Sentimenti tormentati
https://youtu.be/UcNk9QdOqcs
Tutti i ragazzi che frequentavano la St. Mary's School, compresi i quattro amici, si davano appuntamento ogni mattina ad un piccolo bar dove facevano colazione e chiacchieravano un po' prima di entrare nelle aule della scuola.
Jade arrivò un po' in ritardo quel giorno, ma non perché non si fosse destata all'ora giusta o perché non avesse suonato la sveglia. Il motivo era un altro: i fogli.
Difatti era combattuta se seguire i consigli ricevuti sia da suo nonno che da Marion e restituire il racconto al primo, oppure andare avanti con le sue ricerche e tentare di risolvere il mistero, magari escludendo ogni coinvolgimento da parte dei suoi amici e familiari.
Alla fine, mentre tratteneva le pagine tra le mani e valutava ogni possibile decisione, si era convinta di non essere in grado di chiudere gli occhi e andare avanti come se nulla fosse e chiarì a se stessa che l'unica soluzione più logica e soprattutto giusta, era quella di portare a termine l'impegno che si era assunta fin da subito: aiutare Ashley Woodhouse.
Nessuno però l'avrebbe saputo. Né i suoi amici e nemmeno il nonno, a cui avrebbe detto, chiamandolo, di aver distrutto quella storia maledetta.
Assumendo una finta espressione serena, entrò nel bar, preparandosi ad incontrare Ethan, Corey e Marion. Scrutò i vari tavoli e, al solito, quello vicino alla grossa vetrata, c'erano solo i ragazzi. Di Marion nemmeno l'ombra. Strano, conoscendo l'amica, che avesse fatto tardi.
- Ragazzi avete visto Mari? - Chiese con un filo di apprensione.
- Buongiorno. - Fece Corey lanciandole un occhio di sfuggita. Ethan sorrise semplicemente, giocando a passarsi il pacchetto di sigarette tra le dita.
Jade acuì la voce: - Per favore rispondetemi. Avete visto Mari questa mattina? -
I due la guardarono aggrottando la fronte. Cosa la preoccupava stavolta?
- Ancora no. - Disse Ethan.
- Ma è strano. Solitamente è sempre puntualissima. -
- Rilassati Jade, avrà avuto un contrattempo. Capita a tutti. -
- Lo so Ethan... - Sibilò lei distrattamente.
I ragazzi la videro uscire di fretta fuori.
- Non prendi niente oggi? - Le urlò dietro Corey, poi dopo aver lasciato i soldi sul tavolino, si alzarono e la seguirono.
Lei era lì che scrutava le strade in corrispondenza del bar, per vedere casomai arrivasse l'amica. Le si avvicinarono e si accesero una sigaretta ciascuno.
- Che hai? - A Corey iniziava a turbare quel comportamento sempre più insolito di lei. Fece allontanare Ethan di qualche passo e la prese per un braccio, visto che non lo ascoltava nemmeno. Quel gesto la ridestò dalla condizione d'ansia in cui versava. - Stai bene? -
Lei si preoccupò più per il contatto che per le benevole parole di interessamento e strattonando il braccio per scioglierlo dalla presa di lui, gli rispose secca: - No, non sto bene, non fino a quando non vedrò Marion! -
- Avrà fatto tardi, oppure semplicemente avrà mal di gola. Non farti paranoie. Piuttosto, ho bisogno di parlarti... -
- Sì Corey, dopo. Ok? -
Lui si limitò a fare un tiro alla sigaretta, poi la gettò via e si avviò verso l'entrata della scuola seguito da Ethan.
Jade lo vide allontanarsi a grandi passi, teso come una corda di violino, tentò così di riparare a quella sua freddezza.
- I miei genitori stanno fuori tutto il giorno e probabilmente torneranno molto tardi, quindi... Quando vuoi, va bene? -
Corey sollevò una mano in segno di saluto e sparì seguito da Ethan, nel portone della scuola.
Jade restò fuori sola con la sua angoscia a cui si erano aggiunti adesso i sensi di colpa. Non poteva di certo star lì ancora per molto, per questo attese finché poté, poi si sbrigò ad entrare, prima di restare chiusa fuori.
Inutile dire che la mattinata fu un calvario per lei. Attese pazientemente la seconda ora, poi la terza, infine il termine delle lezioni. Sperò per tutto il tempo di vedere l'amica varcare la soglia dell'aula, ma niente.
