Chapter 6.
Quando era piccola, l'unica persona da cui Mia si faceva abbracciare era suo padre.
Già da bambina aveva lo stesso carattere distaccato e stranamente inemotivo, cosa che la fece isolare dagli altri suoi coetanei.
Odiava essere semplicemente toccata anche solo da sua sorella, eppure, alle possenti braccia del suo adorato papà, la piccola corvina proprio non riusciva a rinunciare.
Provava una sensazione di calore, protezione e al tempo stesso di amore.
Ed erano esattamente le stesso emozioni che Mia provava in quel momento, quelle che provava con suo padre.
Ancora mezza incosciente, sentii il contatto della sua testa contro un petto caldo e il sentore di un battito cardiaco la facevano rilassare.
Due braccia le cingevano il corpo e la trasportavano con delicatezza, e per qualche minuto la ragazza non sembró dar segni di vita talmente stava bene in quell'abbraccio.
«Devi svegliarti, Mia.» sentii sibilare al suo orecchio, era una voce già sentita, profonda. Aprii completamente gli occhi e subito i suoi capelli color rubino furono il centro del suo sguardo.
Il viso perfetto, candido, le guance leggermente arrossate e gli occhi penetranti e scuri erano un perfetto contrasto.
«Che ci fai qui?» chiese in un sussurro la Collins, mentre quel ragazzo all'apparenza sconosciuto la stringeva a se.
Era strano che la prima domanda che le fosse venuta in mente fosse quella. Di solito, quando si sta nelle braccia di un individuo di cui non si sa neanche il nome, non dovrebbe essere quello il primo quesito da chiedergli.
Eppure, Mia aveva paura che da qualche parte intorno a quei corridoi bui potesse apparire Dark, o peggio ancora, uno dei suoi scagnozzi.
Si guardava intorno roteando gli occhi terrorizzata, ma il rosso era impassibile e fissava la ragazza dritta negli occhi.
Lei, del canto suo, ignorava che il sentimento che provava in quel momento era palese attrazione.
«Dovrei essere io a chiedertelo.» rispose, lasciando un'amara risposta alla corvina.
«Storia lunga. Ora lasciami andare.» senza aggiungere nulla, lo sconosciuto abbassó le braccia e permise delicatamente a Mia di scendere dalla sua solida presa.
Si fissarono per un momento, che sembró interminabile a tutti e due.
«Grazie.» sussurró, persa completamente nei suoi occhi e lui pure.
Il ragazzo schiuse la bocca per dire qualcosa, ma un luccichio al di sotto della felpa della Collins lo bloccó.
La sua espressione divenne corrucciata.
«Cosa luccica così?» chiese senza troppi mezzi termini.
«Cosa? Questa?» alzandosi lievemente l'indumento per infilarci la mano, Mia tiró fuori quella pietra violacea che poco prima le aveva dato Dark. Ricordava ben poco degli scorsi avvenimenti, ma la vista di quel ragazzo dai capelli rubino l'aveva destata dalle sue preoccupazioni.
«Devi toglierla immediatamente.» prima che lei ribattesse, lui allungó le mani verso il cordino di pelle che agganciava la collana e, presa alla sprovvista, lei si ritrasse.
«No!» disse acida, pentendosi del tono utilizzato nei suoi confronti.
«Fidati, non puoi...»
«Fidarmi?!» sbottó. «Come possi fidarmi di un ragazzo di cui non so neanche il nome?!»
Il sottoscritto abbassò lo sguardo, stringendo i pugni. Molte domande si stanagliarono nella mente di Mia, ma la sua attenzione ormai era tutta concentrata su quel tipo dagli occhi scuri e penetranti, niente intorno la interessava più e per un momento dimenticó la stridula vocina nella sua testa che le diceva di assecondare le sue richieste.
«Hai ragione. Non ti puoi fidare di me.» il rosso si voltó come per andarsene, ma -senza che neanche lei riuscisse a spiegare il perchè- si lanció verso di lui e lo afferó per un polso.
Quell'improvviso contatto fece arrossire la ragazza e, anche se il luogo intorno a loro era del colore della pece, Mia era sicura di aver visto anche lui arrossire.
«Io mi fido di te. Cioè...» il balbettare della Collins fece inarcare un sopracciglio allo sconosciuto, che, con un sorrisetto sul viso, la rifissó nuovamente.
«Comunque mi chiamo Xavier. Ma preferirei mi chiamassi Xene.» disse lui, così evitando alla ragazza di continuare a balbettare e risparmiarle altre imbarazzanti situazioni.
