DODICI

Alessandro

Scorro con le mie mani la curva dei suoi fianchi, le accarezzo la schiena, le strizzo il sedere, voglio tutto di questa donna, il suo corpo è una calamita per il mio che mi attrae senza via di scampo.

Geme nella mia bocca e io ansimo nella sua, inchiodata tra me e il muro, in trappola.

Riesce a staccare le labbra dalle mie con fatica, con una mano ancora incastrata nei miei capelli, arrossisce e tenta di parlare.

«N-non dovremmo...» sussurra e il suo alito caldo mi investe facendomi quasi perdere il controllo di nuovo.

Poggio l'indice sulla sua bocca zittendola e inaspettatamente schiude le labbra ed inizia a succhiarlo e leccarlo, mandandomi completamente fuori di testa.

La sua lingua avvolge il mio dito, i denti accennano dei piccoli morsi e brividi si propagano in tutto il mio corpo colpendomi in mezzo alle gambe con una delle erezioni più dolorose della mia vita.

Sfilo l'indice dalla sua bocca e con una mossa veloce afferro il culo sodo sollevandola, avvolge le gambe intorno ai miei fianchi e la bacio di nuovo, come se non avessi altra scelta che quella, come se per respirare avessi bisogno anche della sua bocca per sentirmi completo.

Riesco a sentire il suo desiderio, forte quanto il mio.

«Mami...» dice una vocina flebile da dietro la porta.

Come uno schiaffo dato a mano aperta sul volto, Azzurra mi riporta alla realtà. Quella dolcissima bimba dagli occhioni color del mare che mi ha trasmesso tutto il suo dolore e un disperato bisogno di un padre solo con poche semplici parole, facendomi tremare il cuore.

Sei un coglione, non dovevi rimanere con lei e illuderla, mi ripete quella vocina nella mia testa che appare nei momenti meno opportuni.

Ho percepito il suo dolore, l'abbandono e il bisogno, ma la persona per riempire quel vuoto non sono io, non posso essere io.

Io non sono in grado di amare sua madre come meriterebbe, e non posso permettere che vengano ferite di nuovo.

«Io... devo andare» dico piano abbassando lo sguardo, con una fottuta paura che Andrea possa leggere nei miei occhi tutto il mio terrore e la vergogna.

«Credo di sì» riesce a dire voltandosi per aprire la porta della piccola, senza nemmeno guardarmi.

Sfioro i suoi capelli mentre lei scompare dentro la stanza chiudendo la porta.

Uscire.

Devo uscire.

Una morsa di dolore serra il mio stomaco distraendomi, è stata una scopata di una notte e un bacio, niente più, mi ripeto muovendomi piano nel corridoio.

Ma che scopata... continua la vocina nel mio cervello.

BASTA.

Mi volto guardo un'ultima volta la sua casa ed esco nel pianerottolo buio ancora ansante e frastornato dopo quel bacio.

Mi appoggio contro il muro freddo cercando invano di far tornare il respiro regolare, il mio uccello mi fa un male cane per non parlare delle palle.

Infilo la mano nella tasca sinistra cercando di sistemarlo al meglio, pulsa violentemente impedendomi quasi di camminare.

Come cazzo mi sono ridotto?

Afferro l'Iphone, apro Whatsapp e le scrivo, devo staccare il cervello per qualche ora e interrompere questo dolore.

Ale: Vanessa 20 minuti e sono da te. Fatti trovare pronta.

Vanessa: Sempre per te 😏

Una ventata fresca mi investe, nel momento esatto in cui esco in strada, controllo l'ora, le 1.42, Roma è bellissima di notte così vuota e magica, che sembra poter curare tutte le ferite, ma alcune più delle altre sono profonde e il mio inconscio non smette di ricordarmelo.

Una nuova ondata di colpa mista a dolore mi investe paralizzandomi, sto facendo una cazzata, sto facendo una cazzata enorme, ma il modo in cui Andrea e Azzurra mi stanno entrando dentro mi terrorizza, non posso permettermelo, non posso permettere che qualcuno entri nelle vostre vite rompendo il fragile equilibrio che ho faticato tanto a costruire per me e Leonardo.

