CINQUANTUNO
Alessandro
Sono in anticipo, sono decisamente in anticipo, ma non riuscivo più a stare fermo a casa di Claudia, così sono uscito e ho deciso di venire qui a Villa Borghese a fare una passeggiata per prepararmi mentalmente all'incontro e a schiarirmi le idee.
Ammetto che la chiamata di Andrea mi ha tranquillizzato e non poco, sentire la sua voce è stato veramente un toccasana per i miei nervi tesi, soprattutto sapere che è pronta a parlare di quello che è successo e ad andare avanti. Questa volta voglio fare le cose per bene, voglio portarla davvero a cena al mare, voglio avere quell'ansia sana prima di vederla, voglio avere il cuore che martella nel petto quando la vedrò uscire dal portone, voglio baciarla sulla riva mentre si stringe a me, voglio fare l'amore con lei e voglio dirle che la amo con tutto me stesso.
Dopo che ho rischiato di perderla voglio gridarlo al mondo e a lei. Non voglio che pensi che mi vergogni di lei, che la voglia nascondere, lei è la cosa più bella che mi sia successa negli ultimi dodici anni e non posso perderla. Non è contemplato. Le voglio nelle nostre vite, entrambe, è vero, è passato solo poco più di un mese, ma è stato un periodo che mi ha cambiato nel profondo e lei ha sconvolto il mio mondo e non voglio sprecare nemmeno un secondo.
«Alessandro» sento chiamarmi da lontano. Riconosco quella voce... inspiro, chiudo gli occhi, li riapro e sono pronto: posso affrontare Camilla, dopo dodici anni, posso farcela.
Mi volto piano e la vedo che mi sta venendo incontro i lunghi capelli biondi liscissimi, è sempre bellissima, con il fisico slanciato e in forma, nonostante gli anni.
Indossa un paio di jeans blu scuro super aderenti, una t-shirt bianca e un paio di all star bianche, sembra sempre una ventenne.
Avanza piano e si posiziona davanti a me, togliendosi gli occhiali da sole che appunta sulla t-shirt bianca. I suoi occhi blu sono lucidi ed emozionati.
«Camilla» dico piano.
«Alessandro» ripete altrettanto lentamente.
«Ti trovo bene» dico scrutando quel volto che conoscevo come il mio, noto qualche piccola ruga ai lati della bocca quando sorride e altre piccole rughette intorno agli occhi blu.
«Grazie» dice imbarazzata «anche tu stai benissimo, sembra che per te il tempo non sia passato» ammette sorridendo.
«Si fa quel che si può» riconosco passandomi la mano nei capelli, gesto compulsivo che faccio quando sono nervoso, da sempre.
«Lo fai ancora» dice lei timida.
«Cosa?»
«Ti spettini i capelli quando sei nervoso» ammette imbarazzata.
«Ah questo» dico ripetendo il gesto «le cattive abitudini sono difficili da perdere, ma ormai non sono più l'unico a farlo... anche Leonardo» la voce mi muore in gola.
«Ho visto la foto che mi hai mandato, è bellissimo. Ti somiglia così tanto» ammette lei triste.
«Sì, ma somiglia molto anche te, molto più di quanto pensi. È davvero molto bello, ma è anche buono, intelligente e saggio» dico sorridendo pensando al mio bambino, orgoglioso.
«Hai fatto un capolavoro» dice lei con una lacrima solitaria che le solca la guancia.
«Ho fatto quello che andava fatto» dico lapidario «non mi hai lasciato molta scelta».
Fisso quella che credevo essere l'amore della mia vita con distacco, tutto quello che credevo di provare per lei improvvisamente è sparito, ha lasciato il posto all'indifferenza per questa donna che non conosco e riconosco solo nell'aspetto.
«Non c'è stato giorno in cui non abbia pensato a lui, te lo giuro. Ma non ero pronta a essere una madre, non ero in grado, e lo hai sempre saputo anche tu» dice piano.
«Camilla, secondo te io ero pronto a essere un padre? Vaffanculo avevo appena vent'anni. Io ho dovuto avere coraggio per tutti e due» ribatto arrabbiato.
«Lo so, tu eri migliore di me... scusami... se avessi avuto scelta sarei rimasta te lo giuro. Ho fatto un percorso di terapia in questi anni e ho capito tante cose» sussurra.