«Mia.» continuó lei, allungando una mano d'intesa al ragazzo che, senza esitazioni, l'afferró e la strinse.
«Si, lo so.» rispose Xene.
Mia stava per contraddire alle parole di lui, ma una voce dietro al ragazzo dai capelli color sangue la fece sussultare.
«Xene, muoviti dobbiamo andare.» l'interoellato, visibilmente infastidito, fece un cenno appena dietro di lui e la ragazza notó un altro individuo, comparso dal nulla.
Non era sicura di ció che vedeva, essendo al buio, ma i capelli di questo nuovo soggetto erano sicuramente rossi, di una tonalità più calda rispetto a quella del misterioso Xene.
«Bhe, ci rivedremo.» sentenzió il ragazzo, mentre le loro mani erano ancora unite in quello che doveva essere un gesto di conoscenza.
«D'accordo.» rispose lei, mentre le loro due mani si separavano delicatamente l'una dall'altra.
Senza più dirsi nulla, i due si voltarono le spalle, ma entrambi bramavano ancora quel contatto.
-
Natasha cadde a terra dopo aver respinto con il petto un forte tiro di quel rasato di Stonewall.
Mark stava quasi svenendo, come il resto dei giocatori, e come se non bastasse Dragonfly si era pure infortunato malamente la caviglia.
Un uomo in meno, meno potenza.
Affianco e lei, Jude la guardava con gli occhi sbarrati sotto quelle lenti spesse degli occhiali, e nel mentre digrignava i denti in un'espressione non proprio amichevole.
«Stai bene Nat?» Shawn si avvicinó alla Collins e le pose la mano per farla rialzare.
«Si...» bofonchió fra un colpo di tosse e l'altro. «Continuiamo.»
Ansimando, afferó la mano dell'albino dai caoelli argento e ritornó in posizione, a centrocampo.
Erano in svantaggio sul punteggio di 1-0 per l'Absolute Royal Academy, e faticavano a mantenere il ritmo invincibile della squadra avversaria.
I difensori erano tutti al tappeto: Wallside tremava come un coniglio di fronte alla loro forza, Swift invece cercava in tutti i modi di proteggere la porta anche a costo di spaccarsi qualche osso.
E pensare che le due gemelle si erano unite alla Raimon per fronteggiare gli extraterrestri...
«Scansati!» urló Samford, a pochi metri da Natasha e con la palla al piede.
La bruna, con una capigliatura stranamente ordinata sebbene i continui sforzi e colpi, non destó dalla sua pozione e cercó di rubargli il pallone.
Una forte gomitata le arrivó in pieno petto e fu sicura di sentire il rumore delle sue ossa scricchiolare.
Cadde di nuovo a terra, di schiena, e le mancó l'aria nei polmoni per qualche istante.
Vide le manager sedute di fianco la Signorina Shiller armeggiare con il kit medico, pronte per andare in suo soccorso, ma con la poca forza che le rimaneva in corpo si rialzó, barcollando.
Tempo di girarsi, che Stonewall le passó di fianco, urlando qualcosa al ragazzo in veste bordeaux e verde scattato molto più avanti e ormai arrivato in area di rigore.
«Fermati David!» urló Jude, prima che Samford potesse ripetere la "sua" tecnica.
Il Pinguino Imperatore N^ 1.
Quando per la prima volta durante quella partita vide il tiro, a Natasha le si smorzó il respiro, letteralmente.
Milioni di ricordi si fecero strada nella sua mente e ció le buttó l'animo a terra, più di quel che fosse già per la scomparsa di sua sorella.
Quel tiro era in grado di eseguirlo soltanto una persona sulla faccia della terra, dovuto a tutti i mesi di allenamento per perfezionarla. Se eseguita male, potrebbe arrecare danni permanenti a tutti i giocatori, e costare per sempre la loro carriera calcistica.
L'avversario con la benda sull'occhio alzó la gamba e la super tecnica si fece largo in area di rigore.
È fatta, se fanno questo goal hanno vinto, pensó la Collins.
Ma proprio quando la sfera bianco e nera arrivó a pochi metri di distanza da Evans, una figura slanciata e femminile fermó il pallone, puntandolo sulla sua caviglia.
Da quella ventina di metri che le separava, Natasha fece subito fatica a capire che quella misterioso ragazza fosse proprio Mia.
E quando la vide saettare i suoi cerulei per tutto il campo alla sua ricerca, la corvina sentì un tuffo al cuore colmo di gioia.
«Hey, Samford!» urló Mia, sotto gli occhi sorpresi e sollevati dei giocatori della Raimon. «È stato Dark a insegnarti a rubare la mia super tecnica?»
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