Al suono della campanella, aveva già riposto ogni cosa nello zaino. Fu la prima ad uscire dalla classe e non appena fuori del grande portone della scuola, continuò a passo svelto la sua corsa verso la casa di Marion. Voleva convincersi che non le era capitato nulla, lottava nella sua testa per mettere a tacere quel presentimento ingestibile che la stava divorando e lo faceva ripetendosi a raffica che andava tutto bene... Andava tutto bene...
Quell'ottimismo che tentava di auto infondersi, veniva però smorzato al pensiero che Marion non aveva ancora risposto al messaggio che lei le aveva mandato poco prima di uscire dalla classe. Prese il telefono e mentre procedeva nella sua corsa, inviò una chiamata che però terminò senza il minimo cenno dall'altro lato.
Corey ed Ethan intanto, la raggiunsero non senza faticare. Quasi correva con quei muscoli dei polpacci che messo sotto sforzo, rilasciavano acido lattico. Le chiesero se si stava recando da Marion e lei annuì capendo immediatamente che sarebbero andati insieme.
Durante il tragitto restarono muti. Nell'aria serpeggiava uno strano, lugubre sentore. Nessuno si pronunciava, eppure tutti e tre a quel punto temevano che fosse successo qualcosa per davvero alla loro amica.
Al suono del campanello, una preoccupatissima signora Nobbs, si affacciò alla porta e fu quasi sollevata nel vedere i ragazzi.
- Meno male che siete qui. - Disse di getto, spalancando la porta e facendoli entrare. Loro ascoltarono, coinvolti dall'evidente stato di agitazione in cui versava la madre della ragazza. - Marion è da questa mattina che sembra fuori di sé. Non mangia, non parla e ha assunto un atteggiamento strano. Non sembra nemmeno più lei...! - Continuò con la voce tremula.
La sua mano si posò sul volto, raccogliendo alcune lacrime. Poi tornò a parlare: - Ho chiamato il Dottor Cleavers, ma prima delle 18:00 non può venire, sono disperata, provate a parlarle voi che siete suoi amici. Ve ne prego... -
Jade si fiondò su per le scale in direzione della stanza di Marion seguita da Ethan e Corey. Appena entrati nella sua stanza la trovarono seduta davanti alla scrivania, di fronte allo specchio mentre lentamente si spazzolava i capelli. Indossava solo l'intimo, quindi Jade trattenne i ragazzi fuori dalla stanza, chiudendo la porta.
I due attesero pazientemente nel buio corridoio, sperando di avere presto notizie sulla ragazza che nel frattempo continuava a pettinarsi senza accorgersi della presenza di Jade alle due spalle.
Ad un tratto fermò la spazzola e con un sorriso beffardo fissò l'amica dallo specchio. L'espressione metteva i brividi. Sembrava posseduta da qualcuno e forse era proprio così. La mano di Marion tornò a pettinare lentamente la bionda chioma, mantenendo fisso lo sguardo in direzione di Jade accompagnato sempre da quel sorriso gelante. Jade fece due passi verso di lei e questa si fermò nuovamente continuando a fissarla.
- Marion... Cosa ti succede? - Dalle labbra di Jade uscì solo un filo di voce rotta dalla tensione e dalla paura, sensazioni forti e tremende che si stavano impadronendo di lei.
Marion si alzò lentamente dalla sedia e dopo essere rimasta di spalle alla sua amica per qualche secondo, si voltò avvicinandosi a passo lento ma sicuro. Continuava a tenere saldo quel sorriso e a guardarla bene sembrava che i suoi piedi fossero bagnati visto che lasciava sulla moquette impronte inzuppate. L'altra iniziò ad indietreggiare e a tremare. Teneva lo sguardo fisso sull'amica, ma in realtà aveva la consapevolezza che dietro a quelli occhi spiritati non c'era Marion...
