Capitolo 2

Impiegai pochi secondi a decidere e altrettanti per vestirmi e preparare uno zaino con un po' di roba per il viaggio. Chiamarla e messaggiarla, per farle cambiare idea, era stato inutile.

Dopo aver sceso con rapidità le scale, mi bloccai a pochi passi dalla porta di ingresso. Mio padre con fronte aggrottata e a braccia conserte, stava sbarrando l'uscita.

«Dove pensi di andare?» chiese lui con voce profonda.

"Mi ha sentito mentre parlavo con Veronica?"

«Allora? Ti decidi a parlare?» domandò lui per poi avvicinarsi a me.

La sua statura di quasi un metro e ottanta centimetri, unita alla sua corporatura massiccia e allo sguardo minaccioso, limitarono la mia capacità di parlare.

«Io... Voglio solo andare a trovare un'amica» dissi, dopo un po' e con lo sguardo puntato sulle sue scarpe marroni.

Un'istante dopo, la sua mano si poggiò con delicatezza sulla mia spalla destra.

«Veronica è una brava ragazza, ma non puoi legarti in questo modo a lei. Ti porterà guai.»

Colpita da quell'affermazione, feci due passi indietro in direzione delle scale e scossi la testa più volte.

«State passando troppo tempo insieme! So che ti senti in colpa per quello che le è capitato ma non è co-»

«Tu non c'eri! Le hanno sfregiato il viso perché io non ero con lei» ribattei interrompendolo. Pochi istanti dopo, scanditi da uno snervante silenzio, aggiunsi: «Ora non posso lasciarla sola.»

Mio padre con una mano sulla fronte emise un profondo respiro poi mi diede le spalle con la testa abbassata.

«Ora devo andare» asserii con lo sguardo puntato verso la porta.

«Torna in camera tua. È meglio così!» ribatté mio padre per poi voltarsi di nuovo verso di me.

Finché rimaneva fermo a sbarrare l'uscita non vi era alcuna speranza di passare.

Una volta in camera, chiusi la porta a chiave e con le spalle rivolte verso essa chiusi gli occhi.

"Non posso lasciarla andare! Un modo per andare da lei deve esserci" 

Riaperti gli occhi mi misi a camminare per tutta la stanza finché non notai le lenzuola bianche del mio letto. 

"Se usassi tutte le lenzuola e magari qualche vestito che ho qui dovrei essere in grado di fare una corda per calarmi fuori!" pensai in preda a un moto di gioia.

Non avevo mai fatto una cosa del genere e non avevo idea di quanto materiale avrei dovuto usare, ma sul momento non ci riflettei troppo.

Mi ci volle un po' di tempo, ma alla fine avevo fatto una corda che credevo potesse essere abbastanza lunga per calarmi. Dopo aver fissato un capo a un piede del letto, gettai la mia improvvisata via di fuga dalla finestra e...  A circa due metri dal terreno, caddi perché un pezzo di lenzuolo si era strappato.

«Merda! Che botta!» affermai a bassa voce. 

"Forse avrei dovuto buttare qualche cuscino dalla finestra, prima di calarmi" pensai mentre ero ancora stesa sull'erba.

Una volta in piedi, iniziai a correre verso casa di Veronica. Dopo un buon quarto d'ora di corsa a perdifiato, tra il freddo che mi bruciava la pelle e tra i marciapiedi che pullulavano di ogni tipo di gente, arrivai nel quartiere di Veronica. 

Lei stava al terzo piano di un condominio alto una decina di metri, poco illuminato all'esterno, e che a me metteva sempre una strana angoscia. Purtroppo sua madre non poteva permettersi di meglio e io non le ho mai fatto pesare che stava in un posto dalla vernice scrostata e in cui l'aria puzzava di fumo.

Arrivata al portone di sbarre di ferro nero dell'ingresso, citofonai all'indirizzo di Veronica con la speranza di non essere in ritardo.

"Ti prego, rispondi."

Provai diverse volte, finché una voce femminile alle mie spalle mi fece sussultare.

«Levati dai piedi!» 

Terrorizzata mi bloccai subito.

«Sei sorda? Spostati! Qui fuori si gela!» gracchiò la donna per poi spostarmi con uno strattone.

«Ma che modi sono?» chiesi con entrambe le braccia aperte.

Lei, per tutta risposta, da dentro al suo cappotto marrone, si limitò a guardarmi dal basso verso l'alto, poi si avvicinò e mi sorrise con i suoi disgustosi denti gialli.

