Chapter 4.
«Si puó sapere dove sei stata?!»
Natasha continuava a urlare in faccia alla sua gemella, seduta di fianco a lei sul pulmino, ma sembró ignorarla.
Se c'era una cosa che dava fastidio alla Collins, era essere ignorata.
Così, con ancora i nervi a fior di pelle e la preoccupazione di aver quasi perso Mia, continuó a sbraitare e farfugliare qualche parole -e insulto- alla sorella.
Quest'ultima continuava a guardare fuori dal finestrino, non degnando la voce squillante di Natasha, ne gli occhi sospettosi puntati su di lei della ramata Nelly.
Come accadeva poche volte, Mia era persa nel suo mondo, che in quel caso, aveva come protagonista quel ragazzo dalla chioma cremisi.
Non le era mai capitato di rimanere tanto stupita alla vista di un essere umano come lui, ma c'era qualcosa che la incuriosiva, lo sguardo, i raffinati profili del viso o la carnagione pallida come la neve.
Decise di mantenere tutto per sè, come spesso accadeva.
«MIA!» l'urlo di Natasha la detestó dalla sua mente.
«Che vuoi?!» si volto stringendo i denti per non urlare o far uscire qualche parola non troppo carina verso la sorella.
«Mi stai ascoltando?! Possibile che tu debba sempre far così?!» come una bambina, la corvina si riappoggió allo schienale bruscamente, incrociando le braccia al petto e mettendo su un broncio.
«Così come?» chiese realmente incuriosita -e allo stesso infastidita- la gemella di fianco a lei.
«Ah, fa niente. Tanto non mi ascolti mai...» Mia preferì smetterla lí. Quella discussione non aveva nè capo nè coda e certamente continuare ad alzare la voce contro Natasha, che a volte ragionava come una bambina, era solo una perdita di tempo.
Riprese a guardare attraverso il vetro di quel mezzo, seduta su quegli scomodi sedili color turchese e con l'immagine di quello sconosciuto in testa.
Da quando era salita sull'autobus, non faceva altro che pensarci.
Per una buona mezz'ora, sulla vettura cadde un silenzio tombale, molti giocatori caddero tra le braccia di Morfeo stroncati dalla stanchezza, altri parlavano a bassa voce fra loro, altri ancora e comprese le manager e Natasha si erano messe le cuffie con la musica.
L'unica solitaria rimase la gemella Collins, che non distoglieva lo sguardo dal paesaggio intorno a se.
Sussultó quando, presa dalla stanchezza, anche Natasha si lasció cadere sulla sua spalla completamente abbandonata al sonno.
Sorrise flebilmente alla vista della sorella, e prese ad accarezzarle alcune ciocche di capelli che come al solito le erano usciti da quella coda così disordinata.
«Siete molto legate, tu e Natasha.» al sentore di quella voce, la Collins alzó lo sguardo.
Sharp stava in piedi di fianco alle loro postazioni, ma Mia evitó di discutere sul come mai stesse fermo proprio lì.
«Ha sempre avuto bisogno di qualcuno da quando nostro padre è in ospedale. Penso abbia trovato quel 'qualcuno' in me.» non smise un attimo di accarezzare i capelli bruni della sorella addormentata, mentre Sharp le consegnava un paio di biglietti.
«Sono venuto per darvi questi. Me li ha dati la signorina Shiller quando ci siamo fermati, ma mi sono dimenticato.» ammise. Allora la corazza di calcolatore e freddo di Jude Sharp si era un po ammorbidita, penso tra se e se Mia.
Lesse i pezzi di carta color magenta, notando fossero due biglietti per un traghetto in partenza dal porto di Osaka un paio di giorni successivi.
Quando lesse la destinazione, le sopracciglia della corvina si accigliarono sospettose.
«Andiamo ad Okinawa?» chiese al rasta di fianco.
«Pare ci sia un misterioso 'Bomber di Fuoco' che risiede in quell'isola. Molti di noi pensano sia Blaze, ma io non ci spero troppo.» si mise a posto il colletto del mantello, mentre Mia pensó a quanto dovesse essere scomodo girare con quel lembo di stoffa addosso. Eppure Jude anche in campo lo indossava, ormai era diventato una parte di se, un po come quegli occhialini rotondi che lo facevano assomigliare ad uno scienziato.
«Come mai se n'é andato così all'improvviso?» chiese.
«Non lo sappiamo.» rispose Jude, indicando senza farsi vedere la Signorina Shiller, che nel frattempo stava parlando al telefono e il suo viso sembrava contorto in un'espressione sospettosa e sorpresa. Nulla di cui preoccuparsi, pensó la Collins forse per tranquillizzare più se stessa. «È stata lei a cacciarlo, ma quando lui non disse niente a proposito abbiamo rinunciato a convincere sia la Signorina Shiller che lui stesso.»
Per l'ennesima volta, tutta quella situazione le sembró strana.
Dovevano combattere contro l'Alius Academy, una sorta di 'scuola aliena' che ha distrutto metà squadre calcistiche giapponesi; Blaze era scomparso all'improvviso, quando era uno dei migliori attaccanti titolari della Raimon; e ancora, un ragazzo misterioso li spiava nell'ombra. Mettevamo di mezzo una storia d'amore e qualche litigio e trascriviamo una di quelle magnifiche storie per teenager.
Quando ormai anche a Mia stava venendo sonno, il Signor Veteran in accordo con la signorina Shiller decise di fermarsi obbligato dalla mancanza di benzina di quel mezzo.
