TRENTACINQUE

Andrea

«Buonasera, sono Michele Mersi, un paramedico del 118, il signor Santini ha avuto un incidente» dice la voce dell'uomo al telefono.

Mi lascio cadere per terra, inerme, incapace di dire anche solo una parola. I miei occhi trattengono a stento le lacrime che stanno per rompere gli argini.

«Signora mi sente? Signora?» ripete.

Vorrei parlare, ma vedo tutto nero e non riesco a far connettere la bocca con il cervello. Un milione di pensieri e urla affollano la mia mente. Non lo rivedrò più? Andrea cazzo! Riprenditi!

«Sì... s-sono qui. Che è successo?» riesco a sussurrare.

Poi la sento... la sua voce che urla in sottofondo.

«Cazzo no! Non così! Le fai prendere un infarto! Levatemi le mani di dosso! Fatemici parlare! Devi solo dirle che non posso andare a prenderla per la cena, ma che sto bene» urla Alessandro in sottofondo.

Il mio cuore sembra impazzito nel petto, martella senza sosta, è vivo, sta bene o almeno non credo sia così grave data la verve con cui urlava ai paramedici.

Tiro un respiro di sollievo e ritrovo lucidità.

«Mi scusi, ci sono. Che è successo? Come sta?» chiedo seria.

«Una macchina non ha rispettato lo stop. Il Signor Santini sembra stare bene ma dobbiamo portarlo al pronto soccorso per una tac di controllo, potrebbe aver battuto la testa» ribatte il paramedico cercando di rassicurarmi.

«Ok, dove lo portate?»

«Stiamo andando al CTO Alesini» risponde.

«Benissimo, dite ad Alessandro che sto arrivando. Posso parlarci?» chiedo speranzosa.

«No signora, l'abbiamo messo sulla barella ed è immobilizzato per sicurezza... è la procedura» risponde serio senza darmi possibilità di ribattere.

«V-va bene» dico con un tremito nella voce.

«Signora non si preoccupi, sta bene» dice lui serio.

Attacco il telefono e rientro in casa come una furia, afferro gli stivali e li infilo veloce.

Andre pensa cosa devi prendere? Scarpe, borsa, giubbotto, chiavi della macchina, telefono e cervello.

Entro in ascensore e premo con insistenza, tipo duecento volte il tasto S che mi porterà nel sottosuolo, dove ci sono i garage.

Non è che se premi di più andrà più veloce!

Quanto diamine va piano questo ascensore?

Entro in macchina, metto in moto, apro il bandone con il telecomando ed esco veloce.

Nel giro di trenta minuti arrivo in ospedale, trafelata e terrorizzata, nonostante abbia sentito la sua voce nella mia mente si sono susseguiti i peggiori scenari possibili per tutto il tragitto.

Mi precipito al desk informazioni, ritrovandomi davanti ad una infermiera che avrà circa la mia età che mi fissa con sguardo scettico, sotto i suoi occhiali spessi.

«B-buonasera... sto cercando Alessandro Santini, ha avuto un incidente e l'hanno portato qui in ambulanza» dico tutto d'un fiato.

«Mi faccia controllare» dice seria e la vedo digitare dei tasti su una tastiera.

«Sì, confermo è stato portato qui poco fa. Lei è? Sono ammessi solo i parenti in pronto soccorso» chiede scrutandomi.

Oh merda... io non sono nessuno, pensa Andre, pensa! Un lampo mi attraversa la mente.

«Sono... la moglie» dico ritirando piano dal desk la mia mano sinistra, sprovvista di fede.

«Mmmm... mi può dire la data di nascita del signore? Così da assicurarmi che sia davvero la moglie» ribatte lei con un sorrisetto maligno sul volto. Io sbianco.

La data di nascita? E io che ne so... oddio non so davvero nulla di lui, mentre un'ondata di panico mi attraversa. L'infermiera sembra notarlo e sogghigna convinta di avermi colta in fallo.

«Ma le sembrano domande da fare?» urlo arrabbiata «mio marito ha fatto un incidente in moto, vengo avvisata da un paramedico e lei mi chiede la data di nascita. Ma siamo impazziti, voglio parlare immediatamente con un suo superiore, voglio vedere mio marito, non è ammissibile un comportamento del genere e questa sua mancanza di tatto nei confronti di una povera moglie in preda al panico» sbraito attirando l'attenzione delle altre persone in attesa, la scena madre spero sia servita a distogliere il fulcro vero del mio panico e cioè che io la data di nascita di Alessandro non la so.

«Ok, mi scusi signora, non urli, l'accompagno» dice non riuscendo a guardarmi nemmeno negli occhi dall'imbarazzo.

Sblocca la porta bianca che divide la sala d'attesa con il corridoio ed entro velocemente.

«Mi segua è nella stanza 102, per di qua» dice ora gentile facendomi strada.

