Capitolo 4

Era la prima volta che mi capitava una cosa del genere. Come se non bastasse il cielo minacciava di seppellirci con una violenta scarica d'acqua.

«Merda! Merda! Che facciamo? Non ci capisco nulla di motori!» urlò Veronica con le mani tra i capelli per poi colpire più volte il volante.

Lasciai che si sfogasse per un pò per poi suggerire: «Dobbiamo chiamare un carro attrezzi.» 

«No! Mi costerebbe troppo ripararla! Questo catorcio va solo rottamato» replicò lei con lo sguardo fisso su di me.

Rimasi interdetta per qualche istante e prima che potessi controbattere Veronica riprese a parlare.

«A quest'ora tra l'altro non ci risponderà nessuno, ci conviene aspettare qui.»

«Però non possiamo aspettare tutta la notte!» ribattei con forza.

«È una merda! Lo so, ma in qu-»

«Non possiamo aspettare qui!» la interruppi con voce fin troppo alta.

Lei con gli occhi sgranati e le labbra semischiuse, distolse lo sguardo da me e lo concentrò sul parabrezza.

Un fulmine, che doveva essere caduto molto vicino, spaventò entrambe e ci distolse dall'argomento.

«Ah!» urlammo entrambe, mentre il forte suono si stava ancora propagando nell'aria.

Prima che potessi formulare qualsiasi pensiero, Veronica sbattè più volte la testa sul poggiatesta del sedile per poi urlare: «Fanculo!»

Ero avvilita per come era ridotta, ma anche determinata a non farle perdere la testa.

«Questo è solo un inconveniente. Domani proseguiremo in un modo.»

Lei si immobilizzò per qualche secondo dopodiché mi guardò con intensità.

«Siamo nei casini» mormorò.

«Troveremo una soluzione.»

Veronica, per tutta risposta, sbattè la mano sul volante e uscì dalla macchina.

"Che cazzo fa?"

Dopo essere uscita dalla macchina osservai Veronica mentre scaricava con estrema rapidità la sua roba.

«Veronica... Fa un freddo cane e si sta per mette-»

«Io proseguo con l'autostop, tu è meglio se chiami tuo padre» disse interrompendomi, senza guardarmi.

Rimasi a bocca aperta per qualche secondo, incapace di elaborare ciò che avwvo sentito.

«Alla stazione c'è mancato poco che ti capitasse qualcosa, perciò ora... ora... Finiamola qui.»

«Veronica! Torna in macchina con me! Tra poco pioverà» affermai col cuore che pulsava a mille e col respiro affannato.

Lei però non mi degnò di attenzione e si avvicinò alla strada trafficata con un pollice all'insù.

"È follia!"

Prima che potessi dire qualsiasi altra cosa per far cambiare idea a Veronica, una piccola goccia d'acqua, colpì il mio naso. Fu solo la prima di tante che si abbattereno su tutto quello che mi circondava.

«Merda!» urlai, senza tuttavia abbandonare il mio piano.

«Lauren! Sei ancora in tempo! Se res-» 

Prima che potesse terminare la frase una macchina marrone con una vistosa ammaccatura sulla portiera del passaggero d'avanti.

Dal finestrino di quella macchina marrone, sbucò la testa di una donna bionda e di mezza età.

«Che è successo?» chiese la donna.

"Merda! Cosa faccio? Se entra lì da sola potrebbe morire!"

«Abbiamo avuto un guasto alla macchina e non sappiamo che fare» affermò Veronica mentre con uno zaino nero si stava coprendo la testa.

«È terribile! Io e mio marito possiamo darvi un passaggio se volete.»

Nonostante sentissi fosse una follia decisi in quell'esatto momento di seguire Veronica.

«Non è che andate a Las Vegas?» chiesi congiungendo le mani.

«Las Vegas? Al massimo possiamo accompagnarvi dove siamo diretti io e mio marito, vi va bene?» 

Il suono di un fulmine precedette di un istante l'intensificarsi della pioggia e mi spinse ad accettare e a fiondarmi nell'auto, seguita da Veronica.

Una volta dentro quella macchina che odorava di pineta, l'uomo alla guida con voce rauca affermò:

«Allacciate le cinture signorine. Non ci metteremo molto.» 

«Dove siamo diretti?» chiesi mentre inserivo la cintura di sicurezza accompagnata da Veronica, la quale mi guardò con intensità e con fronte aggrottata.

«Pittsburgh» rispose la donna con un sorriso smagliante.

Poco dopo esserci messi in viaggio, l'uomo al volante si schiarì la voce con qualche colpetto di tosse per poi dire: «Siete state fortunate a trovarci. Io mi chiamo Nathan e sono un pastore di anime.»

