«Posso aiutarti, non voglio che ti faccia male, così a secco» dico leccandomi le labbra pregustando il suo sapore dolce, impaziente di lei.

«Dammi un bacio» mi ordina.

Eseguo subito l'ordine e mi impossesso della sua bocca, lei continua a farmi fare largo in lei, fino a quando non la sento letteralmente sciogliersi intorno a me, caldo e umido accolgono completamente il mio sesso dentro di lei, lasciandomi libero l'accesso al suo corpo e al suo piacere.

Si libera dal mio bacio e mi fissa negli occhi.

«Questo è ciò che mi fanno i tuoi baci, mi sciolgono» dice timida arrossendo.

Il mio cuore perde un battito, un gemito roco e primordiale esce dalla mia gola, la ribalto velocemente e inizio ad impossessarmi del suo corpo affamato e bramoso di ogni centimetro di questa donna.

Mi spingo forte e deciso dentro di lei come una furia, facendola gemere, ansimo dal piacere, cazzo sembra fatta su misura per me, mordo e succhio i suoi capezzoli duri e ritti.

Devo saziare questa fame che si impossessa di me tutte le volte che sono dentro di lei.

Tutto di lei combacia con me, ci incastriamo alla perfezione.

«Ale... io... sto impazzendo» dice tra i denti, mentre mi spingo famelico sempre più a fondo dentro di lei.

«Sì, piccola... vieni per me...» le sussurro con voce roca quasi animale sentendola arrivare al culmine stringendo le gambe intorno a miei fianchi «vieni con me» ringhio.

E lei esplode sotto di me urlando, quelle contrazioni così familiari, ormai, intorno alla parte più intima di me, mi mandano al capolinea e la seguo a ruota venendo dentro di lei, affondando nei suoi capelli.

Mi abbandono sopra di lei, esausto, con la testa appoggiata sul suo cuore che martella impazzito.

Le prendo la mano e gliela porto all'altezza del mio per farle sentire che martella e corre esattamente nello stesso modo.

Andrea

«Lo senti?» mi chiede Alessandro con un filo di voce.

«Sì» sussurro timida affannata.

«È colpa tua» ammette e sono sicura che sorrida.

«Il tuo ha accelerato ancora, ho paura ti venga un infarto se continui così» dice alzando la testa e fissandomi con quegli occhi verdi profondi come pozzi.

Mi sembra come di vederli schiarirsi quando gli sorrido e lo bacio piano sul naso, socchiude gli occhi e si gode il mio tocco sulla sua pelle.

Il mio stomaco interrompe il nostro silenzio, fatto solo di battiti accelerati, brontolando rumorosamente.

«Qualcuno ha fame» dice ridendo e strizzando il mio fianco nudo.

«Tantissimo. Te?»

«Io? Praticamente ho sempre fame» ammette sornione.

«Andiamo giù, dai» dico scalzandomi dalla sua presa.

Apro la portafinestra sul giardino, lasciando che la luce invada il salotto, il cielo è azzurro e terso, tira un forte vento e il mare è mosso, con grosse onde che si infrangono a riva.

«Oh mio dio! È la giornata perfetta!» dico inspirando il salmastro.

Alessandro mi affianca, rabbrividendo appena una folata di vento fresco lo colpisce «Perfetta? Tira un vento...» dice scrutandomi.

«Hai una faccia strana! Sembri Azzurra quando ha in mente qualcosa... ho paura» continua.

Il ricordo della mia bambina mi colpisce forte, il fatto che ci paragoni mi emoziona, credo che lei lo abbia colpito più di me.

«Ti va di uscire a surfare con me?» chiedo sorridendogli con un lampo che attraversa i miei occhi.

«Surfare? Oddio... saranno dieci anni, ma che dico anche quindici che non surfo. Non credo mi riesca più» dice leggermente agitato.

«Ma non si dimentica, è come andare in bici!»

«Non ho la muta, né la tavola» ribatte.

«Ho tutto io, puoi usare le cose di mio fratello Giulio, non gli dispiacerebbe affatto» dico sorridendo.

