12. Nuova casa

«Se rispettiamo le regole andrà tutto bene.
Ma tu te le ricordi le regole?
Speravo che almeno da morto avrei fatto a meno delle regole.»

Tre Allegri Ragazzi Morti - Non mi manca niente

Lasciarsi andare sul letto della sua nuova stanza fu come buttare fuori il respiro dopo due giorni di apnea. I muscoli del collo e delle spalle, tesi fino a quel momento, cedettero alla morbidezza dell'imbottitura del cuscino, e braccia e gambe divennero di colpo molli e prive di consistenza, tanto che Alex non sapeva per quanto sarebbe stato incapace di alzarsi e muoversi. Se gli avessero detto che la casa era in fiamme il suo corpo sarebbe stato in grado di avere una reazione adeguata? Di certo, il suo vicino di camera avrebbe avuto il suo stesso problema. Poco prima, tornando dal bagno dopo una lunga doccia, l'aveva visto salire uno alla volta i gradini delle scale che collegavano al piano di sotto, a fatica, accompagnando ogni passo con una spinta anche vocale, oltre che muscolare. Ammesso che qualche muscolo gli fosse rimasto, negli anni. Alex sapeva che l'età media di un possessore di marchio nero era in genere più lunga, ma novant'anni era comunque la massima aspettativa di vita di chiunque, a prescindere dal colore del suo marchio. Quell'uomo ne dimostrava almeno venti in più. Quando Emma era passata a ritirare i questionari compilati da Alex, con lei c'era Lara, che nel frattempo si era fatta una doccia e aveva cambiato ciò che indossava. Il profumo fruttato dei suoi capelli era tornato a essere intenso e Alex aveva di nuovo concentrato tutta la sua attenzione su di lei. Solo una volta nella sua nuova abitazione, sotto la doccia, da solo, aveva ritrovato la lucidità per ripercorrere le domande a cui aveva dovuto dare una risposta: tra le altre, nella categoria "credo" ce n'era una che riguardava proprio l'età delle persone.

- Credi che sia giusto che si debba morire entro i novant'anni? Credi che sia possibile vivere più a lungo?

A ben pensarci, non era nemmeno la domanda più strana della sezione, non più di quella sugli alieni, o più della possibilità di una o più entità superiori che osservano la condotta delle persone e giudicano il loro operato. Aveva risposto con calma a tutto, anche a quelle, affrontandole con la massima serietà. Sapeva di essere sembrato un semianalfabeta per via del tempo che si era preso per riportare su carta ciò che pensava in modo decente e leggibile: Emma stessa era passata più di una volta a controllare se avesse finito e gli aveva sorriso con condiscendenza, come se fosse normale metterci così tanto. Ma impegnarsi a non scrivere di getto gli aveva dato il tempo di ragionare bene e modulare le sue risposte su Max, il tipo di persona che voleva essere, quello che avrebbero accettato con più probabilità.

Una volta finito con quell'assurdità, la passeggiata con Lara era stata breve, i bassi edifici del quartiere, oltre che dannatamente simili, erano tutti molto vicini e non distavano più di qualche minuto a piedi l'uno dall'altro. Già sapeva che si sarebbe perso, soprattutto perché non aveva prestato particolare attenzione all'ambiente, mentre camminava al fianco della ragazza. Era felice che l'inizio della sua nuova vita avesse un simile profumo e una timida risata, dita affusolate che giocavano con i capelli mossi. Di nuovo distratto dalle chiacchiere frivole, che ora nemmeno ricordava più, l'arrivo alla sua nuova casa era stata una doccia fredda. Una residenza isolata dal resto, che pareva urlare "emarginazione sociale" da ogni rampicante fuori controllo o da ogni asse di legno sbilenco alle finestre. Anche il colore dell'intonaco esterno era diverso, sul verdastro, rispetto alle casette bianche costeggiate fino a quel punto. Era su due piani come le altre, ma sembrava più alta, come se i soffitti dei due piani, all'interno, fossero fuori misura: immaginava stanze strette e alte, anche un po' sbilenche, grottesche. Anche il giardino sul davanti, grande come quello delle altre case, sembrava chilometrico, forse per via dei vari oggetti abbandonati qua e là, una griglia per barbecue, dei pesi per allenamento e un tavolino ricoperto di foglie, polvere e sporcizia. E, ciliegina sulla torta, mentre con gli occhi registrava il tutto, Lara gli stava spiegando che lì vivevano altri tre uomini, separati dal resto del gruppo.

