QUARANTADUE

Alessandro

Sto scrivendo un messaggio a Leonardo, che leggerà sicuramente quando si sveglierà, dove lo avviso che stamani mattina starò con Andrea, voglio portarla in un po' di posti speciali e farle conoscere la mia città.

Mi volto a guardare i monumenti che si stagliano aldilà dell'Arno perfetti, ho sempre amato vedere la mia città dall'alto, motivo per cui la nostra prima tappa sarà Piazzale Michelangelo.

Ho preso la colazione in una delle mie pasticcerie preferite, ho preso quattro cremini, che sono la loro specialità e spero davvero le piacciano, insieme a due cappuccini, che custodisco in macchina.

Torno a scrollare la bacheca di Instagram nell'attesa del suo arrivo. Sento il rumore di un portoncino aprirsi e poi chiudersi piano e in un attimo lei è davanti a me.

Alzo lo sguardo e trattengo il respiro, ogni volta che mi appare davanti è sempre la stessa storia... il respiro mi muore in gola, il cuore prende a martellarmi senza sosta, le gambe cedono e lo stomaco si ribalta in modo innaturale.

È bellissima, ha un vestitino nero, decisamente troppo corto, che le ricade elegante sulle curve sinuose, delle All Star nere alte e un giubbotto di jeans, non potrebbe essere più bella.

Mi stacco dalla macchina e mi avvicino, l'afferro per la vita, ho bisogno di sentire il suo corpo sul mio, combacia in quel modo unico che solo lei riesce a fare.

Sfioro il suo naso con il mio, sento il suo respiro farsi pesante e unisco le nostre labbra. Invado senza ritegno e senza pudore la sua bocca con la mia lingua famelica, dopo il sesso telefonico che abbiamo fatto ieri sera ho un fottuto bisogno di sentirla davvero sotto di me, di perdermi dentro di lei e ritrovarci insieme.

«Non abbiamo un posto dove andare qui, ma se eravamo a Roma... ti smontavo e montavo come un mobile dell'Ikea» sussurro con voce roca nel suo orecchio.

La sua risata cristallina invade le mie orecchie, e arrossisce per l'affermazione sconcia.

Come puó arrossire dopo quello che abbiamo fatto ieri sera? Penso mentre osservo quel nasino arricciato che mi sconvolge sempre.

«Buongiorno a te bell'uomo» dice sorridendomi e stringendomi con le sue braccia.

«Buongiorno piccola mia» rispondo dolcemente guardandola in quelle pozze quasi nere che sono i suoi occhi.

«Dove mi porti stamani?» chiede subito curiosa.

«Intanto a fare colazione che ne dici? Salta su forza» dico staccandomi contro voglia da lei e aprendo la portiera del passeggero facendola salire. Veloce mi dirigo al posto di guida e partiamo nella mattinata tranquilla fiorentina.

Adoro Firenze la mattina presto, non c'è quasi nessuno fuori e posso godermi la mia città prima che l'orda di turisti la invada.

«Oh mio Dio! Mi stai portando al Piazzale?» chiede sorridente Andrea riconoscendo sicuramente il grande viale alberato che porta lì.

«Esatto, quale posto migliore per fare colazione se non con la città ai nostri piedi?»

«È uno dei miei posti preferiti» ammette lei accarezzando la mia mano sul cambio.

«Anche il mio» dico guardandola negli occhi per un secondo «guarda dietro».

«Oh... la colazione. Sentivo un odorino buonissimo» dice lei felice.

«Ho preso tutto in una delle mie pasticcerie preferite».

«Ti hanno mai detto che sei dolcissimo Signor Santini?» mi chiede lei intrecciando la sua mano con la mia.

«Ho tante qualità... ma chi le conta più» dico parcheggiando la mia Audi.

«Anche la modestia vedo» ribatte lei ridendo.

«Forza, alza quel tuo bellissimo culo da questa macchina, la città ci attende» dico aprendo la portiera, prendendo la colazione.

Arriviamo nella parte centrale della grande terrazza, Firenze silenziosa e bellissima si apre davanti a noi, ogni volta è un colpo all'anima, così piccola ma così bella. I monumenti si ergono davanti a noi, e sembrano quasi poggiati lì tra le piccole case per gioco, creando uno skyline surreale.

Ci sediamo sulle grandi scalinate che affacciano sul Giardino delle Rose, siamo quasi da soli, solo qualche turista in giro sta scattando foto a raffica.