Lo sguardo difatti, non sembrava più nemmeno il suo. Avanzando verso di lei, portò le mani chiuse in avanti con il palmo verso l'alto. Arrivata a poco meno di un metro da Jade che nel frattempo ormai si trovava di spalle al muro, girò i palmi e aprendo lentamente due mani, fece cadere alcune ciliegie. Jade fu pervasa dal terrore e non riuscendo più a trattenersi, prese ad urlare, ma si rese conto che proprio come nel sogno, la sua voce non usciva. Tornò a guardare il volto di Marion che nel frattempo aveva assunto un'espressione cupa abbassando lo sguardo verso i suoi piedi bagnati. Jade con una mano a stringersi il cuore, come per non farlo esplodere, fissò quelle ciliegie che marcirono immediatamente fino a sciogliersi completamente. Sentì l'impulso di scappare e cercò di raggiungere la porta, ma pur provando diverse volte, questa non si aprì. Prese a tirare pugni, a battere con tutta la forza che aveva nelle braccia, ma si accorse subito che nemmeno le sue nocche sulla porta procuravano rumore. Il cuore le salì in gola, la bocca era secca, salivazione era a zero, mentre il sudore le scendeva freddo sulla fronte. Marion rialzò la testa e guardando insistentemente Jade, schiuse le labbra.
- Trovami! -
Come nel sogno, quella voce piena di sofferenza le rimbombò nel cervello. Si mise le mani sulle orecchie cercando di urlare ma senza successo. Ad un tratto Marion svenne cadendo sul letto ancora sfatto. Jade, che nel frattempo era finita seduta a terra, tolse le mani dalle orecchie e si alzò lentamente. Guardò la sua amica svenuta e le andò vicino. Afferrò il bicchiere d'acqua posto sul comodino e alzandole leggermente il capo cercò di farla bere. Questa riprese quasi subito a respirare in modo regolare e a riaprire leggermente gli occhi. Sbattendo per due volte le palpebre tornò ad aprirli del tutto. Lo sguardo era tornato quello di sempre, quello della Marion che Jade conosceva. Si tirò su con la schiena perplessa e con voce stanca lasciò fuoriuscire alcune parole.
- Cosa è successo, che ci fai tu qui e perché ho questo terribile mal di testa? - Domandò confusa, tenendo il capo con entrambe le mani.
Jade non riuscì a dirle nulla. Si avvicinò e la strinse forte a sé accennando un sorriso, cercando di farlo sembrare il più vero possibile.
- Non preoccuparti, sei soltanto svenuta. Questa mattina non sei venuta a scuola perché probabilmente stavi poco bene, quindi io, Ethan e Corey, abbiamo pensato di farti visita. Ma è tutto ok, devi stare tranquilla. -
E lasciando andare un altro sorriso di circostanza la fece mettere sotto le coperte, poi si diresse alla porta e aprendola fece entrare i due ragazzi.
I tre amici restarono con lei per il resto del pomeriggio. La madre di Marion, contenta di vedere che la figlia stava meglio, invitò tutti a mangiare e questi accettarono. Sembrava non fosse accaduto nulla e vedendo tutti cosi tranquilli e spensierati, Jade decise di tenersi per sé quello che era successo.
Si rese veramente conto che doveva portare avanti quella faccenda da sola. Colma di paura era consapevole che fino a quando non avrebbe fatto quello che le aveva chiesto Ashley, non sarebbe più potuta tornare alla sua solita vita.
Non capendo bene se Ashley fosse buona o cattiva restò lì in silenzio a pensare mentre i presenti, ignari del suo orrore personale, parlavano di altro come sempre: divertiti, sorridenti. Ignari di tutto.
Sul tardi, i ragazzi accompagnarono Jade all'angolo di casa sua e la salutarono. Lei entrò nel cancello, ma solo avvicinandosi all'ingresso notò che le luci erano spente, segno che i suoi genitori non erano ancora rientrati. In quel momento si accorse di non avere le chiavi nello zaino. Lo perlustrò in ogni tasca, fino al più piccolo angolo, ma niente, non c'erano.
Seccata, si sedette ai gradini, davanti all'ingresso e posando il viso tra le mani e i gomiti sulle ginocchia, attese pazientemente che il tempo passasse.
Uno scricchiolio la fece voltare velocemente alla sua destra. Nell'ombra, lo vide avvicinarsi. Dalle labbra soffiava una piccola nube di fumo che gli sbiadiva i lineamenti e poi si alzava in contrasto con il cielo nero. La ragazza seguì la nuvoletta e restò con gli occhi a scrutare la distesa. Non c'era nemmeno una stella quella sera, la luna si era nascosta, se non fosse stato per il faretto posto sulla porta di casa sua, sarebbe stata avvolta dalla totale oscurità.