«Forza andiamo verso il Pincio, non voglio far aspettare Leonardo» dico nonostante siano solo le quattro e qualcosa.
Ci incamminiamo fianco a fianco lenti, è ancora presto. Vorrei solo che Andrea fosse qui accanto a me.
Cerco di smorzare la tensione che sento tra di noi, intavolando una conversazione neutrale sulle sue figlie, che ho scoperto chiamarsi Matilde e Costanza, e che hanno rispettivamente sei anni e uno e mezzo. Suo marito, Roberto, è un avvocato come lei.
«Tu invece» mi chiede sedendosi sul una panchina, come facevamo quando eravamo ragazzini «ti sei sposato? Hai una compagna?»
Sorrido involontariamente al pensiero di Andrea.
«Bè... deduco dal tuo sorriso che ci sia qualcuno» dice lei dandomi una leggera spallata. La sensazione che provo è strana, sembra che il tempo non sia mai passato, l'imbarazzo iniziale ha lasciato il posto a una strana, ma non innaturale confidenza, che ci porta a chiacchierare come due vecchi amici.
Il contatto con il suo corpo non mi provoca niente, pensavo sarei impazzito all'idea di toccarla, ma invece non sento niente. La consapevolezza dell'amore per Andrea si fa strada in me, non è minimamente come abbracciare lei, toccarle i capelli e sfiorarle la pelle ambrata.
«Sì, c'è una persona. C'ho messo un po' per trovarla, ma ora che è entrata nella mia vita, voglio che ci resti per sempre» ammetto sorridendo come un quindicenne alle prese con il suo primo amore.
«Sono molto felice per te» dice lei sorridendomi sincera.
«Anch'io... non è stato facile superare la nostra storia» ammetto mostrandomi troppo vulnerabile, ma ho bisogno di chiudere tutte le situazioni irrisolte con la donna che mi sta davanti «mi hai lasciato con un bambino di due anni e un cuore spezzato. Mi sono dedicato anima e cuore a Leonardo per anni, solo a lui. Ho avviato il mio studio, e ho anteposto mio figlio e la mia carriera alla mia felicità. Poi lei è entrata nella mia vita come un fulmine e ha ricominciato a far battere il mio cuore, nonostante io lo negassi con tutto me stesso».
«Oh Alessandro» dice lei commossa «mi dispiace da morire per tutto quello che ti ho fatto passare. Non posso dire di non aver fatto la scelta giusta, soprattutto dopo aver avuto altre due figlie con una consapevolezza diversa, ma sapere che ti sei preso così cura di lui... allevia un pochino i miei sensi di colpa. Sei un padre eccezionale» dice piangendo.
«Non so se Leonardo mi perdonerà mai, ma vorrei provare a far parte della sua vita, anche da lontano... mi sento morire a sapere tutto quello che mi sono persa» dice scossa dai singhiozzi.
«Ei Camilla, vedrai che ti permetterà di conoscerlo, è un ragazzo speciale, ha un cuore enorme e troverà posto per te, ne sono sicuro» dico abbracciandola e commosso con lei.
«COSA? NO! VAFFANCULO! TU... COME HAI POTUTO?» urla Leonardo che ci fissa sconvolto, prima di iniziare a correre giù.
Cazzo!
«Ma... che è successo?» mi chiede Camilla terrorizzata sciogliendo il nostro abbraccio.
«Non lo so, ma devo trovarlo» ribatto scattando in piedi e iniziando a correre dietro a lui.
Andrea
«Mamma! Uffa! Ma quanto ci mette ad asciugare?» mi chiede Azzurra fissandosi le unghie fucsia.
«Amore abbi pazienza. Vuoi essere bella per Martino?» chiedo ridendo.
Martino, l'attuale fidanzato di Azzurra. Suo compagno di classe, un bambino tenerissimo e timidissimo, con lunghi capelli castano scuro e occhioni color giada e un nasino pieno di lentiggini. Devo dire che la mia bambina ha già buon gusto in fatto di ragazzi.
Se penso a quando sarà adolescente mi vengono i brividi, ne combinerà di tutti i colori... lo so già.
Prendo il telefono sono le sette, forse è presto ma non resisto e scrivo un messaggio a Ale.
Andre⚡️: Ei Ale, tutto bene?
Non faccio in tempo a premere invio che il telefono si mette a squillare: è lui.