«Sono... Io... sono solo venuta per vedere un'amica» dissi mentre arretravo di qualche passo.

«Ma davvero? Se è così allora... Levati subito dalle scatole!» rispose la donna per poi infilare una chiave nella serratura del portone.

Inffreddolita e a testa bassa con le lacrime che stavano iniziando a formarsi, mi allontanai con lentezza da quel postaccio.

«Lauren!» asserì una voce che non credevo avrei sentito quella notte.

Veronica stava lì, a pocchi passi davanti a me, vestita con un giacca di jeans chiara e con dei jeans neri strappati, i suoi capelli corvini erano sciolti e i suoi occhi... Erano rossi. 

Senza dire nulla, mi misi a correre verso di lei e le saltai addosso. Per un breve istante, lei rischiò addirittura di cadere all'indietro.

«Grazie al cielo! Pensavo che... che... Fosse troppo tardi!» urlai con le lacrime che sgorgavano dagli occhi mentre respiravo a pieni polmoni il suo tenue profumo di lilla.

«Lauren! Calmati! Falla finita!» affermò lei per poi ricambiare l'abbraccio.

«Non ti lascio! Partiremo insieme!» 

«Non si può! Non pos-» 

«Invece sì!» la interruppi per poi asciugarmi le lacrime con la manica del mio maglione, senza staccarmi da lei.

Veronica, vinta dalla mia tenacia, emise un profondo respiro.

«Va bene, però ora staccati.» 

Feci di sì con la tesa senza smettere di asciugarmi le lacrime durante il nostro distacco.

«Dovrei avere un fazzoletto da qualche parte» asserì mentre si tastava le varie tasche dei suoi jeans.

«Tranquilla, non mi servono» la rassicurai.

«Sei sicura di volermi seguire?» domandò lei per poi mettersi una mano su una spalla.

"Se non lo fossi non sarei qui!" pensai con i pugni così stretti da farmi male.

Con il sorriso, mi avvicinai a lei e con la mano destra le toccai la guancia dove aveva la cicatrice.

«Non ti lascerò più sola.» 

Ero sicura di quella mia decisione e mi aspettavo che Veronica lo avrebbe apprezzato. Quello che non mi aspettavo era un suo bacio...

Un attimo prima i nostri occhi erano riversi gli uni verso gli altri, poi mi prese entrambe le guancie con le mani e infine poggiò le sue labbra sulle mie con gli occhi chiusi mentre i miei... i miei si erano spalancati per la sorpresa!

Fu un bacio fatto solo con le nostre labbra, uno di quelli che avevo già fatto un centinaio di volte come minimo, eppure quella volta è stata diversa. 

"Oh mio Dio! Non ci credo!" ripetei più volte nella mia mente.

Veronica, staccatasi da me, mi guardò accigliata per qualche secondo, prima di fare una domanda a cui non avevo una risposta.

«Ho rovinato tutto, vero?» 

Dopo qualche secondo, presi a balbettare e con lo sguardo vagai ovunque tranne che verso lei.

«Sono un'idiota!» affermò Veronica con una mano sulla fronte.

«No! Non è vero! È stato tutto così...» 

«Sgradevole?» chiese lei a braccia conserte.

«No! Sono rimasta sorpresa. Non mi aspettavo un bacio!» 

Veronica, scosse più volte il capo per poi dire: «Ho rovinato tutto!»

«V-Veronica, no! T-ti prego, ti prego, non dirlo!» 

«Stammi bene Lauren» affermò lei per poi darmi le spalle.

"No! Non farlo! Non andare via!"

Fece solo pochi passi, prima che riuscissi a bloccarla con un abbraccio.

«Lauren devo andare!» 

«Non senza di me!» 

«Perché dovresti venire?» mi chiese iniziando a dimenarsi.

A quel punto, così come lei aveva fatto con me, dopo averla fatta voltare, le presi il volto e la baciai. Lei, prima smise di muoversi e poi affondò la sua mano dietro la mia testa e spinse la sua lingua nella mia bocca. 

«Ora che ne dici di piantarla di litigare e andare a Las Vegas?» le chiesi con il fiatone, dopo aver interrotto il bacio.

Lei, con il sorriso e con gli occhi che luccicavano mi prese la mano destra e urlò:

«Viva Las Vegas! Aspettaci, perché stiamo arrivando!» 

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