Mi alzo di scatto, lasciando Andrea di stucco, raggiungo un giapponese con una Reflex grande come il mio braccio e gli chiedo di farci una foto porgendogli il mio Iphone, lui acconsente e torno di corsa seduto accanto ad Andrea sulla scala. L'abbraccio stretta e sorridiamo felici a quello sconosciuto che continua a ripetere «Kiss! Kiss!», così lo accontentiamo e ci baciamo immortalando per sempre questo momento magico.

Sono le prime foto che abbiamo insieme...

Scarto emozionato i cremini, mi sto veramente appellando ad ogni singolo Santo perché le piacciano, il loro profumo invade le nostre radici e la vedo chiudere gli occhi inspirando profondamente.

Credo di aver fatto centro, penso sorridendo.

«Spero ti piacciano, altrimenti li mangio io senza problemi» dico ironico.

«Spero tu stia scherzando, pazzo di un uomo! Io amo i cremini!» dice afferrandone uno e dandogli un grande morso.

La crema scappa fuori dalla pasta, depositandosi sul suo pollice, completamente inconsapevole delle mie azioni mi avvicino e passo la mia lingua calda sul suo dito.

La vedo sussultare e deglutire vistosamente, i suoi occhi si incendiamo dentro i miei.

«Ale... così... è giocare sporco» dice con voce bassa e sensuale.

«Ho appena iniziato piccola...» dico divorandola solo con lo sguardo.

I suoi occhi maliziosi saettano dentro i miei e la vedo stringere le gambe, segno che anche lei ha voglia di me, come io ho voglia di lei e del suo corpo. Prende il cappuccino e beve un sorso, la schiuma le si attacca al labbro superiore e con una lentezza straziante fa scivolare la sua lingua per tutta la sua lunghezza. Fisso ipnotizzato quel movimento, incapace anche di respirare, una pulsazione sempre più forte in mezzo alle mie gambe e un dolore si fa largo in me, constatando che i jeans tirano decisamente troppo.

«So giocare anch'io Alessandro» sussurra sulle mie labbra, accarezzandomi l'interno coscia con la mano.

La fisso inerme, non riesco a proferire parola, sono totalmente dipendente e ipnotizzato dai suoi movimenti lenti e sensuali.

Ripigliati Ale! Urla la vocina nella mia testa.

Mi sveglio dal mio stato di tranche, la afferro dietro la nuca e la attiro a me, baciandola senza pudore e senza vergogna, come se fossimo da soli a letto.

«Mi fai impazzire» ringhio contro la sua bocca.

«Ti voglio... ora» sussurra di rimando lei.

La carico sulla mia spalla destra e mi alzo velocemente, un leggera fitta si propaga lungo il mio fianco destro, afferro la busta con la colazione, la butto ormai vuota nel cestino e mi dirigo a passo di carica alla mia macchina, mentre lei urla e batte sulla mia schiena. Le assesto una pacca sul culo sodo e la deposito sul sedile.

Il suo sguardo di fuoco incendia quel poco autocontrollo che mi rimane, metto in moto e velocemente prendo una stradina senza sfondo che sparisce nella collina, la sua mano si insidia nei miei pantaloni e ansimo a quel contatto.

Con uno scatto improvviso allontano il seggiolino dal volante e Andrea monta a cavalcioni su di me.

Alzo quel vestitino nero e scosto le sue mutandine in pizzo ormai mezze dei suoi umori per me. L'eccitazione che questa donna mi provoca è devastante, potrei venire solo a sentirla ansimare e gemere.

Infilo veloce un dito dentro di lei, uscendo e rientrando subito dopo con due, sussulta e butta la testa all'indietro. Mordo dalla stoffa del vestito i suoi capezzoli e le strappo un urlo di piacere.

Slaccia famelica i miei pantaloni, la lascio fare continuando a muovermi con le dita dentro di lei, e libera la mia erezione che punta il suo interno coscia.

Tocca la punta lucida con l'indice, infondendomi un'ondata di piacere, si lecca la mano dal palmo verso le dita e afferra la mia asta con avidità.

Porca puttana!

Si muove su e giù abile strappandomi gemiti e parole smorzate, mentre io continuo incessante a entrare e uscire da lei.

La bacio senza pietà e senza sosta, boccheggiamo l'uno nella bocca dell'altra con lussuria, mordendo e leccando.

Solleva leggermente il bacino, lasciandomi uscire con un colpo lesto e agisce in modo che la mia erezione prenda il posto della mia mano.

Chiudo gli occhi, mi gira la testa per un attimo e l'abbandono sul poggiatesta completamente in balia di questa donna.

Inizia a muovere il suo bacino su e giù lentamente.

