8. Lara, Greta, Emma

Producendo un tonfo sordo il cancello si era chiuso alle loro spalle, e con esso la vecchia vita di Alex. In effetti ormai non era più lui, ma Max. In quelle tre lettere c'era un mondo di possibilità, una persona nuova da immaginare, costruire, reinventare. Sarebbe stato un appassionato di cucina? Della musica, forse? Amante dei cani o dei gatti? Poteva continuare a essere ciò che era sempre stato, ma anche esattamente l'opposto. Nessuno avrebbe controllato le sue credenziali umane. In un certo senso, discostarsi il più possibile dal vero sé stesso era anche un modo per fornire meno informazioni possibili sulla sua vera identità a tutti loro. Ma loro chi? Di nuovo quella domanda, la stessa che si era posto riguardo i ragazzi strambi del capannone abbandonato. Non sapeva cosa gli avesse fatto il tizio alto, in che modo lo avesse stordito o come lo avesse trasportato in un luogo che doveva distare almeno due giorni di cammino dal punto in cui si erano incontrati. Era impossibile e insensato che fosse rimasto privo di sensi e senza bere e mangiare così a lungo, ma avrebbe taciuto sulla loro esistenza, come segno di riconoscenza per ciò che avevano fatto. Lo avevano aiutato, probabilmente rischiando di essere scoperti o intercettati da uno degli Ordini che dava loro la caccia e che li aveva costretti a lasciare la loro base, non c'era bisogno di esporli al pericolo più di quanto già non fossero. Inoltre, non sapeva spiegare ciò che era successo, così come ancora non riusciva a credere, ripensandoci, al modo in cui quella ragazza con la felpa nera con su scritto Nirvana gli aveva letto nella mente e aveva nello stesso modo comunicato con i suoi compagni.

«Come potrai immaginare, ci sono delle regole qui» la ragazza che camminava con lui e Lara, precedendoli di qualche passo, iniziò quella che sembrava una spiegazione con diversi punti e Alex cercò di prestare la massima attenzione a ciò che gli veniva detto. Ma era difficile concentrarsi ed elaborare le parole che gli entravano dalle orecchie mentre i suoi occhi vagavano sull'ambiente circostante e registravano un paesaggio così insolito e pittoresco. Stavano avanzando lungo una strada asfaltata che costeggiava, a intervalli regolari, cancelletti attraverso i quali si accedeva a piccole villette identiche, ognuna con un giardino, una staccionata e un'auto parcheggiata, tutte dello stesso colore e modello. Nulla di troppo stravagante, se non si considerava il contesto: era pieno il mondo di quartieri così ordinati, ma mai avrebbe immaginato che le persone di quei volantini potessero abitare un luogo del genere. Le due ragazze allungarono il passo e Alex tornò a guardare le loro schiene, prima di accelerare a sua volta e affiancarle. Erano diretti verso la manciata di edifici appena più alti di quelle villette, in fondo alla strada, ora in leggera salita.

«Se si deciderà in favore a farti restare,» la ragazza che ancora non si era presentata si voltò per essere certa che lui le stesse prestando ascolto, «non avrai subito accesso a tutte le strutture. Tieni bene a mente questa cosa, perché è l'errore che fanno sempre tutti. Arrivano qui e credono di potersene andare in giro come se questo posto fosse casa loro. Beh, non lo sarà, non subito, almeno.»

«Greta, lo stai spaventando.» Lara intervenne in suo favore e lui sorrise tra sé, abbassando lo sguardo sulle proprie scarpe. Era stato un gesto carino, ma non sapeva bene come interpretarlo o come rispondere.

«Allora significa che sto svolgendo bene il mio incarico di accoglienza e orientamento.» Si fermò, si voltò del tutto verso di lui e gli puntò addosso gli occhi neri. Alex alzò lo sguardo da terra e sostenne quello di Greta, che si mantenne serio e minaccioso per tutta la durata di quello scambio silenzioso. L'aveva preso per uno stupido? D'accordo, forse Alex non era un pozzo di scienza e spesso parlava a sproposito, ma aveva deciso che Max sarebbe stato un tipo riflessivo e attento, acuto, che non si faceva intimorire da nulla.