Arriviamo davanti alla porta e il panico mi assale di nuovo.

Bussa e apre la porta.

«Signor Santini... c'è sua moglie» dice l'infermiera.

«Mia... che?» ribatte lui tirandosi su dal letto con una nota di panico nella voce, la sua voce... finalmente la sua voce. Mi affaccio dalla porta implorandolo con lo sguardo di assecondarmi.

Mi vede, spalanca gli occhi, sorride scuotendo la testa e continuando a fissarmi.

«Certo, la faccia entrare. Mia moglie» dice all'infermiera riscuotendosi.

«Bene, io vado. Se avete bisogno suonate» dice lei scomparendo e chiudendo la porta.

«Ciao moglie. Ma che?» chiede lui divertito.

«Stai zitto, mi hai fatto prendere un infarto, cazzo. Fanno entrare solo i familiari, ho dovuto...» dico dandogli un leggero pugno sul braccio, trattenendo a stento le lacrime.

Lo guardo bene e vedo un leggero taglio sullo zigomo, ha un ginocchio e un polso fasciati e si muove male. La vestina azzurra però gli dona molto, soprattutto tira terribilmente sopra le sue spalle forti.

«Ehi... vieni qui. Sto bene. Piccola sto bene, ho solo qualche livido, ma sto bene, non preoccuparti» dice lui abbracciandomi e tranquillizzandomi.

«Ho avuto così tanta paura...» sussurro nel suo petto, il suo odore così buono e familiare mischiato al disinfettante mi inebria le narici.

«Lo so, ma non è successo nulla di serio. A breve avrò i risultati della tac e se è tutto apposto mi rimandano a casa. Sto bene» ripete nuovamente.

Fisso i suoi occhi verdi e mi perdo nuovamente dentro quel prato calmo e rassicurante.

«Dammi un bacio» dice lui dolce, acchiappando una lacrima che è scivolata fuori dal mio occhio destro.

Non me lo faccio ripetere due volte e mi fiondo sulle sue labbra rosse.

Alessandro

Bussano nuovamente alla porta, ma cavolo nemmeno qui un po' di pace? Mi hanno appena rigirato come un calzino e fatto una tac, lasciatemi stare.

Prima il coglione che mi prende in pieno bucando lo stop, poi il paramedico che ha chiamato Andrea facendole prendere un infarto, poi l'infermiere che ci ha provato con me e ora? Cosa ho fatto di male stasera?

Non mi hanno nemmeno reso i miei vestiti e gli effetti personali, volevo provare a chiamare Andrea per tranquillizzarla, sarà terrorizzata.

«Signor Santini... c'è sua moglie» dice l'infermiera.

«Mia... che?» ribatto tirandomi su dal letto in preda al panico.

Fermi un attimo, io NON ho una moglie. Che cazzo sta succedendo? Ho battuto la testa, devo aver battuto la testa.

Vedo una testolina castano scuro sbucare dallo stipite e la riconosco... Andrea.

Un sorriso si apre spontaneo sul mio viso, dio quanto è bella, ho avuto davvero paura di non rivederla più.

Continuo a fissarla estasiato, ha un vestitino nero con uno scollo veramente profondo, cazzo vorrei affondarci la testa in mezzo, le cosce sono nude e sotto il ginocchio uno stivale nero in pelle fascia il suo polpaccio. I capelli lunghi sono scompigliati e mossi, per un attimo penso di essere morto e di esser stato spedito in Paradiso. I suoi occhi sono lucidi, rossi e preoccupati, deve aver pianto.

«Certo, la faccia entrare. Mia moglie» dico all'infermiera riscotendomi dai miei pensieri e cercando di non scoppiare a ridere.

«Ciao moglie. Ma che?» chiedo divertito fissando quelle pozze nere dei suoi occhi.

«Stai zitto, mi hai fatto prendere un infarto, cazzo. Fanno entrare solo i familiari, ho dovuto...» dice dandomi un leggero pugno sul braccio, trattengo il dolore che si irradia in tutto il mio corpo, dopo la botta.

Gli occhi le si riempiono di lacrime, il labbro inferiore trema e sbatte ripetutamente le ciglia lunghe.

«Ehi... vieni qui. Sto bene. Piccola sto bene, ho solo qualche livido, ma sto bene, non preoccuparti» dico abbracciandola.

«Ho avuto così tanta paura...» sussurra contro il mio petto.

«Lo so, ma non è successo nulla di serio. A breve avrò i risultati della tac e se è tutto apposto mi rimandano a casa. Sto bene» ripeto nuovamente, convincendo lei e me stesso, perché lo spavento quando ho visto i fari di quella macchina non è stato poco.

«Dammi un bacio» dico, acchiappando una lacrima che è scivolata fuori dal suo occhio destro.