«Cazzo Andrea... sei una dea... Dio... mio.... Ah... sì...» ansimo.

«Come dici... sempre te? ah... oddio... sì... voglio... sentirti... urlare il mio nome» dice gemendo.

Impazzisco quando al suono delle sue parole, inizio a spingere con il mio bacino contro il suo, per intensificare la penetrazione, voglio sentire ogni centimetro di questa donna.

«Non... fermarti... Andre... ti prego... non fermarti» la imploro con voce roca.

«Vieni con me...» sussurra sensuale contro il mio orecchio, aggrappandosi al poggia testa e cavalcandomi come un'amazzone.

In quel momento il mondo sparisce e urlo il suo nome, riversando il mio piacere dentro di lei e lei urla il mio raggiungendo l'orgasmo. La afferro per i fianchi e continuo a farla muovere fino a che l'ultimo residuo del mio piacere non si è perso in lei. Poggia la fronte sudata contro la mia e la guardo adorante.

Sono fottuto.

«Dimmi che sei solo mia...» dico in un soffio, bisognoso di sentirglielo dire.

«Sono solo tua Ale, e di nessun altro» dice guardandomi negli occhi.

«E io sono tuo piccola, solo tuo».

Andrea

«Andiamo via di qui prima che qualcuno ci denunci per atti osceni in luogo pubblico» dico tornando al mio posto ridendo.

«O vorresti dire prima che ti prenda pure nel boschetto qui intorno» mi canzona lui, ma sono sicura che se glielo permettessi lo farebbe davvero.

«Sei insaziabile Signor Santini».

«Sono insaziabile di te, non ne ho mai abbastanza di noi» dice sincero e il mio cuore perde un battito.

«E io di te» ammetto stringendo la sua mano.

«Forza ti porto in un posto» dice sorridendomi e baciandomi castamente le labbra che sanno ancora di lui.

Lasciamo la macchina sul lungarno e ci incamminiamo mano nella mano verso il centro.

Mi beo del contatto con la sua mano intrecciata alla mia, così calda e forte, che mi lascia completamente abbandonata quando la lascia per abbracciarmi mentre camminiamo.

La protezione che mi infonde quest'uomo non ha eguali, mi sento invincibile contro il suo petto e protetta dalle sue braccia.

«Quando te lo sei fatto questo?» dico passando il dito sul tatuaggio che ha sull'avambraccio sinistro scoperto: la scritta Leonardo con la costellazione dei gemelli, composta da stelline e minuscoli puntini.

«La settimana dopo che è nato Leo, era il 2 giugno del 2006» dice sorridendo.

«Gemelli anche lui quindi? Oddio ma tra poco sarà il suo compleanno?» chiedo allarmata.

«Sarà venerdì prossimo».

«Ah ok... vorrei fargli un regalo» dico in imbarazzo.

«Non è necessario Andre» ribatte lui dandomi un bacio sulla tempia destra.

«Mi fa piacere invece» dico sincera.

«Quando è il compleanno di Azzurra?» mi chiede tranquillo.

«Lunedì» rispondo.

«Lunedì?» dice staccandosi da me e fissandomi «questo lunedì? Cioè tra due giorni?»

«Sì» confermo.

«E quando avevi intenzione di dirmelo?» chiede offeso.

«Non pensavo fosse una cosa così importante ancora».

«Ma stai scherzando? Voglio farle un regalo, cazzo Andre!» ribatte nervoso.

«Ale ma che stai dicendo? Non importa, non ha bisogno di niente. Davvero» dico dolcemente.

«Tu puoi fare un regalo a Leo ma io non posso farlo ad Azzurra?» chiede irritato.

«Non voglio che tu ti senta obbligato» rispondo abbassando lo sguardo.

Mi solleva il mento con due dita, fissando gli occhi nei miei «Mi fa piacere Andre... tantissimo a dire il vero» dice con un sorriso timido e sincero sul viso che lo illumina «Mi è venuta un'idea, tenetevi libere domani pomeriggio, glielo darò in anticipo, ma sono sicuro che le piacerà» conclude prendendo il telefono e sbloccandolo.

Cerca velocemente un numero su Google, ma non riesco a sbirciare perché mi tiene alla larga e telefona prenotando qualcosa per noi quattro domani alle tre e mezzo di pomeriggio.

«Che ne dici si salire sulla Cupola?» mi chiede quando arriviamo in Piazza Duomo.

COSA? Quanti scalini saranno? Oddio...

La fila per l'ingresso è già chilometrica nonostante siano solo le nove e mezzo di mattina e rinunciamo tristi, o almeno lui è triste.