«Bene!» continuò lei, con un fervore che ad Alex sembrò eccessivo. «Per prima cosa dovremmo visitarti per vedere se hai tutte le cose in regola... sì, insomma, se sei ferito, vista la tua apparente amnesia.» Ad Alex non sfuggì il modo in cui marcò la parola "apparente", insinuando nemmeno troppo velatamente che lui avesse mentito a riguardo. «Quando sapremo che è tutto a posto e che non sei un portatore di qualche virus o infezione allora potrai accedere alle aree comuni.»

Prima che la ragazza potesse chiudere la bocca, spinto da un moto d'orgoglio e dalla voglia di dimostrare che era in grado di memorizzare due stupide regole, sorrise beffardo e rispose: «Mi era sembrato di capire che ai nuovi arrivati non è permesso girare liberamente.»

«Se mi avessi fatto finire di parlare,» sbuffò lei, «avrei aggiunto che potrai accedere alle aree comuni di livello uno, quelle per cui non serve nessuna autorizzazione speciale.»

Alex spostò lo sguardo su Lara senza un particolare motivo, ma l'altra lo riprese, costringendolo a guardare di nuovo nella sua direzione: «E non è un permesso che dipende da due del nostro grado, quindi risparmiati pure quegli occhi da pesce lesso».

«Non sto facendo nulla del genere!» Si era accorto di aver alzato la voce e provò la sensazione di avere attirato degli sguardi su di sé, ma le finestre delle case accanto alle quali stavano passando non mostravano nessuno al loro interno. Anche la stessa strada era desolata. C'erano solo loro tre e un altro paio di figure poco più avanti. Dove sono tutti? «E comunque non siete un po' troppo fissati sulla sicurezza e la gerarchia?» Le ragazze si scambiarono uno sguardo eloquente che gli fece capire di aver sbagliato qualcosa. Aveva di nuovo parlato troppo in fretta? Ripeté nella sua testa ciò che aveva appena detto: era l'accenno alla gerarchia il problema? Non avrebbe dovuto saperlo?

«Tu non sai niente. Quindi smettila di sparare domande a caso, avrei altro da fare, sai?» Greta gli diede le spalle e riprese a camminare, seguita da Lara.

E io credo di piacerti ancora meno di quanto tu piaci a me, sai?

Non gli restò altra scelta che tenere il loro passo. Ma lo sguardo con cui riprese ad analizzare l'ambiente si fece più attento. C'era qualcosa di strano nel silenzio innaturale di quella città. Sembrava deserta anche se, era sicuro, non lo era davvero. «Dove sono tutti? È ora di pranzo o qualcosa del genere?» Con un gesto automatico si guardò il polso per capire che ore fossero, ma l'orologio gli restituì le lancette ferme alle dieci e venti, sotto un quadrante crepato in più parti. Merda! L'orologio del nonno! Cercò di pensare ad altro per non piangere come un bambino, ma perdere quel pezzo del suo passato faceva male. A distrarlo fu la fame: lo stomaco gli lanciò un segnale inequivocabile, con un sonoro borbottio. Non sapeva per quanto ancora potesse rimanere senza bere né mangiare.

«È ancora presto per il pranzo, ma forse è rimasto qualcosa della colazione.» Lara gli offrì una speranza, divertita e forse intenerita dal lamento del suo stomaco.

«Mi andrebbe proprio di mettere qualcosa sotto i denti» minimizzò: era a digiuno dalla mattina precedente, ma non voleva darle l'impressione di essere un accattone. «Posso pagare quello che consumo.»