«Sono tutti nuovi come me?» aveva chiesto alla sua accompagnatrice.

«No. Qui ci sono quelli in attesa di una sistemazione migliore o quelli che l'hanno persa.» E quello era tutto ciò che gli aveva aggiunto lei a riguardo, prima di lasciarlo sull'uscio di quella casa.

Gli interni della casa, in compenso, erano messi molto meglio della facciata, le stanze avevano dimensioni e proporzioni normali, e l'aveva accolto un profumo di pulito inaspettato e confortante. Ma nessun altro essere umano. Degli altri, per il momento, aveva visto solo l'uomo molto vecchio, ma gli era sembrato, una volta tornato nella sua camera (sperava di aver capito bene quale fosse dalla descrizione di Lara, visto che lei non era entrata con lui), di sentire altri due uomini impegnati in una conversazione futile sul tempo, poco prima di abbassare la voce e dirsi l'un l'altro che c'era "uno nuovo". Lui. Poi il loro tono si era fatto ancora più basso e lui non era riuscito a sentire altro. E allo stesso modo loro non potevano sentire lui e il suo assurdo tentativo di mettersi in contatto con i ragazzi conosciuti il giorno prima.

«Siete lì?» bisbigliò nel chiudere gli occhi. «Sto per addormentarmi. Se siete lì e volete entrare di nuovo nei miei sogni e fare... insomma, quello che fate... vi do il permesso, se è così che funziona. Ma prima, possiamo parlare?»

Ma no. Evidentemente, pensò, non era così che funzionava. Perché nessuno rispose alla sua chiamata o si mise in contatto con lui.

Sto impazzendo. Sto inseguendo le suggestioni di un sogno, come se quello che ho visto e sentito mentre dormivo fosse vero. Devo smetterla di credere a tutto. Guardami Sara, sono il solito credulone, puoi dire a mamma e papà, a Giò e agli altri che non sono cambiato. E come potrei, in due giorni? Anche se ho adottato un altro nome resto sempre io, in fondo: Allox, Alex l'allocco, è così, giusto? Credere che le persone possano leggere nel pensiero, comunicare telepaticamente, teletrasportare sé stessi e gli altri e fare chissà cos'altro! E poi la storia assurda dei marchi bianchi. Me la sono bevuta subito. Queste persone sono strane, ma io non ho messo in dubbio nulla di ciò che mi hanno detto nemmeno un secondo. E Lara... beh, lei non è strana.

E subito i suoi pensieri si trasformarono in una lettera per sua sorella, lettera battuta solo nella sua testa, perché non poteva scrivere a casa, dare sue notizie o far sapere dove si trovasse. Però era così confortante immaginare di avere ancora un contatto con i suoi cari che Alex scivolò dentro l'illusione che potesse anche lui comunicare con qualcuno con il solo potere della mente e lasciò scorrere le parole nella sua testa.

Lei è così dolce. Sai, penso che ti piacerebbe. Piacerebbe anche alla mamma, forse. Si è sempre chiesta che tipo di ragazza avrei portato a casa, un giorno. Ecco, una così sarebbe perfetta. Chissà cosa state facendo, adesso. Siete preoccupati per me? Non dovete, sto bene. Sono al sicuro, almeno credo. Devo solo ambientarmi, capire come funziona questo posto, seguire le regole. Se rispetto le regole andrà tutto bene. È anche per voi che sono andato via. Se mi avessero preso e portato via, come è successo alla sorella della tua compagna di classe, sarebbe stato brutto, ma se mi avessero lasciato stare con voi sarebbe stato peggio. Avrei passato la vita a chiedermi in che modo il marchio avrebbe portato sfortuna a me attraverso voi, chi di voi mi avrebbe portato via per la mia condanna a una vita di sofferenza. E tu, tra tutti, sei quella a cui tengo di più al mondo. Ho avuto paura per te. È la verità. Ti prego, cerca di capirlo. So che sei arrabbiata con me per non averti detto nulla, ma credimi, ti prego...

E poi fu di nuovo il buio, ma questa volta, restò solo nei suoi sogni, che al suo risveglio nemmeno ricordava.

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