Improvvisamente afferra la mia mano e inizia a correre per la piazza sorridendomi con quelle fossette che mi fanno impazzire.

«Dove mi porti?» strillo.

«Sul Campanile» dice lui ridendo.

Pure? Ci mancava il campanile.

Ci fermiamo davanti all'ingresso, posto alla destra della facciata del Duomo, appunto dietro il Campanile.

Abbiamo solo una ventina di persone davanti e ci mettiamo in fila, Alessandro sorride raggiante mentre io sono leggermente preoccupata.

«Dai piccola sono solo 398 scalini. Ce la possiamo fare!» dice lui ridendo.

«Solo?»  ribatto sconvolta.

«Non li sentirai nemmeno» continua lui «adesso ti ci vuole un po' di lezione di storia del Campanile».

«Pure la lezione?» chiedo divertita.

«Hai davanti a te un aitante architetto a tua disposizione, che è pronto a svelarti tutti i segreti del monumento» ammette ammiccante.

Sorrido e veniamo interrotti da una coppia di signori anziani dietro di noi che si aggiungono alla fila

«Mi scusi se mi permetto... non ho potuto non ascoltare, ma mi domandavo se fosse possibile pagandola unirsi alla vostra visita, vorremmo sapere anche noi i segreti del monumento» chiede la signora sulla sessantina dietro di noi.

Li guardo sconvolta e non so come ma riesco a non ridere.

Alessandro si fa improvvisamente serio e con tono impostato risponde «Signora la ringrazio per l'offerta, ma purtroppo oggi sono stato pagato per una visita privata per la signorina, sa è un'attrice molto famosa nei paesi arabi» dice portandosi una mano al lato della bocca e ammiccando alla signora «quindi non posso proprio farvi aggiungere. Mi dispiace molto».

«Oh... oh... capisco... complimenti signorina, ora che la guardo mi sembra un volto noto» dice la signora fissandomi.

Ci mancava solo questa!

«Posso chiederle una foto?» mi chiede poi la signora.

«Signora non possiamo, siamo in incognito. Anzi la prego di mantenere il segreto per la Signorina LaFanche e per me» si intromette Alessandro serissimo.

«Mi scusi... non volevo, certo non lo diremo a nessuno. Vero caro?» dice poi rivolta al marito che annuisce.

Io trattengo a stento le risate e le lacrime per l'improvvisazione e la montagna di cazzate che ha detto Alessandro.

Paghiamo i nostri biglietti e iniziamo la salita salutando i signori che vanno decisamente più piano di noi.

Trecento novantotto scalini dopo, più quindici extra dell'ingresso, siamo arrivati sulla cima del Campanile e osservo meravigliata i tetti di Firenze.

Da quassù tutto assume un sapore diverso, vedo i tetti tutti diversi estendersi davanti a noi, il Duomo così vicino che mi sembra quasi di poterlo toccare, Palazzo Vecchio, San Lorenzo... è come se da qui la città non avesse segreti, svelandosi e mostrandosi a noi

«È bellissimo» sussurro abbracciando Ale.

«Sapevo che ti sarebbe piaciuto, ne vale la pena» risponde lui baciandomi i capelli scompigliati dal vento.

«Quello cos'è?» chiedo indicando una cupola verde acqua davanti a noi, posizionandomi di spalle tra le sue braccia.

«Quella è la Sinagoga di Firenze, è stata inaugurata nel 1882, ed è di quel colore perché il tetto è in rame, che ossidandosi le ha conseguito quel colore particolare. È molto bella, si trova nel quartiere di Sant'Ambrogio. Ti ci porterò a fare un aperitivo la prossima volta, è un quartiere veramente carino».

Vedo le sue guance rosse, i suoi occhi luminosi e le fossette dovute al sorriso che ha stampato in faccia e gli accarezzo il volto con amore. Vederlo così innamorato di questa città mi emoziona e starei a sentirlo parlare per ore.

«Non pensavo di sentirmi di nuovo così» ammetto piano.

«Così come?» mi chiede lui.

«Così... bene» dico guardandolo.

Schiude piano la bocca e mi fissa con i suoi occhioni verdi trasmettendomi tutto il suo amore.

«Anch'io... ed è tutto merito tuo» dice stringendomi con le braccia contro il suo petto muscoloso.

Mi alzo in punta di piedi e lo bacio delicatamente sulle labbra rosse e morbide. Approfondisce il bacio e rimaniamo lì sferzati dal vento a baciarci, senza pensieri e senza paure.

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