Capitolo 3
Dopo essere salite in macchina e aver impostato la rotta con il navigatore, Veronica fissò i suoi occhi nei miei per pochi secondi.
«Sarà un lungo viaggio» affermò senza distogliere lo sguardo da me.
Subito dopo, con un flebile sorriso, le accarezzai la guancia destra e affermai: «Possiamo farcela! Andiamo a Las Vegas!»
Lei, divertita dalla mia risposta, rise di gusto per poi mettere alla radio Marilyn Manson a tutto volume.
«Stai scherz-»
Non riuscii a finire la mia lamentela solo perché Veronica attraverso una brusca manovra di retromarcia, nella quale rischiò addirittura di beccare un'altra macchina, mi fece sussultare.
«Accidenti! Per poco non sfasciavo la macchina! Scusa tan-»
«Veronica! Così ci farai ammazzare.» la interruppi col cuore che galoppava mentre sfrecciavamo sull'asfalto.
«Hai proprio ragione, mi sono lasciata trasportare, ma non succederà più.»
Secondo il navigatore, ci sarebbero volute almeno trentasette ore di viaggio ininterrotto per arrivare a Las Vegas, per cui con delle pause per riposarci, saremmo arrivate dopo due giorni.
«Per fortuna non c'è tanto traffico a quest'ora» commentò Veronica sulle note di Sweet Dreams, pochi minuti dopo esserci messe in viaggio.
«Già. Senti... Perché non cambiamo musica alla radio?» domandai con la testa rivolta verso il finestrino.
«Sarà difficile trovare qualcosa che piaccia a entrambe, ma fai pure» rispose lei.
Passai almeno un quarto d'ora buono a cercare qualcosa che potesse andare bene per tutte e due e alla fine... Animal instict dei Cranberries, con mia somma gioia, risuonò per tutta la vettura.
«L' adoro! Anche per te deve essere così.» affermai con il volto rivolto verso Veronica.
Lei, invece di rispondere prese a canticchiare a partire da una strofa. Purtroppo finita la canzone, ci furono solo canzoni orribili, perciò di comune accordo spegnemmo la radio e iniziammo un gioco che mi mandava ogni volta in crisi.
«Preferiresti essere inseguita da un branco di gattini con la rabbia o rimanere da sola in un ascensore che ha il 30% di probabilità di cadere nel vuoto?»
Con le mani che mi avvolgevano la faccia e i piedi che battevano all'impazzata, dopo qualche secondo, risposi.
«I gattini.»
«Credevo fossi allergica ai gatti. Sicura della scelta?» replicò lei mentre scartava una piccola confezzione rettangolare di gomme da masticare.
«Sì. Toc-»
«Perché i gattini?» domandò lei mentre masticava una gomma.
"Ma che ne so! Mi hai dato due opzioni di merda." pensai mentre la guardavo accigliata.
«Le regole le conosci, devi dirmi il perché.»
«Mi basta entrare in una macchina o in un edificio per essere al sicuro.»
«In uno spazio aperto moriresti di sicuro! Invece con l'ascens-»
«Tocca a me!» la interruppi per poi fare un piccolo sorrisetto.
Lei, alzò gli occhi all'insù poi staccò per un breve istante le mani dal volante e mimò una resa.
«Preferiresti non poter dormire per tre giorni oppure essere sposata con una celebrità che non ti ama?»
Lei, all'inzio scosse più volte la testa per poi fare dei palloncini con la gomma.
«Ti ho messa in dif-»
«Non dormire per tre giorni è una passeggiata. Posso farcela benissimo! La cosa buffa è che se mi avessi fatto questa domanda qual... Sai che c'è? Lascia stare.»
"Cosa? Che vuol dire" pensai.
«Dobbiamo fare un pieno» disse Veronica, prima che riuscissi a formulare a voce una lettera.
Eravamo a poche centinaia di metri da una stazione di servizio dove parcheggiati c'erano alcuni chopper.
«Dimmi che hai un po' di dollari» le dissi mentre lei stava per estrarre la chiave dal quadro.
«Non ti preoccupare, aspettami qui» affermò lei per poi sorridermi e uscire dalla macchina.
Poco dopo essere uscita, io iniziai a sistemarmi alcune ciocche rosse ribelli grazie allo specchietto retrovisore, finché non notai un gruppo di giovani uomini, vestiti con giacche di pelle nera e jeans strappati, che stavano guardando verso di me.
"Non può essere. No, no, Veronica, fa presto."
