EPILOGO 2

Sono le tre di notte e sto guidando con una certa fretta verso casa, non vedo l'ora di arrivare e divertirmi un po' con la morettina occhi blu e tette immense qui accanto a me.

Il trillo inconfondibile del telefono parte dalla centralina della macchina. Chi cazzo è a quest'ora?

Guarda come mi rovinano la mia scopata di fine serata.

«Ciao f-fratello... s-sono sbronzissima» dice la voce nel mio abitacolo scoppiando a ridere.

Merda!

«Mimi dove sei?» chiedo agitato in preda al panico. Non posso sentirla così.

Solo risate e musica arrivano alle nostre orecchie.

La morettina, di cui ora mi sfugge il nome, mi fissa scocciata, ha già capito che la nostra serata sta per concludersi, decisamente troppo presto, sì bella mia niente cobra per stasera, mi tocca tenerlo a cuccia.

«MIMI! Dove cazzo sei?» tuono incazzato.

«Io... i-o... boh! A ballare» biascica confusa ridendo.

«Mi spieghi che cazzo hai preso? Con chi sei? Passami qualcuno!» urlo cercando di stare calmo.

«Vuole parlare... con te» arriva ovattato alle mie orecchie mentre ride sguaiatamente.

«Pronto?» chiede una flebile vocina rispondendo al telefono, una voce che conosco bene.

«Dove siete? Che cazzo ha preso mia sorella? Con chi siete?» domando preoccupato.

«Ciao eh!» risponde lei seccata.

«Sì ciao! Mi rispondi!»

«Siamo al Velvet. Non so cosa abbia bevuto, si è allontana con quel coglione di Cristian e quando è tornata era così, ubriaca fradicia».

«Cazzo! Va bene... senti... Elisa»

«Elettra» risponde lei scocciata, sa benissimo che conosco il suo nome, ma mi diverto sempre tantissimo a prenderla in giro.

«Elisa, Elettra... cambia poco. Sono da voi tra circa venti minuti ce la fai a tenerla buona, la fai camminare un po' e magari anche vomitare», così posso evitarmelo io.

«Ti aspettiamo fuori» ribatte seria chiudendo la chiamata.

Sono fermo al rosso di un semaforo, mi passo nervosamente la mano nei capelli castani e mi volto verso la morettina accanto a me.

«Mia sorella è una cretina» dico esasperato, giuro che ti avrei voluta scopare e anche il mio amichetto quaggiù è d'accordo con me.

«Serata conclusa vero?» chiede dispiaciuta.

«Già, ti lascio a casa e poi corro a prenderla. Devo capire in che condizioni è davvero».

«Va bene, ci risentiamo vero?» chiede lei speranzosa.

«Sì» mento spudoratamente.

Venti minuti dopo arrivo davanti al Velvet, incazzato e nervoso come non mai.

Due figure minute sono sedute sul marciapiede, la mora con i capelli mossi tiene i capelli neri e liscissimi di quella cretina di mia sorella che sta vomitando l'anima.

Parcheggio la macchina davanti a un passo carrabile e mi fiondo da loro.

«Ei ei, mimi? Sono qui» dico avvicinandomi a lei prendendo il posto della amica.

Mi volto un attimo a guardarla.

Cazzo!

È sempre più bella, le onde selvagge incorniciano il suo visino ovale, gli occhi verdi, con quelle pagliuzze dorate mi fissano seri e troppo truccati. Le labbra carnose sono schiuse e il rossetto rosso fuoco che si è messa risalta da morire con la sua carnagione. Vorrei urlarle che non ha bisogno di un cazzo in quel faccino, che è bellissima anche appena sveglia, senza nulla.

Ripigliati! È la migliore amica di tua sorella ed è piccola! Dannatamente piccola.

«Ei... dodo... sei te?» chiede con le lacrime agli occhi.

«Sì, piccola, sono io» dico stringendola a me «ora ti porto a casa».

«G-grazie» balbetta mentre un conato di vomito sconquassa il suo corpo.

«Eleonora hai tutte le vostre cose?»

«Elettra e sì» risponde secca.

«Ti porto a casa andiamo» dico prendendo Mimi in collo.

«Non ti lascio da solo con lei in queste condizioni» dice seria «vengo con voi. Fine della storia».

Sospiro e deposito Mimi sui seggiolini dietro, Elettra prende posto insieme a lei, sorreggendole la testa.

«Ti prego non farla vomitare nella mia macchina» dico porgendole dei sacchetti di plastica.

«Ci proverò» risponde guardandomi finalmente negli occhi attraverso lo specchietto.

«Avv-avvisa ma-mamma» biascica la cretina.

«Mimi ci penso io, tu dormi e in un secondo saremo a casa» dico afferrando veloce il telefono dalla mia tasca e digitando un messaggio per mio padre.

Figlio grande: Babbo, Mimi dorme da me stasera, ci siamo incrociati a ballare. A domani, notte.

Guido piano per le vie deserte della Capitale, sento quegli occhi verdi addosso dallo specchietto retrovisore, ma sto attento a non incrociare mai il suo sguardo, non vorrei illuderla ancora inutilmente e non voglio farmi male, non più di quello che già mi sono inflitto stasera.

Parcheggio la Golf sotto casa, scendo e prendo in collo Mimi che dorme beata e tranquilla con un rivolino di bava all'angolo sinistro della bocca, dire che puzza è un eufemismo, ma è comunque la mia sorellina e per lei entrerei anche nel fuoco a mani nude.

Elettra ci segue in silenzio, le passo le chiavi di casa e lascio che apra il portone.

«Non sei obbligata a rimanere» dico piano mentre salgo le scale.