Sorridente e con una faccia da idiota rispondo, Azzurra butta gli occhi al cielo ridendo.
«Ei»
«Andre... è successo un casino. Ho bisogno di te» urla al telefono.
«Ei... ei calmati e spiegami cosa è successo» dico tirandomi su a sedere dal lettino in terrazza.
Azzurra mi fissa con i suoi occhioni blu preoccupata.
«Leonardo è scappato. Mi ha visto che abbracciavo Camilla, abbiamo parlato e ci siamo... come dire...» il mio cuore smette di battere «confrontati... le stavo parlando di te...e nulla è venuto così... spontaneo, ma non significava nulla. Lui c'ha visto mi ha mandato a fanculo ed è corso via. Non so cosa sia successo. Sono due ore che lo cerco, amore sto impazzendo» percepisco la sua disperazione al telefono.
«Ok, Ale... stiamo calmi. Ti raggiungo e ti aiuto a cercarlo ok?» dico seria.
«Mami che è successo? Leo sta bene?» chiede Azzurra con le lacrime agli occhi.
«Amore sì, tutto bene. Vai a prendere il telefono di casa, chiama Marti e dille di venire su, ok? Lo puoi fare per la mamma?»
«Sì» risponde correndo dentro casa.
«Ok, dove sei? Amore stai tranquillo, lo troveremo».
«Andre... sono terrorizzato. Se dovesse succedergli qualcosa... io...»
«Non lo dire nemmeno per scherzo. Hai chiamato la sua fidanzata? I tuoi? Claudia? Chiunque possa averlo sentito» domando veloce facendo mente locale.
«Non voglio far impaurire tutti, ho bisogno di te» dice con voce tremante.
«Amore dimmi dove sei e arrivo» dico correndo ad infilarmi un vestito e un paio di scarpe.
«Sono in macchina con Camilla e stiamo girando in lungo e in largo».
«Ok, amore chiama la sua fidanzata e senti lei. Magari ha un'idea di dove possa essere. Al campo da calcio sei andato?» chiedo.
«No, cazzo! Ok, proviamo lì. Grazie amore. Ti richiamo appena sono lì».
Prendo la borsa, le chiavi della macchina e Azzurra. Inizio a scendere veloce le scale con la mia bambina in collo. Suono a Martina con un pelo di insistenza.
«Mami, ha detto dieci minuti» ribatte lei fissandomi.
«Amore lo so, ma devo andare via un attimo».
«Tutto bene?» domanda di nuovo.
«Sì, sì. Tutto bene» mento.
Matteo in accappatoio apre la porta imbarazzato.
«Ciao Matteo. Marti? Devo lasciarle Azzurra per qualche ora. È un'emergenza» dico tappando le orecchie ad Azzurra sull'ultima parte di frase.
«Ok, ci pensiamo noi. Ciao piccola, io sono Matteo» dice lui porgendole la mano.
Lei lo osserva e poi gli sorride stringendo la mano «Azzurra» dice entrando in casa.
Lo ringrazio circa venti volte in un minuto e corro in garage.
Sono in coda sul lungotevere, stranamente, il sole sta calando e di Leonardo nemmeno l'ombra, dove ti sei cacciato?
Poi vedo un locale, uno di quelli posizionati sulle barche sull'argine del fiume, e ho un'illuminazione.
Mi tornano in mente le parole di Azzurra "la barca dei pirati lungo il fiume, Leo ci va sempre". Devo fare un tentativo.
Cerco un parcheggio, prendo il telefono e cerco quella benedetta nave dei pirati su Google. Non è lontanissimo da me. Scendo le prime scalette disponibili che mi portano sull'argine e comincio a correre.
Ti prego! Ti prego! Fa che sia lì.
Vedo in lontananza l'albero della nave e stremata rallento, non ho più il fisico, penso ansimando per la corsa.
Il mio cuore martella nel petto, un po' per la corsa e un po' per la paura di non ritrovarlo prima che faccia notte.
Poi lo vedo, è seduto sull'argine, a qualche metro dalla nave, con le gambe a penzoloni nel vuoto, mentre lancia sassi nell'acqua.
Andre⚡️: L'ho trovato! L'ho trovato! Siamo sul Lungotevere, provo a parlarci e te lo riporto a casa. Sta bene!