Scesero tutti, un pó per prendere un pó d'aria e comprare qualcosa al mini market di fianco al distributore e un pó per risvegliarsi da due ore di pisolino.
Tutte le ragazze entrarono nel negozio.
«Vado a comprare qualcosa mettere sotto i denti, vuoi qualcosa Mia?» le chiese gentilmente Natasha, dopodichè sbadiglió rumorosamente, che fece trasformare il viso di Mia in una smorfia di disapprovazione. Fin dalla nascita avevano insegnato sia a lei che a sua sorella le regole più importanti del bon-ton e quest'ultima aveva proprio trasgredito ad una delle basilari.
«No, grazie.» rispose. «Vado a prendermi un succo d'arancia e un pó di caffè per te.» una delle due gemelle Collins sorrise a quell'affermazione e poi si divisero.
Quel negozietto non era poi così grande e ci mise poco a trovare il reparto frigo con le bevande. Diede una veloce occhiata fino a che non vide il suo energy drink all'arancia preferito, riposto nello scaffale alto. Era l'ultimo e dovette mettersi in punta di piedi per prenderlo.
Quando era a pochi centimetri dalla lattina arancione, con un movimento fulmineo una mano glielo strappó all vista.
Come un fantasma, un ragazzo si era materializzato di fianco a lei e quando lo vide, Mia per poco non sussultó.
Era un tipo alquanto inquietante, con mezza testa pelata se non per un ciuffo color cioccolato segnato da una mêches color rubino.
«Ehi, non hai visto che lo stavo prendendo io?» chiese trattenendosi.
«Oh mi dispiace.» guardandola con un sorriso diabolico sul volto, prima alzó la mano per far arrivare la lattina di fianco alla sua guancia e poi il ragazzo la lasció cadere in terra, facendo schizzare il liquido gassato e torbido ovunque, persino sui vestiti della gemella. «Mi è caduta.»
«Ma che cosa ti prende?!» sbraitó alquanto infastidita dai modi così maleducati da quel ragazzo e soprattutto per averle sporcato i pantaloni della divisa.
Si voltó per allontanarsi da lui, ma questi gli afferó il polso.
«Dove pensi di andare, Collins? Non ho finito.»
«Chi sei? E come fai a sapere il mio nome?»
«Lo scoprirai presto.» quel tipo aveva una voce così inquietante e fastidiosa, che a Mia faceva venire i brividi.
«Lasciami andare.»
«E se non lo facessi?» alla vista di quel ghigno, lo stomaco della corvina cominció a contorcersi dalla tensione.
Deglutii quando il ragazzo strinse la presa sul polso e la guardó con un'espressione macabra, che le provocó la nausea.
«Ehi, pelatone.» Mia ringrazió l'intervento repentino della sorella seguita dagli altri ragazzi, lasciando perdere i modi poco educati e raffinati. «Ha detto di lasciarla andare.» continuó Mark, che si affiancó alla Collins con un pacco di patatine in mano.
Natasha sentii i nervi contorcersi sotto la sua pelle quando quel ragazzo dalla testa rasata con lasció la presa dal polso di Mia.
«Sei sordo?» continuó. «Lascia andare mia sorella, o te la vedrai con me.»
«Ah, tu devi essere Natasha. Mi avevano detto fossi cocciuta ma non fino a questo punto...ci siete tutti voi della Raimon, vedo.» continuó il pelato, mentre faceva girovagare lo squadro verso tutti i calciatori. «Menomale, così non devo trascinarmi questa ragazza per tutto il negozio.» Mia diede uno strattone che fece cedere la presa del ragazzo e indietreggió, camminando sull'energy drink sparso ovunque.
«Che cosa vuoi?» incalzó Jude, subito pronto a mettere un braccio davanti alla corvina con le scarpe appiccicose di bevanda all'arancia.
«Solo che tu e la tua squadretta da quattro soldi mi seguiate, Sharp.»
«Ma come...» Natasha non strinse il pacchetto di patatine onde evitare che le esplodesse fra le mani, ma il nervosismo ormai si era impossessato di lei.
Difatti, era talmente presa dal concentrarsi sul viso di quel ragazzo corrucciato in un'espressione di scherno, che non si accorse dell'arrivo della signorina Shiller.
Parló con il tipo sospettoso e quando accettó la richiesta di seguirlo, Natasha la prese per pazza.
Decise comunque di non dire niente seguende l'esempio dei suoi compagni di squadra.
Secondo la guida alquanto indesiderata, arrivarono vicino ad un porto macabro e nebbioso.
«Qui non c'é niente.» disse Mia.
«Aspettate e vedrete.» ripeté con lo stesso tono il rasato.
Oh si, lo odiava proprio, pensó Natasha.
Proprio quando pensavano di girare i tacchi e andarsene, dall'acqua emerse una specie di imbarcazione metallica e immensa, spaventosa.
Natasha, di fianco a Mia e Jude, prese d'istinto fra le mani i lembi della felpa della sorella.
Non provava più molto coraggio, alla vista di quel mostro di ferro.
«Non puó essere...» sibiló impercettibilmente Mia al suo fianco. Quando Natasha riportó il suo sguardo su quell'imbarcazione notó una figura appena sopra la passerella che portava all'interno, ed improvvisamente un forte senso di nausea la pervase quando capii che quell'uomo non era altro che Ray Dark e che in quel momento, stava proprio fissando le due Collins con un ghigno spaventoso sul volto.
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