Non posso permetterlo e non lo farò.

Cammino fino alla mia moto, mi infilo il casco, metto in moto e vado verso casa.

Andrea

La voce di Azzurra mi riporta velocemente alla realtà, la mia bellissima e fragilissima bambina ha bisogno di me.

Alessandro abbassa lo sguardo, non riesce nemmeno a guardarmi, «Io...devo andare» sono le uniche parole che riesce a dire.

Conosco bene le sensazioni che prova, il dolore, la paura ma io non permetto che governino il mio cuore e la mia anima, io le combatto ogni giorno per essere più forti di loro.

Io ho scelto di essere coraggiosa, a differenza sua.

«Credo di sì» sussurro piano, voltandomi per non fargli vedere le lacrime che fanno capolino dai miei occhi e scompaio dentro la camera di Azzurra.

Sono sicura di non ritrovarlo fuori quando la piccola si sarà calmata, non mi aspettavo questo bacio, non mi aspettavo queste sensazioni di disagio, ma vederlo lì a letto accoccolato con lei mi ha destabilizzato completamente, facendo cadere tutte le barriere che proteggono il mio cuore.

Ho visto nei suoi occhi che la comprendeva, sentiva e riconosceva il dolore della mia bambina, non ho mai pensato che potesse sostituire suo padre, ma per un attimo ho visto il suo sguardo cambiare e mostrarmi tutto ciò che cerca con così tanta forza di nascondere.

Un profondo bisogno di amare ed essere amato, ed è proprio lì che le mie difese sono crollate.

«Mami...» sussurra di nuovo Azzurra riportandomi di nuovo alla realtà.

«Sono qui piccola» dico avvicinandomi a lei piano e asciugandomi le lacrime che rigano le mie guance.

Mi avvicino e mi stendo accanto a lei, avvolgendola con il mio corpo.

«Ho sognato il babbo» dice con il labbrino inferiore che le trema «era qui nel lettino come me e c'eri anche tu, mi abbracciavate e mi coccolavate insieme» e detto questo scoppia a piangere.

«Shhhhh va tutto bene amore» le sussurro baciandole i capelli castani.

«Perché io non ho un babbo come tutti gli altri? Perché il mio non sta qui con me? Ho fatto qualcosa di male? Non sono brava abbastanza? Perché non può essere Alessandro il mio babbo?» singhiozza nascosta nel mio petto.

Il mio cuore si ferma davanti al suo dolore, ho sempre saputo che soffrisse l'assenza del padre, ma ho sperato di riuscire a colmare quel vuoto con il mio amore e la mia presenza, invece non sono bastata, non ho fatto abbastanza.

Io non sono abbastanza, un dolore martellante mi colpisce dall'interno annientandomi.

Altre lacrime bollenti rigano il mio volto, perché non so come consolarla, non posso darle quello di cui ha bisogno, non posso dirle la verità, non posso permettere che soffra ancora di più, non posso permettere che si affezioni ad una persona che poi se ne andrà via come ha fatto e continua a fare sempre Stefano.

«Perché non può essere Alessandro il mio babbo?»

Questa domanda mi rimbomba nella testa, come posso spiegare alla mia dolce bambina che lui è un uomo spezzato dall'amore, che non sa come curarsi e non posso rischiare che mi porti affondo con sé.

E se non ti portasse affondo? Ma tu lo riportassi su? Se avesse bisogno di te e fosse la tua occasione per essere felice... mi continua a chiedere la vocina nella mia testa.

«Leonardo non ha la mamma, magari tu potresti essere anche la sua, a me andrebbe bene... forse» sussurra addormentandosi sfinita tra le lacrime.

E io resto lì, al buio, con un dolore martellante nel petto e la consapevolezza di non essere abbastanza e di non poterle dare quello che desidera.

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