Ale🏄🏻♂️: Oh mio dio. Grazie grazie grazie grazie grazie grazie grazie. Vi aspettiamo a casa. Grazie amore mio, sei un angelo!
Inspiro profondamente e mi siedo accanto a lui, è talmente assorto nei suoi pensieri che non si accorge nemmeno di me.
Tossisco voltandomi verso di lui.
«Ei... tu... che ci fai qui?» biascica e vedo i suoi occhi arrossati, segno che ha pianto e nemmeno poco.
«Ti stavo cercando, tuo padre... era un po' fuori di testa».
«Lui, eh? Che stronzo» ribatte.
«Era terrorizzato che ti fosse successo qualcosa, ti ha visto scappare via. Ti sta cercando senza sosta».
«Ho spento il telefono per quello... non volevo mi trovassero» ammette triste.
«Ti va di raccontarmi cosa è successo?» chiedo piano.
Scuote la testa e lo vedo trattenere le lacrime con forza. Mi faccio forza sulle braccia e scorro più vicino a lui, gli cingo le spalle con il braccio destro e lo sento irrigidirsi.
«Non devi dirmi nulla Leonardo, ma non voglio lasciarti da solo, sfogati. Siamo solo io e te» sussurro.
Appoggia piano la testa nell'incavo del mio collo e inizia a piangere. Singhiozzi forti e costanti sconquassano il suo corpo, lo stringo a me, cercando di trasmettergli tutto il mio affetto, cercando di fargli capire che non è da solo ad affrontare tutto questo.
«Si sistemerà tutto Leo. Non preoccuparti. Si sistemerà tutto» sussurro dolcemente nei suoi capelli.
La dolcezza e il bisogno con cui si aggrappa alle mie spalle mi commuove ed emoziona.
Lo sento piano piano calmarsi, mi fissa con i suoi occhi blu sfumati di verde e mi domanda «Come hai fatto a trovarmi?»
«Azzurra mi parla sempre di questo posto magico dove vuole che la porti, visto che tu ci vai spesso, ho sperato di avere fortuna» sorrido asciugandogli una lacrima solitaria.
«Grazie di avermi trovato» sussurra.
«Grazie di avermi permesso di farlo» rispondo.
«Oggi... ho visto mia madre... per la prima volta... sembra bella. Hai i capelli biondi e mi somiglia... non pensavo» sospira «ma era abbracciata a mio babbo e non pensavo potesse farmi così male».
«Perché?» chiedo timida.
«Lui aveva giurato di essere lì per me, doveva abbracciare me, invece mi ha tradito sostenendo lei» risponde piangendo.
«Leo... guardami» dico prendendo il suo volto tra le mani e fissando i suoi occhi lucidi «non posso nemmeno immaginare il tumulto di emozioni che hai dentro, vedere tua mamma per la prima volta, deve essere sconvolgente... ma tu pensi davvero che lui possa mettere qualcun altro davanti a te? Sii sincero con me» chiedo.
Scuote la testa.
«Ecco... lui era lì per te, ha affrontato lei per te. Solo per te. Per darti l'opportunità di conoscerla e dare a lei una chance per rimediare, mettendo a rischio la cosa più preziosa per lui... te e il vostro rapporto. Sai cosa significava per lui?» scuote nuovamente la testa «significava affrontare una delle sue paure più grandi, tua madre gli ha spezzato il cuore, lo sai bene, e condividerti con lei dopo che lei vi ha lasciato lo paralizzava... ma lo stava facendo per te perché vuole solo il meglio per te anche fosse far rientrare Camilla nella tua vita» concludo sorridendo debolmente.
«Sono stato un cretino» ribatte spettinandosi i capelli.
«No Leo, hai avuto paura e sei stato impulsivo, ma scappare non è mai la soluzione» dico seria.
«Devi essere fiero di tuo babbo, se è riuscito a parlare con lei, perfino ad abbracciarla, vuol dire che sono riusciti in qualche modo a chiarire e lui è riuscito a liberarsi di quel peso che portava dentro il suo cuore da quando se n'è andata» concludo commossa.
«Andrea... mi puoi portare da lui... ti prego» chiede piangendo.
«Certo. Andiamo» dico tirandomi su e aiutandolo.
«G-grazie» balbetta tra un singhiozzo e l'altro
Ci abbracciamo e nel tramonto ci incamminiamo verso la mia macchina.
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