"Veronica, ti prego non dire nulla di sconveniente" pregai nella mia testa e con le mani congiunte, vicine al ventre.

Non ero mai stata una appassionata di religioni, ma avevo sempre rispettato le credenze altrui anche se mi davano sui nervi, in più a volte l'idea che ci fosse qualcos'altro dopo la morte mi sollevava. Al contrario di Veronica che non perdeva occasione per prendere in giro chiunque credesse in qualcosa di superiore.

«Io invece mi chiamo Ruth» affermò la donna, dopo essersi voltata verso di noi.

«È un piacere. Io son-» 

«Lei si chiama Amanda mentre io mi chiamo Mary. Siamo sorelle» mi interruppe Veronica.

"Che cosa fai?" 

La donna con i suoi occhi celesti spalancati e con la bocca dalle labbra grosse semiaperta, impiegò qualche secondo prima di riprendere a parlare.

«Non l'avrei mai detto! Non vi somigliate proprio. Tu che ne pensi caro?» 

L'uomo senza voltarsi, sorrise per poi dire: «Spero che mia moglie non vi abbia offese, anche se in effetti ha ragione.»

"È vero! Non siamo sorelle! Siamo... Oh merda! Come ne usciamo?"

«Abbiamo madri diverse. Nostro padre si trova a Las Vegas» rispose Veronica mentre osservava il finestrino.

«Capisco. Ora mi spiego Las Vegas, ma come mai non avete preso l'aereo?» 

«Mia sorella odia volare» rispose celere lei senza distogliere lo sguardo dal finestrino.

"È il contrario! Sei tu che odi gli aerei" pensai scocciata e con le mani che mi stringevano le ginocchia.

L'uomo e la donna invece dissero all'unisono: «Li odiamo anche noi.»

Ruth, senza perdere troppo tempo ci chiese: «Di dove siete e come mai dovete raggiungere vostro padre?»

«Siamo di New York e purtroppo a causa di un grave incidente dobbiamo andare da nostro padre» rispose Veronica senza scomporsi.

Subito dopo, Nathan, con fronte aggrottata chiese: «Ora che ci penso... Come farete a dire a vostro padre che avete lasciato un auto in panne sulla corsia di emergenza?»

Un brivido partì dalla mia testa e mi attraversò tutto il corpo. Veronica non sembrava per niente preoccupata da quella domanda.

«Prima di fare l'autostop, abbiamo chiamato un carroattrezzi. Nostro padre si occuperà di pagare il servizio anche se l'auto non è sua.» 

L'uomo con il mento sollevato e il labbro inferiore che spingeva verso l'alto emise un verso che mi sembrò esprimere dubbio.

«Vostro padre che lavoro fa?» chiese, poco dopo.

"Sembra più uno sbirro che un pastore."

Questa volta, Veronica rimase in silenzio. 

Ruth, dopo qualche secondo, chiese: «Non lo sapete?»

Colta dal panico, decisi di intervenire con una bugia al limite del credibile.

«Lui ha un casinò che gestisce insieme a gente con cui è meglio non avere a che fare» asserii più veloce che potei.

Veronica, senza aprire bocca, stolse lo sguardo dal finestrino e lo concentrò su di me. La sua faccia sembrava volesse dirmi "Sul serio?"

I nostri samaritani però dalle espressioni che fecero parvero convinti dalla risposta e anche un po' preoccupati.

«Santo cielo, ma è un lav-»

«Ruth!» la interruppe Nathan.

Lei rimase con la bocca aperta e con le mani alzate e aperte finché lui non iniziò a farle una ramanzina.

«Solo il nostro Signore può giudicarci, ricordalo. È nostro dovere aiutare chi è in difficoltà, senza offendere nessuno.»

"Ora mi sento un pò male" pensai mentre guardavo Ruth.

Lei a testa bassa e con un tono appena udibile disse: «Hai ragione.»

«Vi chiedo scusa, non credo sia il caso di procedere con questo interrogatorio. Sono sicuro che siate entrambe delle brave ragazze.»

"Andrò all'inferno se esiste."

«Lei è davvero una gran brava persona» asserii Veronica per poi fare un piccolo sorrisetto.

Passammo il resto del viaggio senza parlarci. Veronica si mise le cuffiette per sentire la musica che le piaceva, mentre io passai il tempo a riflettere e a farmi domande su me e Veronica finché, del tutto esausta, non presi una decisione.

"Devo baciarla di nuovo."

Dopo quasi quaranta minuti, iniziammo a scorgere edifici imponenti, illuminati solo da luci artificiali, degni avversari di quelli di New York.

Poco dopo essere entrati in città, Veronica affermò:

«Possiamo anche fermarci qui, vi siamo grate di tutto.»

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