«Non ti lascio solo con lei, te l'ho già detto» ribatte perentoria mentre apre l'ultima serratura di casa mia. Non è la prima notte che passiamo così, penso con un velo di tristezza e malinconia.

Il salotto silenzioso e buio si apre davanti a noi.

«L'ultimo interruttore a sinistra» dico indicandoglielo con la testa. La luce invade l'ambiente, facendomi strizzare gli occhi, Mimi mugola malamente.

Fisso Elettra con la coda dell'occhio mentre si guarda intorno stupita. Nota subito il grande divano blu scuro al centro della stanza, il pianoforte a muro accanto alla porta e il tavolo in legno massello a sinistra.

«Dodo... io devo vomitare» mi sussurra Mimi piano.

Cazzo!

Scatto come Bolt e corro verso il bagno, depositandola appena in tempo accanto al wc.

«Ci penso io qui, puoi portarmi qualcosa di pulito da metterle?» mi chiede la mora tenendo la fronte sudata di mia sorella.

«Subito» rispondo fissando il vestitino di Elettra che è sporco del meraviglioso vomito di mia sorella.

Esco da quell'antro infernale e puzzolente che è ormai il mio bagno e mi dirigo in camera a prendere qualche vestito pulito per quella bestiola di mia sorella e la sua bellissima amica.

«Dici che dovremmo farle una doccia?» chiedo rientrando in bagno con i vestiti puliti e la faccia schifata. Che schifo! Ma come fa uno scricciolo come lei a vomitare così tanto? Che cazzo ha in corpo?

«Sì, sarebbe una buona idea.  Ci penso io, non penso che vorrebbe farsi vedere nuda da suo fratello» ribatte Elettra scacciandomi dal bagno.

«Ti vanno due spaghetti aglio e olio?» chiedo ormai alla porta chiusa.

«Sì!» sento rispondere.

Come fai a mangiare dopo aver visto tutto quel vomito? Mi domanda la mia coscienza.

Io ho sempre fame, e non solo di cibo, facile.

Sono seduto su uno sgabello della penisola in cucina, mentre fisso la pentola con gli spaghetti, nell'attesa del timer che segnerà ufficialmente il momento sacro santo dello scolo.

Ma come cavolo ha fatto Mimi a ridursi così? Devo andare a trovare quel coglione di Cristian e dirgli due paroline, nessuno può trattare male la mia sorellina, ma soprattutto nessuno può farla soffrire.

La sveglia sul mio Iphone squilla, è finalmente il momento tanto atteso, anche perché ho una fame devastante, scolo la pasta e preparo due piatti stracolmi di spaghetti.

Già mi immagino Elettra che mi ammonisce e mi infama perché le ho fatto troppa pasta, e come la maggior parte delle ragazze mangerà tre fili e poi la lascerà tutta lì, ma perché mi sono sbattuto a prepararle la pasta se tanto poi non la mangerà nemmeno? Devo smettere di essere gentile con lei.

«L'ho messa a letto» dice esausta varcando la soglia della mia cucina con indosso i miei pantaloncini della tuta blu elettrico e una maglietta bianca che praticamente le fa da vestito.

Porca...

«L'ho girata su un fianco tranquillo e le ho anche messo un asciugamano sotto. Anche se spero che non vomiti ancora» dice lasciandosi cadere sullo sgabello davanti a me.

«Grazie».

«È la mia migliore amica, lei avrebbe fatto lo stesso per me» risponde sorridendomi timida.

«Ti stanno bene i miei vestiti, forse un po' grandi» dico ridendo.

«Sono una nana, è troppo facile con me» risponde facendomi la linguaccia e un riccio ribelle le scappa davanti agli occhi.

«Mangiamo?» chiedo scuotendo la testa e scacciando dalla mia mente tutto quello che vorrei farle su questo tavolo.  La bestia tra le mie gambe non la pensa come me e si risveglia. Merda!

«Cazzo sì!» dice prendendo una forchettata enorme di spaghetti e ficcandosela in bocca.

«Li mangi?» chiedo curioso.

«Ma scherzi? Ho una fame devastante!»

La fisso spalancando gli occhi, stupito e incuriosito da questa ragazza davanti a me.

«Che c'è? Che ho detto? Ho qualcosa in faccia?» chiede toccandosi il naso.

«Sei una delle prime ragazze che non si spaventa davanti a un piatto di pasta e che non mi dice che sono un pazzo perché è a dieta... anzi...»

«Non so che razza di donne frequenti di solito... ma sappi che il mio amore per la pasta è più o meno come quello di un ultras per la maggica» risponde ridendo.

«Allora buon appetito» ribatto divertito, questa ragazza mi stupisce ogni volta di più.

«Buon appetito Leo» dice disarmandomi mentre mi sorride e una fossetta spunta sotto il suo zigomo destro.

«È bello sentirti pronunciare il mio nome... di nuovo» mi lascio scappare.

«Io... domani tornerò a ignorarti come sempre... promesso» dice colpendomi dritto al cuore.

«Ele... lo sai...»

«Sì, mangiamo dai, che si fredda tutto» dice fissando il suo piatto di pasta, mentre vedo una lacrima che scivola sulla guancia fermandosi precisa in bilico sulla sua mandibola come sull'orlo di un precipizio.

Il mio corpo non risponde più ai comandi e in un attimo sono davanti a lei, la stringo tra le mie braccia, inspirando il profumo dei suoi capelli e della sua pelle... e dopo secoli ho voglia di qualcosa di più di una scopata di una sera, ho voglia di conoscerla ancora di più, di vedere tutte le sfaccettature del suo cuore e della sua anima e farle scoprire i lati del mio carattere di merda, ma sono perfettamente consapevole che posso avere tutte...  posso avere qualunque ragazza io voglia... ma non lei... mai.

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