«Davvero? Con quali soldi? Non hai nemmeno uno spicciolo!» Greta, il cui sentimento di antipatia nei suoi confronti era ormai palese quanto reciproco, ribatté con tono ironico e Alex si infilò in fretta le mani nelle tasche dei pantaloni alla ricerca del portafogli. Avrebbe pagato un panino anche cento volte il suo valore, avrebbe speso tutti i soldi che gli restavano per un solo pasto, se questo avrebbe potuto farla tacere. Sfortunatamente, le sue tasche erano vuote. Si fermò un momento e si sfilò lo zaino in un unico gesto fluido e rapido. No no no. Non posso aver perso tutto. Nessuna traccia del portafogli. Rovistò ancora. Metà delle sue magliette erano sparite. Si erano presi anche quella del festival del fumetto, la divisa della scuola e la polo della squadra di canottaggio. Si erano presi il suo passato. Gli avevano lasciato solo i calzini e la biancheria, un paio di pantaloni e due maglie. Almeno la t-shirt con il grosso UFO era ancora lì. In fondo, lui era Max e credeva negli alieni, no? «Bastardi!»

Lara lo raggiunse, ripercorrendo all'indietro i pochi passi con cui gli si era già distanziata, mentre l'amica continuava a marciare verso il fondo della strada. «Tutto bene? Ti hanno derubato, vero?»

«A quanto pare. Non che avessi molto, con me, prima. Ma ora non ho più niente.» La sua risposta gli uscì più sconsolata di quanto avrebbe voluto e gli sembrò di vedere, negli occhi della ragazza, un po' di pena per lui.

«Vedrai che troveremo una soluzione e ciò di cui hai bisogno.»

Non gli restava molto da fare o da cercare nel suo bagaglio alleggerito, così riprese a camminare con Lara. «Mi avete perquisito?»

Lei annuì, poi aggiunse: «Avrebbero comunque mandato qualcuno a farlo, prima di farti entrare. Visto che eri privo di sensi abbiamo accelerato un po' la cosa. Mi dispiace averlo fatto alle tue spalle, ma non sapevamo quanto saresti stato collaborativo al tuo risveglio. Volevamo solo assicurarci che non fossi un malintenzionato.»

«Sì, certo, ha senso. È tutto a posto» E anche se aveva davvero senso, Alex sentì che non era davvero a posto. Gli sembrò di registrare con un leggero ritardo sua le sue parole sia quelle della ragazza, come se qualcosa fosse fuori tempo, fuori posto. Chissà cos'altro potevano fargli o gli avevano fatto mentre era svenuto. E perché chiedergli se avesse il marchio nero, considerato che di certo l'avevano visto con i loro occhi?

«Greta è un po'... come dire... fiscale. Ma sei in buone mani, le sue, le mie... insomma le nostre. Siamo solo molto attenti a chi includiamo nella nostra comunità perché, sai, il mondo fuori non sempre è un posto bello in cui vivere, ma qui sì, e vorremmo che le cose restassero così. Per farlo, capirai, dobbiamo accertarci che chi varca quel cancello abbia buone intenzioni e che qui tutti condividiamo gli stessi valori, ecco.»

«Non devi giustificarti. Capisco perfettamente.» Glielo aveva detto anche il ragazzo chiamato Em, non potevano ammettere tutti o avrebbero perso i loro privilegi di comunità accettata e non perseguitata dai rastrellamenti.

Lei annuì e guardò lontano, verso le montagne che sovrastavano il villaggio. «Sono felice e spero che condividerai anche tu la nostra visione, perché, beh... non passano molti come te da queste parti e mi piaci, sarebbe brutto vederti andare subito via. Quindi metticela tutta per restare, okay?»