Veronica, dopo aver fatto, si diresse all'interno della stazione per pagare senza accorgersi di nulla. Nel frattempo uno di quei tipi, un uomo dai capelli castani e con il passo celere si avvicinò all'auto.
"No! Ti prego! Vattene!" urlai nella mia mente mentre stavo concentrando i miei occhi sullo schermo luminoso del mio cellulare.
Quello una volta arrivato alla portiera dell'auto, picchiettò un paio di volte con il dito indice sul finestrino. Ero nel panico.
«Ciao. Mi senti? Dai, molla il cellulare e vieni fuori» affermò l'uomo.
"Che faccio? Non ci credo! No! No! Maledizione!" pensai, senza distogliere lo sguardo dal cellulare.
«Tranquilla, voglio solo fare quattro chiacchiere. Non mi capita spesso di adocchiare una rossa.»
Stufa di quella molestia, feci l'impensabile... Aprii la portiera per convincerlo a lasciarmi stare.
«Accidenti! Sei propr-»
«Amico non sono interessata. Sono con un'amica, tornerà a breve perciò smamma» lo interruppi con gli occhi fissi nei suoi.
«Che caratterino! Guarda che non sono mica un per-»
«Ho uno spray al peperoncino e non ho paura di usarlo!» lo interruppi di nuovo con fronte aggrottata e con le mani chiuse in un pugno.
Quello, forse ferito nell'orgoglio o forse perché spaventato, rispose solo con un sorriso e con le mani alzate per poi allontanarsi con lentezza.
La vista di Veronica che tornava con alcune buste di patatine mi fece tirare un sospiro di sollievo.
«Che ci fai fuori dalla macchina?» chiese Veronica a pochi passi da me.
«Sono... Sono uscita solo... Non ha importa-»
«Devi usare il bagno? Hai una faccia che non mi piace proprio» mi interruppe lei avvicinandosi a me.
«No, dobbiamo solo andarcene da qui!» strillai per poi fiondarmi nella macchina.
Dopo essere salita, guardai verso il gruppo di uomini e con mio sollievo notai che se ne stavano andando via sulle loro moto.
«Che cavolo ti è preso?» mi chiese Veronica dopo essere salita in macchina.
«Niente, ora andiamo» dissi a bassa voce.
Lei, accigliata e con sguardo fisso su di me, rimase in silenzio per qualche secondo, poi chiuse gli occhi per un attimo e infilò la chiave nel quadro di accensione.
«Scusa per prima» affermai, poco dopo essere ripartite mentre cercavo di aprire una busta di patatine.
«Cosa ti è successo?» domandò senza distogliere lo sguardo dalla strada.
«Mentre non c'eri, un uomo si è avvicinato alla macchina e ha provato ad attaccare bottone con me, ma sono riuscita a farlo scappare» confessai di getto.
Subito dopo, Veronica, respirò col naso e scosse la testa più volte per poi battere la mano destra sul volante.
«Dai ora calm-»
«Lo sapevo che non avrei dovuto lasciarmi convincere da te. Ti ho messa io in quella situazione!» mi interruppe lei.
«Era solo un pallone gonfiato!»
«Poteva anche essere come quell'animale che mi ha sfregiata!» ribattè lei.
Il mio cuore mancò un battito. Sentivo che aveva ragione.
«Non mi pento di essere partita con te. Non ti lascerò più sola.»
Veronica con le labbra pressate e le sopracciglia abbassate, frenò di colpo.
«Ma che fai?»
«Ti amo, Lauren! Capisci? Ti amo!» urlò lei con gli occhi colmi di lacrime rivolti verso di me.
Nel frattempo, il suono dei clacson delle macchine dietro di noi irruppe con prepotenza e spinse Veronica a far ripartire l'auto.
«Anche io» dissi a bassa voce e con una mano sulla sua gamba.
Non ero sincera. Dentro di me ero confusa. Una parte di me impazziva per quello che avevo provato con quel bacio mentre un'altra... Si chiedeva se era vero amore. Tuttavia su una cosa ero decisa, avrei fatto di tutto per aiutare Veronica e vederla felice.
«Vuoi che ci fermiamo?» le chiesi poco dopo.
«No. Tranquilla... È stato solo un mom-»
All'improvviso, un forte rumore metallico la interruppe e ci gettò nel panico.
«Che succede?» domandai spaventata.
«Non lo so! Dobbiamo fermarci!»
Facemmo appena in tempo a metterci su una corsia di emergenza, prima che la macchina si spegnesse del tutto.
Veronica, poggiò la testa sul volante e bestemmio più volte mentre io con la mano sulla fronte affermai: «Che viaggio!»
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