In un secondo le sue labbra calde e morbide sono sulle mie e il mondo sembra essere tornato al suo posto, io sento di essere nel posto giusto, nonostante tutto.

Bussano nuovamente alla porta, spalancandola, non dandomi nemmeno il tempo di staccare le mie labbra dalle sue.

«Signor Santini... oh mi scusi» dice il dottore arrossendo alla vista del nostro bacio non proprio casto.

«Dottore... ehm, lei è mia... moglie» dico trattenendo a stento le risate.

«Buonasera Signora Santini, sono il Dottor Mieli» dice lui porgendole la mano.

Signora Santini... Andrea Santini... non suona male però... Non dire cazzate!

«Buonasera dottore sono Andrea De... Santini» scandisce correggendosi a disagio.

«Bene, ho qui i risultati della sua tac, non ha evidenziato nulla di rilevante, sta bene, quindi direi che per me può andare a casa. Ovviamente niente sforzi e riposo, e in caso appaia uno dei sintomi, tra quelli elencati qui sul foglio che le lascio, torni immediatamente. Tutto chiaro? Maria, l'infermiera all'accettazione, le lascerà la cartella con la terapia da seguire e tutte le informazioni. Se non avete altre domande vi auguro una buona serata e una pronta guarigione» dice sorridendo.

«Tutto chiaro dottore» dico non vedendo l'ora di uscire da questo posto.

«Dottore...» lo ferma Andrea «posso farlo mangiare? Avendo battuto la testa non vorrei...» chiede lei preoccupatissima.

«Sì, qualcosa di leggero sì. Aveva il casco che ha completamente assorbito l'urto, non ha né commozione né trauma cranico, quindi stia tranquilla Signora, suo marito è sano come un pesce» e detto ciò si congeda ed esce dalla camera.

«Hai sentito? TUO marito è sano come un pesce» dico scoppiando a ridere.

«Per quanto mi darai il tormento per questa storia?» chiede.

«Mmm... non lo so, ci sto ancora pensando» ribatto facendole l'occhiolino.

«Sei tremendo» commenta baciandomi sulle labbra «Ora forza, rivestiti e usciamo da questo posto, anche se devo ammettere che la vestina blu ti dona».

«Sei una stronzetta, aspetta che ti prenda».

«È proprio necessaria la carrozzina?» chiedo all'infermiere che mi sta spingendo «riesco a camminare» dico sbuffando.

«Signore è la prassi, devo accompagnarla fino alla porta» dice in tono serio.

Guardo Andre accanto a me che se la ride sotto i baffi, la merdina. Aspetta che mi alzi e poi ci penso io a te, penso stringendo gli occhi ed elaborando un piano, decisamente sconcio.
Arriviamo davanti alla porta a vetri e finalmente posso alzarmi, i pantaloni neri che avevo scelto hanno un fantastico squarcio che va da metà coscia a metà stinco, sono completamente da buttare, ma non potevo di certo tornare a casa in mutande. La camicia è macchiata di sangue e asfalto, l'unico superstite è il mio giubbotto di pelle, non si sa come.

Entro nella sua macchina, inspiro profondamente abbandonandomi sul seggiolino fresco, profuma tutto di lei e immediatamente mi sento meglio.

«Come stai?» mi chiede preoccupata.

«Ora bene» dico fissandola.

«Andiamo ti porto a casa e ti metto a letto» ribatte seria.

«Non importa che resti con me stanotte, davvero» dico scrutando il suo viso.

Corruga la fronte quasi arrabbiata «Pensi davvero che ti lascerei da solo? Te sei pazzo, forse l'hai battuta davvero la testa».

«Davvero non importa... ti ho già rovinato il sabato sera» dico mesto.

«Ehi tu non hai rovinato niente, adesso siamo insieme no? Per me questo è l'importante» dice prendendo la mia mano.

«Ora dammi l'indirizzo perché non ho idea di dove sia casa tua... ah a proposito quando è il tuo compleanno?» mi chiede così dal nulla.

«Perché?» domando curioso.

«Me l'ha chiesto l'infermiera e non ne avevo idea... poi ti spiego» ribatte.

«10 giugno» dico «il tuo?»

«9 giugno» dice arrossendo.

«Non so proprio come farò a ricordarmelo» dico ridendo.

«Scemo!» mi canzona Andrea.

⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️⚡️
Ciao a tutti!
Scusatemi se vi ho lasciato con il fiato sospeso nel capitolo precedente, ma come avete potuto vedere il nostro Ale sta bene, è solo un po' ammaccato!
Vi ringrazio per aver letto fino a qui e spero che la storia vi stia piacendo, almeno quanto sta piacendo a me scrivere di questa fantastica coppia!
Nel prossimo capitolo scopriremo un Ale diverso!
Vi aspetto domenica ♥️
Fatemi sapere cosa ne pensate e se vi va lasciate una stellina ⭐️
Baci
Clau⚡️

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top