Alex non capì il resto di quel discorso, tranne che lui le piaceva. Aveva partecipato a perquisirlo quindi si era fatta un'idea del suo fisico; eppure, un tipo come lui piaceva a una come lei. Era tutto ciò che riusciva a elaborare. E davvero qualcuno del suo genere era merce rara lì? Era sempre stata una persona anonima e poco considerata, non il più sveglio, il più simpatico o atletico, di sicuro non il più bello, né in famiglia né a scuola o tra gli amici. Sulla carta le sue caratteristiche fisiche potevano anche essere interessanti, ma le specifiche varianti che gli erano capitate lo rendevano banale e poco attraente. Era biondo, sì, ma i suoi capelli erano di un giallo paglierino, spento e stoppaccioso. Aveva i lineamenti affilati di una vecchia volpe del folklore orientale, ma non ne condivideva lo sguardo tagliente e sagace. Era anche l'unico della famiglia ad avere occhi marroni e non azzurri. I suoi denti non avevano nulla che non andasse, ma rispetto alla bocca sottile, che gli sembrava si allargasse più del nomale quando sorrideva, sembravano uno strano blocco unico. Anche il suo fisico rispecchiava quella sottigliezza e per quanto mangiasse non era mai riuscito a prendere peso, a differenza dei fratelli, che in un mese di palestra erano stati in grado di mettere su più massa muscolare di quanta ne avrebbe raggiunta lui in una vita intera. Persino la postura ne risentiva, aveva sempre l'impressione di non riuscire a tenere la schiena dritta come gli altri maschi adulti, come se gli mancassero delle vertebre o dei muscoli necessari a quella specifica trazione.

Ma forse in quel posto poteva avere un fascino tutto suo. Di sicuro si sarebbe impegnato a restare, avrebbe abbracciato qualsiasi visione gli avessero illustrato, anche se fosse stata stramba come la teoria sul Dopomondo. «Ce la metterò tutta» promise solennemente. In tutta risposta Lara abbassò lo sguardo e si morse il labbro e Alex pensò solo a quanto avrebbe voluto essere lui a farlo e tutte le preoccupazioni sull'assenza di altre persone in giro o sul silenzio innaturale di quel luogo furono pensieri lontani, ininfluenti.

Troppo concentrato a stare dritto con la schiena e a non dare a vedere che stava gongolando, non si accorse nemmeno che la loro camminata li aveva condotti davanti all'edificio in fondo alla strada. Sembrava la versione ridotta del municipio della sua città. Muro bianco, due piani, tetto in mattoni, finestre con tapparelle dello stesso colore petrolio della porta. Greta entrò per prima e Lara gli cedette il passo per poi seguirlo appena anche lui varcò l'uscio.

Alla destra della stanza in cui avevano fatto il loro ingresso c'era un ufficio, visibile in parte da una vetrata a mezza altezza, a cui si affacciò una donna con i capelli rossicci.

«Siete qui per il ragazzo trovato qui fuori?» La donna lo scrutò qualche secondo, per poi guardare le due ragazze quando una delle due rispose: «Sì. Possiamo lasciarlo qui e andare? Ho delle cose da fare e sono già in ritardo.»

«Mi dispiace Greta, ma dovrete compilare un verbale anche voi. Ci vorrà solo una mezzoretta per voi ragazze.»

«Non posso farlo stasera a casa e riportarlo domani? Che differenza fa?»

La donna sorrise bonariamente e scosse la testa. «Lo sai com'è rigorosa tua madre. Le procedure, i protocolli e tutto il resto. Le regole devono essere uguali per tutti, altrimenti...»

«Si spezzano gli equilibri, si spezza l'armonia, si spezza la società» la interruppe la ragazza. «Non serve che mi ripeti il nostro motto, ci sono cresciuta con questa merda. Grazie.»

Alex seguì il dialogo tra le due cercando di assimilare più informazioni possibili. Il fatto che le regole fossero uguali per tutti non era un male, alla fine. Da dove veniva lui non era così ed era un vero schifo. Poco prima Greta gli aveva detto che due come lei e Lara non potevano esercitare alcuna influenza; quindi, non c'erano favoritismi e nepotismi in quel sistema? Si chiese come dovesse essere la figlia del capo, del Presidente, così l'aveva chiamata, quando la donna in questione si presentò, arrivando dalla stanza alla loro sinistra. 

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