Lo vedo sospirare, si passa la mano nei capelli scuri più volte, come se soppesasse i pro e i contro.

«Ok... ma ti prego non mi far sfracellare contro qualche scoglio, ho un figlio» dice scuotendo il capo.

«Ti prometto che staremo attentissimi» rispondo saltellando dalla contentezza.

«Tu sei tutta matta» dice stringendomi a sé.

«Forza! Dobbiamo prendere il necessario in cantina, poi ti porterò alla baietta infondo, vicino agli scogli, per farti fare un po' di pratica».

«Ma hai promesso che non mi farai sfracellare sugli scogli e mi ci porti subito?» dice fissandomi negli occhi scuri.

«Lì c'è meno corrente e le onde sono meno forti, dobbiamo fare un po' di allenamento, non posso farti uscire qui davanti, sarei irresponsabile e ti ho promesso che non ti farai male».

«Mi sto pentendo della decisione, te lo dico» commenta seguendomi.

«Dai, ti divertirai un sacco invece! Ne sono sicura» dico aprendo la porta della cantina.

«Leo mi ammazzerà» dice scendendo le scale.

«Perché?» chiedo curiosa.

«È una vita che mi prega di farglielo fare, ma ho troppa paura» ammette imbarazzato.

«Posso insegnarglielo io, se vuoi...» rispondo abbassando lo sguardo.

«Ti andrebbe?» mi chiede alzandomi con l'indice il mento, e scrutandomi nella penombra.

Annuisco, accennando un sorriso.

Accarezza dolcemente la mia guancia fredda e mi bacia.

Indosso la muta nera con le rifiniture rosa che fascia come un guanto il mio corpo, non nascondendo nulla, tiro su la zip e mi guardo allo specchio.

«Ma porc... cazzo... ma che c...» sento dal bagno.

«Ale tutto bene? Ti serve una mano?» chiedo bussando dietro la porta chiusa.

«Sì, entra... non riesco a chiuderla» dice affaticato.

Apro la porta e trovo Alessandro con la muta nera e azzurra all'altezza dell'ombelico che tenta di farla salire.

«Cazzo...» dice saettando con lo sguardo lungo tutto il mio corpo.

Lo guardo con aria interrogativa.

«Sei... incredibile» ammette imbarazzato «stai...» deglutisce vistosamente «da dio...».

«Ma se sembro un salamino» dico vergognandomi.

«Posso?» dico avvicinandomi a lui.

Annuisce e lascia le mani lungo i fianchi esausto, fissandomi un po' troppo.

Mi abbasso e inizio piano a recuperare tessuto dalle gambe, facendola salire un pochino.

«Vabbè però così non vale» ribatte sospirando.

«Prima regola del surf: vietato avere un'erezione nella muta!» dico cercando di rimanere seria.

«Merda, sono spacciato» commenta accarezzandomi il viso.

«Ok, adesso infila le braccia» dico alzandomi.

«Ma non mi sta, potremmo...» ribatte lui ammiccando.

«È perfetta» dico ridendo.

«Mi sta schiacciando tutto» si lamenta.

«Infila le braccia, dammi retta» ribatto guardandolo male.

Esegue l'ordine, sbuffando, tiro leggermente sulle spalle, facendola aderire al suo petto, afferro la cerniera e la tiro su fino al collo.

Fa un leggero squat e si rimira nello specchio del bagno.

«È perfetta» dice sorridendomi.

«Te l'avevo detto, mal fidato!» ribatto facendogli la linguaccia.

«Ti giuro che vorrei morderti quella linguetta impertinente, ma poi infrangerei subito la prima regola e sono in bilico da quando sei entrata in questa stanza» dice mordendosi il labbro inferiore.

Vuole giocare sporco?

«Sicuro di voler fare questo gioco? Ti ricordo che sei nel mio campo di azione...» dico strusciandomi a lui.

«Merda, Andre allontanati subito!» dice posizionandomi le mani sulle spalle e spostandomi.

Rido.

«Andiamo dai, un po' d'acqua fredda ti farà bene» dico ridendo mentre esco dal bagno.

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