- Fumare fa male, Corey. - Disse senza guardarlo.
- Vuoi fare un tiro? - Domandò lui strafottente.
Lei allungò la mano e il ragazzo gliela passò dopo essersi avvicinato.
Da sempre Jade tentava di capire quale fosse il modo più appropriato per tenere una sigaretta tra le dita. La prese tra il pollice e l'indice ed iniziò a farla rotolare sui polpastrelli. Corey seguì la scena restando di fronte a lei e smuovendo la ghiaia sotto le suole delle scarpe con dei leggeri movimenti dei piedi.
Jade agganciò il suo sguardo perso nel vuoto e si spostò verso destra, lasciandogli spazio per sedersi accanto a lei. Lui si sporse in avanti e senza nemmeno aprir bocca, le si accostò, fissando quel profilo mentre socchiudeva le labbra e vi posava il filtro. La ragazza inspirò e ingoiò quel fumo velenoso, per poi farlo risalire e soffiarlo come una colonna che si ergeva verso la tettoia sotto cui si trovavano.
Si stancò in fretta di quel gusto amaro che le aveva invaso la bocca, lasciandogliela asciutta. Sfregò la lingua sotto al palato e rese quel piccolo cilindro allungato al ragazzo che intanto seguiva passo passo ogni suo movimento.
Lui la prese e si lasciò sfuggire un sorriso. Sapeva che il fumo le procurava quello strano attrito e che non lo sopportava, ma era ogni volta divertito a guardare la sua espressione infastidita.
- Mi chiedo ancora perché mi ostini a provare... - Intercettò lei i pensieri del ragazzo. Si voltò poi verso il suo viso e restò quasi sorpresa di quanto fosse vicino.
Lui aggrottò la fronte e serrò le labbra. Sentì il fuoco devastarlo e giungergli alla testa e in quel caso la sigaretta non c'entrava nulla. Si discostò con lieve imbarazzo, fece un ultimo tiro e con una schicchera, lanciò la cicca ad un paio di metri, vicino alla siepe.
Tornò su Jade. Con gli occhi le accarezzò guance e bocca. Si guardarono a lungo, come a scrutare ogni dettaglio dei loro lineamenti. I respiri smorzati e poi gettati fuori rumorosamente avevano riempito i loro padiglioni, estraniandoli dal resto del mondo. Ormai non avevano più concezione di ciò che li circondava. Esistevano loro due, non più il freddo o il caldo, la luce o il buio, un posto o l'altro... solo Jade e Corey, Corey e Jade.
A riattaccare i loro piedi sulla ghiaia, il sibilo della voce di lui.
- Volevo parlarti... -
Ricordava bene com'era andata l'ultima volta e mai avrebbe rischiato un altro rifiuto. L'ennesimo da quando la conosceva.
- Sì, lo so. -
- Se non vuoi... io vado via. -
Jade esitò. Forse per orgoglio o per paura, non capiva bene cos'era quella sensazione che l'accompagnava in quel momento. Sapeva solo una cosa.
- Non voglio che tu vada via. - Parve supplicarlo. Per una volta, volle dare spazio al suo istinto invece di soffermarsi al dopo. - E non ho voglia di pormi il problema... Ora desiderio solo sentirti... - Terminò lasciando che quelle parole fluissero leggere tra i suoi denti.
Corey non indugiò oltre. In un attimo si ritrovò fuso a lei, a sentire quell'odore di tabacco che si mischiava al gusto dolce della sua bocca. Il naso che premeva sulla guancia di lei e poi sull'altra mentre inclinava la testa e la assaporava in profondità.
La prese per la vita e la girò completamente verso di sé, sporgendosi e scendendo verso il suo bianco e liscio collo. E lì restò in contemplazione, immerso nel suo profumo e nella seta dei capelli che gli avevano nascosto il viso. Lei lo circondò delle sue braccia e in quella posizione, rassicurante per l'uno e per l'altra, attesero solo che qualcosa gli desse il coraggio di staccarsi.
I fanali in lontananza indicarono l'arrivo dei genitori di Jade e solo allora i due si scostarono anche se a malincuore.
Corsero a nascondersi dietro alla siepe e non appena i signori Bennett entrarono in casa, si unirono ancora in un bacio che nel silenzio, parlò per loro.
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